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giovedì 12 dicembre 2013

Un riconoscimento Unesco? Sì, per le occasioni perse...

Ceri, metafora di vita? Beh, in questo caso, i Ceri diventano metafora di una città. Del suo passato, ma speriamo un po' meno del suo futuro. Della sua mentalità e al tempo stesso, delle tante occasioni perse.

La notizia non poteva passare inosservata. A Baku, amena località dell'Azerbaijan, di cui è anche capitale, nota finora solo o quasi per i suoi giacimenti di petrolio, l'Unesco ha dichiarato patrimonio immateriale dell'umanità la “rete delle feste con macchine a spalla”. Un circuito che dal 2004 era nato e aveva coinvolto anche le componenti istituzionali eugubine. Che aveva visto anche la presenza di eminenti personalità dell'Unesco a Gubbio il 15 maggio. Salvo poi vedere un passo indietro nel 2010. Un ripensamento da parte di Gubbio – con relativa uscita dal circuito della Festa dei Ceri - dovuto alla volontà, espressa da tutti (dall'Amministrazione comunale alle istituzioni ceraiole) di “fare corsa da soli”.

Morale: la Festa dei Ceri è uscita dal circuito delle feste di Viterbo, Palmi, Nola, Sassari – che, per carità, con il 15 maggio avevano poco nulla a che fare.

I portatori della macchina di S.Rosa a Viterbo
Però il risultato è che ora Viterbo, Palmi, Nola e Sassari possono festeggiare un riconoscimento straordinario. Non tanto per le loro feste – che continueranno sicuramente ad essere le stesse, più o meno apprezzabili, più o meno comprensibili, dall'esterno, ma certamente uniche e inimitabili per i loro animatori, come lo è per gli eugubini la Festa dei Ceri.

Dal canto suo, la Festa dei Ceri resterà la stessa. Ma è fuori dalla tutela Unesco, che certo qualche vantaggio l'avrebbe portato alla città. Farà corsa da sola, in futuro, per ottenerlo. Il che non significa che la corsa solitaria avrà un esito positivo.

La delegazione dei Candelieri di Sassari a Baku
per la proclamazione Unesco
La metafora non è per la vicenda in sé – comunque beffarda, ai limiti del masochistico – ma per l'esempio di come tanti, troppi “treni” si siano persi per strada, in virtù di una presunta “superiorità” che, diciamocela tutta, è uno specchio effimero, davanti al quale non solo ci si ammira, ma quel che è peggio, ci si incanta. Salvo poi scoprire però che la stanza in cui si trova lo specchio resta sempre la stessa: piccola, isolata, fredda e, negli ultimi tempi, senza neppure le certezze di una volta.
A chi dovesse obiettare poi che la Festa dei Ceri o Gubbio stessa non abbia bisogno del riconoscimento Unesco, non pensiamo serva neanche una replica.

Speriamo solo che chi sarà chiamato a governare questa città, da giugno in poi, sappia comprendere l'importanza dei “treni” che passano. Di quelli che possono aiutare la nostra comunità a promuoversi, di quelli che possono consentire ai propri tesori di essere tutelati e valorizzati, di quelli che possono dare respiro e orizzonti diversi agli angusti confini di una mentalità, oggi ancor più deleteria.
La stessa che in modo miope non ha mai saputo guardare con efficacia al dialogo con le realtà vicine (comprensorio), con quelle affini (Assisi), con quelle che avrebbero potuto stimolare nuove dinamiche (le Marche e la riviera).
Perchè per troppo tempo si è pensato che Gubbio poteva “bastare a se stessa”. Che gli altri non ci meritavano. E che anzi ci avrebbero rimpianti.

Ecco, se la “capacità di perdere occasioni” fosse considerato un bene immateriale, l'Unesco forse, nel nostro caso, non chiederebbe neppure la documentazione.
GMA

 
Da editoriale "Gubbio oggi" - dicembre 2013

2 commenti:

  1. Pubblico in due tranche (per motivi di spazio) la riflessione dell'amico e collega Gianluca Sannipoli, che mi ha inviato stamane su questo argomento:

    "Gubbio e Unesco, un matrimonio che “non s’ha da fare”. A poco più di vent’anni di distanza dal tentativo (per la verità rimasto solo un’idea) di far iscrivere l’intero centro storico eugubino nell’elenco della famosa organizzazione dell’Onu che si occupa di beni culturali, questa volta la porta in faccia ce l’hanno sbattuta per davvero con la Festa dei Ceri e per due volte. La prima, quando lo scorso maggio la festa eugubina è stata esclusa dal lotto delle finaliste; la seconda (un colpo da K.O.) pochi giorni fa, quando è arrivata la notizia da Baku in Azerbaijan, che le altre quattro città e relative feste che facevano parte della cosiddetta “rete delle macchine a spalla”, alla quale anche Gubbio inizialmente era affiliata, ce l’hanno fatta: sono nell’elenco dei beni immateriali dell’Unesco.
    Piccolo passo indietro. Il 17 ottobre 2003 la Conferenza Generale dell’UNESCO ha approvato la Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, entrata in vigore due anni e mezzo dopo, il 20 aprile 2006. Lo stato italiano ha ratificato tale convenzione il 27 settembre 2007. Nel frattempo Gubbio aveva già ben avviato contatti con altre città italiane dove si svolgono manifestazioni storiche con il trasporto di “macchine a spalla”: Palmi, Sassari, Viterbo e Nola. Tra il 2004 e il 2008 si svolgono visite reciproche delle città alle rispettive manifestazioni e prende il via ufficialmente la candidatura. Nel frattempo il consiglio comunale aveva approvato all’unanimità la delibera DCC 165 del 18/10/2004 che autorizzava l’adesione della Festa dei Ceri alla costituenda “Rete delle feste italiane con macchine a spalla”.
    Tutto sembrava filare liscio, ma era in agguato un male di cui siamo portatori (spesso non sani) nella nostra città: l’autoreferenzialità. L’Eugubino oggi, più che “spirito bizzarro”, come lo etichettò magistralmente Origene Rogari nel titolo di quel suo splendido pamphlet, va indicato proprio così: autoreferenziale. Noi siamo i più belli, i più bravi, i più buoni, i più generosi e, soprattutto, riusciamo a fare tutto da noi, senza l’aiuto di nessuno. Ma purtroppo non è sempre così e questa vicenda lo conferma. (continua)

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  2. (continua)
    Non che l’Unesco sia la porta del paradiso, ma è innegabile che l’iscrizione all’elenco dei beni immateriali avrebbe rappresentato un’opportunità importante per far muovere turismo. Ormai da anni, ci sono turisti di varie parte del pianeta, americani e giapponesi in testa, ma anche europei, che si muovono esclusivamente verso luoghi iscritti in quell’elenco. E’ ancora da verificare se lo faranno anche per i beni immateriali, ma la visibilità e l’autorevolezza dell’Unesco lo lasciano credere.
    Detto questo, veniamo ai padri di questo disastroso risultato. E’ ovvio che ce n’è sempre uno anche se il padre non “è mai certo”. Nel nostro caso, i responsabili della scellerata decisione di uscire dalla rete delle macchine a spalla, sono il consiglio e il presidente di allora dell’Università dei Muratori, i presidenti e i consigli delle famiglie ceraiole, la Diocesi, l’Associazione Maggio Eugubino, ma soprattutto, visto che i ceri sono di proprietà del Comune di Gubbio (che dunque ha avuto l’ultima e decisiva parola), l’amministrazione comunale in tutte le sue componenti: la giunta, la III commissione consiliare e il consiglio.
    Il primo passo verso il suicidio della candidatura eugubina l’ha compiuto la III commissione consiliare nella seduta del 24 giugno 2010, quando “con voti unanimi e palesi” ha stabilito che la Festa dei Ceri avrebbe dovuto correre da sola. Poi la giunta comunale che ha avallato quella decisione e infine, la ciliegina sulla torta ce l’ha messa il consiglio comunale che quella delibera l’ha approvata all’unanimità con la deliberazione N. 117 nella seduta del 5 luglio 2010 (con i voti dei consiglieri di maggioranza e di minoranza di centrodestra e di centrosinistra). Nel testo di quella delibera la rete delle macchine a spalla non viene mai citata, come se i precedenti sei anni non fossero mai esistiti e cose se Gubbio scendesse in campo solo in quel momento. Da lì è iniziato il percorso in solitaria di Gubbio conclusosi ingloriosamente quest’anno facendo perdere alla città l’ennesimo treno.
    Gianluca Sannipoli

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