L'inquietante prova luci dello schermo allo stadio da parte dell'Uefa: che sia premonitore? |
Intanto una premessa: fate come volete, ma queste ore pre-partita della Nazionale hanno sempre un sapore speciale. Si tocca con mano il clima dell'attesa... quella della serata speciale. Per carità, il da fare quotidiano non permette di pensarci più di tanto. Però, ogni tanto di quel tanto, si pensa: "Però, stasera c'è la partita". E anche senza indossare vestaglia, pantofole, basco, frittatona di cipolle (e "rutto libero"), secondo il clichè di fantozziana memoria, ci aspetta una serata di emozioni intense.
Il lei-motiv del biscotto è andato un po' a stufo. Primo perchè a furia di evocarlo si rischia di convincere davvero i nostri avversari a darci "la fregatura". Poi perchè il pulpito da cui si invoca correttezza non è proprio dei più esemplari - reduci come siamo dal sesto-settimo scandalo scommesse negli ultimi 30 anni. Infine perchè - nessuno lo dice, perchè forse non conosce abbastanza i precedenti o magari non ha voglia di documentarsi - i "biscotti" più celebri della storia del calcio hanno puntualmente "portato male".
Diciamo la verità, anche il destino ha un'anima: e alla fine se ti diverti a prenderlo in giro, lui finisce che si rivolta contro. La chiamano "sfiga", ma a me piace pensare che non sia solo voluta dal fato...
L'ultimo "biscotto", quello che ci è costato l'eliminazione dall'Europeo 8 anni fa (credo l'eliminazione di una squadra con il più alto punteggio in classifica mai avuto in un primo turno, ovvero 5 punti) non ha portato fortuna nè a Svezia nè a Danimarca, le civilissime nazionali degli ancor più civili ed evoluti Paesi scandinavi, poco inclini a scimmiottare le gattopardesche abitudini mediterranee (ma evidentemente in quel caso la tentazione fu troppo forte...). Sta di fatto che l'Italia finì a casa imbattuta (e mazziata), ma sia Svezia che Danimarca rientrarono alla base appena 5 giorni dopo, eliminate entrambe ai quarti.
Altri "biscotti" celebri videro protagonista niente meno che la Germania e il Brasile (ebbene sì), ovvero le uniche due nazionali più titolate di noi.
Gli ineffabili teutonici - quando ancora si chiamavano Germania Ovest (e la Merkel probabilmente studiava all'Università) - "comprarono" nel Mondiale 1982 una vittoria su un piatto d'argento ai cugini austriaci (1-0, con gol di Hrubesch in apertura e il resto della gara trascorso in modo irritante a furia di passaggetti corti a centrocampo), estromettendo la rivelazione Algeria (che pochi giorni prima aveva inflitto una clamorosa sconfitta proprio ai tedeschi). Per la differenza reti passò la Germania - allora non c'era contemporaneità nelle gare dell'ultimo turno - e giustamente i magrebini gridarono allo scandalo.
Come noto, l'avventura della Nazionale tedesca proseguì fino alla finale ma s'imbatte nell'onda azzurra di Bearzot, finendo per masticare amaro proprio sul più bello (3-1 in finale, con gol di Paolo Rossi che proprio in questi giorni ha dato alle stampe i ricordi e gli aneddoti più curiosi del suo "mitico mondiale" firmato a quattro mani con sua moglie, la collega perugina Federica Cappelletti).
L'altro "biscottone", di cui nessuno parla, vide protagonista molto più di recente la Selecao brasiliana, ancora a danno di una nazionale africana. Mondiali 1998, il Brasile già qualificato a 6 punti gioca con la Norvegia e si fa battere 2-1 dai vichinghi, consentendo agli scandinavi (che dunque non sono così poco avvezzi alle frittatine "rognose") di superare il turno, gabbando in questo caso il Marocco, cui non bastò vincere sulla Scozia.
Le lacrime magrebine furono lenite ancora una volta dall'Italia, che già agli ottavi rispedì a casa la Norvegia (gol di Bobo Vieri) mentre al Brasile toccò la stessa sorte dei tedeschi 16 anni prima: percorso netto fino alla finale dove la Francia (che nel frattempo ci aveva estromesso ai rigori) vinse il suo primo titolo mondiale con un rotondo 3-0 sotto gli occhi di messieur Michel e nel giorno della ricorrenza della presa della Bastiglia (14 luglio 1998).
Probabilmente l'unica volta che una combine bella e buona finì "a lieto fine" è nel 1978 quando, con una formula assurda e poi mai più ripetuta (doppio girone eliminatorio e nel secondo turno, la prima classificata direttamente in finale e le seconde spedite alla finale del 3o-4o posto) l'Argentina padrona di casa inflisse un assurdo 6-0 al Perù del mitico portiere Quiroga - poi scoperto di origini argentine e reo confesso di una vera e propria corruzione.
In quei tempi non andava ancora di moda il termine "biscotto" ma la definizione di quella gara ("marmellada peruana") non ha bisogno di spiegazioni: il numero uno peruviano fu capace di farsi "bucare" a ripetizione con il numero esatto di gol che servivano ai ragazzi di Menotti per superare per differenza reti il Brasile (che ovviamente non giocava in contemporanea). In finale poi l'Argentina superò ai supplementari l'Olanda, anche con l'aiuto della fortuna (palo degli orange al 92' sull'1-1) e anche qui l'Italia ci mise... lo zampino.
Primo perchè proprio la squadra azzurra inflisse l'unica sconfitta agli argentini (gol di Bettega), sconfitta che suscitò la reazione della squadra di casa. Poi perchè l'arbitro della finale fu l'italiano Gonnella, che però non sarebbe passato alla storia per l'impeccabile prestazione (anzi, gli argentini furono liberi di picchiare come fabbri i malcapitati Van de Kerkof).
Consideriamola però, l'eccezione che conferma la regola...
Al biscotto, come avrete capito, non voglio credere. E poi, che l'Italia pensi prima a se stessa: serve vincere, anzi serve una vittoria rotonda (almeno 3-0) per avere la serenità di poter dire "abbiamo fatto il possibile".
Se non bastasse, per noi ci sarebbe l'aereo di ritorno e la delusione di un'eliminazione - se vogliamo - anche immeritata. Agli altri resterebbe la "gogna" mediatica planetaria - che non fa piacere - e soprattutto la macumba per il resto del torneo...
Quella, la storia insegna, funziona sicuro...
Nessun commento:
Posta un commento