"E ora guardiamo avanti. E facciamolo individuando due-tre priorità, e bando alle polemiche".
Potrebbe essere questo il discorso di insediamento del nuovo premier, Enrico Letta, "nipote d'arte" (ma su sponda opposta), prodotto dell'Università pisana, figlio della seconda schiera del Pd, quella che oggi ha la responsabilità di dare un governo - anzi un governissimo - al nostro Paese.
Pd-PDL-Scelta civica insieme. Difficile da prevedere solo 3 mesi fa, quando in campagna elettorale i tre schieramenti se ne dicevano di tutti i colori - e con loro Grillo a rincarare la dose nel "tutti contro tutti" più caotico degli ultimi anni.
Ora il tempo dei teatrini e' finito. Napolitano ha accettato coraggiosamente a 88 anni di ricominciare daccapo, quando già era a bordo dell'auto che l'avrebbe portato a Capri (come l'irresistibile parodia di Crozza ha raffigurato). Lui ha fatto dietrofront, ma ha ridicolizzato nel discorso alle Camere quella classe politica che non era stata in grado di realizzare le riforme basilari per ripartire: legge elettorale, sostegno alle imprese e all'occupazione, welfare (tanto per dirne alcune che sarebbero epocali).
Tutti hanno applaudito, ipocritamente, ma il risultato e' maturato in pochi giorni: incarico a Enrico Letta, nuova generazione, governo di 21 ministri in grandissima parte alla prima esperienze e di sicuro poco affini alle nefandezze e ai lassismi registrati negli ultimi mesi. Alla porta un'intera flotta di ex leader di partito e di ministero che di fatto escono di scena dall'agone politico (pur restando seduti nelle Camere dove pero' non potranno certo boicottare l'esecutivo come hanno fatto nel segreto del voto, con le candidature Marini e Prodi).
Per ora il nuovo governo si segnala sul piano quasi folcloristico: il primo con un ministro di colore, il primo con un ministro naturalizzato e medaglia d'oro olimpica, il primo con un terzo di donne, il primo con un esponente radicale (una big).
Non mancano le critiche, le polemiche e i disfattismi collaterali. Grillo grida al solito inciucio (peccato che abbia offerto "un'autostrada parlamentare" a Bersani se avesse votato Rodotà... e quello cos'era?), sapendo che se al governo Letta andrà male, i 5 Stelle avranno la strada spianata.
Sel rinnega l'alleanza con il Pd (senza la quale pero' ne' Vendola ne' l'elegante neo presidente della Camera sarebbero entrati a Montecitorio). La Lega storce la bocca, conscia pero' che la propria base chiede una svolta nella politica economica e nel sostegno alle imprese, fregandosene sostanzialmente dei bizantinismi di Palazzo. Opposizioni quasi fisiologiche che danno l'impronta del nuovo Governo come di un enorme coalizione bipartisan che in realtà finisce per riprodurre un insieme di "correntoni" della vecchia Balena bianca (DC). E come dice Gramellini, il timore è che questo "eccellente governo democristiano", faccia la fine di altri consimili: cioè duri troppo poco. Ex DC nel Pd, nel PDL, nella lista Monti. Ma pur sempre politici che molto meno di altri "si sono sporcati le mani" nella guerra civile di questi ultimi 20 anni, combattuta sul fronte berlusconiano-anti berlusconiano.
A proposito, lui, il Cavaliere, ha silenziosamente appoggiato il progetto Letta. Perché? Forse perché sa meglio di chiunque altro, che questo governo era l'ultima chiamata per la salvezza del Paese ( e perché no, anche dei suoi interessi).
Ora va misurato alla prova dei fatti. Ma un dato e' certo. L'operazione Letta ha aperto anche una nuova era politica e generazionale. Che sia migliore di quella che l'ha preceduta lo vedremo (non ci vorrà molto per riuscirci). Che era l'unica opzione possibile - con buona pace di chi invoca ancora oggi un Rodota' al Quirinale o un movimento 5 Stelle al governo senza nessun altro - già lo sappiamo.
E già basta questo per sottoscriverla...
Con un grande, enorme, in bocca al lupo... Nell'interesse di tutti noi.
domenica 28 aprile 2013
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