L'Umbria del 2020 non somiglierà all'Umbria dell'ultimo ventennio. O forse, sarebbe meglio dire che non dovrà somigliarle.
Ripensare a quello che è stato, e soprattutto non è stato, il percorso di crescita e sviluppo della nostra regione dal '93 ad oggi, significa rispolverare la messe di aspettative, orizzonti e anche promesse che nel giro di quattro lustri si sono consumate. E hanno visto impoverirsi il tessuto socio-imprenditoriale umbro.
Nella regione a più alto tasso di dipendenza del mondo impresa e dell'occupazione dal sistema pubblico, il privato - se si eccettuano le "solite" eccellenze la cui enumerazione si e' per altro gradualmente ridotta - non e' riuscito o non ha avuto le condizioni per costruire o anche solo salvaguardare quei distretti produttivi che ancora negli anni Novanta erano fiore all'occhiello.
L'Umbria ha quasi ignorato il proprio "petrolio" - fatto di artigianato, tradizioni, potenzialità turistiche, patrimoni naturali e qualità della vita - nascondendosi dietro la carenza infrastrutturale: un alibi per le minoranze politiche, un oggettivo handicap per le aziende, mai realmente abbattuto.
L'Umbria e' parsa quasi cullarsi nell'effetto post sisma che ha gonfiato il segmento costruzioni ma ha anche mascherato la deriva negativa che avrebbe travolto l'edilizia di lì a poco. E soprattutto non ha ancora trovato la chiave per fare di "innovazione e ricerca" un vero punto cardinale e non un semplice slogan elettorale (o un culto riservato ad un élite ristretta di imprese).
Non sappiamo come sarà l'Umbria nel 2020.
Qualunque cosa sia, l'auspicio e' che faccia tesoro delle "macerie" dell'ultimo ventennio.
GMA
Editoriale da "Annuario Economico dell'Umbria 2013"
sabato 30 novembre 2013
martedì 26 novembre 2013
In vista dell'anticipo a L'Aquila, ricordiamoci qualche altro venerdì... in "Rosso e Blu"
Nè di Venere né di
Marte, recitava un antico adagio. E in effetti anche per il calcio il
venerdì non è mai stato sinonimo di appuntamenti agonistici. Almeno
fino a quanto il football non ha lasciato il posto al football
televisivo – o meglio quando il mondo del calcio ha ceduto
costretto ad inventarsi giorni e orari anche improbabili pur di
raggranellare qualche spicciolo da network privati o pubblici.
E perfino la terza serie
non ha potuto esimersi dall'essere contagiata, finendo avviluppata
nel frenetico calendario settimanale che ormai non dà pause
rischiando anzi di tramutarsi in una sorta di bulimia da pallone.
Balestri sta per scoccare il tiro del vantaggio sul Foligno |
Il feeling del Gubbio con
il venerdì è altalenante. Comincia male, malissimo, in C2 in una
serata di ottobre di 8 anni fa quando il Benevento sommerge di gol la
squadra allenata da Castellucci. Cui non serve un guizzo di Chafer
per arginare i 4 gol dei giallorossi campani – che a fine anno
saliranno di categoria.
La stagione successiva
bagna il venerdì niente meno che con un derby, giocato
inopinatamente alle 14.30 al Barbetti contro il lanciatissimo Foligno
di Giovanni Pagliari – proprio l'allenatore avversario venerdì
prossimo. Finisce 1-1 con il gol illusione di Balestri al 23' della
ripresa per il Gubbio(sarà espulso dopo essersi tolto la maglia per l'esultanza) e il pari
di Pencelli a 10' dalla fine. Quel Foligno, nel quale militano anche
l'eugubino Moreno Zebi, l'ex bomber del Gualdo Juan Martin Turchi e
il gualdese doc Bellucci, a fine stagione festeggerà la promozione
diretta in serie C1.
Tutti a terra a festeggiare Buchel, nel 2-2 al Bari |
Per ritrovare un venerdì,
però in questo caso festivo, bisogna attendere il 2012, la serie B
con il suo calendario da tachicardia e la prima partita dell'anno
solare, il 6 gennaio, giorno dell'epifania, che mette contro per la
prima volta il Gubbio a Vincenzo Torrente: nell'ultimo turno di
andata, il Bari al Barbetti arriva zeppo di ex in panca e in campo,
sembra un derby e dopo 25' della ripresa sembra pure un derby
stregato, con due gol di Caputo che spianano la strada ai pugliesi.
Ma in 2 ' accade quel che non ti aspetti: Bazzoffia procura
l'ennesimo rigore ipnotizzando Polenta, e Graffiedi dimezza dal
dischetto, altri 120 secondi e su sponda di Ciofani, Buchel perfora
in corsa Eugenio Lamanna, facendo esplodere lo stadio. Ben più amaro
il venerdì di esordio per Gigi Apolloni, qualche mese dopo: è un
Venerd' santo in tutti i sensi per i rossoblù che a Cittadella sono
già sotto di due reti dopo 23' e non riescono a reagire al di là di
un guizzo effimero nella ripresa del portoghese Mario Rui. Surreale
la concomitanza della gara con la Processione in città.
Guerri infila di testa il momentaneo 1-1 all'Avellino |
Lo scorso anno altri due
anticipi di venerdì sera, sempre con avversarie campane. Il primo va
alla grande, con la vittoria di rimonta sulla Nocerina, il 30
novembre.
Il secondo decisamente
peggio, con l'Avellino che invece rimonta, il 5 aprile, i gol di
Guerri e di Galabinov, passando 3-2 grazie ad una voleè in corsa di
Castaldo, tra i gol più belli visti negli ultimi anni allo stadio
eugubino.
Con L'Aquila sarà di
nuovo friday night: un derby di colori, rossoblù entrambi, e anche
di campane. Visto che quella più celebre e più cara agli eugubini
venne fusa nel 1769 da Gianbattista Donati artigiano aquilano.
Senza scomodare il
Campanone, dopo L'Aquila-Gubbio sapremo almeno per chi suona il
venerdì sera...
venerdì 22 novembre 2013
Le "Iene" a Gubbio? Ma con troppi perchè...
Mauro Casciari, la "Iena" perugina |
Più che verificare la
fondatezza della notizia – che alla fine, potrebbe essere anche una
“non notizia”, visto che ormai siamo piuttosto avvezzi nel veder
circolare telecamere di network nazionali da queste parti – ho
provato a chiedermi il motivo di un'eventuale sortita. Certamente una
questione non banale, non ordinaria, e neanche di poco conto.
E ho iniziato,
mnemonicamente, a elencare una serie di ipotesi, tra vicende
scabrose, scandali veri, polemiche speciose e quisquilie di costume,
in un ventaglio ampio ma compatibile con il taglio editoriale della
trasmissione.
A cominciare dal più
recente caso di pedopornografia emerso dagli uffici comunali, che
certo non ha contribuito ad alleggerire il gravame d'immagine che
pesa su Palazzo Pretorio, la cui scalinata ha visto passare da un
paio d'anni più Carabinieri che altre rappresentanze istituzionali.
Poteva starci anche la
storia dell'addio di “Don Matteo”, un po' datata, sì, ma sempre
buona - da giocarsi in qualsiasi momento della stagione, e forse ora
attuale in vista della messa in onda delle prime puntate “spoletine”.
Qualche chance ce l'aveva
un bel servizio sull'eco-mostro di San Pietro, costato milioni di
euro e diventato l'emblema dello scempio estetico e della
dilapidazione di fondi europei a due passi dal centro storico
medioevale.
O magari un approfondimento sui milioni di finanziamento
andati in fumo grazie al flop del Puc 2 (ex ospedale), per il quale
non sono bastati quasi 10 anni di tempo per “partorire” una
destinazione minimamente funzionale e in grado di attenuare gli
effetti economici negativi dell'addio del nosocomio.
Un'ipotesi era anche
quella delle polemiche recenti sul progetto delle Logge dei Tiratoi –
con le possibili vetrate che hanno sortito reazioni diverse, a
differenza di analoghe soluzioni che invece da anni fa fanno bella
mostra di sè nelle arcate basilari del Teatro Romano, senza nessun
sollevamento di scudi.
Ma “le Iene”, mi son
detto, potrebbero arrivare anche per una perlustrazione approfondita
della pianura eugubina, mostrando come in pochi decenni, il sistema
urbanistico l'abbia “traviata”, con una lettura del paesaggio che
ormai è molto più che a macchia di leopardo. E oltre 3.500 casi di
abusi da sanare.
Insomma una bella lotteria
di situazioni. A proposito di lotterie, ci sarebbe anche la “dea
bendata” che ha bussato tante volte da queste parti negli ultimi 24
mesi, in particolare con i 65 milioni di euro vinti in una sera di
settembre del 2011.
Insomma i motivi per un
blitz da “Iene” sarebbero tanti.
Anche troppi, se pensiamo
che la maggior parte non offrirebbe una luce positiva sulla città.
E allora, finita
l'elucubrazione mentale, ho concluso che era preferibile aspettare
l'eventuale sorpresa su Italia 1: se non altro per non amareggiarsi
troppo...
GMA
Da editoriale "Gubbio oggi" - novembre 2013 (scritto prima che andasse in onda la puntata di martedì scorso de "Le iene")
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Politica locale,
Riflessioni
mercoledì 20 novembre 2013
Valencia: e l'ebbrezza di attraversarla correndo...
Ogni uomo, una storia. Ogni sorriso, una favola interiore. Una
sfida, una promessa, o forse un voto. Chissà...
Non mi era mai accaduto di assistere all'arrivo di una maratona.
Non parlo delle immagini dei vincitori. Quelle sembrano tutte uguali. In genere un atleta africano, fisico asciutto, brevilineo, viso scavato dalla fatica di migliaia di chilometri messi in cascina per andare ogni oltre limite umano. Perché coprire 42 km in 2 ore e poco piu', non ha quasi nulla di questo mondo. Non mi riferisco, insomma, ai superman degli altipiani.
Ma a gente molto piu comune. A persone che magari preparano questa impresa in 3/4 mesi, ritagliandosi del tempo fuori dall'orario di lavoro. O semplicemente coltivando la passione per la corsa sulle lunghe distanze, con qualche domenica al mese trascorsa a sudare per un borgo medioevale piuttosto che su una pista di atletica.
A Valencia ero curioso di vedere come sarebbe stato. Come sarebbe
stato partecipare ad una maratona di quelle oceaniche. Quelle che
vedi in tv, con inquadrature aeree, alla partenza. Che tutto ti sembra un
enorme formicaio. Che poi passo a passo va a sgranarsi, lentamente. Tutti
diretti verso un'unica meta. Fin qui l'aspetto estetico
dell'esperienza.
Se non partecipi ad una maratona, però, non cogli il succo di quel che si nasconde dietro ognuna di quelle "formichine". Perché ognuna di loro avrebbe certamente qualcosa da dire, da raccontare.
E se ti piazzi all'arrivo - dopo aver fatto i tuoi onesti 10 km (distanza breve e infima, se confrontata con la maratona vera, ma ad ognuno il suo...) - puoi goderti la sorprendente emozione di vedere qualcosa di imprevisto. O forse imprevedibile.
Scene di giubilo, di festa, quando non di vera esaltazione, per ogni podista che si avvicina all'arrivo. Le braccia si allargano quasi fosse una coreografia teatrale studiata a tavolino. Ma non e' così (a differenza delle esultanze calcistiche, sempre più "artificiali"). C'e la spontaneità della meta in quei gesti, c'e il senso liberatorio di essere ormai al traguardo dopo 4 ore di sofferenza.
E più i Runners passano, più la classifica si allunga, più toccanti sono le scene cui si assiste. Perché man mano si alza anche l'età o l'improbabilità dei protagonisti, che avanzano in alcuni casi incerti e claudicanti, in altri rampanti e forse in preda ad una scarica adrenalinica che si scatena alla vista dello striscione conclusivo.
E così c'e' chi danza, chi guarda il cielo, chi si fa il segno della croce. C'è un padre che si fa consegnare il bambino a cento metri dal traguardo, per attraversarlo insieme. C'e' la coppia di fidanzati che si prende per mano, o semplicemente di amici che chiosano magari settimane e settimane di allenamenti insieme. C'e' pure chi resta impassibile e sembra vada a far jogging al mercato. Ma c'e' anche chi porta la foto di un bimbo al petto (e chissà quale struggente vissuto si celi dietro quel gesto). C'e' chi arriva in carrozzina, chi in gruppo con le bandiere, chi corre faticosamente e poi, vedendo parenti e amici sugli spalti, si accende all'improvviso e comincia a scattare come se non avesse sul groppone, sulle gambe e sulle ossa la distanza siderale tra Atene e Maratona.
Un film inaspettato, quello dell'arrivo. Ancor più emozionante
della propria, di corsa. Che pure di sensazioni le ha regalate.
Fin dal mattino presto, con una Valencia inedita - quanto a temperature - oscillante intorno ai 10 gradi (la metà di quanto si solito si registra da queste parti anche a novembre).
Colazione abbondante e via a sperare di poter correre (dal momento che l'iscrizione e il pettorale non c'erano). Aria frizzante alla partenza, dove ogni minuto che passa, centinaia di persone si accalcano lungo il viale del via, prima dell'imbocco del ponte di Calatrava, detto anche "il Puente de la Exposision".
Facce tese si mescolano a visi sereni. Puoi capire e distinguere
tra chi vuole "fare il tempo", e chi semplicemente vuole
arrivare alla fine: dai centimetri quadrati del proprio sorriso. Pensando ai chilometri del proprio percorso.
Senti una miriade di lingue circondarti, leggi i nomi piu inusitati di compagnie o società sportive sulle canotte che ti ronzano attorno. E poi getti uno sguardo sui pettorali personalizzati - geniale operazione di marketing all'insegna del "ricordo" soggettivo. I nomi più gettonati sono quelli spagnoli, Juan, Miguel, Pedro e giù di lì. E poi i soprannomi più strampalati (con le eugubine Billa e Strizzessa ad arricchire il parterre), con cui qualche goliardico corridore si è sbizzarrito.
E' una festa contagiosa. Che quasi esprime l'ansia di cominciare, in un incedere graduale del brusìo che l'accompagna. Misto al silenzio, e alla voglia che tutto abbia inizio. Un po' come agli esami. Che il giorno prima, preparato o meno, non vedi l'ora che passino.
Il via non e' solenne. Non ci sono fuochi d'artificio, non c'è chupinazo alla pamplonese.
Anche perché se ti trovi in fondo al gruppo, se hai davanti a te oltre 10 mila partenti, riesci appena a distinguere una marea umana che comincia a snodarsi sul Puente: a destra la maratona, a sinistra la 10km. Prima di passare sotto lo striscione di partenza passano 6', prima di cominciare a correre davvero, passa piu di un chilometro.
Ma e' una sagra itinerante quella in cui ti ritrovi. A un certo punto perfino con la "ola", un boato collettivo che parte da dietro e attraversa, come un fulmine, tutta la platea di concorrenti avanzando fino alla cima. Ti trapassa, trafiggendoti con l'urlo cui ti unisci correndo, non cogliendo poi dove quelle onde vocali vadano ad esaurirsi. Chissà magari contagiando perfino i superman, che davanti stanno flottando con le proprie leve come se facessero i 400 metri.
Attraversare Valencia, a piedi o in pullman, può piacere. Farlo
in maratona non ha fixing. Sempre che la maratona non ti
annebbi le idee e appanni le emozioni.
Con i miei modesti 10 km mi sono goduto tutta la traversata. Che ha toccato i perimetri della Valencia piu moderna, quella che guarda al futuro, che e' modello architettonico e urbanistico per mezzo mondo. Con il suo celebre teatro dell'Opera, a forma di chiocciola, e il Museo delle arti e della scienza, attrattiva di migliaia di persone ogni giorno. Sull'asfalto calpestato pedissequamente per meno di un'ora, ci passa pure il Gp di F1; a poche centinaia di metri c'e il porto da dove salpavano per la America's Cup.
Eppure la corsa mantiene un fascino tutto suo. Perché resta misteriosa, non sai dove ti porta.
Ogni tanto i due sciami si incrociano, paralleli, quello dei 42km e quello del 10km. Mi giro per qualche istante a guardare dall'altra parte della strada. E mi chiedo, vedendoli volare ad un passo insostenibile, "ma questi ce la faranno davvero"?
Quando mancano ancora 2km, si svolta sul viale che apre all'area dell'arrivo. Appare l'enorme chiocciola del Teatro dell'Opera, affiorano le piscine che circondano l'enorme Vela simbolo della Valencia di oggi e di domani. Uno spettacolo. L'applauso della gente cresce di passo in passo, e si mescola con lo speaker che spagnoleggiando il capitolo finale di questa passeggiata, scandisce le falcate dei Runners. Qualcuno lo chiama perfino per nome, sbirciando il pettorale.
"Animo, animo!" si sente gridare dai lati della strada, mentre chi ha voglia di dare un' accelerata ti sfila a fianco. Mentre a tua volta, ti lasci dietro chi invece arranca sperando che l'arrivo spunti prima possibile.
Ci si immette nella zona traguardo, proprio nel cuore dell'architettura piu moderna di Valencia: un lungo tappeto azzurro prelude all'arrivo. Dopo tanto asfalto, ti sembra di correre sul velluto. E per un attimo hai l'imbarazzante sensazione di calpestare un'aiuola, di muoverti in una zona proibita, di essere quasi inadeguato a quel parterre da grandi eventi.
L'inaspettato, prima dell'ultima curva: un amico eugubino che ti chiama per fotografarti. Gigi Caldarelli, giusto il tempo di focalizzarlo e ringraziarlo intimamente per quell'istantanea. Che resterà l'unico ricordo tangibile di tutti i 10 km.
La cosa piu bella dopo l'arrivo? Il sacchetto di mandarini divorato in pochi minuti (anche per l'astinenza da frutta delle
ultime 48 ore). L'immagine più curiosa? Un carosello di zaini depositati dai concorrenti e adagiati per terra - ordinatamente disposti secondo la numerazione dei pettorali: in attesa del rientro affannato del reciproco proprietario...
Tornando in albergo, per una doccia e per poi andare ad assistere all'arrivo degli amici sulla 42km, vado attraversando tutto il parco Turia, che lambisce l'omonimo fiume (altri 10 km, metro più metro meno, piu' pacati e rilassanti).
Ad un certo punto incrocio, sempre a piedi, pensieroso, uno
di quei Superman africani. Canotta gialla e pantaloncino verde.
Fisico inconfondibile di chi copre la distanza come fosse una
routine.
Non sorride come avrei visto piu tardi fare da chi in classifica si sarebbe piazzato oltre la 10millesima posizione.
Era già arrivato, ma era quasi triste.
Chissà, magari anche lui aveva una sua storia. Aveva un obiettivo che forse, stando all'espressione interdetta e malinconica, gli era sfuggito.
Non sapeva che più o meno 17 mila persone, quella mattina, avevano dato l'anima per coprire ognuna, la propria meta. Per scrivere un capitolo emozionante della propria storia. Per ritagliarsi un giorno memorabile...
Di sicuro ne avrà avuta una anche lui.
Ma forse, almeno per questa domenica di novembre, deve essere stata meno appassionante della nostra...
Non mi era mai accaduto di assistere all'arrivo di una maratona.
Non parlo delle immagini dei vincitori. Quelle sembrano tutte uguali. In genere un atleta africano, fisico asciutto, brevilineo, viso scavato dalla fatica di migliaia di chilometri messi in cascina per andare ogni oltre limite umano. Perché coprire 42 km in 2 ore e poco piu', non ha quasi nulla di questo mondo. Non mi riferisco, insomma, ai superman degli altipiani.
Ma a gente molto piu comune. A persone che magari preparano questa impresa in 3/4 mesi, ritagliandosi del tempo fuori dall'orario di lavoro. O semplicemente coltivando la passione per la corsa sulle lunghe distanze, con qualche domenica al mese trascorsa a sudare per un borgo medioevale piuttosto che su una pista di atletica.
Lo sciame... senza scossa tellurica |
Se non partecipi ad una maratona, però, non cogli il succo di quel che si nasconde dietro ognuna di quelle "formichine". Perché ognuna di loro avrebbe certamente qualcosa da dire, da raccontare.
E se ti piazzi all'arrivo - dopo aver fatto i tuoi onesti 10 km (distanza breve e infima, se confrontata con la maratona vera, ma ad ognuno il suo...) - puoi goderti la sorprendente emozione di vedere qualcosa di imprevisto. O forse imprevedibile.
Scene di giubilo, di festa, quando non di vera esaltazione, per ogni podista che si avvicina all'arrivo. Le braccia si allargano quasi fosse una coreografia teatrale studiata a tavolino. Ma non e' così (a differenza delle esultanze calcistiche, sempre più "artificiali"). C'e la spontaneità della meta in quei gesti, c'e il senso liberatorio di essere ormai al traguardo dopo 4 ore di sofferenza.
E più i Runners passano, più la classifica si allunga, più toccanti sono le scene cui si assiste. Perché man mano si alza anche l'età o l'improbabilità dei protagonisti, che avanzano in alcuni casi incerti e claudicanti, in altri rampanti e forse in preda ad una scarica adrenalinica che si scatena alla vista dello striscione conclusivo.
E così c'e' chi danza, chi guarda il cielo, chi si fa il segno della croce. C'è un padre che si fa consegnare il bambino a cento metri dal traguardo, per attraversarlo insieme. C'e' la coppia di fidanzati che si prende per mano, o semplicemente di amici che chiosano magari settimane e settimane di allenamenti insieme. C'e' pure chi resta impassibile e sembra vada a far jogging al mercato. Ma c'e' anche chi porta la foto di un bimbo al petto (e chissà quale struggente vissuto si celi dietro quel gesto). C'e' chi arriva in carrozzina, chi in gruppo con le bandiere, chi corre faticosamente e poi, vedendo parenti e amici sugli spalti, si accende all'improvviso e comincia a scattare come se non avesse sul groppone, sulle gambe e sulle ossa la distanza siderale tra Atene e Maratona.
Aspettando la partenza... |
Fin dal mattino presto, con una Valencia inedita - quanto a temperature - oscillante intorno ai 10 gradi (la metà di quanto si solito si registra da queste parti anche a novembre).
Colazione abbondante e via a sperare di poter correre (dal momento che l'iscrizione e il pettorale non c'erano). Aria frizzante alla partenza, dove ogni minuto che passa, centinaia di persone si accalcano lungo il viale del via, prima dell'imbocco del ponte di Calatrava, detto anche "il Puente de la Exposision".
La Gubbio Runners (con coach d'eccezione - Marcella Marcelli) pronta a partire |
Senti una miriade di lingue circondarti, leggi i nomi piu inusitati di compagnie o società sportive sulle canotte che ti ronzano attorno. E poi getti uno sguardo sui pettorali personalizzati - geniale operazione di marketing all'insegna del "ricordo" soggettivo. I nomi più gettonati sono quelli spagnoli, Juan, Miguel, Pedro e giù di lì. E poi i soprannomi più strampalati (con le eugubine Billa e Strizzessa ad arricchire il parterre), con cui qualche goliardico corridore si è sbizzarrito.
E' una festa contagiosa. Che quasi esprime l'ansia di cominciare, in un incedere graduale del brusìo che l'accompagna. Misto al silenzio, e alla voglia che tutto abbia inizio. Un po' come agli esami. Che il giorno prima, preparato o meno, non vedi l'ora che passino.
Il via non e' solenne. Non ci sono fuochi d'artificio, non c'è chupinazo alla pamplonese.
Anche perché se ti trovi in fondo al gruppo, se hai davanti a te oltre 10 mila partenti, riesci appena a distinguere una marea umana che comincia a snodarsi sul Puente: a destra la maratona, a sinistra la 10km. Prima di passare sotto lo striscione di partenza passano 6', prima di cominciare a correre davvero, passa piu di un chilometro.
Ma e' una sagra itinerante quella in cui ti ritrovi. A un certo punto perfino con la "ola", un boato collettivo che parte da dietro e attraversa, come un fulmine, tutta la platea di concorrenti avanzando fino alla cima. Ti trapassa, trafiggendoti con l'urlo cui ti unisci correndo, non cogliendo poi dove quelle onde vocali vadano ad esaurirsi. Chissà magari contagiando perfino i superman, che davanti stanno flottando con le proprie leve come se facessero i 400 metri.
Il colpo d'occhio prima di entrare nell'area d'arrivo |
Con i miei modesti 10 km mi sono goduto tutta la traversata. Che ha toccato i perimetri della Valencia piu moderna, quella che guarda al futuro, che e' modello architettonico e urbanistico per mezzo mondo. Con il suo celebre teatro dell'Opera, a forma di chiocciola, e il Museo delle arti e della scienza, attrattiva di migliaia di persone ogni giorno. Sull'asfalto calpestato pedissequamente per meno di un'ora, ci passa pure il Gp di F1; a poche centinaia di metri c'e il porto da dove salpavano per la America's Cup.
Eppure la corsa mantiene un fascino tutto suo. Perché resta misteriosa, non sai dove ti porta.
Ogni tanto i due sciami si incrociano, paralleli, quello dei 42km e quello del 10km. Mi giro per qualche istante a guardare dall'altra parte della strada. E mi chiedo, vedendoli volare ad un passo insostenibile, "ma questi ce la faranno davvero"?
Quando mancano ancora 2km, si svolta sul viale che apre all'area dell'arrivo. Appare l'enorme chiocciola del Teatro dell'Opera, affiorano le piscine che circondano l'enorme Vela simbolo della Valencia di oggi e di domani. Uno spettacolo. L'applauso della gente cresce di passo in passo, e si mescola con lo speaker che spagnoleggiando il capitolo finale di questa passeggiata, scandisce le falcate dei Runners. Qualcuno lo chiama perfino per nome, sbirciando il pettorale.
"Animo, animo!" si sente gridare dai lati della strada, mentre chi ha voglia di dare un' accelerata ti sfila a fianco. Mentre a tua volta, ti lasci dietro chi invece arranca sperando che l'arrivo spunti prima possibile.
Ci si immette nella zona traguardo, proprio nel cuore dell'architettura piu moderna di Valencia: un lungo tappeto azzurro prelude all'arrivo. Dopo tanto asfalto, ti sembra di correre sul velluto. E per un attimo hai l'imbarazzante sensazione di calpestare un'aiuola, di muoverti in una zona proibita, di essere quasi inadeguato a quel parterre da grandi eventi.
L'inaspettato, prima dell'ultima curva: un amico eugubino che ti chiama per fotografarti. Gigi Caldarelli, giusto il tempo di focalizzarlo e ringraziarlo intimamente per quell'istantanea. Che resterà l'unico ricordo tangibile di tutti i 10 km.
Migliaia di zaini... che attendono il rientro del proprietario |
Tornando in albergo, per una doccia e per poi andare ad assistere all'arrivo degli amici sulla 42km, vado attraversando tutto il parco Turia, che lambisce l'omonimo fiume (altri 10 km, metro più metro meno, piu' pacati e rilassanti).
Area massaggi, subito dopo l'arrivo... |
Non sorride come avrei visto piu tardi fare da chi in classifica si sarebbe piazzato oltre la 10millesima posizione.
Era già arrivato, ma era quasi triste.
Chissà, magari anche lui aveva una sua storia. Aveva un obiettivo che forse, stando all'espressione interdetta e malinconica, gli era sfuggito.
Non sapeva che più o meno 17 mila persone, quella mattina, avevano dato l'anima per coprire ognuna, la propria meta. Per scrivere un capitolo emozionante della propria storia. Per ritagliarsi un giorno memorabile...
Di sicuro ne avrà avuta una anche lui.
Ma forse, almeno per questa domenica di novembre, deve essere stata meno appassionante della nostra...
martedì 19 novembre 2013
Un ex da "occasione perduta" (per entrambi): Daniel Ciofani
Il gol dell'ex, segnato in maglia perugina... |
Il Gubbio ritrova Daniel
Ciofani. Stavolta con tanto di fratello, quel Matteo che è stato
solo avversario dei rossoblù in maglia ascolana, con due sfide
entrambe combattute ed entrambe sfortunate per i colori eugubini.
Più conosciuto tra i due
decisamente il Ciofani bomber, Daniel, cresciuto nel Pescara – dove
incrocia la sua strada con un altro attaccante eugubino, Emanuele
Francioni – Ciofani esplode nella Cisco Roma, poi diventata
Atletico, con la quale infilza 60 gol in tre stagioni. Uno di questi
anche ai danni del Gubbio, gennaio 2009, con i rossoblù di Beoni
che cedono proprio alla Cisco per 1-0 con una rete incassata nei
minuti iniziali.
Ciofani arriva a Gubbio
nell'anno della B come la punta da sfondamento che per tanti anni era
mancata. Grandi aspettative, grandi presupposti, corroborati anche da
un debutto niente male: all'inaugurazione dell'ampliato stadio
Barbetti, contro il Cesena di Marco Giampaolo che annovera tra le
proprie fila Candreva, Giaccherini ed Eder, Ciofani si prende il
lusso di insaccare di testa alle spalle di Antonioli il momentaneo
1-1. In campionato però la musica sarà un po' diversa. Per il
Gubbio e anche per Daniel che solo a tratti riuscirà a trovare
continuità e soprattutto il gol.
Esultanza sul 2-2 momentaneo all'Ascoli |
Complice un gioco di
squadra non sembra a suo uso e consumo, come invece un attaccante
delle sue caratteristiche avrebbe bisogno.
Nel 4-2-4 iniziale di
Pecchia sembra un pesce fuor d'acqua. Nonostante questo timbra subito
il cartellino alla prima in casa, con la zampata del momentaneo 2-2,
contro il fratello Matteo, ma non basta, perchè Sbaffo a un soffio
dal termine inzucca la rete dei tre punti per i bianconeri.
La seconda marcatura è di
rigore. Rigore pesante, guadagnato da Bazzoffia contro il Verona: e
lui non fa rimpiangere almeno dal dischetto quel Juanito Gomez che
almeno per un sabato era parso nascondersi sulla fascia per non far
male all'amata maglia rossoblu.
Il gol pesante arriva contro la
Nocerina: è di carambola, ma è anche di rapina, da uomo d'area
quale Daniel sa essere. E contribuirà al primo successo stagionale
dei rossoblù in serie cadetta.
Prova anche a salvare la
panchina di Pecchia, con il primo gol in trasferta, siglato ancora
grazie ad una fuga proditoria di Bazzoffia, a Crotone: ma al
fotofinish Diuric spedirà il foglio di via all'attuale secondo di
Benitez, decretando sconfitta ed esonero. Con Ogbonna nel memorabile 1-0 al Torino |
L'era Simoni comincia bene
anche in trasferta, dove Ciofani sigla un gol spettacolare al 93' a
Livorno, complice la traversa: quel gol non gli sarà assegnato, ma è
suo come il punto raccolto dal Gubbio a fine gara, col sorriso
ironico di Novellino.
Ciofani va in letargo e
con lui anche il Gubbio. La fortuna non aiuta: ad esempio con
l'Empoli, contro cui stampa di testa una traversa clamorosa che
poteva valere l'1-1. Invece per ritrovarlo a rete bisogna attendere
la partita più bella dell'anno, il 4-0 di gennaio inflitto al
Grosseto. Con tanto di cucchiaio.
Gol mai banali quelli di Daniel.
Che apre la strada anche al successo sul Modena di Cuttone, l'ultima
vittoria che vedrà il Gubbio fuori dalla zona playout. E siamo a
febbraio. Il copione è il solito: Bazzoffia al centro e gol di
Ciofani.
Un dejavù che un mese
dopo si ripete anche contro il Crotone, anche se la rete del colosso
offensivo rossoblù sarà l'overture di un 3-3 spasmodico e beffardo.
E' anche l'ultimo acuto targato Ciofani nella stagione. L'unico gol
nella breve parentesi di Alessandrini.
Non è un caso che senza il
suo contributo, anche il Gubbio perderà quasi del tutto potenzialità
offensiva. Per ritrovarsi a metà maggio già retrocesso. Non un
connubio felice insomma: anche se il giocatore, l'uomo e la squadra
avrebbe meritato maggior fortuna...
Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" - in onda lunedì 18.11.13
mercoledì 13 novembre 2013
Parallelismi paradossali: da Lacagnina ai giudici di Tortora...
Mi piace definirli "parallelismi paradossali".
Quasi un gioco di parole, un diverticulum, nel quale ogni tanto mi
perdo, tra pensieri e riflessioni. Tra paragoni e,
appunto,parallelismi paradossali.
Mi piace il paradosso. Ha un sapore accattivante, aspro ma familiare. Crea contrasto, puo' apparire a tratti forzato, a tratti indigesto, ma costringe a riflettere. Ad abbandonare la routine e concentrarsi, almeno per qualche istante, su ciò che si sostanzia in parallelismo. E che può essere anche riflessione oziosa. Ma talvolta e' qualcosa di profondo. E di sentito.
Stavolta e' un po' tutto questo.
Perché il punto di partenza non meritebbe neppure mezza riga di un blog. Si chiama Antonio Lacagnina da Caltanissetta, il disastroso rappresentante del mondo arbitrale paracadutato a Gubbio in una grigia domenica di novembre, dell'anno Domini (che non e' il centrocampista rossoblù...) 2013.
Che c'entra Lacagnina. Lui nulla, per fortuna.
C'entrano eccome i designatori arbitrali che appena 6 giorni dopo la performance del "Barbetti" anziché consigliargli di abbracciare nuovi hobby come la pesca o il burraco (quest'ultimo decisamente piu esaltante del primo), lo spediscono a Busto Arsizio, a rischiare di far nuovi danni tra Pro Patria (la cui carità si e' andata a far benedire) e Carrarese, che essendo la squadra del buon Buffon non e' quotabile. E com Lacagnina in campo, ancora di meno...
Questa designazione e' semplicemente offensiva per chi ha minimamente a cuore - e sono sempre di meno - questo mondo chiamato calcio. Un'offesa alla dignità e al rispetto che una piazza come Gubbio ha comunque dimostrato di fronte ad una direzione provocatoria e ricca solo della propria mediocrità.
Ma evidentemente il pianeta di coloro che " hanno non solo facoltà ma potere di giudizio" e' lontano dalla realtà. Una riflessione che per altro avevo già abbozzato in questo blog.
Un assunto che ieri sera, per tutt'altri motivi, mi ha dato puntuale conferma.
Qual e' il parallelismo paradossale? Quello che mi e' deflagrato di fronte agli occhi ieri sera, quando in tv, su "Matrix", si e' parlato di Enzo Tortora. Non solo del suo caso - sono proprio 30 anni dall'arresto piu' mediatico del secolo scorso - ma soprattutto dell'esclusione del documentario dedicato al suo caso, dal Festival del cinema di Roma.
Un silenzio assordante, potremmo definirlo con l'ossimoro piu' abusato.
Quel che e' stato il caso Tortora e l'increscioso accavallarsi di abnormità investigative, meriterebbe di diventare materia scolastica. O almeno l'oggetto di un esame complementare a Giurisprudenza - ne ho studiati di più inutili e insulsi, in un percorso universitario del quale non mi e' rimasto quasi nulla, se non l senso di giustizia il piu' delle volte rattristato e deluso dalla realtà.
Ecco la realtà del caso Tortora ci dice che i magistrati che lo accusarono, lo processarono e lo fecero ingiustamente condannare, sommando una serie di incongruenze giudiziariamente abominevoli, sono poi stati promossi: oggi Lucio di Pietro è Procuratore Generale a Salerno e Felice di Persia, ex coordinatore della direzione distrettuale antimafia a Napoli, ora in pensione, è Presidente del Consorzio Rinascita del litorale casertano, dopo un breve periodo di amministratore unico della Gisec, società provinciale per la gestione dei rifiuti sempre a Caserta. Mentre il presidente dell’allora collegio dei giudici, Luigi Sansone è andato in pensione, non senza avere raggiunto il grado di Presidente della Cassazione.
Il mondo di chi giudica e' una galassia a se'. Non nel senso che sia indipendente - ci mancherebbe, anche se la politica la fa da padrone nelle correnti di Magistratura e da Di Pietro in poi rappresenta pure un' allettante prospettiva di molti magistrati.
E' una galassia a se' perché talvolta sembra lontana anni luce dalla realtà quotidiana, dal sentire generale, e soprattutto da quella radice che dovrebbe ispirare chiunque sia chiamato ad esprimere un giudizio: il buon senso.
Lo dico, con modestia e senza astio, nelle vesti di chi i giudizi - quelli che non cambiano la vita delle persone - li da sotto forma di un'innocua pagella sportiva.
Lo dico, ben sapendo quanto una penna possa ferire piu di una spada.
E quanto, tanti, troppi rappresentanti anche del nostro mondo - quello giornalistico - finiscano per farsi e farci del male.
Sempre per anoressia da buon senso...
Quel minerale così raro e così indispensabile, la cui carenza - un po' come il calcio nei denti - può cariare indelebilmente la nostra quotidianità. In un campo di calcio, come in un'aula di tribunale...
Mi piace il paradosso. Ha un sapore accattivante, aspro ma familiare. Crea contrasto, puo' apparire a tratti forzato, a tratti indigesto, ma costringe a riflettere. Ad abbandonare la routine e concentrarsi, almeno per qualche istante, su ciò che si sostanzia in parallelismo. E che può essere anche riflessione oziosa. Ma talvolta e' qualcosa di profondo. E di sentito.
Stavolta e' un po' tutto questo.
Perché il punto di partenza non meritebbe neppure mezza riga di un blog. Si chiama Antonio Lacagnina da Caltanissetta, il disastroso rappresentante del mondo arbitrale paracadutato a Gubbio in una grigia domenica di novembre, dell'anno Domini (che non e' il centrocampista rossoblù...) 2013.
Che c'entra Lacagnina. Lui nulla, per fortuna.
C'entrano eccome i designatori arbitrali che appena 6 giorni dopo la performance del "Barbetti" anziché consigliargli di abbracciare nuovi hobby come la pesca o il burraco (quest'ultimo decisamente piu esaltante del primo), lo spediscono a Busto Arsizio, a rischiare di far nuovi danni tra Pro Patria (la cui carità si e' andata a far benedire) e Carrarese, che essendo la squadra del buon Buffon non e' quotabile. E com Lacagnina in campo, ancora di meno...
Questa designazione e' semplicemente offensiva per chi ha minimamente a cuore - e sono sempre di meno - questo mondo chiamato calcio. Un'offesa alla dignità e al rispetto che una piazza come Gubbio ha comunque dimostrato di fronte ad una direzione provocatoria e ricca solo della propria mediocrità.
Ma evidentemente il pianeta di coloro che " hanno non solo facoltà ma potere di giudizio" e' lontano dalla realtà. Una riflessione che per altro avevo già abbozzato in questo blog.
Un assunto che ieri sera, per tutt'altri motivi, mi ha dato puntuale conferma.
Qual e' il parallelismo paradossale? Quello che mi e' deflagrato di fronte agli occhi ieri sera, quando in tv, su "Matrix", si e' parlato di Enzo Tortora. Non solo del suo caso - sono proprio 30 anni dall'arresto piu' mediatico del secolo scorso - ma soprattutto dell'esclusione del documentario dedicato al suo caso, dal Festival del cinema di Roma.
Un silenzio assordante, potremmo definirlo con l'ossimoro piu' abusato.
Quel che e' stato il caso Tortora e l'increscioso accavallarsi di abnormità investigative, meriterebbe di diventare materia scolastica. O almeno l'oggetto di un esame complementare a Giurisprudenza - ne ho studiati di più inutili e insulsi, in un percorso universitario del quale non mi e' rimasto quasi nulla, se non l senso di giustizia il piu' delle volte rattristato e deluso dalla realtà.
Ecco la realtà del caso Tortora ci dice che i magistrati che lo accusarono, lo processarono e lo fecero ingiustamente condannare, sommando una serie di incongruenze giudiziariamente abominevoli, sono poi stati promossi: oggi Lucio di Pietro è Procuratore Generale a Salerno e Felice di Persia, ex coordinatore della direzione distrettuale antimafia a Napoli, ora in pensione, è Presidente del Consorzio Rinascita del litorale casertano, dopo un breve periodo di amministratore unico della Gisec, società provinciale per la gestione dei rifiuti sempre a Caserta. Mentre il presidente dell’allora collegio dei giudici, Luigi Sansone è andato in pensione, non senza avere raggiunto il grado di Presidente della Cassazione.
Il mondo di chi giudica e' una galassia a se'. Non nel senso che sia indipendente - ci mancherebbe, anche se la politica la fa da padrone nelle correnti di Magistratura e da Di Pietro in poi rappresenta pure un' allettante prospettiva di molti magistrati.
E' una galassia a se' perché talvolta sembra lontana anni luce dalla realtà quotidiana, dal sentire generale, e soprattutto da quella radice che dovrebbe ispirare chiunque sia chiamato ad esprimere un giudizio: il buon senso.
Lo dico, con modestia e senza astio, nelle vesti di chi i giudizi - quelli che non cambiano la vita delle persone - li da sotto forma di un'innocua pagella sportiva.
Lo dico, ben sapendo quanto una penna possa ferire piu di una spada.
E quanto, tanti, troppi rappresentanti anche del nostro mondo - quello giornalistico - finiscano per farsi e farci del male.
Sempre per anoressia da buon senso...
Quel minerale così raro e così indispensabile, la cui carenza - un po' come il calcio nei denti - può cariare indelebilmente la nostra quotidianità. In un campo di calcio, come in un'aula di tribunale...
martedì 12 novembre 2013
"Il Rosso e il Blu": e i ricordi delle sfide con il Sassuolo...
Maggio 2013, Giorgio Squinzi, presidente nazionale di Confindustria si presenta all'assemblea del più importante sindacato imprenditoriale con una cravatta neroverde: da pochi giorni il Sassuolo, la squadra di calcio di cui è presidente, è promosso in serie A.
Una cittadina del
Modenese, laboriosa e ricca di eccellenze – in particolare nella
ceramica industriale – che passerà alla storia dello sport
italiano per questo acuto straordinario giunto al culmine di un
periodo di rodaggio in serie B che già sembrava da solo un miracolo.
E dire che il Sassuolo ha
incrociato spesso negli ultimi 40 anni la sua strada con quella del
Gubbio, in dimensioni e categorie più consone alle rispettive
potenzialità.
Il primo precedente risale
al dicembre 1974, quarta serie, l'odierna C2, i neroverdi battono il
Gubbio di Conti per 3-1, il momentaneo pari rossoblù è firmato da
"Barbetti". Per vedere la prima vittoria del Gubbio bisogna attendere 5
anni, è il febbraio 1979, ancora quarta serie, e la squadra allenata
stavolta da Nofri batte il Sassuolo 2-0 con un gol di Luciani e
un'autorete.
E' indubbio però che le
sfide più accese risalgono alla tv a colori e al ritorno tra i
professionisti delle due formazioni.
Nel 1998, il Gubbio di
Acori incrocia i neroverdi con alterne fortune: all'andata una
punizione allo scadere regala il successo agli emiliani 2-1, in gol
per il Gubbio Pino Lorenzo, mentre al ritorno è Condor Cornacchini
dal dischetto a siglare il gol vittoria. L'anno dopo, nella stagione
deludente targata Donati, è Lazzoni ad infilare la rete del successo
nel match di andata.
Pirotecnica invece la
doppia sfida nel primo anno di gestione Alessandrini: al San Biagio
finisce 4-2 una gara spettacolare, con le perle di Lazzoni, Papa su
punizione, Clementi e Panisson.
Al ritorno è addirittura
Gubbio champagne: finisce 4-1 per i rossoblù che segnano le 4 reti
in un quarto d'ora della ripresa, grazie alla doppietta di Cobra
Clementi, e i gioielli di Cipolla e Melotti. In quella squadra
eugubina milita un giovanissimo Magnanelli, poi capitano della
trascendentale ascesa fino alla A del Sassuolo, di cui ancora oggi
indossa la fascia.
La stagione successiva,
quella della finale play off col Rimini, vedrà addirittura i
neroverdi retrocedere tra i dilettanti, ultimo passo indietro prima
di un decennio di promozioni in fila che decreterà il vero e proprio
prodigio dei modenesi.
E così il Gubbio ritrova
il Sassuolo solo, si fa per dire, in serie B in una doppia sfida
intensa e con un paio di ex: uno è Magnanelli, l'altro è Ettore
Marchi. Ma nessuno dei due colpirà duro, ci pensa Sansone con un
bolide da lontano a decidere la sfida del Barbetti, tra l'altro in
una fase positiva dell'era Simoni. Nel ritorno la vittoria che non ti
aspetti: l'unica in trasferta in tutta l'annata cadetta, l'unica di
Apolloni in panchina, la vittoria dell'illusione, firmata Graffiedi e
. Punirà gli emiliani, in piena corsa promozione, mentre il Gubbio
sprecherà malamente il jolly nelle gare successive.
Oggi le distanze sembrano
siderali tra Gubbio e Sassuolo, che in comune hanno solo i Di
Francesco padre e figlio. Eppure tante affinità ci sarebbero tra due
piazze che hanno in comune la voglia di sorprendere. Mentre quanto al
tifo, beh, un Gubbio in serie A esprimerebbe qualcosina in più dei
pur appassionati 1.500 abbonati di questa stagione...
Patron Squinzi
lo sa, ma lui sotto la cravatta neroverde, si gode quest'annata
speciale.
lunedì 11 novembre 2013
Un inedito "Voti a rendere": dallo 0 di Salerno al 3 di Lacagnina. Bucchi? Premio Nobel per la pace...
VOTI A
RENDERE
Salernitana-Nocerina
0
E'
il livello di fiducia che un tifoso normale ripone ormai nel sistema
calcio dopo l'ennesima domenica surreale. La Lega pro si inventa high
lights a pagamento e anticipi a mezzogiorno per far cassa, mentre
intorno il calcio sta finendo avvinghiato in una spirale depressiva
irreversibile. Si attendono misure esemplari contro giocatori e
società rossonera, che potrebbe perfino sparire. Purtroppo nulla
che possa invece escludere in futuro altri teatrini del genere.
Tristezza.
Lacagnina di
Caltanissetta 3
Per i greci era
il numero perfetto, per Antonio Eros Lacagnina da Caltanissetta è il numero dei
cartellini rossi esibiti a Gubbio. Peccato non si sia accorto che il
terzo destinatario sia rimasto in campo e abbia giocato anche
l'ultima azione di gara. Peccato sia incappato in una domenica
semplicemente bestiale. La fortuna, si fa per dire, è che i fatti e
misfatti di Salerno ne copriranno le magagne su stampa e media.
Sperare che ammetta l'errore per la ripetizione della gara è che
come confidare che la mafia si costituisca in blocco. Parlare di
sciagura, con quanto successo in Indocina, è inopportuno. I paragoni
con Calvarese meglio evitarli, potremmo ritrovare Lacagnina in serie
A.
Deve solo trovarsi un altro hobby la domenica.
Bucchi 8
Nella giornata
più disastrata, sotto un diluvio universale, la sua squadra gioca in
9 una partita piena d'ardore, regge fino all'89' e sfiora l'ennesima
impresa in inferiorità. E lui riesce a trattenersi e a non mettere
le mani addosso al direttore di gara. Premio Nobel.
mercoledì 6 novembre 2013
Quando l'assenza di un arbitro è meglio che la giungla di regole. Specie se prive di buon senso...
Ci sono storie che fanno capire come le regole siano tutto nella vita. Ci sono episodi che ribaltano invece questa tesi.
O meglio, che ci convincono del fatto che - pur senza regola - c'è una radice ancora più profonda in grado di garantire la civile convivenza tra simili: si chiama "buon senso".
La riflessione di oggi nasce da una notizia apparentemente banale (ma non troppo). E dalla contrapposizione con una realtà apparentemente scontata (ma non troppo).
La notizia l'ho avuta da un amico e collega, che ha ispirato di recente anche un post di questo blog. Simone Zaccagni, si è trovato protagonista, insieme ad altri appassionati calciatori (calcio a 5, disciplina da cui mi tengo fortemente alla larga ormai da 5 anni, dopo un maldestro ennesimo infortunio alla caviglia che mi è costato mezza vacanza in Sardegna nel 2008).
http://www.trgmedia.it/notizia/Csi-calcio-a-5-L-39-arbitro-non-arriva-le-squadre-si-autoregolamentano/58897/news.aspx
Come si legge dalla news linkata, è accaduto che ad un torneo di calcio a 5 l'arbitro non sia arrivato per il calcio d'inizio. Nessun problema. I giocatori hanno iniziato, si sono "autodisciplinati" e pur senza giacchetta nera e fischietto a pendere come una rassicurante spada di Damocle, la partita ha seguito il suo corso. Senza colpi nè contraccolpi, senza feriti, nè collutazioni. Come spesso avvengono in presenza di un arbitro (talvolta anche a causa dello stesso).
Mi immagino la faccia di questo direttore di gara ritardatario, che trafelato, è arrivato all'impianto sportivo, vedendo luci accese e giocatori in campo, immaginandosi chissà quale reazione avrebbe provocato la sua assenza: e poi, a sorpresa, si è trovato davanti due squadre che stavano semplicemente giocando a calcetto.
Francamente entrare ex post, così, a dirigere una gara, mi sarebbe pesato non poco. Per fortuna (soprattutto del calcio) non sono mai stato un arbitro. E non mi pongo questo problema.
C'è dunque chi si autodisciplina. E c'è chi, istituzionalmente, dovrebbe vigilare per garantire la disciplina. Ad esempio, le amministrazioni comunali.
Che invece, in un caso specifico, hanno pensato bene di trovare una scorciatoia per evitare di dover "vigilare meglio".
E' il caso della proposta avanzata dall'Anci (l'associazione che riunisce tutti i Comuni italiani) presieduta dal sindaco di Torino, Fassino, di abbassare a 30 km/h il limite di velocità dentro i centri urbani.
http://www.auto.it/2013/11/06/limite-di-30-kmh-in-citta-si-puo-fare-davvero/16283/
In tempo di crisi ridurre di quasi il 50% il limite potrebbe sembrare lungimirante.
A me, in realtà, sembra una fesseria incommensurabile.
Primo, perchè nessuno rispetterà questo limite (già non avviene con i 50 km/h... provate ad andare in auto a 30 km/h poi turatevi le orecchie perchè risuoneranno di clacson per almeno un paio di settimane).
Secondo, perchè in realtà dietro la regola, l'ennesima - nel Paese a più alto tasso di leggi e a più alta tendenza ad eluderle - pare non esserci l'interesse pubblico di limitare incidenti o disciplinare il traffico (anzi, i primi rischiano di aumentare, e il secondo di accrescere il livello del tilt). Ma solo un unico obiettivo, inconfessato dagli estensori della proposta: abbassare l'asticella per aumentare multe e introiti nelle asfittiche casse comunali.
Come dire, ecco l'esempio di chi usa le regole non per disciplinare, ma per far cassa. Non per educare, ma per colpire. Non per usare buon senso, ma in barba allo stesso.
Insomma. Talvolta basterebbe il buon senso - come dimostrato dai solerti giocatori eugubini di calcetto - per ovviare all'assenza di un giudice. Quel buon senso che dovrebbe sempre orientare il giudice, come il legislatore o l'amministratore. Ma in alcuni casi (come quello dei 30 km/h nei centri storici) proprio la figura che dovrebbe essere riferimento degli interessi collettivi sembra lontano anni luce dalle reali esigenze quotidiane... E da un concetto minimo di buon senso...
O meglio, che ci convincono del fatto che - pur senza regola - c'è una radice ancora più profonda in grado di garantire la civile convivenza tra simili: si chiama "buon senso".
La riflessione di oggi nasce da una notizia apparentemente banale (ma non troppo). E dalla contrapposizione con una realtà apparentemente scontata (ma non troppo).
La notizia l'ho avuta da un amico e collega, che ha ispirato di recente anche un post di questo blog. Simone Zaccagni, si è trovato protagonista, insieme ad altri appassionati calciatori (calcio a 5, disciplina da cui mi tengo fortemente alla larga ormai da 5 anni, dopo un maldestro ennesimo infortunio alla caviglia che mi è costato mezza vacanza in Sardegna nel 2008).
http://www.trgmedia.it/notizia/Csi-calcio-a-5-L-39-arbitro-non-arriva-le-squadre-si-autoregolamentano/58897/news.aspx
Come si legge dalla news linkata, è accaduto che ad un torneo di calcio a 5 l'arbitro non sia arrivato per il calcio d'inizio. Nessun problema. I giocatori hanno iniziato, si sono "autodisciplinati" e pur senza giacchetta nera e fischietto a pendere come una rassicurante spada di Damocle, la partita ha seguito il suo corso. Senza colpi nè contraccolpi, senza feriti, nè collutazioni. Come spesso avvengono in presenza di un arbitro (talvolta anche a causa dello stesso).
Mi immagino la faccia di questo direttore di gara ritardatario, che trafelato, è arrivato all'impianto sportivo, vedendo luci accese e giocatori in campo, immaginandosi chissà quale reazione avrebbe provocato la sua assenza: e poi, a sorpresa, si è trovato davanti due squadre che stavano semplicemente giocando a calcetto.
Francamente entrare ex post, così, a dirigere una gara, mi sarebbe pesato non poco. Per fortuna (soprattutto del calcio) non sono mai stato un arbitro. E non mi pongo questo problema.
C'è dunque chi si autodisciplina. E c'è chi, istituzionalmente, dovrebbe vigilare per garantire la disciplina. Ad esempio, le amministrazioni comunali.
Che invece, in un caso specifico, hanno pensato bene di trovare una scorciatoia per evitare di dover "vigilare meglio".
E' il caso della proposta avanzata dall'Anci (l'associazione che riunisce tutti i Comuni italiani) presieduta dal sindaco di Torino, Fassino, di abbassare a 30 km/h il limite di velocità dentro i centri urbani.
http://www.auto.it/2013/11/06/limite-di-30-kmh-in-citta-si-puo-fare-davvero/16283/
In tempo di crisi ridurre di quasi il 50% il limite potrebbe sembrare lungimirante.
A me, in realtà, sembra una fesseria incommensurabile.
Primo, perchè nessuno rispetterà questo limite (già non avviene con i 50 km/h... provate ad andare in auto a 30 km/h poi turatevi le orecchie perchè risuoneranno di clacson per almeno un paio di settimane).
Secondo, perchè in realtà dietro la regola, l'ennesima - nel Paese a più alto tasso di leggi e a più alta tendenza ad eluderle - pare non esserci l'interesse pubblico di limitare incidenti o disciplinare il traffico (anzi, i primi rischiano di aumentare, e il secondo di accrescere il livello del tilt). Ma solo un unico obiettivo, inconfessato dagli estensori della proposta: abbassare l'asticella per aumentare multe e introiti nelle asfittiche casse comunali.
Come dire, ecco l'esempio di chi usa le regole non per disciplinare, ma per far cassa. Non per educare, ma per colpire. Non per usare buon senso, ma in barba allo stesso.
Insomma. Talvolta basterebbe il buon senso - come dimostrato dai solerti giocatori eugubini di calcetto - per ovviare all'assenza di un giudice. Quel buon senso che dovrebbe sempre orientare il giudice, come il legislatore o l'amministratore. Ma in alcuni casi (come quello dei 30 km/h nei centri storici) proprio la figura che dovrebbe essere riferimento degli interessi collettivi sembra lontano anni luce dalle reali esigenze quotidiane... E da un concetto minimo di buon senso...
lunedì 4 novembre 2013
"Voti a rendere": dal benvenuto a Falconieri alle "sciagure" Kamana-Daffara...
VOTI A
RENDERE
Pisseri 7
Un'altra
performance da incorniciare: blinda la porta rossoblù sia nel primo
tempo sullo 0-0 che nel finale rimandando solo ai minuti di recupero
– spesso fatali in questo campo - il gol della bandiera nocerina.
Affidabilità.
Longobardi
7,5
Lo aveva
indicato come esempio in conferenza stampa mister Bucchi: non segnerà
gol a grappoli, ma corre come un mezzofondista keniano, dà di
sponda, aiuta la squadra e se c'è l'occasione, procura il penalty.
Indomito.
Falconieri 7
di benvenuto
Al San
Francesco d'Assisi comincia forse il suo vero campionato. In panca
anche con mezza squadra costretta all'infermeria, entra e pennella
una punizione gioiello che alla fine diventa pure decisiva. Rapace.
Kamana e
Daffara 4,5 -
Ingaggiano a
distanza un bel duello su chi potrebbe vincere il premio sciagura
difensiva della settimana. A Nocera il difensore camerunense perde
palla e stende Longobardi per il rigore del vantaggio. Non pago,
mette giù anche Falconieri, prende il rosso e procura la punizione
del 2-0. A Barletta Daffara lo tallona: procura il rigore salvato da
Koprivec e nel finale si addormenta su Zigon. Sciagurati.
Koprivec 7,5
-
Continua ad
essere una delle poche certezze del Perugia altalenante di Camplone.
La difesa dei grifoni a Barletta ha più falle del bilancio di una
partecipata di trasporti, ma lui tampona tutto. Tappabuchi.
Bucchi in conferenza stampa post Gubbio-Pisa foto Marco Signoretti |
Bucchi 7 -
Come i punti
messi insieme nelle ultime 3 partite, con mezza squadra in
infermeria. Non fa drammi, carica i suoi, disegna un tandem difensivo
che ha 40 anni in tutto, dà responsabilità importanti a giocatori
finora poco utilizzati, e agguanta il gruppone play off. Concreto.
Da "Fuorigioco" - puntata del 4.11.13
sabato 2 novembre 2013
"Il Rosso e il Blu" e la sfida ciclica degli ultimi 5 anni: Gubbio-Nocerina...
Cinque anni a braccetto. E mai come quest'anno in un ruolo da comprimarie, almeno leggendo la classifica fino ad oggi. Gubbio e Nocerina sono le uniche due squadre in Italia ad aver sempre giocato in una categoria diversa nelle ultime 5 stagioni, e alla fine si sono sempre incrociate, anche quando non disputavano lo stesso campionato. Tutto questo dopo essersi ignorati, si fa per dire, per 50 anni, primo precendente la serie B di Masetti e Baccarini.
Una
sfida non senza cabala, perchè il Gubbio in terra campana non ha mai
vinto finora, raccogliendo la prima soddisfazione pochi mesi fa
grazie ad un'inzuccata velenosa di Galabinov, a firmare un prezioso
1-1 conquistato negli ultimi minuti di partita in inferiorità
numerica.
Casoli esulta dopo il raddoppio (foto www.gubbiofans.it) |
E
dire che proprio la zona Cesarini è stata fatale in parecchie sfide
tra Gubbio e Nocerina. Il primo incrocio recente è del 2009-2010 in
un girone di quelli cervellotici partoriti dalla Federazione Legapro
in vena di fantasie. All’andata è Giacomo Casoli l’incubo dei
campani: prima semina il panico e offre a porta vuota la palla del
vantaggio a Marotta, poi nella ripresa fa tutto da solo, dribbling al
portiere compreso, e fissa il 2-0 della sicurezza. Al ritorno la
squadra di Torrente spreca, si arriva al 93’ con lo 0-0 in tasca
quando è Iannini che di testa sull’ultimo corner dell’incontro
fulmina un incerto Lamanna.
Daud infila il momentaneo vantaggio nell'andata di Supercoppa di Lega pro |
Le
due squadre si ritrovano l’anno dopo in due gironi diversi ma uniti
dal felice destino del primo posto da matricole terribili. Per poi
ritrovarsi nella doppia finale di Supercoppa di Lega. All’andata
Daud illude i rossoblù con una zampata vincente a 15’ dalla fine.
Un urlo ricacciato in gola ancora al 93’ con Marsili che su
punizione indovina l’angolo giusto. Al ritorno i campani fanno
barricate, se la cavano complici anche errori sotto porta dei
rossoblù, soprattutto con Bazzoffia. Nel finale è Castaldo – solo
il primo gol di altri ai danni del Gubbio – a dare il gol sicurezza
per la coppa.
Abbraccio Caracciolo-Ciofani (foto Settonce) |
Ci
si ritrova in serie B con due partite che a loro modo resteranno
nella memoria: la prima al Barbetti è ancora con il Gubbio a
prevalere. Vittoria memorabile per 2-1 perché è la prima della
stagione, firmata da un rocambolesco batti e ribatti di Ciofani, da
un pari sontuoso dell’ex galeotto De Liguori e dall’unico acuto
stagione di Daniele Ragatzu, tra i rimpianti più colossali
dell’annata cadetta. E’ anche l’unica vittoria della gestione
Pecchia con il mister relegato in tribuna.
La smorfia di Bazzoffia che s'infortuna (foto Settonce) |
Al ritorno un’altra gara
che spacca il campionato: Negro beffa in apertura Donnarumma in una
delle sue tante amnesie, il pari arriva nella ripresa con l’unico
gol scandinavo della storia rossoblù, firmato Lofquist. Sembra fatta
ma arriva il fatidico 93’ che stavolta porta la firma di Merino. Un
eurogol che rimette in corsa la Nocerina per la salvezza, stramazza
al suolo la squadra di Simoni condannata soprattutto dall’infortunio
a Bazzoffia che chiuderà al San Francesco la sua stagione. E con lui
molte delle chance offensive dei rossoblù.
La scorsa stagione regala
altre due sfide palpitanti: al Barbetti la Nocerina dà spettacolo
nella prima frazione e passa meritatamente con Corapi. La ripresa
vede in campo un altro Gubbio risollevato prima dal guizzo di Guerri,
e poi da una punizione gioiello di Galabinov. Ed è ancora il bulgaro
nel match di ritorno a griffare il pari che equivale alla salvezza,
dopo il gol dell'attuale grifone Mazzeo nella prima frazione.
Da "Il Rosso e il Blu" in onda lunedì 4.11.13
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