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martedì 9 aprile 2013

L'attualità di Margaret Thatcher: raccontata a "Link", da Antonio Caprarica, pochi giorni prima della sua morte

La chiamavano Lady di ferro. La storia la consegnerà ai suoi libri con la frase: "La signora non torna indietro".  Margaret Thatcher si e' spenta anche se di fatto era scomparsa da anni dalle scene politiche e dalle cronache.
Vittima di una forma incipiente di demenza senile, il primo ministro inglese che dal '79 al '90 ha guidato autorevolmente una delle più grandi economie dell'Occidente, erede del più grande impero mai esistito nella storia, ha segnato un'epoca. Lo dimostrano i neologismi che individuano il periodo del suo governo come "l'era Thatcheriana" e le sue strategie politico-economico con la definizione "Thatcherismo". Lo confermano le polemiche che improvvisamente si sono riaccese dopo la sua morte.
Raramente si era vista l'opinione pubblica britannica e internazionale dividersi così per un defunto. Forse solo lady Diana aveva scatenato reazioni simili, ma in quel caso, in quel 31 agosto '97, era la dinamica di una tragedia a toccare, scuotere, dividere. Stavolta e' la statura del personaggio, che da qualunque punto di vista si guardi, non lascia indifferente.
Tipico dei grandi della storia: o li ami o li detesti, difficilmente ne resti indifferente.

La curiosità temporale, stavolta, e' semplicemente legata alla mia trasmissione, "Link".
Perché appena 3 giorni prima che venisse a mancare - dopo essere stata lontana dalle scene pubbliche ormai da anni - Margaret Thatcher (che all'anagrafe si chiamava Margaret Hilda Roberts, ma che ha sempre indossato il cognome da sposata, appunto Thatcher) era stata a sul modo protagonista dell'ultima puntata della stagione del talk show di Trg.
Insieme ad Anna Maria Romano, che da studio ha coadiuvato nella rubrica "Link in Biblioteca", appena giovedì scorso, abbiamo intervistato telefonicamente Antonio Caprarica, corrispondente da Londra per il Tg1 e autore del libro: "Ci vorrebbe una Thatcher", un titolo che ha chiaro riferimento alla disastrata situazione politico-economica del nostro Paese.
E Caprarica, nel presentare il suo libro - mai tanto inconsapevolmente attuale - ha tratteggiato sapientemente il profilo della "figlia del droghiere", con la capacita affabulatrice che già avevo apprezzato in occasione della presentazione a Gubbio del suo libro "La classe non e' acqua" dedicato alle bizzarrie e alla forza imperitura dell'aristocrazia inglese.

Ebbene la Thatcher non faceva parte di questo mondo. Era la "figlia del droghiere" come sprezzatamente veniva etichettata nei salotti della City (e dalla stessa regina Elisabetta II). Di questo la Lady di ferro non si e' mai preoccupata.
Come non ha ceduto di un centimetro quando ha dovuto affrontare un pesante braccio di ferro con i minatori del South Yorkshire. Attaccati si' al proprio lavoro ma anche alla sopravvivenza di siti ormai improduttivi. Oggi fa un po' senso vedere alcuni suoi "avversari politici" addirittura stappare champagne alla notizia della sua morte (direi avvilente l'immagine, che sul piano squisitamente morale non è poi così lontana dai linciaggi cruenti di Gheddafi).
Le sue politiche "rigorose" negli anni si sono rivelate durissime ma anche rigeneranti per un'economia come quella britannica messa davvero male in quel periodo (un po' come la nostra oggi).
Thatcher significa rigore, significa impopolarità e lungimiranza, significa seminare per far si che il Paese si avvii ad una svolta. Magari anche a costo che altri premier raccolgano i frutti del proprio lavoro (Tony Blair, ad esempio, che non a caso seppur da leader laburista anni Novanta, ha avuto parole di rispetto e riconoscimento alla Thatcher).

La Lady di ferro a bordo di un carro armato
Una lezione molto attuale, anche per il nostro Belpaese, anche nel nostro piccolo, anche e soprattutto per una classe politica ossessionata dalla cultura del consenso e poco incline a scelte coraggiose (da quanti anni si parla di riforme strutturali puntualmente rinviate al mandato successivo?) e magari poco redditizie sul piano elettorale.
"Ci vorrebbe una Thatcher", è il titolo del libro di Caprarica. Non proprio un giornalista di destra, men che meno vicino agli ambienti moderati, ma come da lui stesso ammesso nell'intervista a "Link" - che potete riascoltare qui nel riquadro video - figlio di una tradizione di sinistra (Paese Sera), di una stampa vicina all'antico PCI ma oggi sufficientemente matura per comprendere che a distanza di decenni le ideologie - e soprattutto quelle ispirate ai totalitarismi - non solo non hanno più motivo di cittadinanza, ma non possono certo rappresentare il benchè minimo riferimento per chi ha a cuore il futuro delle nuove generazioni.

In basso: clicca per rivedere il segmento di "Link" con l'intervista telefonica ad Antonio Caprarica.





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