Una domenica da consegnare agli annali. Una partita di quelle da ricordare: anche per chi, con qualche capello bianco in più, ne ha vissute di emozioni forti in questi 20 anni. Senza scomodare il solito paragone con il “Curi”, non ricordiamo un’atmosfera surriscaldata e rovente sugli spalti nelle precedenti occasioni play off, un profumo di festa così intenso come quello assaporato sui gradoni del S.Biagio nel pomeriggio di ieri.
Gubbio-Fano si è decisa ancora prima che le squadre scendessero in campo: e non solo perché i rossoblù – nell’ormai immancabile completo bianco – partivano da un rassicurante 2-1 esterno e aveva il fattore campo dalla propria. Ma perché si aveva la percezione che dalle tribune la spinta potesse essere così forte e veemente che forse qualsiasi squadra, al posto del Gubbio, avrebbe fatto comunque un figurone.
Con un pubblico così la I Divisione dovrebbe essere assegnata honoris causa: ma la squadra di Torrente sa che ci sarà ancora da sudare.
lunedì 31 maggio 2010
venerdì 28 maggio 2010
Il giorno dopo... l'happy birthday
Sarà pure un diverticulum da ragazzini, ma facebook mi ha restituito un po' di autostima. Non foss'altro per gli oltre 200 post di auguri ricevuti tra ieri e oggi. Sembro sciocco, vero? Magari apparirà infantile, ma quelle parole - anche le più semplici e apparentemente scontate - mi hanno regalato un ideale abbraccio, una carezza, un pizzico di affetto. In un momento in cui ne avevo davvero bisogno...
E la serata passata in famiglia. Con quel calore che mi mancava da un po'...
E per chiudere la serie, l'ultimo biglietto di auguri...
Ne farò tesoro...
*Solo per persone fenomenali... *
* Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni...
Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età. *
*Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c’è un’altra delusione. *
*Fino a quando sei vivo, sentiti vivo.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo. *
*Non vivere di foto ingiallite...
Insisti, anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’è in te. *
*Fai in modo che, invece che compassione, ti portino rispetto. *
*Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però... non trattenerti mai!*
*( MADRE TERESA DI CALCUTTA ) *
E la serata passata in famiglia. Con quel calore che mi mancava da un po'...
E per chiudere la serie, l'ultimo biglietto di auguri...
Ne farò tesoro...
*Solo per persone fenomenali... *
* Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni...
Però ciò che è importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età. *
*Il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c’è una linea di partenza.
Dietro ogni successo c’è un’altra delusione. *
*Fino a quando sei vivo, sentiti vivo.
Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo. *
*Non vivere di foto ingiallite...
Insisti, anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c’è in te. *
*Fai in modo che, invece che compassione, ti portino rispetto. *
*Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però... non trattenerti mai!*
*( MADRE TERESA DI CALCUTTA ) *
25 anni fa il dramma dell'Heysel: una testimonianza speciale di una giornata "nera" nella storia dello sport
Era il 29 maggio 1985: doveva essere una finale di Coppa Campioni - ancora si chiamava così - tra le più attese. La Juventus dei "miracoli", allenata da Giovanni Trapattoni, con Platini, Boniek e 7 campioni del mondo, a sfidare il Liverpool campione d'Europa in carica.
Doveva essere la sfida delle sfide. Resterà nella memoria come la "strage dell'Heysel": uno stadio maledetto, inadeguato per un evento di così grande portata, un sistema d'ordine del tutto disorganizzato a prevenire prima e reprimere poi l'onda violenta degli hoolingans.
Moriranno 39 persone, schiacciate contro un muro di cemento: di queste 34 italiani, di cui un umbro (Franco Martelli, allora 22enne, di Todi, a cui oggi è intitolato lo stadio della sua città).
In queste poche righe il racconto e la testimonianza di un eugubino presente allo stadio Heysel quella sera e protagonista di un episodio fortunatamente a lieto fine. Le sue parole sono riprese dallo speciale "Ricordando l'Heysel" che ho realizzato 5 anni fa per TRG (andrà in onda anche in queste serate - in particolare lunedì prossimo 31 maggio alle 22.30).
Il mio ricordo personale è invece un televisore dai colori appannati - quello a casa dei miei - davanti al quale due ragazzini (io 14enne e mio fratello 11enne) sognavano di vincere la Coppa: e quel sogno stava offuscando anche il pensiero che in quello stadio ci fosse nostro padre. Non pensavamo lontanamente che potesse accadergli qualcosa (e per fortuna così è stato).
Ma l'immagine che mi resta impressa è mia madre, al telefono, freneticamente a comporre dei numeri, per avere notizie: allora non esistevano cellulari, fare chiamate internazionali era quasi impossibile. E quella sera provare a chiamare in Belgio era impresa titanica.
Solo dopo la partita, solo a dramma consumato e rivelato anche dalle telecamere, avremmo saputo che nostro padre non aveva corso rischi: aveva assistito alla partita dalla parte opposta dello stadio rispetto alla maledetta curva Z. Ma da quel giorno non sarebbe mai più andato a vedere la Juventus dal vivo...
Doveva essere la sfida delle sfide. Resterà nella memoria come la "strage dell'Heysel": uno stadio maledetto, inadeguato per un evento di così grande portata, un sistema d'ordine del tutto disorganizzato a prevenire prima e reprimere poi l'onda violenta degli hoolingans.
Moriranno 39 persone, schiacciate contro un muro di cemento: di queste 34 italiani, di cui un umbro (Franco Martelli, allora 22enne, di Todi, a cui oggi è intitolato lo stadio della sua città).
In queste poche righe il racconto e la testimonianza di un eugubino presente allo stadio Heysel quella sera e protagonista di un episodio fortunatamente a lieto fine. Le sue parole sono riprese dallo speciale "Ricordando l'Heysel" che ho realizzato 5 anni fa per TRG (andrà in onda anche in queste serate - in particolare lunedì prossimo 31 maggio alle 22.30).
Il mio ricordo personale è invece un televisore dai colori appannati - quello a casa dei miei - davanti al quale due ragazzini (io 14enne e mio fratello 11enne) sognavano di vincere la Coppa: e quel sogno stava offuscando anche il pensiero che in quello stadio ci fosse nostro padre. Non pensavamo lontanamente che potesse accadergli qualcosa (e per fortuna così è stato).
Ma l'immagine che mi resta impressa è mia madre, al telefono, freneticamente a comporre dei numeri, per avere notizie: allora non esistevano cellulari, fare chiamate internazionali era quasi impossibile. E quella sera provare a chiamare in Belgio era impresa titanica.
Solo dopo la partita, solo a dramma consumato e rivelato anche dalle telecamere, avremmo saputo che nostro padre non aveva corso rischi: aveva assistito alla partita dalla parte opposta dello stadio rispetto alla maledetta curva Z. Ma da quel giorno non sarebbe mai più andato a vedere la Juventus dal vivo...
martedì 25 maggio 2010
Da Brigitta a Elisabetta, fino a Noemi... e il cosidetto "potere delle donne"
Ieri giornata campale: una pornostar viene arrestata per "atti osceni in luogo pubblico" e "pornografia minorile" messi in scena in un locale della sperduta periferia umbra.
Nel frattempo, dalle colonne di uno dei soliti settimanali rosa, una vip da copertina si lamenta delle turbe subite dal suo bimbo dopo che le è stato sequestrato lo yacht dalla Guardia di Finanza.
Intanto ieri sera, su La7, finisco per origliare uno spezzone di talk show Lerneriano sul "potere e il corpo delle donne" (da Noemi a Veronica Lario, passando per un'intervista ad Ezio Mauro e le immancabili testimonianze di donne chic in studio). Unico rammarico: non ho visto per intero la trasmissione (lo farò appena possibile sul sito di La7 che, per fortuna, carica in remoto l'intera programmazione).
Ma cosa c'entrano tutte queste storie messe insieme?
Quasi che fossero tre tessere di un puzzle di quelli cervellotici da 1000 pezzi. Dove quasi la metà del quadro è un cielo terso, dal colore compatto, che ti fa scervellare un miliardo di volte per capire se una tassera si combina con l'altra. E tu vai alla ricerca di una nuvola, di un gabbiano ma anche solo di una minuscola ombra per poter ricostruire almeno quel piccolo angolo di puzzle.
In fondo il mondo femminile è proprio questo: un mosaico nel quale però ci si accorge ogni volta che ti manca un pezzo.
La storia della pornostar (Brigitta Bulgari, nella foto, al secolo Brigitta Kocsis - un cognome fortunatamente rimasto legato solo all'indimenticabile mezzala ungherese degli anni '50) è presto detta: lei che si spoglia e si tocca in un locale, pare ben oltre i limiti che le sarebbero imposti. Con l'aggravante che nel locale ci sono anche minorenni che molto tranquillamente si fotografano e si filmano accanto a lei, a maneggiare senza troppe remore. A soccorrere la pornostar una dichiarazione dell'intramontabile Schicchi: "Come poteva sapere che c'erano minorenni?". Forse è vero, ma i gesti che ha compiuto andavano pare ben al di là del copione (e chissà se anche del contratto...). Intanto sono denunciati anche i gestori del locale. Di sicuro vedremo tra qualche giorno altri servizi su "Iene", "Striscia" o quant'altro. La fatidica S "tira sempre", no?
C'è poi l'intervista ad Elisabetta Gregoraci: che dopo il sequestro dello yacht di Flavione Briatore si lamenta che il suo piccolo Nathan Falco non è più lo stesso. Senza la sua cameretta bianca dentro lo yacht. La storia l'ho appresa da facebook, con i conseguenti commenti (che riporto in coda) tra il sarcastico e l'imbufalito. E si capisce anche perchè.
Infine il dibattito di Gad Lerner sul potere della donna. Che spesso si riduce (o si traduce, se preferite) in quella "cosa" che tira più di un carro di buoi. Dibattito che mi ricorda da vicino una riflessione di Maria Latella - da cui avevo preso spunto in un altro post del blog (vedi 17 aprile) - che aveva solleticato diverse considerazioni anche di altri amici e amiche del blog.
Nel frattempo, dalle colonne di uno dei soliti settimanali rosa, una vip da copertina si lamenta delle turbe subite dal suo bimbo dopo che le è stato sequestrato lo yacht dalla Guardia di Finanza.
Intanto ieri sera, su La7, finisco per origliare uno spezzone di talk show Lerneriano sul "potere e il corpo delle donne" (da Noemi a Veronica Lario, passando per un'intervista ad Ezio Mauro e le immancabili testimonianze di donne chic in studio). Unico rammarico: non ho visto per intero la trasmissione (lo farò appena possibile sul sito di La7 che, per fortuna, carica in remoto l'intera programmazione).
Ma cosa c'entrano tutte queste storie messe insieme?
Quasi che fossero tre tessere di un puzzle di quelli cervellotici da 1000 pezzi. Dove quasi la metà del quadro è un cielo terso, dal colore compatto, che ti fa scervellare un miliardo di volte per capire se una tassera si combina con l'altra. E tu vai alla ricerca di una nuvola, di un gabbiano ma anche solo di una minuscola ombra per poter ricostruire almeno quel piccolo angolo di puzzle.
In fondo il mondo femminile è proprio questo: un mosaico nel quale però ci si accorge ogni volta che ti manca un pezzo.
La storia della pornostar (Brigitta Bulgari, nella foto, al secolo Brigitta Kocsis - un cognome fortunatamente rimasto legato solo all'indimenticabile mezzala ungherese degli anni '50) è presto detta: lei che si spoglia e si tocca in un locale, pare ben oltre i limiti che le sarebbero imposti. Con l'aggravante che nel locale ci sono anche minorenni che molto tranquillamente si fotografano e si filmano accanto a lei, a maneggiare senza troppe remore. A soccorrere la pornostar una dichiarazione dell'intramontabile Schicchi: "Come poteva sapere che c'erano minorenni?". Forse è vero, ma i gesti che ha compiuto andavano pare ben al di là del copione (e chissà se anche del contratto...). Intanto sono denunciati anche i gestori del locale. Di sicuro vedremo tra qualche giorno altri servizi su "Iene", "Striscia" o quant'altro. La fatidica S "tira sempre", no?
C'è poi l'intervista ad Elisabetta Gregoraci: che dopo il sequestro dello yacht di Flavione Briatore si lamenta che il suo piccolo Nathan Falco non è più lo stesso. Senza la sua cameretta bianca dentro lo yacht. La storia l'ho appresa da facebook, con i conseguenti commenti (che riporto in coda) tra il sarcastico e l'imbufalito. E si capisce anche perchè.
Infine il dibattito di Gad Lerner sul potere della donna. Che spesso si riduce (o si traduce, se preferite) in quella "cosa" che tira più di un carro di buoi. Dibattito che mi ricorda da vicino una riflessione di Maria Latella - da cui avevo preso spunto in un altro post del blog (vedi 17 aprile) - che aveva solleticato diverse considerazioni anche di altri amici e amiche del blog.
lunedì 24 maggio 2010
Gubbio: a Fano una vittoria da "grande" squadra. Prima ancora nella mentalità che non nelle giocate...
Una domenica speciale. Doveva essere così ed è stata. Una di quelle domeniche che non ti dimentichi. Per un eugubino davvero particolare: lasciare la propria città mentre ancora i Ceri – seppure quelli mezzani – girano per la mostra, non è proprio una consuetudine. Un pizzico di amaro in bocca ti resta. Ma per il Gubbio nei play off si può fare.
Lo hanno sicuramente pensato i quasi 400 tifosi che hanno assiepato le gradinate del “Mancini”, sotto il sole estivo di un’estate arrivata senza primavera, a quasi 30 gradi, per applaudire il Gubbio di Torrente.
E ne è valsa la pena. Perché non solo i rossoblù hanno vinto – è la prima volta in trasferta nelle tre esperienza play off del Gubbio finora maturate – non solo hanno violato un campo imbattuto da 14 mesi, ma soprattutto hanno impresso un marchio quasi indelebile alla doppia sfida con il Fano per l’accesso alla finalissima.
Una sfida iniziata qualche giorno fa, dalle scrivanie delle società, quando l’annunciato anticipo è stato poi rinnegato dal sodalizio granata, con buona pace di chi ormai lo dava per assodato. Col senno del poi la società marchigiana si sarà morsa i gomiti, pensando a quanti spettatori in più avrebbe potuto contenere il "Mancini" senza la concomitanza di questa domenica.
Il Gubbio alla fine ne è uscito doppiamente vincitore: con la squadra, che ha vinto meritando, giocando sempre a viso aperto, facendo la partita anche quando il risultato poteva consigliare di addormentarla, e ha stravinto con i suoi tifosi, inferiori di numero, ma capaci di sostenere lo stesso la squadra dal 1’ al 95’. Pregustando il pienone che domenica prossima non potrà mancare sugli spalti del Barbetti.
Lo hanno sicuramente pensato i quasi 400 tifosi che hanno assiepato le gradinate del “Mancini”, sotto il sole estivo di un’estate arrivata senza primavera, a quasi 30 gradi, per applaudire il Gubbio di Torrente.
E ne è valsa la pena. Perché non solo i rossoblù hanno vinto – è la prima volta in trasferta nelle tre esperienza play off del Gubbio finora maturate – non solo hanno violato un campo imbattuto da 14 mesi, ma soprattutto hanno impresso un marchio quasi indelebile alla doppia sfida con il Fano per l’accesso alla finalissima.
Una sfida iniziata qualche giorno fa, dalle scrivanie delle società, quando l’annunciato anticipo è stato poi rinnegato dal sodalizio granata, con buona pace di chi ormai lo dava per assodato. Col senno del poi la società marchigiana si sarà morsa i gomiti, pensando a quanti spettatori in più avrebbe potuto contenere il "Mancini" senza la concomitanza di questa domenica.
Il Gubbio alla fine ne è uscito doppiamente vincitore: con la squadra, che ha vinto meritando, giocando sempre a viso aperto, facendo la partita anche quando il risultato poteva consigliare di addormentarla, e ha stravinto con i suoi tifosi, inferiori di numero, ma capaci di sostenere lo stesso la squadra dal 1’ al 95’. Pregustando il pienone che domenica prossima non potrà mancare sugli spalti del Barbetti.
venerdì 14 maggio 2010
15 maggio... ci siamo...
“Le gambe non si sentono più, il cuore sembra morto nel petto, solo il ronzìo aumenta sempre, lento, implacabile, togliendo a mano a mano la percezione delle cose. Intorno le case arrotondano i loro profili, gli angoli si smussano, i tratti perdono la determinatezza assumendo una forma indefinibile: tutto in quel mare di luce tenue e bianca si annega in un gran scolorimento”.
E' il 1929 quando Arduino Colasanti, in “Italia Artistica – Gubbio”, descrive in modo mirabile l’attimo della “spallata”. Meglio di un ceraiolo consumato, riesce a dipingere, con tratti brevi ma intensi, gli istanti della corsa. Dell’omaggio che è proprio di ogni eugubino. La Festa dei Ceri.
Ogni anno si ripete, immutabile ma sempre diversa. E ripercorre quei valori profondi – di fratellanza, devozione, coraggio, partecipazione, solidarietà - che ne hanno sempre contraddistinto l’unicità.
Perché è così difficile “spiegare” la Festa dei Ceri? Perché non è una Festa da raccontare ma da vivere. Non si può altrimenti giustificare una corsa che non abbia vincitori, non preveda sorpassi, non erga sul piedistallo un protagonista che non sia il Patrono di Gubbio. Non si spiega – di fronte a tante rievocazioni di fresca data – l’inossidabile tramandarsi dei Ceri, fedele ma al tempo stesso capace di “adattarsi” alla mutevolezza dei tempi.
Per lo stesso motivo, è quasi impossibile descrivere come la Festa dei Ceri non abbia spettatori, ma partecipanti; non abbia un copione, ma un rituale lungo un’intera giornata e sempre denso di emozioni e partecipazione; non abbia un biglietto d’ingresso né cronometri o fotofinish. Una Festa che non ha bisogno di quelle “sovrastrutture” che scandiscono il nostro quotidiano: non ha bisogno di tempi né di spazi definiti. Di nomenclature o gerarchie. E neppure della nostra identità - tanto che la stragrande maggioranza dei ceraioli è conosciuta con il proprio soprannome prima ancora che con nome e cognome. Una giornata che esce dalla normalità, ma perché la supera e la sovrasta.
Molto, tanto, tutto”: così sintetizzava emblematicamente il 15 maggio il compianto avvocato Gini, uno dei più grandi moderni “cantori” della città di Gubbio, al microfono di Folco Quilici, nel 1973.
giovedì 13 maggio 2010
Festa dei Ceri: una vigilia che significa... attesa...
La vigilia della Festa dei Ceri significa soprattutto “attesa”. L’attesa del giorno più lungo; l’attesa che di fatto, nella mente e nelle emozioni di un ceraiolo, diventa anche il giorno più corto, il più fugace, il più impercettibile.
Il 15 maggio si apre, alle luci dell’alba, con il rullare dei tamburi. Si chiude, quando la notte comincia ad avanzare, con le note di “O lume della fede” che accompagnano la Processione dei Santi.
In mezzo accade di tutto, in una sorta di turbinìo emozionale che sa coinvolgere in modo unico ma sempre nuovo e diverso. Cattura chi vive fin da piccolo il proprio essere ceraiolo. Sa contagiare, in modo fantastico, chi si avvicina a questa festa – così apparentemente incomprensibile – per la prima volta.
Il segreto del 15 maggio? Impossibile da raccontare, da descrivere, da focalizzare. Uno dei tratti salienti è però proprio nell’attesa. Quel “sabato del villaggio” che scorre via lento e faticoso nei mesi invernali, frenetico e irrefrenabile a partire dal mese di aprile. E si spende nelle ultime riunioni, nelle occasioni conviviali, nelle discussioni, animate o meno, sull’organizzazione della corsa, nei racconti e negli aneddoti dei ceraioli anziani. Le loro spalle sono segnate dal tempo e dai ricordi; lo spirito resta quello autentico di quanto ancora la stanga era fedele alleata di ogni 15 maggio.
Il 15 maggio si apre, alle luci dell’alba, con il rullare dei tamburi. Si chiude, quando la notte comincia ad avanzare, con le note di “O lume della fede” che accompagnano la Processione dei Santi.
In mezzo accade di tutto, in una sorta di turbinìo emozionale che sa coinvolgere in modo unico ma sempre nuovo e diverso. Cattura chi vive fin da piccolo il proprio essere ceraiolo. Sa contagiare, in modo fantastico, chi si avvicina a questa festa – così apparentemente incomprensibile – per la prima volta.
Il segreto del 15 maggio? Impossibile da raccontare, da descrivere, da focalizzare. Uno dei tratti salienti è però proprio nell’attesa. Quel “sabato del villaggio” che scorre via lento e faticoso nei mesi invernali, frenetico e irrefrenabile a partire dal mese di aprile. E si spende nelle ultime riunioni, nelle occasioni conviviali, nelle discussioni, animate o meno, sull’organizzazione della corsa, nei racconti e negli aneddoti dei ceraioli anziani. Le loro spalle sono segnate dal tempo e dai ricordi; lo spirito resta quello autentico di quanto ancora la stanga era fedele alleata di ogni 15 maggio.
sabato 8 maggio 2010
Quindici contro quindici: non è una partita di rugby, ma la "mischia" del nuovo Consiglio Comunale di Gubbio
Quindici contro quindici. Sembra il titolo di un film dedicato ad una memorabile sfida di rugby. Invece è il nuovo quadro politico che si profila in Consiglio Comunale a Gubbio. Quindici consiglieri di maggioranza e quindici di opposizione, con buona pace delle leggi che garantiscono un cosiddetto premio di maggioranza a chi esce vincitore dalle urne.
Dal 2006 ad oggi infatti ne è passata di acqua sotto i ponti eugubini. E spesso si è trattato di acqua bollente, in fatto di polemiche, dispute e cambi di casacca.
Con buona pace – anche in questo caso – dell’opinione degli elettori, che magari 4 anni fa hanno votato per la maggioranza o per l’opposizione salvo poi ritrovare il consigliere comunale sul nome del quale avevano posto la fatidica croce, schierato sul fronte opposto.
Cose che succedono in Italia, ed evidentemente non fa eccezione nemmeno la città di Pietra – che pure un’eccezione a livello nazionale rappresentava con il suo sindaco comunista non pentito.
Ora il Sindaco si appresta a lasciare definitivamente Palazzo Pretorio – dopo le recenti procedure, rimane soltanto una seduta ad Orfeo Goracci. E non è un caso che alla sua uscita di scena corrisponda un momento di forte criticità della tenuta di maggioranza. Quasi che il collante – o forse lo stratega – capace di tenere insieme le anime della coalizione rosso-verde-civica, fosse sostanzialmente solo il Sindaco. E, in più di un’occasione, la sua indubbia capacità di trovare soluzioni politiche, anche audaci, pure nelle situazioni più difficili.
Dal 2006 ad oggi infatti ne è passata di acqua sotto i ponti eugubini. E spesso si è trattato di acqua bollente, in fatto di polemiche, dispute e cambi di casacca.
Con buona pace – anche in questo caso – dell’opinione degli elettori, che magari 4 anni fa hanno votato per la maggioranza o per l’opposizione salvo poi ritrovare il consigliere comunale sul nome del quale avevano posto la fatidica croce, schierato sul fronte opposto.
Cose che succedono in Italia, ed evidentemente non fa eccezione nemmeno la città di Pietra – che pure un’eccezione a livello nazionale rappresentava con il suo sindaco comunista non pentito.
Ora il Sindaco si appresta a lasciare definitivamente Palazzo Pretorio – dopo le recenti procedure, rimane soltanto una seduta ad Orfeo Goracci. E non è un caso che alla sua uscita di scena corrisponda un momento di forte criticità della tenuta di maggioranza. Quasi che il collante – o forse lo stratega – capace di tenere insieme le anime della coalizione rosso-verde-civica, fosse sostanzialmente solo il Sindaco. E, in più di un’occasione, la sua indubbia capacità di trovare soluzioni politiche, anche audaci, pure nelle situazioni più difficili.
venerdì 7 maggio 2010
Quella scossa. Inconfondibile. Unica. Che, a qualunque età, solo il 15 maggio può regalarti...
La Festa dei Ceri è il simbolo della Regione. Lo è dal 1973. Oggi, la Festa dei Ceri è candidata a diventare anche patrimonio universale tra i beni immateriali dell’Unesco. Passato e presente istituzionali si incrociano, quasi a dover qualificare – con attestazioni di enorme rilevanza formale - un giorno, una festa, un rito come il 15 maggio.
Se tutto questo è nella storia e nelle prospettive, nulla di tutto questo però certifica il poderoso tesoro di umanità che la Festa dei Ceri emana. Come un profumo inebriante. Tutto suo. Straordinariamente unico. Un aroma che si respira intenso in questi giorni di vigilia. I giorni dell’attesa. I momenti insostituibili dell’ansia, dell’emozione che si avvicina ma al tempo stesso già travolge.
Chi ha la ventura di poter conoscere e toccare questa atmosfera da vicino, da dentro, può dirsi decisamente fortunato. Avendo non solo la buona sorte di nascere in questa città e respirare il clima dei Ceri ancora in fasce, ma soprattutto di conoscere centinaia di ceraioli. Di oggi. Ma in particolare di ieri. E ancora oggi inossidabili punti di riferimento per le schiere di giovani. Che non solo alla tradizione, di per se stessa, ma prima di tutto a chi ha saputo perpetrarla, devono il fascino e il perdurare della Festa dei Ceri.
Miriadi di aneddoti, ricordi, memorie, collettive o individuali, si mescolano nelle chiacchierate affabulanti cui un vecchio ceraiolo potrebbe accompagnarci. Mai chiamarlo ex ceraiolo. “E’ come se dicessimo ad un alpino, che è un ex alpino” spiegò un giorno al microfono di un’acerba Raitre regionale (era il 1979) il santantoniaro Giorgio Gini (per tutti “L’Avvocato”).
Se tutto questo è nella storia e nelle prospettive, nulla di tutto questo però certifica il poderoso tesoro di umanità che la Festa dei Ceri emana. Come un profumo inebriante. Tutto suo. Straordinariamente unico. Un aroma che si respira intenso in questi giorni di vigilia. I giorni dell’attesa. I momenti insostituibili dell’ansia, dell’emozione che si avvicina ma al tempo stesso già travolge.
Chi ha la ventura di poter conoscere e toccare questa atmosfera da vicino, da dentro, può dirsi decisamente fortunato. Avendo non solo la buona sorte di nascere in questa città e respirare il clima dei Ceri ancora in fasce, ma soprattutto di conoscere centinaia di ceraioli. Di oggi. Ma in particolare di ieri. E ancora oggi inossidabili punti di riferimento per le schiere di giovani. Che non solo alla tradizione, di per se stessa, ma prima di tutto a chi ha saputo perpetrarla, devono il fascino e il perdurare della Festa dei Ceri.
Miriadi di aneddoti, ricordi, memorie, collettive o individuali, si mescolano nelle chiacchierate affabulanti cui un vecchio ceraiolo potrebbe accompagnarci. Mai chiamarlo ex ceraiolo. “E’ come se dicessimo ad un alpino, che è un ex alpino” spiegò un giorno al microfono di un’acerba Raitre regionale (era il 1979) il santantoniaro Giorgio Gini (per tutti “L’Avvocato”).
lunedì 3 maggio 2010
Gubbio calcio: ieri la svolta dal dischetto; ora meno di undici metri dal traguardo...
Undici metri e poi l’esplosione: Alessandro Marotta che torna al gol, dopo un periodo difficile. E il suo sigillo numero 20 in campionato è di quelli che pesano sulla corsa finale ai play off. Anche se ancora si giocherà tutto negli ultimi 90’.
Ma quanto conta aver messo ko una diretta concorrente a due passi dal traguardo: sì perché la vittoria sul Prato è un’iniezione di adrenalina e di fiducia, in salsa mista. Primo perché si è rivisto il Gubbio arrembante e voglioso dei tempi migliori; secondo perché la squadra ha strameritato una vittoria perfino stringata nelle proporzioni; terzo perché le gambe dei rossoblù – in scaramantico completo bianco – hanno macinato chilometri anche nel finale. Una condizione che fa ben sperare e soprattutto ribalta un po’ le teorie di una squadra ridotta col fiato corto.
Ma quanto conta aver messo ko una diretta concorrente a due passi dal traguardo: sì perché la vittoria sul Prato è un’iniezione di adrenalina e di fiducia, in salsa mista. Primo perché si è rivisto il Gubbio arrembante e voglioso dei tempi migliori; secondo perché la squadra ha strameritato una vittoria perfino stringata nelle proporzioni; terzo perché le gambe dei rossoblù – in scaramantico completo bianco – hanno macinato chilometri anche nel finale. Una condizione che fa ben sperare e soprattutto ribalta un po’ le teorie di una squadra ridotta col fiato corto.
domenica 2 maggio 2010
La prima domenica di maggio: il primo "risveglio" della Festa dei Ceri
L'immagine più intensa e penetrante, la prima domenica di maggio, è legata ad un istante: un leggero movimento oscillatorio, come se i Ceri riprendessero vita. Basterà questo, per capire che l'attesa si sta consumando... E un brivido profondo ci solcherà la schiena...
E' stato così stamattina. Qualcosa di straordinariamente unico: perché in fondo si ripete ogni anno, ma ogni anno ti regala qualcosa di diverso.
La prima domenica di maggio è il risvegliarsi di un contatto diretto, con la Festa dei Ceri. In fondo i Ceri sono lì, fermi, per 11 mesi e mezzo all'anno. Eppure quando cominciano ad oscillare, al termine della messa, sembra quasi che riprendano vita da soli. Che stiano a dirti: "Ecco, ci siamo...".
E così anche il ripetersi, anno per anno, di uno stesso rituale, regala comunque emozioni sempre diverse. Sempre nuove e appassionanti.
L'attesa - che in fondo è la sensazione più forte che innalza l'evento - tocca una vetta a suo modo unica: i Ceri riacquistano movimento, pur orizzontale; riacquistano vita, con la presenza dei bambini; e gli stessi profumi e sapori (penso ad esempio all'inconfodibile coradella degli Arconi) descrivono da soli una giornata inconfondibile. Con gli stessi ritmi di sempre, ma con un aroma diverso. Ogni anno nuovo. E più accattivante...
Mi fa piacere pensare di non essere l'unica a pensarla così...
E' stato così stamattina. Qualcosa di straordinariamente unico: perché in fondo si ripete ogni anno, ma ogni anno ti regala qualcosa di diverso.
La prima domenica di maggio è il risvegliarsi di un contatto diretto, con la Festa dei Ceri. In fondo i Ceri sono lì, fermi, per 11 mesi e mezzo all'anno. Eppure quando cominciano ad oscillare, al termine della messa, sembra quasi che riprendano vita da soli. Che stiano a dirti: "Ecco, ci siamo...".
E così anche il ripetersi, anno per anno, di uno stesso rituale, regala comunque emozioni sempre diverse. Sempre nuove e appassionanti.
L'attesa - che in fondo è la sensazione più forte che innalza l'evento - tocca una vetta a suo modo unica: i Ceri riacquistano movimento, pur orizzontale; riacquistano vita, con la presenza dei bambini; e gli stessi profumi e sapori (penso ad esempio all'inconfodibile coradella degli Arconi) descrivono da soli una giornata inconfondibile. Con gli stessi ritmi di sempre, ma con un aroma diverso. Ogni anno nuovo. E più accattivante...
Mi fa piacere pensare di non essere l'unica a pensarla così...
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