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domenica 9 febbraio 2014

Le morti "scomode". E quel no del Consiglio comunale che non fece onore a Gubbio...

Alla vigilia del 10 febbraio, giornata del Ricordo, ho ripescato un pezzo che ha quasi 10 anni: era il 2005 quando il Consiglio comunale di Gubbio bocciava la proposta di intitolare una via o una piazza ai martiri delle foibe. Un pronunciamento, figlio di una visione ideologica ancora contaminata da letture molto parziali, non solo della storia, ma anche del concetto di pietà.
Era l'editoriale di "Gubbio oggi" di quel mese. Lo ripropongo auspicando per il futuro un Consiglio comunale dalla visione storica e dalla sensibilità decisamente più avanzate...

QUELLE MORTI ANCORA SCOMODE...
Diciamoci la verità. Al di fuori di ogni idea o propensione politica. La bocciatura del Consiglio Comunale di Gubbio sulla proposta di onorare la memoria dei martiri delle foibe e delle vittime dell’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia – al di là del doveroso minuto di silenzio – ha il sapore dell’occasione perduta.
Promuovere la discussione e l’approfondimento di questa triste pagina di storia italiana tra i banchi di scuola (anche per colmare i discutibili “vuoti” nelle pagine di molti libri) o intitolare una via della città alle vittime stesse – come giustamente è stato fatto per altre vittime di altri tremendi eccidi del Novecento – sarebbe stato un gesto significativo e un segnale importante di distensione e di presa d’atto.
Distensione rispetto ai muri ideologici che per diversi decenni hanno impedito non solo di ricordare ma perfino di conoscere questa pagina di storia. Presa d’atto rispetto ad una parentesi che è giusto conoscere (e condannare) come lo sono state altre nello stesso periodo in altre zone d’Italia.
Una lunga discussione ha fatto da cornice alla decisione conclusiva che si è comunque risolta in un nulla di fatto, con molte astensioni, qualche uscita dall’aula e un imbarazzante silenzio finale.
Altrove – neanche troppo lontano, si pensi a Gualdo dove pure governa una giunta di centro-sinistra - il Sindaco non ha nascosto la propria disponibilità ad intitolare una via ai martiri dell foibe, italiani che morirono a causa di un’efferata operazione di pulizia etnica per mano dei cosiddetti “comunisti titini” – definizione quasi innocua sul piano cacofonico, ma tremendamente minacciosa per chi ha vissuto sulla propria pelle questa esperienza.

Gubbio non onorerà né ricorderà in nessun modo le vittime delle foibe – a meno di ripensamenti che sarebbero auspicabili e darebbero la cifra di un buon senso ritrovato.
Ancora nel 2005 resistono incrostazioni e riserve mentali che tendono a distinguere non solo tra i vivi, ma perfino tra i morti, “i buoni” e i “cattivi”.
Con giustificazioni per altro “emblematiche” del clima che ancora oggi permea certi giudizi (poco) storici e (molto) politici: sono stati spiegati i no o le astensioni con riferimenti a Bush, Sharon, all’intifada e all’immancabile Berlusconi (e noi che pensavamo che l’Istria confinasse con il Friuli e che quella storia si fosse consumata nel ‘45…).
Ricordare migliaia di persone tragicamente uccise non crediamo significhi riscrivere la storia, né assolvere chi in questa storia ha sicuramente scelto di combattere per la causa sbagliata.
Ma ricordare quelle vittime dovrebbe essere umanamente e istituzionalmente un dovere: a prescindere dal colore o dall’ideologia che mosse chi di quelle vittime si è macchiato.
Il comunismo ha radici diverse da fascismo e nazismo, che non staremo qui a ricostruire: ma è costato, allo stesso modo, in tutto il mondo, milioni di vite umane.
Negarlo o far finta di niente, perfino a distanza di 60 anni, anche in un borgo sperduto come Gubbio, equivale a cancellare di nuovo quelle morti.
Forse ancora troppo scomode.
G.M.A.
 
 
Da "Gubbio oggi" - febbraio 2005


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