Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 21 aprile 2013

La giostra di piazza Oderisi: un'immagine della politica di questi giorni...

La nebbia mattutina sembra quasi descrivere
il quadro politico attuale...
Ci pensavo stamattina, mentre osservavo mia figlia divertircisi spensieratamente, vagando da un personaggio all'altro, da una navicella ad una carrozza, da un cavallino all'altro.
La giostra che troneggia in piazza Oderisi, a Gubbio - proprio ai piedi della sede eugubina del PD - sembra quasi simboleggiare la politica di questi giorni, di questi tempi. E più in generale, di questa epoca.
Un gigantesco carrozzone, sul quale a turno, si alternano protagonisti, o semplici comprimari, della politica. Di quella che un tempo i latini, bontà loro, chiamavano "res publica" (cosa di tutti), ma che oggi è semplicemente il nome di una popolare testata giornalistica.

La Repubblica, quella nostra, quella che ha l'articolo e che significa, almeno per il sottoscritto, "bene comune", ha attraversato un fine settimana di quelli da segnare sul calendario. Di cui leggeremo tra qualche anno sui libri di storia - e a quel punto sapremo anche come è andata a finire.
Per ora credo che valgano per tutti le parole del direttore del Corsera, De Bortoli, che ho postato ieri su facebook: al Quirinale è stata trovata la soluzione migliore nella condizione peggiore.

Perchè in teoria la conferma di Napolitano - prima volta nella storia repubblicana di un bis del Capo dello Stato - non era negli auspici neanche del diretto interessato, ormai 88enne ed "esausto" dopo l'ultimo biennio trascorso a traghettare la malconcia condizione istituzionale del nostro Paese. Pensare di dover ripetere l'esperienza altri 7 anni è  da condanna ad un carcere cambogiano.
Ma Napolitano non ha potuto dire di no - non tanto ai partiti, impantanatisi da soli in queste sabbie mobili - ma alle invocazioni accorate che soprattutto i presidenti delle Regioni gli hanno rivolto la sera di venerdì e il mattino di sabato: quando il quadro clinico della politica italiana era a rotoli, il PD aveva perduto qualsiasi ombra di credibilità con le inevitabili dimissioni del suo timoniere - avendo annientato due sue candidature (tra cui il padre fondatore, Prodi) - e l'ombra del "Movimento 5 Stelle" e del suo disfattismo istituzionale aleggiava sopra Montecitorio.

Certo, tra giovedì e sabato, ne abbiamo viste di tutti i colori. Prima l'affondamento di Marini, poi quello di Prodi, in mezzo il sostegno imperituro del M5S a Rodotà (che solo qualche mese fa definiva Grillo il "re dei populisti").
E la giostra - quella dei parlamentari (soprattutto del PD) e non quella di mia figlia - ha finito per ridicolizzare il Paese agli occhi degli ormai immancabili "osservatori internazionali" e ancor di più agli occhi degli osservatori di casa nostra, ovvero di tutti noi.

Quando di fronte ad una scelta che dovrebbe unire, le divisioni diventano ancora più marcate (elezione del Capo dello Stato confusa per un "regolamento di conti" interno al partito di maggioranza) vuol dire che si è persa la bussola del proprio ruolo. Che qualcuno non credo sappia neppure che ci stia a fare a Montecitorio (e non parlo solo dei "bontemponi" che hanno scritto il nome di Siffredi o di Trapattoni sulla propria scheda, con la nonchalance con cui noi, scapestrate matricole universitarie, scrivevamo il nome di Roberto Baggio tra gli iscritti all'esame di Diritto Costituzionale).

Questo spettacolo indecoroso, questa fiction surreale, nella quale il "nuovo corso" parlamentare (con quasi l'80% di esponenti nuovi rispetto al passato) non ha fatto rimpiangere affatto i precedessori, ha rischiato di trasformarsi perfino in un problema di ordine pubblico quando Grillo ha gridato per l'ennesima volta al complotto e ha invocato la piazza preannunciando un avvento messianico nella Capitale. Risoltosi in un clamoroso flop, con dietrofront imbarazzati dopo i proclami cui si erano uniti anche centri sociali e perfino Casa pound. Il che dà la cifra esatta della distanza, non solo della vecchia politica, ma anche di quella che si professa "nuova" (come se questo aggettivo contenesse anche quelli di competenza, equilibrio e pragmatismo necessari a governare) dal sentire popolare.

In un'ipotetica pagella, sulla "giostra" della politica di queste giornate febbrili, chi ne esce istituzionalmente rivalutato è - paradosso, ma è così - proprio Berlusconi. Che non solo, politicamente, ha dato scacco al derelitto PD, ma anche dimostrato senso istituzionale appoggiando sempre candidature di altri schieramenti (lo era Marini, lo sarebbe stata anche la Cancellieri, lo è comunque anche Napolitano) nello spirito che dovrebbe caratterizzare la nomina di un Capo dello Stato, arbitro super partes delle vicende costituzionali e politiche di casa nostra.

Lo stesso non può dirsi certo nè di Bersani  - che dopo le "forzature" su Presidenti di Camera e Senato ha ondivagato tra l'ammiccare con il PDL e il rincorrere affannosamente Grillo - nè di Vendola - che ha continuato a sostenere Rodotà anche di fronte alla riconferma di Napolitano - e neppure di Grillo stesso, i cui rappresentanti in Parlamento hanno sdegnosamente rifiutato qualsiasi gesto di bon ton istituzionale, dopo la nomina di Napolitano, dimostrando di non avere ancora sufficienti briciole di maturità parlamentare. E rischiando di trasferire il proprio malcontento in piazza, con conseguenze che per fortuna, la fuga di Grillo ha evitato di dover rendicontare.

La giostra resta lì. Ha girato vorticosamente per alcuni giorni, come impazzita. Ora, il ritorno imprevedibile del "grande Vecchio" - del Presidente uscente - è una rassicurazione sul futuro imminente.
Perchè qualcosa, fin da domani, dovrà succedere. Un governo subito, con un programma di riforme immediate e una risposta istantanea alla crisi drammatica del Paese.
Queste sono le condizioni poste da Napolitano per il suo ritorno al Colle. Capiremo subito se dalla giostra sono scesi anche altri, o se è stata l'ennesima illusione...

1 commento:

  1. Da facebook -
    Un mio collega mi diceva: "Non far caso che camminano, ma son tutti morti !"
    Lucio Moretti

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