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martedì 12 giugno 2012

Cecchi Paone-Cassano: perchè la "normalità" dovrebbe essere sbandierata? O forse è solo ipocrisia?


Mario Ferri, divenuto celebre per le invasioni
di campo pro-Cassano
 Avete presente quel tifoso abruzzese che qualche anno fa puntualmente sbucava in mezzo ad un campo di calcio inneggiando alla convocazione di Cassano in Nazionale? O quei tifosi, in preda all’alcool o all’esaltazione di se stessi, che in altri lidi – in genere anglosassoni – spuntano ogni tanto dagli spalti sul tappeto verde completamente nudi (sventolando l’unico oggetto ciondolante e probabilmente reattivo, rimasto in corpo)?

Ecco, non so perché, ma leggendo le dichiarazioni di Alessandro Cecchi Paone sulla presunta presenza di alcuni omosessuali nella nazionale azzurra (e di una sua relazione con uno di loro), mi sono immaginato questa scena.



Cecchi Paone
 Primo perché proprio Cassano, in una conferenza stampa imbarazzante, ha finito per enfatizzare l’uscita del giornalista ormai celebre per aver compiuto il fatidico outing – chissà se un giorno sarà ricordato solo per questo?
Poi perché, pensandoci bene, certe dichiarazioni (e non mi riferisco a quelle del calciatore di Bari vecchia), specie se pronunciate da personaggi che sanno usare favella e cervello molto meglio che qualunque altro istinto, non possono essere venute fuori, proprio ora, per caso.
Morale: alla vigilia di una partita che potrebbe anche “buttarci fuori” dal campionato Europeo, l’argomento trainante del giorno – mi aspetto di leggere di tutto domattina sui giornali e siti web – è l’omosessualità che fa il paio con la maglia azzurra e le battute da “bar di Caracas” usate da Cassano in conferenza stampa ("Froci in Nazionale? Spero di no!").

Innanzitutto una premessa: Antonio Cassano – che pure è reduce da una convalescenza sulla quale c’è poco da ridere (e anzi, ci sarebbe da capirne le vere origini) – non ha mai frequentato circoli nautici o Rotary club: e il solo fatto di porgli una domanda sulle dichiarazioni di Cecchi Paone è come infilare un ragazzino di 13 anni, in preda a irrefrenabili pulsioni adolescenziali, in un cinema a luci rosse. E poi sorprendersi del suo onanismo...
Ognuno, nel nostro strano mestiere di giornalisti, può fare le domande che vuole e usare la sensibilità di cui dispone nell’enuclearle. Alle domande "insidiose" o inutili, buon senso suggerisce, come replica, anche l’ipotesi ben nota nei sondaggi di Mannheimer: "non so, non rispondo".
Cassano però non agisce con il fare discreto dei segretari di stato vaticani: davanti al microfono è né più e né meno come in campo, quando in calzoncini corti e maglia sudata, al limite dell’area avversaria, escogita un dribbling funambolico per gabbare l’avversario. Spesso la giocata riesce. Qualche volta no.

Stavolta a Cassano la palla è rimasta nei piedi. Ed ora la sua uscita fuori luogo e fuori tempo rischia di diventare “palla al piede” per la Nazionale – tanto che la Federazione si è precipitata a diramare un comunicato-pecetta per rattoppare l’uscita del fantasista barese: poco politically correct, per i vertici di Coverciano.

Ma una riflessione questa storia dovrebbe ispirarci.
Se Cassano ha il sorriso e il savoir faire di un ragazzino di borgata e l’impulsività di uno scolaretto un po' discolo davanti alla lavagna (con la faccia di chi spesso ci finisce pure dietro), andrebbe grattata la patina di perbenismo che in queste ore circonda la gran parte dei commenti nel nostro paese per capire cosa in realtà si celi dietro le provocazioni firmate Cecchi Paone.
Affermare ai quattro venti che ci sono giocatori di calcio con gusti sessuali particolari (mi guardo bene dal dire, “diversi”, ci mancherebbe) è il modo migliore intanto per far parlare un po' di sè (visto che ancora oggi 14 milioni di italiani guardano le partite degli azzurri) e poi per proclamare esattamente l’opposto di ciò che si cerca di spiegare.

Abate e Giovinco: secondo Cecchi Paone
sarebbero due "metrosexual" (e allora?)
 “Siamo tutti uguali” vorrebbe dire o far dire Cecchi Paone (e ci mancherebbe). Ma nell’enfasi e nella spettacolarità delle sue uscite, in realtà, il risultato paradossale è quello di sottolineare proprio ciò che non dovrebbe (e sicuramente neanche vorrebbe): una inesistente diversità.
Per me, laico pensatore di provincia, ma anche semplice telespettatore, lettore di giornale o navigatore web, sapere che in Nazionale ci siano 2-3-5-9 omosessuali, oggi, nel 2012, non fa né caldo né freddo
Credo che invece proprio chi ostenta queste “particolarità” per sbandierare una conclamata normalità, finisca per tradurre quella normalità in diversità. Con l'aggravante del svelare anche un presunto gossip (relazione con un giocatore della Nazionale) di cui francamente interessa ancora meno (se non qualche morboso lettore di spiaggia in cerca di argomenti con cui scambiare quattro chiacchiere col vicino).
Mutatis mutandis: oggi c’è ancora qualcuno che può dire a gran voce che in Nazionale ci sono, ad esempio, due giocatori di colore? Non l’ho sentito dire, e comunque non l’ho sentito accentuare come ha fatto il collega protagonista dell'outing.

Se Dio vuole, il colore della pelle non è più uno status symbol nel bene o nel male.
Anzi, provocatoriamente chiedo a me stesso se in soggetti psicologicamente "labili" come Balotelli (cui sono state perdonate sceneggiate ben più gravi delle frasi dette al vento da Cassano oggi in conferenza stampa), non sia stata in fondo in fondo una fortuna o un comodo "paravento" quello che un tempo addietro sarebbe stata definita come diversità…

Oggi credo che l’unico razzismo o omofobia che si debba davvero temere è quella delle dietrologie.

Ecco: le uscite alla Cecchi Paone, proprio come le capriole di nudità viste anche a Wimbledon qualche anno fa (vedi foto a fianco), rischiano di essere molto più deleterie dei luoghi comuni, ormai in disuso: perché somigliano ad un dito puntato contro, ad un’affermazione dal pulpito, ad una novella Inquisizione laica che pretende di dettare principi, idee e costumi controcorrente. Quando ormai tutta la nostra società - salvo fisiologiche eccezioni, manifestate con l'impulsività caratteriale di un Cassano (che non potrà mai essere maitre a penser di nessuno) - di questi principi in realtà è ben consapevole. E ormai matura. Senza bisogno di caccia alle streghe.

A furia di gridare la propria normalità, si finisce per sembrare diversi. O forse, chissà, ci si compiace di sentirselo dire. L'ostentazione è come ogni forma di "fanatismo": di per sè, dannosa e arrogante.
E il teatrino di queste ore (che ha come unico potenziale beneficiario proprio la Croazia, prossimo avversario degli azzurri), a mio modesto parere, rischia di rivelarsi solo come una forma sottile ma percettibile di ipocrisia.



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