Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 28 maggio 2013

Il nuovo commissario: una donna a Palazzo Pretorio... e quel 27 maggio ricorrente...

I tempi sono stati più rapidi del previsto. Perché con decreto n.25453 del 27 maggio 2013, notificato solo oggi, è stato nominato il Commissario per la provvisoria amministrazione del Comune di Gubbio. 
Si tratta di Maria Luisa D’Alessandro, già vice prefetto di Perugia e attualmente in servizio presso il Dipartimento per le politiche del personale del Ministero dell’Interno. 
Sarà lei, prima donna alla guida di Palazzo Pretorio (se si eccettuano i 12 mesi di Maria Cristina Ercoli, pro-sindaco dopo l'elezione di Goracci in Consiglio regionale) a svolgere funzioni proprie di Sindaco, Giunta e Consiglio comunale dopo lo scioglimento della massima assise cittadina a seguita della mancata approvazione da parte dell’organo consiliare, nel termine di legge, del rendiconto di gestione relativo al 2012. 

Al Commissario sono stati conferiti dunque fin dalla data odierna i poteri spettanti al Consiglio, alla Giunta ed al Sindaco. Ed è saltata contemporaneamente la convocazione del Consiglio comunale, programmato ieri dalla riunione tra presidente del consiglio e capigruppo, per la giornata di lunedì prossimo. 

Il provvedimento adottato con grande celerità dal Vice Prefetto Vicario Silvana Tizzano, va anche a ridisegnare lo scenario atteso dopo la scadenza dell’ultimatum per l’approvazione del bilancio, lo scorso 24 maggio. Qualche certezza in più su modalità e tempistica dell’entrata in funzione del commissario D’Alessandro arriverà dall’incontro previsto nelle prossime ore tra il presidente del consiglio Gianni Pecci e i vertici della prefettura perugina. 
Giovedì intanto è previsto l’arrivo a Gubbio del commissario ad acta Dante De Paolis chiamato ad analizzare le carte del bilancio consuntivo per poi passare alla sua approvazione. Sarà l’unico atto di competenza di De Paolis, il resto sarà ad appannaggio della D’Alessandro, che già dai prossimi giorni sarà certamente a Gubbio. 

Maria Luisa D’Alessandro conosce bene l’Umbria. Alla prefettura di Perugia ha prestato il proprio servizio in qualità di vice prefetto - tra l’altro è la moglie dell’ex prefetto (fino al 2006) Gianlorenzo Fiore. Tra le mansioni ricoperte anche quella di responsabile del servizio di protezione civile. 
Sposata, 6 figli (e 7 fratelli, dunque abituata a famiglie numerose) viene descritta come un funzionario di grande intelligenza e pragmatismo. 
E ne avrà bisogno nei prossimi 12 mesi quando le spetterà il compito di traghettare la città di Gubbio fino alle elezioni amministrative, presumibilmente in programma per il maggio 2014.

In attesa di conoscerla, una curiosità: la data del 27 maggio. Per gli amanti dei numeri o del calendario, si tratta di una ricorrenza ciclica piuttosto singolare.
- Il 27 maggio del 2001 venne eletto Sindaco di Gubbio, Orfeo Goracci - che prevalse al ballottaggio sul sindaco uscente Ubaldo Corazzi.
- Il 27 maggio del 2011, esattamente 10 anni dopo, a cinque giorni dalle elezioni, si insedia come Sindaco di Gubbio, Diego Guerrini - che prevalse al primo turno sugli altri candidati sindaco, forte della coalizione dell'intero centro-sinistra.
- Il 27 maggio 2013, due anni dopo, la Prefettura emette il decreto di nomina del Commissario Maria Luisa D'Alessandro, cui spetterà il compito di guidare l'amministrazione comunale di Gubbio fino alla successiva scadenza utile per le elezioni amministrative.
Insomma, sarà pure un caso, ma il 27 maggio accade sempre qualcosa di particolarmente rilevante per la vita amministrativa eugubina.
E se qualcuno si chiede come abbia fatto a notarlo, la risposta è semplice: è anche il giorno del mio compleanno. Ma questo, per fortuna, non ha nulla a che vedere con Palazzo Pretorio...

domenica 26 maggio 2013

E con il commissariamento c'e una sola strada: rifondazione (ma non parliamo di un partito...)

Ci vuole una rifondazione. Ma non parliamo di partiti. Parliamo di ricostruzione politica del tessuto cittadino. Altro che tsunami. Altro che ribaltone. Altro che temperature invernali di fine maggio.
La caduta della Giunta eugubina e l'avvento del commissariamento - a quasi 50 anni dalla precedente esperienza - è l'ultimo capitolo di una storia che comincia da lontano. Affonda le radici alla fine degli anni Novanta, si trascina attraverso un decennio di divisioni cariche di odio e tensione, di una città lacerata che a tratti somigliava alla "striscia di Gaza". E che oggi si ritrova vittima della "finta alleanza" a centrosinistra datata 2011, il cui epilogo - letto ora - pare quasi la naturale conclusione di una colossale fiction.
Invece è tutto vero. Peccato che a farne le spese sia Gubbio...

Non so quanti comuni possano vantare questo record: una Giunta appena commissariata (e non per collusioni mafiose ma per mancanza di dialogo tra Sindaco e coalizione) mentre l'ex Giunta e' sotto processo per reati come concussione e abuso d'ufficio. Insomma un quadretto non proprio idilliaco nel quale non si fa mancare neanche l'ultimo tassello. Quello relativo al futuro e alla mancanza totale, in questo momento, di una reale alternativa ipotizzabile. Ci sarà un anno di tempo per veder nascere qualcosa di minimamente concreto, alternativo e credibile (e non e' detto che avvenga...). Speriamo basti anche per nutrire qualche fondata speranza di.... rifondazione.

Cosa c'e da rifondare. Semplicemente una intera classe politica. Perché il commissariamento, alla fine, e' una sconfitta per tutti. Lo e' per la maggioranza, in particolare per un Pd disgregato come forse neanche a livello nazionale. Lo e' per la sinistra che ha governato 10 anni e che ancora non e' riuscita a ripartire nel dopo-Goracci. Lo e' per quel che resta del centro-sinistra, combattuto per mesi tra il proseguire il sostegno a Guerrini e Giunta e il dare la spinta decisiva sul ciglio del burrone (nel quale il governo cittadino ha camminato praticamente da novembre ad oggi). Ma e' una sconfitta anche per le opposizioni, in particolare per quel che resta del centrodestra - ridotto ad 1 consigliere su 4 eletti, con una diaspora che non ha nulla da invidiare alle crepe del Pd e che potrebbe risultare più che insofferente per gli elettori eugubini rimasti ancora nostalgicamente legati a quel 1997 in cui sfioro', unica occasione, il successo alle Comunali.

Il Palazzo della Prefettura di Perugia
Il commissariamento e' una sconfitta per tutti perché di fatto e' la politica tutta ad uscire di scena. Qualcuno sussurra che forse sarà meglio così. Lo sapremo tra 12 mesi, intanto l'unico dato che si puo' registrare e' che per la prima volta dal dopoguerra la politica eugubina somiglia ad una tabula rasa, un quadro completamente bianco nel quale tutto e il suo contrario potrebbero essere scritti.
Saranno mesi intensi, mesi carichi di travagli e di discussioni, di ricostruzioni e di chiarimenti. Ne ha bisogno la città prima ancora che la politica eugubina.
Forse chi avrà il coraggio di mettersi davanti allo specchio senza magheggi e "fare pulizia" finirà per essere davvero compreso e forse non ripartirà da zero. Per tutti gli altri ci vorrà una rifondazione.
Che non e' un partito ma un nuovo modo di essere e di proporsi alla citta'. Per dirla alla Sacchi "una nuova ripartenza". Ne ha bisogno la città, ne hanno bisogno i giovani di questa città, le imprese, il tessuto sociale tenuto ancora faticosamente in equilibrio dalla forza delle tradizioni (fin quando reggeranno) come anche l'ultimo mese ha confermato.

giovedì 23 maggio 2013

Patron Squinzi... e quella cravatta che ci dà speranza

Qualcuno l'ha fatto. E ne ha dato semplicemente una lettura "campanilistica". In realtà il messaggio che si cela dietro una semplice cravatta può essere molto più profondo.
La cravatta è quella di Giorgio Squinzi, presidente nazionale di Confindustria e patron del Sassuolo calcio. Il consesso è quello dell'assemblea di Confindustria nel corso della quale il numero 1 del sindacato industriali parla delle priorità economiche del Paese, del compito che attende il governo Letta, della "montagna" da scalare per mettersi alle spalle (chissa quando...) la crisi che ormai da alcuni anni paralizza la crescita del Paese.
Lo fa in un giorno speciale per la sua "creatura" calcistica, il Sassuolo. E' il giorno dei festeggiamenti per la promozione della squadra di calcio emiliana in serie A. Poco più di 40 mila abitanti, meno di 2.000 spettatori allo stadio e prossimo palcoscenico di sfide con avversarie che si chiamano Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio e Napoli.

Gubbio-Sassuolo 4-2... Appena 12 anni fa...
Fa specie, da cronista di Lega Pro, ricordare solo pochi anni fa le sfide tra Sassuolo e Gubbio in C2 o addirittura tra i Dilettanti. E rivedere oggi quella stessa squadra pronta calcare la massima serie. Alcuni di quei giocatori erano gli stessi della C2 (il portiere Pomini o il capitano, il tifernate Magnanelli, cresciuto nelle giovanili del Gubbio). Il "miracolo" c'è stato, con le giuste scelte, con una programmazione oculata, con gli investimenti opportuni nei momenti opportuni.

Magnanelli, capitano del Sassuolo dei miracoli
cresciuto calcisticamente nel Gubbio
E che c'entra allora quella cravatta? C'entra eccome all'assemblea di Confindustria. Non sta solo a "sbandierare" una orgogliosa appartenenza e la gioia di condividere un trionfo inaspettato.
In realtà quell'indumento sta a dimostrare che ancora oggi, nel pantano della crisi economica peggiore del dopoguerra, si possono ancora costruire e programmare delle "imprese". Imprese sportive? No, imprese a 360 gradi, come lo è il Sassuolo calcio, come lo è stata da decenni Mapei (il colosso di patron Squinzi), come lo sono ancora migliaia di aziende del nostro Belpaese.
La festa della squadra emiliana per la promozione in A
Che nonostante la fatidica "crisi", nonostante i rubinetti bancari a secco, nonostante la concorrenza più o meno leale di Europa e Far East, ci credono, investono, combattono... e spesso vincono.
Anche quando nessuno darebbe loro un soldo di stima.
Proprio come il Sassuolo.

Ecco. Quella cravatta neroverde dice tutto questo. E quei colori, almeno oggi, perfino all'assemblea di Confidustria, significano soprattutto "speranza". Speranza di potercela davvero fare...

lunedì 20 maggio 2013

Gubbio "commissariata": ma Guerrini non è l'unico sconfitto...


Sarà ricordato a lungo questo 20 maggio 2013. 
Il giorno che sancisce il nuovo commissariamento del Comune di Gubbio, a distanza di quasi 50 anni dalla precedente esperienza negli anni 60.
Difficile dire che qualcuno esca vincitore da questa vicenda. Lunga invece la lista degli sconfitti e già dalle dichiarazioni di oggi si evince qualche mea culpa e qualche dichiarazione di scuse agli eugubini.
Lo sconfitto numero uno è certamente il sindaco Guerrini che dopo due anni dall’elezione con una maggioranza schiacciante, oltre il 60%, ha dilapidato per strada consensi, alleati e fiducia diffusa. Oggi l’opinione pubblica eugubina non pare proprio sostenere come due anni fa il primo cittadino. 
Ma sarebbe un errore considerare Guerrini l’unico sconfitto e al tempo stesso l’unico responsabile di questa situazione. 

La giornata odierna, il commissariamento, segna un punto negativo per il PD – che dopo 10 anni di opposizione forzata non ha saputo coagulare al proprio interno una linea politica coerente e capace di sostenere l’azione di governo, mancando al tempo stesso nel ruolo di guida dell’intera coalizione di centrosinistra, sfaldatasi prima per problemi giudiziari, poi per scarsa amalgama di squadra. Un PD in stato confusionale, un po' come accaduto su scala nazionale. Ma non solo.
Il centrosinistra tutto esce malconcio da questo biennio: ci chiediamo con quali progetti, con quali persone e persino con quali slogan oggi un’alleanza di centrosinistra potrebbe ripresentarsi a chiedere fiducia agli elettori.
Dagli altri versanti, del resto - e pensiamo al centrodestra eugubino - si aspetta invece ancora di capire se esistono i presupposti per un’alternativa che – dopo il 1997 e la quasi elezione di Baldinelli – non è mai davvero esistita in questi 20 anni. Mentre sulle liste civiche non c'è mai stato grande appeal dall'elettorato.

Forse l’anno sabbatico, o meglio l’anno commissariato, potrebbe aiutare tutti a schiarirsi le idee. Per capire da dove ripartire. E soprattutto con chi, con quali forze, con quali progetti politici, con quale Gubbio nel futuro.
Già, il futuro di questa città, appena uscita dal suo mese anestetico di festa, nel quale la quotidianità passa in secondo piano. Il futuro, dicevamo, sembra incerto e precario. La crisi economica aggredisce perfino le forze imprenditoriali più solide, i giovani faticano a immaginare una prospettiva costruttiva in questo territorio.
Un anno di riflessione e "riprogettazione" della città, della sua classe dirigente, delle sue dinamiche, potrebbe anche rivelarsi salutare: se solo le forze politiche, sia quelle tradizionali che quelle emergenti, sapranno utilizzarlo per costruire un progetto concreto. 
Altrimenti sarà un altro anno perso per la città e per gli eugubini, i veri grandi sconfitti, loro malgrado, di questa giornata...


Da editoriale in video su Trg sera di lunedì 20-5-2013

giovedì 16 maggio 2013

Chi vince nella Festa dei Ceri? Vince chi la vive...

"Scusi chi ha vinto?". E' la domanda solita che quasi ciclicamente, ogni anno, mi sento ripetere da un turista o un avventore, imbattutosi (e il più delle volte folgorato) nella Festa dei Ceri. Anche quest'anno ho dovuto ripetere la solita cantilena - senza dover trascendere come recitava goliardicamente il "Gazzettino del Braccere" nella mitica prima edizione del 1992, quando a pochi secondi dal quesito del turista romano, il "suddetto veniva accompagnato al più vicino pronto soccorso"...

Ebbene, se qualcuno mi avesse chiesto quest'anno, il 15 sera, chi avesse vinto, di primo acchitto avrei risposto senza ombra di dubbio "Sant'Antonio!". Risposta scontata. Fa parte dell'adrenalina serale, di quel senso di appagamento ed estasi che si fonde straordinariamente in cima al monte quando riesci a riunire l'emozione di una giornata trasudata tutta d'un fiato e la gioia di una corsa ai limiti dell'impeccabile. E anche a quelle piccole grandi soddisfazioni "di stanga" che ancora a 42 anni ci si riesce a ritagliare (con un pizzico di sana immodestia...).

Ripensandoci, a mente fredda, e ragionando anche su quanto accaduto, la risposta invece è un'altra.
Chi vince nella Festa dei Ceri? Non ho il minimo dubbio. Vince chi la vive... 

Chi la sogna dalla vigilia, chi la aspetta da settimane, chi la immagina nei pensieri fugaci che ti aggrediscono all'improvviso nei giorni precedenti.
Vince chi si innamora dei dettagli, chi memorizza gli istanti, chi si inebria di profumi, chi riavvolge la pellicola e ricorda i particolari nei frangenti più intensi. Vince chi ha paura del cero - quella paura vera, autentica, ceraiola, senza la quale la spallata non è spallata, senza la quale il cero sarebbe solo un gesto atletico - e a pochi minuti dalle 6 arriva a pensare "Mannaggia quando so nato a Gubbio...". Vince quella stessa persona che solo pochi minuti dopo, arricchita dall'ennesima overdose emozionale, dice tra sè e sè: "So la persona più fortunata del mondo"...

Un colpo d'occhio suggestivo dai merli
di Palazzo dei Consoli - 14.5.2013 - foto M.Signoretti
Vince chi vive la Festa, perché basta ascoltare il rintocco del Campanone - in quella che il "Piccione" chiamava la "stagione lirica" - per avere una scossa tellurica al cuore.
Vince chi vive la festa perchè ci si danna come per nessun'altra competizione al mondo, ma in cima al Colle Eletto non ci attende nessun podio.
Vince chi vive la Festa perché c'è un mondo intero, fuori da questa città, che non sa cosa si perde.
Vince chi vive la Festa, perché lo capisci dalla spallata che ancora tuo padre riesce a dare durante la mostra. E nei suoi occhi continui a leggere la vitalità di un ragazzino. Sapendo che sarà presto, quella, anche la "tua unica" spallata...

Vince chi vive la Festa perché lo capisci dall'improvvisa "follia" di chi la incontra, magari casualmente, per la prima volta. E' il sorriso estasiato di un professionista veneto, conosciuto la sera della vigilia nel giardino di casa mia - amico e collega di un mio "fratello di stanga" giù da Barbi (Leo Nafissi). Un tipo che per capirci, non aveva mai assaggiato le fave col formaggio in vita sua. Il giorno dopo l'ho incontrato di nuovo e mi parlava come se i Ceri li avesse visti da una vita; l'ho incrociato nelle immagini dentro la Basilica, accanto all'altare del Patrono; l'ho rivisto in serata nella nostra taverna, avvicinarsi al tavolo dei ceraioli - in uno di quei momenti "intimi" di gioia irrefrenabile, al termine di una corsa poderosa, innaffiati di vino; insomma quelle sensazioni che nessuno potrebbe capire. Dove canti a squarciagola per tre ore, dimenticandoti tutto. E abbandonandoti alla purezza di una giornata da conservare. Vedendolo ho pensato, con quei pochi neuroni lucidi ancora funzionanti, che sì, anche lui aveva vinto: come tutti noi. Perché aveva capito. Aveva assaggiato, apprezzato, rispettato, osservato, partecipato, toccato, ascoltato, gioito e urlato. Anche lui aveva vinto.
Perché i Ceri sono semplicemente gocce di vita distillata... Vince chi li vive.

Vince chi la vive la Festa. L'ho pensato rincorrendo il mio Sant'Antonio durante la mostra, verso le 16, in quei frangenti in cui lo stomaco si intorpidisce. E neanche un sorso d'acqua finisce per arrivarci (a 40 anni è ancor peggio che a 20... ora lo so che è così). In quegli istanti in cui i cattivi pensieri, i presagi, le scaramanzie si affollano e ti fanno pensare al peggio, ti fanno vedere sangiorgiari che sbucano rotolandoti tra i piedi ogni mattonella che percorri col cero.
Stavolta non è stato così... E' stata una sensazione nuova, diversa, appassionante. Non il contatto con la stanga, ma la gioia di correre dietro al cero, avendo per mano i miei figli. Sono stati loro a chiedermelo, anche se si trattava di quei brevi tratti di 20-30 metri, tra una sosta, tre "birate" e una "beuta". E quel gesto, spontaneo e semplice - il correre ammirando il mio Sant'Antonio sulle spalle dei ceraioli, con Vittoria e Giovanni che scalpitavano - mi ha magicamente rilassato. Ha scaricato la tensione, ha ammorbidito il peso dell'attesa. Ha reso più innocenti quei minuti, che altrimenti mi sarei trascinato, con l'apparato digerente contorto, fino al rientro a casa.

L'allegria santantoniara la sera del 15 maggio.
Momenti unici...
Vince chi la vive la Festa. Ne ho avuto conferma guardando nel chiostro della Basilica un ceraiolo di Sant'Antonio compiere le "birate" a capodieci: dopo che la mattina l'aveva trascorsa al pronto soccorso per un lieve malore, fortunatamente messo alle spalle. E in quelle "birate", scommetto, ha risentito la vitalità e l'energia di un'esperienza che nessun altra medicina o convalescenza potrebbe garantirti. Perché nulla può rigenerare lo spirito - e chissà, forse anche il corpo - come il cero.

La prossima volta che qualcuno mi chiederà "chi ha vinto?", gli risponderò così: "Potresti vincere anche tu. Ma lo scoprirai solo quando tornerai a casa. E sentirai la mancanza di tutto questo...".

Io mi sento fortunato. Perché ancora riesco a vincere ogni anno...

sabato 11 maggio 2013

"Capitano, o mio Capitano". Il saluto doveroso ad un grande protagonista del Gubbio dell'ultimo decennio...


"Capitano, o mio Capitano!". Parafrasando il memorabile finale del celebre film "L'attimo fuggente", il Gubbio si prepara a salutare il suo capitano. 
Alessandro Sandreani, da Cantiano, naturalizzato eugubino, in maglia rossoblù dal 2002, gestione Alessandrini. Undici stagioni da leader indiscusso, dodici anni vissuti da eugubino d’adozione, ma da eugubino vero, nelle fortune e nelle sventure, che hanno caratterizzato gli anni 2000 e in particolare l’apoteosi delle due stagioni trionfali che hanno catapultato il Gubbio in serie cadetta.

L’esordio di Sandreani è subito profetico: indossa la maglia numero 8, ‘ anche l’8 settembre 2002 e a Castel di Sangro il Gubbio di Marco Alessandrini inizia felicemente la sua cavalcata che lo porterà alla finalissima play off con il Rimini. Vince 1-0 con gol di Bochu ma basta una stagione a consacrare Alessandro nel cuore dei tifosi. Nella gara di ritorno della semifinale play off, sugellata con una splendida punizione vincente da quella che sarà un po’ la sua zolla, Sandreani viene portato in trionfo dai tifosi. Come dire, non c’è bisogno nemmeno del risultato per spiegare che la scintilla è scoccata. 


Da allora è amore allo stato puro, amore ricambiato, nei momenti memorabili, quelli dei play off con Alessandrini prima e con Galderisi poi, con la promozione sfuggita di un niente, dei derby con il Gualdo nei quali riesce anche a lasciare il timbro con gol d’autore. 
E  negli anni difficili, quelli delle salvezze stringate, portate a casa nelle stagioni tribolate con due allenatori a campionato, quando non addirittura con due direttori sportivi. Gubbio sembra un grand hotel di quelli con le porte girevoli. L’unico che resta, nel tran tran generale, è proprio Sandreani, che fino a metà anni 2000 è insieme a Giacometti la colonna della squadra. Poi resta solo lui, quasi che sotto sotto senta che qualcosa di importante prima o poi accadrà.

L'esultanza al "Bentegodi": il momento top
di 11 anni in rossoblù...
Fino all’arrivo di Simoni, all’approdo di Giammarioli, alla scommessa chiamata Torrente. Il Gubbio diventa protagonista del suo destino e quel numero 8, con la fascia al braccio, ne è l’emblema indiscusso: perché ne incarna lo spirito, la tenacia, la voglia di non mollare mai, la capacità di sopperire magari a qualche gap tecnico con una caparbietà senza pari.
Prima il trionfo di San Marino che quasi sembra definire tutta la parabola del capitano in rossoblù. Ma l’appetito vien mangiando e l’anno dopo Sandreani è semplicemente mostruoso nel guida la squadra al sogno della B. L’immagine simbolo di un’annata spasmodica e imprevedibile è nel gol con cui il Gubbio batte a dicembre la quotata Cremonese: è proprio Sandreani a strappare agli avversari la palla e a servire a Galano un assist al bacio. In questa azione c’è tutta la classe e la grinta dell’uomo Sandreani. Che poi si toglie il lusso di castigare due volte il Verona. E alla fine di alzare l’ideale coppa di un trionfo che vale quanto una Uefa. 

Insieme a San Marino, dopo il primo grande exploit
13 giugno 2010
La B è una mesta passerella, nella quale però Sandreani non è mai un comprimario. Anche chi lo critica deve poi ricredersi alla distanza. Perché se c’è o non c’è, alla fine lo si vede.
La sua ultima stagione in rossoblù è quella della continuità: la permanenza in terza serie, che lo vede ancora trascinatore e protagonista, sia in campo, sia quando è costretto a stare fuori. E a cominciare ad imparare il mestiere di dirigente.
Il suo futuro? Manco a  dirlo, è rossoblù.
E se anche non lo indosserà, sarà come se lo sentissimo ripetere all’appello dell’arbitro: Sandreani, Alessandro, numero 8 grazie…


Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" di lunedì 29.4.13 - trasmissione "Fuorigioco"

venerdì 10 maggio 2013

"Assurdo che questa Festa non sia patrimonio Unesco". Quelle parole di un anno fa... oggi appartengono ad un ministro

Sono felicemente scioccata dal fascino di questa festa. L’avevo vista su internet ma dal vivo appare in tutta la sua autenticità”. 
Parole di elogio di una giovane parlamentare del PDL che appena un anno fa, il 15 maggio 2012, dalla finestra di Palazzo Ranghiasci, aveva assistito in Piazza Grande alla splendida alzata dei Ceri. 
Oggi quella parlamentare è ministro dell’Agricoltura del nuovo governo Letta. Nunzia De Girolamo fu intervistata nell’occasione dall’emittente tv TRG pochi minuti dopo l’alzata dei Ceri e non nascose le emozioni vissute insieme al marito, il parlamentare PD, Francesco Boccia (oggi presidente Commissione Bilancio), che addirittura sfoggiava quel giorno una divisa santantoniara. Ospiti del giornalista di origini eugubine Gianmarco Chiocci, De Girolamo e Boccia hanno vissuto interamente la giornata di festa a Gubbio.
E sulla candidatura della Festa dei Ceri a patrimonio Unesco l’attuale ministro aggiunse: “E’ assurdo che questa festa non sia patrimonio Unesco, mi adopererò perché si conosca la bellezza di questa tradizione identitaria per Gubbio e per l’Umbria”. Un impegno che a distanza di un anno assume un significato particolare. 
E il ricordo di Gubbio non sarà certamente sfumato nel frattempo perché un anno fa l’on. De Girolamo partecipò alla Festa dei Ceri in stato interessante confidando un auspicio ai microfoni di TRG: “Spero che mia figlia possa un giorno venire a vivere questa splendida Festa. E spero che nel frattempo abbia avuto il riconoscimento che merita”.

A farle eco il marito, l’on. Francesco Boccia, distante politicamente dalla consorte (è uno dei leader parlamentari del PD) ma in perfetta sintonia quanto al giudizio sulla Festa dei Ceri: “Confesso che è la prima volta che indosso la camicia nera, ma l’ho abbellita con un fazzoletto rosso – dichiarò lo scorso anno Boccia a TRG – se vivi la Festa dei Ceri accanto ad eugubini che hanno questa “malattia” dentro, riesci a cogliere tutti i significati e i segreti della festa. Trovo inspiegabile come questa città e questa festa non siano patrimonio dell’Umanità – concluse Boccia.

giovedì 9 maggio 2013

Le origini di "Primavera", l'inno dei Santantoniari: una delle tante idee del Pacio


Oggi è la canzone più amata dai ceraioli di Sant’Antonio. 
Ed è conosciuta da tutti come “Primavera baciata dal sole”. In realtà il testo originario è francese e la versione italica della canzone, risalente agli inizi del secolo scorso, è “Lo studente passa”. Ad importarla all’interno della Festa dei Ceri e istituirla come inno dei Santantoniari fu a metà degli anni Settanta il maestro Pietrangelo Farneti, detto “Pacio”, infaticabile anima e intraprendente fautore di decine di iniziative legate ai Ceri e a Gubbio. E con una grande infinita passione per la musica. Scomparso un anno e mezzo fa, è stato ricordato nel corso della serata musicale “Yesterday” al Teatro comunale di Gubbio: e in quella sede il figlio Riccardo Farneti ha rivelato che fu proprio il padre, da tutti conosciuto come “Pacio”, a trovare lo spartito della canzone, riscriverne le parole e chiedere ad una delle orchestre dell’epoca di eseguirla in occasione del Veglione di carnevale dei Santantoniari. 

Da allora è stata adottata anche grazie all’esecuzione, prima degli studenti del maestro Farneti (in particolare i piccoli della scuola elementare di Madonna del Ponte), e poi dei ceraioli di Sant’Antonio, con un testo interamente riscritto e ovviamente dedicato ai Santantoniari: oggi la Banda Santantoniara la esegue nei momenti topici della sfilata e anche quest’anno sarà la canzone che introdurrà in piazza Grande l’arrivo del capodieci Ubaldo Gini e dei ceraioli di Sant'Antonio.
Più che con tante parole - spesso un po' troppo retoriche, che certo il maestro non avrebbe gradito - è proprio con l'intonare e il perpetuare questa canzone che meglio si può ricordare lo spirito e la vitalità del "Pacio". Non dimenticando che la maggior parte di ciò che contorna i Ceri e che molti, per ignoranza, chiamano tradizione, è frutto dell'estro e dell'iniziativa di eugubini appassionati.
Il loro esempio è ciò che merita di essere ricordato. Senza enfasi, senza fronzoli. Ma come nella foto in alto, mi piace ricordare il Pacio così: sorridente, a guidare la Banda Santantoniara, quasi da maestro d'orchestra, a godere con spontaneità e con la gioia di un bambino, delle emozioni della Festa.
Che tra pochi giorni, spero con lo stesso spirito, avremo tutti noi la fortuna di riassaporare...

martedì 7 maggio 2013

Gubbio: grande con le big, spuntata con le piccole. Ma il bicchiere è più che "mezzo pieno"...


Grande e appassionante con le grandi, incerta e balbettante con le piccole. 
Dovessimo trovare una definizione della stagione 2012-13 del Gubbio, verrebbe di primo acchito proprio questa. Un campionato di alti e bassi, vissuto nella prima parte da autentica protagonista, capace di infilare risultati roboanti contro le presunte big del girone, e di stagliarsi al secondo posto in classifica la sera del 30 novembre, nell’anticipo di campionato contro la Nocerina. 

Poi il black-out tra dicembre e febbraio, causato da assenze, infortuni, squalifiche più o meno evitabili, una condizione psicologica più fragile che di certo ha complicato il cammino della squadra facendo modificare gli orizzonti del torneo. Da papabile ai play off il Gubbio di Sottil si è ritrovato invischiato nella lotta per evitare i play out, poi evitati con una serie di risultati ottenuti proprio quando sembrava che il torneo volgesse al peggio. Resta intatta la cifra di un cammino comunque importante, nel quale le gemme sono immedesimate dai successi o le prestazioni messi in mostra contro le avversarie più quotate e valide.

Non è un caso che siano state le vittorie su Frosinone, Pisa, Benevento e Nocerina a lanciare il Gubbio nelle alte sfere nei primi 3 mesi di campionato. Un campionato strano, con il ritorno alle 16 squadre, con continui stop di un calendario a singhiozzo e la possibilità di trovare per strada qualche inciampo inglorioso.
Uno di questi è proprio di novembre, nel recupero di Carrara, quando sopra di 2 gol, il Gubbio viene rimontato dai marmiferi trascinato da un incontenibile Makinwa: sorte ha voluto che il nigeriano non sarebbe stato in campo se quella gara si fosse giocata come da calendario. 

Altra tegola è stata quella di infortuni e squalifiche a raffica a cavallo di andata e ritorno: il rosso eccessivo a Boisfer, che poi si è procurato impulsivamente 3 turni di stop e la mononucleosi di Radi non sono stati messaggi rassicuranti da parte della dea bendata. Cinque sconfitte di fila, tra cui quella interna dell’epifania contro il fanalino Sorrento hanno messo in discussione anche la guida tecnica, in più il derby perduto tra le mura amiche a fine gennaio col Perugia ha fatto da spartiacque, lanciando i grifoni verso la rimonta clamorosa e piegando invece la voglia di rivalsa dei rossoblù, che certo quel 3-2 al passivo non avrebbero meritato per quanto visto in campo. 

Stringere i denti è diventata la parola d’ordine e le vittorie risicate ma pesantissime su Paganese e Prato hanno dato ossigeno ad una classifica preoccupante.
Il punto più basso della parabola è ancora targato Carrarese: lo stop interno a marzo con i toscani ultimissimi in classifica ha aperto lo spettro delle streghe, con un calendario tutt’altro che amico. E invece proprio contro Nocerina, Latina e in trasferta ad Andria, la squadra rossoblù ha trovato il colpo d’ala, d’orgoglio e di risultati determinante. 

Con un rimpianto - l’infortunio a Galabinov che avrebbe potuto rimpinguare i suoi 12 gol – e una chicca da riservare all’ultima giornata. Gubbio-Catanzaro, ininfluente per la classifica, sarà l’addio da giocatore di Alessandro Sandreani. Un motivo non da poco per salutare o torneo, un grande giocatore nella storia rossoblù, il capitano per antonomasia degli ultimi anni. Dando un senso ancora più emozionante alle montagne russe, o meglio rossoblù, di questa strana ma appassionante stagione.

Copertina rubrica "Il Rosso e il Blu" - da trasmissione "Fuorigioco" di lunedì 6.5.13

lunedì 6 maggio 2013

Puglia mon amour: e il Gubbio si salva senza l'aiuto di nessuno... Ora due nodi da sciogliere


Puglia mon amour. Il Gubbio conquista la salvezza matematica alla seconda trasferta vittoriosa, su altrettante sortite nel Tavoliere. E quella di Andria è una vittoria voluta, dal primo all’ultimo minuto, dal primo all’ultimo giocatore in campo.
Da Venturi, uno degli artefici del successo in terra barese con una serie di interventi prodigiosi che ripagano con gli interessi qualche giornata appannata, fino a Bazzoffia, entrato a gara in corso e autore del gol vittoria, il suo primo acuto stagionale, che segna il ritorno al bersaglio dopo la bellezza di 16 mesi – ultima rete al Del Duca di Ascoli prima del grave infortunio di Nocera Inferiore.
Ma è stata anche la vittoria della squadra, della compattezza, degli elementi d’esperienza, come dei giovani che in questo scorcio finale di stagione hanno trovato maggiore spazio, fiducia e capacità di incidere. Un nome su tutti, quello di Malaccari, già assist man nella rete del successo sul Latina, che ha firmato anche la sua prima realizzazione stagionale dopo un quarto d’ora di gioco ad Andria.

Obiettivo raggiunto e senza dover ringraziare nessuno – anche se il concomitante successo del Perugia sul Prato avrebbe consentito alla squadra di Sottil perfino di perdere le ultime due gare del campionato. Ma è meglio così, meglio costruirsi il proprio cammino, le proprie fortune e il proprio obiettivo solo ed esclusivamente con le proprie forze. Senza rimpianti, senza dover pensare a cosa sarebbe stato se.
Dovrebbe essere servita di lezione la scorsa annata per capire che nessun campionato regala nulla, nessun torneo è facile, in nessuna categoria un nome o un blasone bastano da soli a centrare il risultato. In fondo il Gubbio in questa C1 era appena alla sua seconda apparizione, la prima nel girone meridionale. E il bicchiere è decisamente più che mezzo pieno.

A salvezza acquisita, ora restano un paio di nodi, non da poco, da sciogliere guardando al futuro: l’ipotesi di accordo pluriennale con il Parma, un’operazione che garantirebbe qualità di benefici e prospettive di gestione tecnico-finanziaria importante, in un periodo in cui di risorse, dagli sponsor ufficiali in giù, se ne potrebbero preventivare sempre di meno. L’altra questione è quella manageriale e tecnica: l’eventuale intesa col Parma potrebbe rilanciare l’ipotesi di una permanenza di Giammarioli, mentre la guida tecnica di Sottil appare al momento blindata dal biennale sottoscritto a inizio stagione – salvo altre più ambiziose possibilità per il trainer in altre piazze o categorie. Una serie di se a cui è bene dare comunque risposta in tempi rapidi. L’esperienza delle ultime stagioni insegna abbastanza che programmare è alla base di tutto. E farlo in tempi congrui è il primo passo per compiere le scelte migliori. O almeno quelle sulle quali poi non ci saranno rimorsi. 

Copertina di "Fuorigioco" di lunedì 6.5.13
musica sottofondo: "Se si potesse non morire" - Modà (2013)

domenica 5 maggio 2013

Scudetto 31... la forza della normalità... e quel tweet firmato Alex

Non so se sia una sorta di nemesi. Una sottile e perfida condanna. Quella di non godere pienamente dei successi quando questi diventano (o meglio tornano ad essere) piacevole abitudine.
Fatto sta che il 31esimo scudetto della Juventus (29esimo per i benpensanti, 4o o 5o per gli interisti) mi e' passato quasi inosservato. Non nel suo divenire ma nel suo concretizzarsi. 
Sara' che ormai da mesi il campionato era virtualmente chiuso. Sara' che i bianconeri lo hanno dominato dall'inizio alla fine, anche se quest'anno l'imbattibilità si e' andata a far benedire. Sia quella custodita per tutte le 34 giornate l'anno scorso (evento questo si' difficile da bissare) sia quella dello Juventus stadium, che, ironia della sorte, ha ceduto proprio di fronte agli "odiati" avversari nerazzurri.
Eppure la leadership della Juventus non e' mai stata in discussione. Il Napoli ci ha provato meglio delle altre ma la squadra di Mazzarri non ha mai dato la sensazione di poter tenere il passo. E anche negli scontri diretti ha finito per pagare dazio.

Eppure e' tutt'altro che semplice mettere in fila due scudetti. Tutt'altro che scontato vincere e rivincere, praticamente con la stessa squadra. Praticamente con le stesse armi, gioco a ritmi intensi, spettacolo, difesa granitica e gol quanto basta per aggiungere 3 punti in classifica.
Nell'undici titolare utilizzato più frequentemente da Antonio Conte, il solo Asamoah rappresentava una novità del mercato estivo. Le altre sono rimaste confinate in panca o hanno trovato meno spazio.


Inutile dire che una delle chiavi dello scudetto della "Vecchia Signora" stia seduta in panchina. E risponda al nome di Antonio Conte.
La sua mano, la sua impronta, il suo carattere - prima ancora che il gioco per altro tra le prerogative identitarie di questa squadra - si sono visti anche nei mesi in cui il trainer leccese e' rimasto confinato nei box delle tribune. Per una condanna francamente risibile, su dichiarazioni contraddittorie e dalle quali, a giochi fatti e a sanzione scontata, e' stato pienamente scagionato.
Ma le storie dell'ingiustizia sportiva sono vecchie come il "cucco" - modo di dire curioso, anche se non credo riferito al monte che sovrasta l'Eugubino-Gualdese. Chiedere a Pablito Rossi per opportuna verifica.


Potrebbero essere tanti i simboli o le immagini di questo scudetto "della conferma". Conte, come detto, ma anche il genio di Pirlo, l'agonismo qualitativo di Vidal e Marchisio, l'affidabilità di Buffon, l'impenetrabilita' del trio Chiellini-Barzagli-Bonucci, l'estro e l'imprevedibilita' di Vucinic. La capacita' di una squadra di andare a rete con tutti i suoi effettivi, sopperendo così all'assenza di un vero top player in attacco. Sopperendo ad alcune operazioni di mercato francamente al di sotto delle aspettative, se non addirittura incomprensibili (Bendtner e Anelka per tutti).

Eppure un simbolo di questo scudetto e' anche un signore distante decine di migliaia di chilometri da Torino. Che pochi minuti dopo la conquista del 31mo scudetto ha twittato una frase che la dice lunga sulla sua sensibilità e sul suo attaccamento alla maglia bianconera: 


"Non sapevo immaginare cosa fosse veder vincere la Juve senza di me...". Firmato Alessandro Del Piero. Uno che ha legato il proprio nome agli ultimi 20 anni di Juve. Che aveva vinto gli ultimi 8 scudetti (l'ultimo tricolore bianconero senza il fuoriclasse di San Vendemiano risaliva al 1986, l'anno di Chernobyl per capirci....). Che ha salutato lo Juventus stadium in una domenica di maggio, un anno fa, certamente più memorabile di quasi la meta' dei successi tricolori della Signora, così costanti, ciclici e purtroppo spesso anche anonimi.


Ecco, quello per cui credo si debba ricordare questo 31mo scudetto, difficile, sudato, voluto, contro tutti e contro tutti ( ricordiamo il rigore "scandaloso" con cui fu deciso il Milan-Juve dell'andata... Senza le polemiche feroci che avremmo sentito per lo stesso episodio a parti inverse) e' proprio legato ad un personaggio che non c'è. 
E che con la discrezione e la signorilità che l'ha sempre contraddistinto, pur essendo a Torino il giorno della conquista, con l'1-0 al Palermo, ha preferito non esserci. 
Non per rinunciare alla festa, non per scarsa fedeltà bianconera, non per ripicche ma certamente per evitare che la sua presenza deviasse il significato di questa giornata, che la sua figura finisse per assorbire la scena, depauperasse il palcoscenico ai giusti protagonisti di un'altra splendida impresa juventina.
Splendida ma tutto sommato "tipica" della supremazia Juve. E forse, per questo, un po' meno godibile. Ma pur sempre la prima da 27 anni ad oggi... la prima senza Alex...

mercoledì 1 maggio 2013

Un 1 maggio contro tutti gli "ismi"... anche quelli nascosti dietro presunte libertà...

Quest'anno si è ironizzato anche sul 1 maggio. Se fino all'anno scorso quelle sfilate con tanto di bandiere al vento avevano un che di nostalgico e folcloristico, con la crisi imperante è imperversata la domanda: "Scusate ma cosa si festeggia?". O peggio ancora, c'è chi l'ha definita, la Festa dei Disoccupati. Non è di primo maggio che voglio parlare, anche se un po' è proprio la giornata di festa che mi ha ispirato questa riflessione.
Sì perché spesso dietro slogan e liturgie stanche e ripetitive ci si nasconde. E la bandiera della libertà, talvolta, diventa il tabernacolo dentro al quale si celano soprusi e ipocrisie.
Tre casi bastano per tutti, a dimostrare quanto gli "ismi" - di qualunque colore e tipologia essi vivano - rappresentano ancora oggi una minaccia all'intelligenza e alla libertà, quella vera, di pensiero.

Caso numero 1) Nella serata finale del Festival Internazionale del Giornalismo la blogger cubana Yoani Sanchez è stata aggredita (per fortuna solo verbalmente) da un gruppo di filocastristi perugini a cui non piaceva che una tizia venuta da Cuba raccontasse che il regime non è poi così idilliaco come alcune associazioni di nostalgici vorrebbe farci credere. E' dovuta intervenire pure la Polizia per consentire all'organizzatrice del Festival, la collega Arianna Ciccone, di sedare gli animi e perfino di tornare a casa. Tutto questo, ovviamente, in nome della libertà, sbandierata sotto l'icona di Che Guevara, uno a cui credo non sarebbe piaciuta l'idea che non si possa manifestare un pensiero diverso da quello del proprio regime.

"Mi piacerebbe che si potesse protestare così anche nel mio Paese" è stata la replica esemplare di Yoani Sanchez a chi la insultava e le dava, nel migliore dei casi, della spia della Cia (ma si è sentito anche di peggio). Un attonito Mario Calabresi ha faticato a mediare, cercando di mantenere l'aplomb sufficiente per condurre l'intervista. Certo qualche domanda su questa manifestazione di intolleranza "allo stato brado" se la deve pure essere fatta. Peccato che ancora una volta Perugia non abbia dato bella mostra di sè. Il sindaco Boccali si preoccupa (e querela) chi osa definire il nostro capoluogo "un supermarket della droga" (lo ha fatto anche Saviano, proprio al Festival). Eppure la cultura di questa comunità dovrebbe sentirsi ancor più offesa da queste manifestazioni, ottuse e totalitarie, che appartengono a epoche, latitudini e costumi lontani anni luce dal presente. E da noi. "Chi tocca Cuba muore" verrebbe da parafrasare. Il sorriso e la serenità sul volto della Sanchez sono l'unico motivo di conforto dopo una serata così allucinante.


Caso numero 2) Il 1 maggio viene escluso - dopo essere stato invitato - dal concertone di Roma, abitualmente palcoscenico affidato a messaggi e interpreti, diciamo così, progressisti, il rapper Fabri Fibra. Motivo, la triplice sindacale ritiene inappropriata la sua presenza, assecondando una lamentela dell'associazione DIRE (Donne in rete contro la violenza) per alcuni testi di canzoni che qualche anno fa avevano enfatizzato, per usare un eufemismo, il rapporto carnale-violento uomo-donna. Si scomoda pure Jovanotti per definire questa esclusione degna del "Minculpop" (il ministero della cultura popolare nel Ventennio Fascista).
La notizia è passata in sordina, se l'avete notata è stata diramata per lo più su internet (dove non a caso Fabri Fibra è maggiormente gettonato). Ma le tv e i giornali, quando si tratta di "bacchettare" i sindacati, ci pensano due volte. A dimostrazione che non solo esistono i "sepolcri imbiancati" di dimensioni gigantesche - ovvero quei soggetti che oggi sfilavano per la giustizia e il lavoro, ma che si arrogano il diritto di dividere tra buoni e cattivi anche il palcoscenico - ma anche le "zone d'ombra" sconosciute nell'informazione. Quei "poteri forti" tante volte acclamati e additati, che assumono però le sembianze insospettabili di coloro che dovrebbero essere, per tutti, le "sentinelle dei diritti".
Fossi Fabri Fibra risponderei con una canzone: un rap dedicato a Cgil-Cisl-Uil. Un motivo tipo "Tranne te" dedicato a chi si erge sul piedistallo dell'uguaglianza. Ma poi, quando si tratta di immergersi nel placido liquido della demagogia, non guardano in faccia a nessuno. Prima o poi, bisognerà anche scoperchiare la pentola di questa "casta"... Se qualcuno avrà mai il coraggio di farlo...

Caso numero 3) Un senatore del "Cinque Stelle" viene espulso dal movimento per la sua eccessiva esposizione mediatica. Troppe comparsate in tv, e per Marino Mastrangeli il destino è sembrato ribaltarsi contro, un po' alla Robespierre, storico fautore della ghigliottina come metodo di soluzione giustizialista nell'epoca della Rivoluzione francese, finito a sua volta per essere decapitato quando la rivoluzione ha preso una piega incontrollabile. Non conosco questo Mastrangeli, ma il solo fatto di essere stato cacciato con metodi che ricordano la "democrazia" pseudo-cambogiana, me lo rende epidermicamente empatico.

Il caso fa riflettere, perchè quel movimento che si presentava come il più limpido, trasparente e felicemente rivoluzionario, sull'onda della naturale simpatia per Grillo e delle indiscutibili istanze per le quali alzava la voce, si sta rivelando una macchina spietata di "sottomissione al consenso via clic". Una sorta di assolutismo della social-networkcrazia, per il quale se finisci nel tritacarne del sistema, basta un post sul blog del guru, un pollice verso (stile Nerone al Colosseo) per finire fatalmente catapultati dall'altare alla polvere. Sulle contraddizioni che in poche settimane il Movimento di Grillo ha già manifestato ci sarà modo di tornare. Ma questa storia è emblematica di come molta strada debba ancora fare chi si propone come alternativa politica e culturale alla Prima e Seconda Repubblica. Ma non riesce ancora a spiegare perchè ogni esponente del Cinque Stelle debba sistematicamente sottrarsi al confronto con altri politici (vietato da statuto) o perchè l'eccessivo proporsi sul piccolo schermo o sui media in genere debba diventare addirittura rischioso per la propria "sopravvivenza" in seno al movimento. Le conduttrici telecomandate con l'auricolare erano materia cara a Boncompagni. A Montecitorio per vedere all'opera semplici "pianisti" e alzatori di mano non c'era bisogno di uno tsunami.

Finiamo il 1 maggio con un sorriso. Ho pescato per caso questa notizia in rete: in Corea del Nord il regime ha autorizzato solo 18 tipi di taglio capelli per le donne del paese. Insomma anche sul look le fedeli al giovane Kim Jong-Un dovranno limitare la propria fantasia. In nome dello Stato, che tutto può e tutto vede, anche in fatto di cute.
Chissà se qualche dissidente nordcoerana dovesse arrivare dalle nostre parti e rischiasse quello che è accaduto alla Yoani Sanchez.
Potremmo sempre rivolgerci al'asso-acconciatori... se non altro per solidarietà...