Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 6 aprile 2011

"Un'esperienza professionale e umana unica": il fascino dei Ceri "contagia" anche la Soprintendente...

"Credo che questa sia un'esperienza professionale e umana unica: quest'anno il 15 maggio vivrò la festa sentendola un po' più mia. Perché ho visto "germogliare" i Ceri nel loro originario splendore, giorno dopo giorno. E credo che gli eugubini saranno entusiasti di questo lavoro, realizzato da un'equipe davvero speciale, fatta di professionisti impeccabili ma anche fortemente appassionati e motivati".
Non sono parole di un'eugubina. A parlare è Tiziana Biganti, Soprintendente dei Beni storico artistici ed etno-antropologici dell'Umbria: è sua la supervisione dell'opera mastodontica di restauro dei Ceri di cui si parlerà nella prima puntata de "L'Attesa" (su TRG) - che inizia domani sera e che proporrà in anteprima le immagini dei Ceri "sotto i ferri" sapienti e certosini delle decoratrici eugubine.

E' il decimo anno de "L'Attesa". E mi è capitato di frequente di ascoltare parole come queste. Ma erano state pronunciate da un eugubino: era quasi naturale (anche se non scontato) sentirgliele dire. Ad un vecchio ceraiolo, o magari da una verace ceraiola (perchè no...).
La Soprintendente Tiziana Biganti, invece, è di Todi, e vive a Foligno.
E quello che mi cattura non è solo ciò che dice - parole tutt'altro che di circostanza, le brillano gli occhi, la voce a tratti appare quasi tremula - ma come arriva ad esprimere una partecipazione speciale in questo prezioso lavoro di recupero. "Non dovremmo lasciarci trascinare dalle emozioni, il nostro deve essere solo un lavoro tecnico - mi spiega fuori dai microfoni - Eppure con i Ceri è stato impossibile. Ti rapiscono e non ti lasciano. E per me è stato proprio così".
Anche chi collabora con lei, ci confida che quasi ogni giorno - pur non potendo tornare a Gubbio - ha chiamato, si è informata, ha voluto sapere lo stato dell'arte.

La Soprintendenza ha creduto fortemente nell'operazione restauro dei Ceri: sebbene fosse improba sia nei tempi (un lavoro avviato a dicembre e che si dovrà necessariamente concludere entro il 29 aprile) sia nelle risorse finanziarie - anticipate proprio dalla Soprintendenza (caso abbastanza raro) e poi integrate corposamente da un intervento della Fondazione Cassa Risparmio di Perugia.

Particolare del cero di San Giorgio - foto S.Panfili
Che non si tratti di un intervento di routine lo si capisce entrando in punta di piedi nel cantiere: la meticolosità con cui le decoratrici lavorano sulle tavolette delle tre strutture lignee, il silenzio che le accompagna, quelle luci fioche ma dirette sui particolari sottoposti all'intervento. E intorno, l'architettura di un palazzo che racconta da solo la maestosità di ciò a cui assistiamo.
Sono curioso di vedere le immagini del work in progress: ad aprile saranno esposte molte fotografie realizzate dall'ing. Sanio Panfili. Un ex sindaco che ha scoperto in età matura la passione per le istantanee e debbo dire che ha mostrato sempre una qualità e sensibilità pregevoli.
"Siamo cresciuti nella cultura verso i Ceri - mi racconta in un momento di pausa, ricordando quando, nel 1983, da sindaco, aveva dovuto scontrarsi con opposizioni ferree contro l'intervento di ristrutturazione di allora che non permise però di restituire ai Ceri il loro colore originario. Altri tempi.

Una Festa che è specchio della società in cui è innestata: la Festa dei Ceri non è rievocazione. E' espressione di vita. E vive di ciò che il presente sa offrirle (o negarle). Sono curioso anch'io di vedere alzati i ceri quest'anno: di vederli splendere (spero in un 15 maggio assolato) in quelle tonalità che la maestria degli ebanisti e delle decoratrici eugubine ha saputo restituirci. Un lavoro eccelso, in qualità e passione, che ad esempio nel 1983 - ricordava Matteo Morelli, direttore del cantiere per conto del Comune di Gubbio - non era avvenuto, essendo stati i lavori appaltati ad una ditta perugina.
"E quale passione pensate abbiano messo le maestranze di quella ditta in quel 1983?" mi chiedo. Per loro, è stato come restaurare un mobile antico, prezioso sì, ma insignificante.

"Ho capito cosa significa per gli eugubini la Festa dei Ceri - conclude sorridendo Tiziana Biganti, ricordando di aver partecipato al 15 maggio fin da ragazza, ma di aver colto solo col tempo il vero significato di questa giornata. "Questa festa ha un valore universale, per come riesce a coinvolgere chiunque sia a Gubbio quel giorno. Per come riesca a trasmettere sensazioni ed emozioni indimenticabili. Per come possa trascinare nella partecipazione anche lo spettatore più distaccato. Che in realtà non è uno spettatore - conclude la Biganti - ma un attore di questa giornata".
Anche in questa alchimia c'è quel pizzico di unicità che rende plausibile per la Festa dei Ceri il riconoscimento di bene immateriale dell'Umanità (Unesco): non qualcosa di tangibile - come potrebbero essere tre strutture lignee pur preziose come i Ceri ("Monumenti" li definisce la Biganti) - ma quel filo sottile di sentimenti ed emozioni che solo vivendole possono essere comprese.
"I Ceri non se scrivono, i Ceri se vivono" diceva il Pacio.

2 commenti:

  1. Da facebook -

    Michele Minelli -
    Caro Giacomo, sicuramente non sarà un 15 maggio “canonico”. Sarà di sicuro un 15 maggio di riferimento tipo: l’anno della diluvio, l’anno del botto de S.Ubaldo su la Calata, ne potrei dire n’altra ma non lo faccio per scaramanzia…… Comunque... la cosa che mi preme di dire è che mi auguro dal profondo del cuore, in maniera figurata naturalmente, che questo restauro possa estendersi a tutti noi ceraioli. Che i colori dei Nostri, così abilmente riportati all’antico splendore, dagli abilissimi restauratori, siano gli stessi colori della nostra passione ceraiola. Quei colori che da un pò di tempo , a mio parere, sono stati offuscati (con lo stesso risultato dell’olio cotto sulle tele dei Ceri) da molti fattori estranei a quelli che rispecchiano il nostro essere depositari del vero spirito della Festa dei Ceri. Insomma che il restauro dei Ceri sia anche un “restauro” per noi tutti che forse ne abbiamo bisogno più di loro. Tutto qui. Ciao Direttore...

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  2. Metafora migliore non potevi trovare, caro Boso. Il restauro ci vorrebbe per tanti personaggi che intorno alla Festa dimostrano di soffrire - inconsciamente - di farraginosità varie e pesanti, non certo attribuibili al logorio del tempo o degli agenti atmosferici.
    In qualche post mi sono già occupato della vicenda Chiostro (che è emblematica da questo punto di vista) e del sostanziale isolamento cui è stato "relegata" l'iniziativa di "Picchio" Pascolini da parte delle cosiddette istituzioni ceraiole, nonostante fosse comunque supportata da quasi 800 ceraioli firmatari.
    Resto un po' deluso del fatto che, nell'occasione, il numero minore di firme sia stato proprio quello dei ceraioli Santantoniari, forse poco interessati all'epilogo della Festa - come se riguardasse altri ceri.
    Ma ormai ho imparato a non sorprendermi più di nulla... soprattutto quando si tratta di decisioni da assumere sulla Festa dei Ceri...

    P.S. Avrai capito che condivido il tuo auspicio. Senza farmi troppe illusioni. Nè disfattismo, nè fatalismo. Solo sano realismo...

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