Mi piace definirli "parallelismi paradossali".
Quasi un gioco di parole, un diverticulum, nel quale ogni tanto mi
perdo, tra pensieri e riflessioni. Tra paragoni e,
appunto,parallelismi paradossali.
Mi piace il paradosso. Ha un sapore accattivante,
aspro ma familiare. Crea contrasto, puo' apparire a tratti forzato, a
tratti indigesto, ma costringe a riflettere. Ad abbandonare la
routine e concentrarsi, almeno per qualche istante, su ciò che si
sostanzia in parallelismo. E che può essere anche riflessione
oziosa. Ma talvolta e' qualcosa di profondo. E di sentito.
Stavolta e' un po' tutto questo.
Perché il punto di partenza non meritebbe neppure
mezza riga di un blog. Si chiama Antonio Lacagnina da Caltanissetta,
il disastroso rappresentante del mondo arbitrale paracadutato a
Gubbio in una grigia domenica di novembre, dell'anno Domini (che non
e' il centrocampista rossoblù...) 2013.
Che c'entra Lacagnina. Lui nulla, per fortuna.
C'entrano eccome i designatori arbitrali che appena 6
giorni dopo la performance del "Barbetti" anziché
consigliargli di abbracciare nuovi hobby come la pesca o il burraco
(quest'ultimo decisamente piu esaltante del primo), lo spediscono a
Busto Arsizio, a rischiare di far nuovi danni tra Pro Patria (la cui
carità si e' andata a far benedire) e Carrarese, che essendo la
squadra del buon Buffon non e' quotabile. E com Lacagnina in campo,
ancora di meno...
Questa designazione e' semplicemente offensiva per
chi ha minimamente a cuore - e sono sempre di meno - questo mondo
chiamato calcio. Un'offesa alla dignità e al rispetto che una piazza
come Gubbio ha comunque dimostrato di fronte ad una direzione
provocatoria e ricca solo della propria mediocrità.
Ma evidentemente il pianeta di coloro che "
hanno non solo facoltà ma potere di giudizio" e' lontano dalla realtà.
Una riflessione che per altro avevo già abbozzato in questo blog.
Un assunto che ieri sera, per tutt'altri motivi, mi
ha dato puntuale conferma.
Qual e' il parallelismo paradossale? Quello che mi e'
deflagrato di fronte agli occhi ieri sera, quando in tv, su "Matrix",
si e' parlato di Enzo Tortora. Non solo del suo caso - sono proprio
30 anni dall'arresto piu' mediatico del secolo scorso - ma
soprattutto dell'esclusione del documentario dedicato al suo caso,
dal Festival del cinema di Roma.
Un silenzio assordante, potremmo definirlo con
l'ossimoro piu' abusato.
Quel che e' stato il caso Tortora e l'increscioso
accavallarsi di abnormità investigative, meriterebbe di diventare
materia scolastica. O almeno l'oggetto di un esame complementare a
Giurisprudenza - ne ho studiati di più inutili e insulsi, in un
percorso universitario del quale non mi e' rimasto quasi nulla, se
non l senso di giustizia il piu' delle volte rattristato e deluso
dalla realtà.
Ecco la realtà del caso Tortora ci dice che i
magistrati che lo accusarono, lo processarono e lo fecero
ingiustamente condannare, sommando una serie di incongruenze
giudiziariamente abominevoli, sono poi stati promossi: oggi Lucio di Pietro è Procuratore Generale a Salerno e Felice di Persia, ex
coordinatore della direzione distrettuale antimafia a Napoli, ora in pensione, è
Presidente del Consorzio Rinascita del litorale casertano, dopo un breve periodo
di amministratore unico della Gisec, società provinciale per la gestione dei
rifiuti sempre a Caserta. Mentre il presidente dell’allora collegio dei giudici,
Luigi Sansone è andato in pensione, non senza avere raggiunto il grado
di Presidente della Cassazione.
Il mondo di chi giudica e' una galassia a se'. Non
nel senso che sia indipendente - ci mancherebbe, anche se la politica
la fa da padrone nelle correnti di Magistratura e da Di Pietro in poi
rappresenta pure un' allettante prospettiva di molti magistrati.
E' una galassia a se' perché talvolta sembra lontana
anni luce dalla realtà quotidiana, dal sentire generale, e
soprattutto da quella radice che dovrebbe ispirare chiunque sia
chiamato ad esprimere un giudizio: il buon senso.
Lo dico, con modestia e senza astio, nelle vesti di
chi i giudizi - quelli che non cambiano la vita delle persone - li da
sotto forma di un'innocua pagella sportiva.
Lo dico, ben sapendo quanto una penna possa ferire
piu di una spada.
E quanto, tanti, troppi rappresentanti anche del
nostro mondo - quello giornalistico - finiscano per farsi e farci del
male.
Sempre per anoressia da buon senso...
Quel minerale così raro e così indispensabile, la
cui carenza - un po' come il calcio nei denti - può cariare
indelebilmente la nostra quotidianità. In un campo di calcio, come
in un'aula di tribunale...
mercoledì 13 novembre 2013
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Lo dico in tutta onestà e senza offesa alla persona (che non conosco e a cui chiedo perdono) ma l''articolo è di pessima fattura.
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