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sabato 11 agosto 2012

Vacanze a Pechino... e il calcio italiano comincia peggio di come aveva finito

Per fortuna che si giocava nel "nido d'uccello", lo splendido stadio che ospitò l'atletica nei Giochi Olimpici di 4 anni fa. E per fortuna che si giocava immersi nel clima olimpico via Londra, alla vigilia della conclusione delle due settimane più importanti dello sport planetario.
Lo spettacolo andato in scena alla fine di Juventus-Napoli, finale di Supercoppa italiano, nel gremitissimo stadio cinese, è stato semplicemente avvilente.
Una squadra che vince e viene premiata, l'altra che se ne resta rintanata negli spogliatoi: motivo, non si accetta il verdetto del campo, non si ritiene regolare quel 4-2 che sarà consegnato agli archivi, non si riconosce la correttezza dell'arbitraggio (nell'occasione neanche di 3 ma di 5 direttori di gara più il sesto uomo). Nel calcio tutto è opinabile, i confini della polemica ormai sono impercettibili ma marcare visita sul podio assume i contorni della farsa.
Un siparietto da commedia italiana che forse potrebbe ispirare qualche nuova pellicola cinematografica: "Vacanze a Pechino", chissà, magari De Laurentiis, vulcanico patron del Napoli, potrebbe guadagnarci anche qualche milione di euro d'incassi battendo al botteghino i fratelli Vanzina.

Tanto vale scherzarci su perchè a prendere sul serio, non solo quel che è accaduto al "Nido d'uccello", ma quel che è stato fatto (senza commenti, per fortuna, con un silenzio stampa che per quanto polemico è stato almeno provvidenziale), sarebbe da chiudere la tv, ripiegare i giornali, e darsi a qualche altra disciplina sportiva. Regalandoci, perchè no, qualche salutare pomeriggio di scherma o una piacevole serata di badminton.
Peccato però che a interpretare questo teatrino non siano De Sica o Boldi, ma quella che si ritiene la classe dirigente sportiva del nostro calcio.
Aurelio De Laurentiis non è nuovo alle sceneggiate, lo scorso anno tuonò contro la Federazione, la Lega e i dei dell'Olimpo quando uscirono i calendari (mandando tutti al diavolo e andandosene col primo scooter che passava a fianco della sede federale).
Spesso lo si è sentito lamentarsi di rigori e fuorigioco, mai lo si è sentito ammettere che forse qualche svista arbitrale aveva avvantaggiato la sua squadra (ad es: nella finale di Coppa Italia del 20 maggio, con un rigore solare negato a Marchisio sullo 0-0).

Poi è arrivata Pechino e il re della fiction (cinematografica) ha dato il meglio di sè. Niente premiazione, niente presenza sul palco, quasi a voler delegittimare da lontano e in silenzio sia le istituzioni sportive che la squadra avversaria.
Un fulgido esempio di spirito sportivo, tipico di chi utilizza il doppiopesismo nello sport (e probabilmente anche nella vita). Se mi va bene applauso, se mi va male mi chiudo in clausura. E me la prendo con tutto il mondo, andando a fomentare il "nazionalismo" vittimista dei tifosi napoletani - una corda delicata, di cui si era abilmente servito anche Maradona ai tempi della semifinale di Italia '90 - e trovando per la mia squadra un'attenuante perfetta non solo per giustificare l'insuccesso ma magari per vantare un credito d'imposta (sportiva) sugli arbitraggi della prossima stagione. Che non guasta mai...

Se fossimo giornalisti sportivi (non della Gazzetta, ma forse neanche del Corriere dello sport), se potessimo rivolgere una domanda al numero 1 del Napoli calcio, gli chiederemmo: secondo lei, a parti inverse, cosa avrebbe detto del rigore non concesso nel primo tempo a Matri? E a parti inverse, come avrebbe commentato la mancata concessione del rigore su Vucinic nella ripresa? Non ci aspetteremmo onestà intellettuale da medaglia d'oro, ma le domande le faremmo lo stesso.
E cosa dire del nervosismo serpeggiante nella squadra napoletana quando ancora il risultato era sul 2-1 a proprio favore? La sostituzione di un Cannavaro ammonito (e graziato) dopo la "falciata" su Giovinco, la schizofrenica reazione di Zuniga sulla prima ammonizione, l'inutile manata a Marchisio sulla seconda, gli insulti al guardialinee (non possono non esserci stati) e la sceneggiata successiva di Pandev? Tutto normale, o forse tutto "figlio" della provocatoria condotta di gara di Mazzoleni.
Peccato che qualche anno fa, quando Bergonzi (che faceva parte del quintetto arbitrale di Pechino) concesse due rigori inesistenti sull'ex Zalayeta al San Paolo, il produttore self made president non ebbe a che ridire.

Se tutto questo, per il Napoli, per Mazzarri (altro esempio british), per De Laurentiis è normale, così come è normale rifiutarsi di salire su un podio anche se il gradino da occupare non è il più alto, allora l'esordio del calcio italiano nella nuova stagione - quella del dopo-scommesse - non poteva essere peggiore.
Con un Paese che tornerà a dividersi tra juventini e anti-juventini (come nella vicenda Conte), con i vittimismi di neo mecenati del calcio incapaci di accettare il risultato del campo (blandendo così la propria squadra come fa quel genitore che anzichè guardare ai difetti del figlio se la prende col professore), con una certa stampa pronta a soccorrerli e a dare voce (a "orologeria") a chi si bea (Zeman) di dichiarazioni velenose contro il proprio bersaglio preferito (e finora viene ricordato quasi esclusivamente per quello).

Il tutto a condire un'atmosfera pre-stagionale a dir poco nauseante.
Le Olimpiadi sono vicine alla conclusione, ma già ne sentiamo la mancanza.
Per quel che mi riguarda, l'immagine più bella di questo Juventus-Napoli restano i gesti tecnici: il cucchiaio di Pandev che replica alla sciabolata di Asamoah, la voleè di Vucinic (deviata sulla traversa) che fa il paio con le sgroppate di Cavani.
Questo poteva e doveva essere lo spot pre-campionato più succulento. Resterà invece nel dimenticatoio, perchè di questa gara e di questa Supercoppa, ricorderemo solo quel gesto assurdo di fine partita: messo in atto forse per il solo gusto di "negare la gioia della vittoria" e rovinare la festa.
Con l'aggravante di aver gettato un seme avvelenato sulla prossima stagione. Restando in attesa di essere smentiti...

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