Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 16 maggio 2013

Chi vince nella Festa dei Ceri? Vince chi la vive...

"Scusi chi ha vinto?". E' la domanda solita che quasi ciclicamente, ogni anno, mi sento ripetere da un turista o un avventore, imbattutosi (e il più delle volte folgorato) nella Festa dei Ceri. Anche quest'anno ho dovuto ripetere la solita cantilena - senza dover trascendere come recitava goliardicamente il "Gazzettino del Braccere" nella mitica prima edizione del 1992, quando a pochi secondi dal quesito del turista romano, il "suddetto veniva accompagnato al più vicino pronto soccorso"...

Ebbene, se qualcuno mi avesse chiesto quest'anno, il 15 sera, chi avesse vinto, di primo acchitto avrei risposto senza ombra di dubbio "Sant'Antonio!". Risposta scontata. Fa parte dell'adrenalina serale, di quel senso di appagamento ed estasi che si fonde straordinariamente in cima al monte quando riesci a riunire l'emozione di una giornata trasudata tutta d'un fiato e la gioia di una corsa ai limiti dell'impeccabile. E anche a quelle piccole grandi soddisfazioni "di stanga" che ancora a 42 anni ci si riesce a ritagliare (con un pizzico di sana immodestia...).

Ripensandoci, a mente fredda, e ragionando anche su quanto accaduto, la risposta invece è un'altra.
Chi vince nella Festa dei Ceri? Non ho il minimo dubbio. Vince chi la vive... 

Chi la sogna dalla vigilia, chi la aspetta da settimane, chi la immagina nei pensieri fugaci che ti aggrediscono all'improvviso nei giorni precedenti.
Vince chi si innamora dei dettagli, chi memorizza gli istanti, chi si inebria di profumi, chi riavvolge la pellicola e ricorda i particolari nei frangenti più intensi. Vince chi ha paura del cero - quella paura vera, autentica, ceraiola, senza la quale la spallata non è spallata, senza la quale il cero sarebbe solo un gesto atletico - e a pochi minuti dalle 6 arriva a pensare "Mannaggia quando so nato a Gubbio...". Vince quella stessa persona che solo pochi minuti dopo, arricchita dall'ennesima overdose emozionale, dice tra sè e sè: "So la persona più fortunata del mondo"...

Un colpo d'occhio suggestivo dai merli
di Palazzo dei Consoli - 14.5.2013 - foto M.Signoretti
Vince chi vive la Festa, perché basta ascoltare il rintocco del Campanone - in quella che il "Piccione" chiamava la "stagione lirica" - per avere una scossa tellurica al cuore.
Vince chi vive la festa perchè ci si danna come per nessun'altra competizione al mondo, ma in cima al Colle Eletto non ci attende nessun podio.
Vince chi vive la Festa perché c'è un mondo intero, fuori da questa città, che non sa cosa si perde.
Vince chi vive la Festa, perché lo capisci dalla spallata che ancora tuo padre riesce a dare durante la mostra. E nei suoi occhi continui a leggere la vitalità di un ragazzino. Sapendo che sarà presto, quella, anche la "tua unica" spallata...

Vince chi vive la Festa perché lo capisci dall'improvvisa "follia" di chi la incontra, magari casualmente, per la prima volta. E' il sorriso estasiato di un professionista veneto, conosciuto la sera della vigilia nel giardino di casa mia - amico e collega di un mio "fratello di stanga" giù da Barbi (Leo Nafissi). Un tipo che per capirci, non aveva mai assaggiato le fave col formaggio in vita sua. Il giorno dopo l'ho incontrato di nuovo e mi parlava come se i Ceri li avesse visti da una vita; l'ho incrociato nelle immagini dentro la Basilica, accanto all'altare del Patrono; l'ho rivisto in serata nella nostra taverna, avvicinarsi al tavolo dei ceraioli - in uno di quei momenti "intimi" di gioia irrefrenabile, al termine di una corsa poderosa, innaffiati di vino; insomma quelle sensazioni che nessuno potrebbe capire. Dove canti a squarciagola per tre ore, dimenticandoti tutto. E abbandonandoti alla purezza di una giornata da conservare. Vedendolo ho pensato, con quei pochi neuroni lucidi ancora funzionanti, che sì, anche lui aveva vinto: come tutti noi. Perché aveva capito. Aveva assaggiato, apprezzato, rispettato, osservato, partecipato, toccato, ascoltato, gioito e urlato. Anche lui aveva vinto.
Perché i Ceri sono semplicemente gocce di vita distillata... Vince chi li vive.

Vince chi la vive la Festa. L'ho pensato rincorrendo il mio Sant'Antonio durante la mostra, verso le 16, in quei frangenti in cui lo stomaco si intorpidisce. E neanche un sorso d'acqua finisce per arrivarci (a 40 anni è ancor peggio che a 20... ora lo so che è così). In quegli istanti in cui i cattivi pensieri, i presagi, le scaramanzie si affollano e ti fanno pensare al peggio, ti fanno vedere sangiorgiari che sbucano rotolandoti tra i piedi ogni mattonella che percorri col cero.
Stavolta non è stato così... E' stata una sensazione nuova, diversa, appassionante. Non il contatto con la stanga, ma la gioia di correre dietro al cero, avendo per mano i miei figli. Sono stati loro a chiedermelo, anche se si trattava di quei brevi tratti di 20-30 metri, tra una sosta, tre "birate" e una "beuta". E quel gesto, spontaneo e semplice - il correre ammirando il mio Sant'Antonio sulle spalle dei ceraioli, con Vittoria e Giovanni che scalpitavano - mi ha magicamente rilassato. Ha scaricato la tensione, ha ammorbidito il peso dell'attesa. Ha reso più innocenti quei minuti, che altrimenti mi sarei trascinato, con l'apparato digerente contorto, fino al rientro a casa.

L'allegria santantoniara la sera del 15 maggio.
Momenti unici...
Vince chi la vive la Festa. Ne ho avuto conferma guardando nel chiostro della Basilica un ceraiolo di Sant'Antonio compiere le "birate" a capodieci: dopo che la mattina l'aveva trascorsa al pronto soccorso per un lieve malore, fortunatamente messo alle spalle. E in quelle "birate", scommetto, ha risentito la vitalità e l'energia di un'esperienza che nessun altra medicina o convalescenza potrebbe garantirti. Perché nulla può rigenerare lo spirito - e chissà, forse anche il corpo - come il cero.

La prossima volta che qualcuno mi chiederà "chi ha vinto?", gli risponderò così: "Potresti vincere anche tu. Ma lo scoprirai solo quando tornerai a casa. E sentirai la mancanza di tutto questo...".

Io mi sento fortunato. Perché ancora riesco a vincere ogni anno...

5 commenti:

  1. Ciao Giacomo anche io come te sono Santantoniaro
    E penso di avere proprio vinto perché le emozioni che investono il mio corpo ed il mio cuore al solo pensiero della nostra festa e del nostro glorioso cero ne sono testimone sono solo amareggiato per quello che e' successo all' arrivo dei ceri in basilica e provo un senso di ripugnanza verso quei ceraioli di San Giorgio che hanno ostacolato l' ingresso del cero di S.Ubaldo in basilica per poi scagliarsi contro in massa verso il prossimo capodieci di S.Ubaldo senza ragionare che tutto il caos l'aveva.o creato loro stessi, mi dispiace per loro che non hanno vinto ma mi dispiace per la nostra festa e per chi come me stringe i denti e si emoziona sotto la stanga per rendere omaggio al nostro patrono non e' questa la festa che vogliamo, ci riempiamo tutti la bocca di belle parole e di tanti buoni propositi ma ogni anno fatti del genere stanno aumentando e tutti risultiamo essere impotenti verso queste persone che minano la nostra festa.
    Scusa per questo sfogo......w i Ceri e W S. UBALDO

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    1. Caro Giacomo, mi ritrovo in pieno nelle tue sensazioni descritte anche perchè io la mostra è 40 anni che la fo e spero de falla fino a quando saranno gli altri a portammece l'cero.
      In merito al commento dell'anonimo volevo dire che è da stupidi commentare le cose non si sono vissute in prima persona come quello che è successo sulle scale della basilica, tanto è vero che non ho visto nessun santantoniaro ed è veramente impossibile capire un gesto come quello della chiusura della portone da parte di chi quando arriva (con comodo) questi problemi non ce l'ha!
      Come dice Giacomo, la festa va vissuta tutta, anche nelle reazioni che al momento possono sembrare esagerate, MA il bello è che come c'hanno sempre insegnato, lì inizia e lì finisce, senza rimandare tutto ai.....vari filmini!!! Perchè si vivono gli attimi, ognuno vive i propri e reagisce di conseguenza a quello che ha visto con i propri occhi e sentito con il proprio cuore.
      Caro anonimo, Santantoniaro, ti voglio salutare con una frase di un noto personaggio sangiorgiaro, Astorre de Bacelone, che rivolgendosi a Don Origene Rogari, il quale lo esortava a placare la sua 'gnoranza sangiorgiara, gli disse: "Vede monsignore, esse de San Giorgio è come gì a letto con du omi, dua te giri te giri male!!!"
      Se non la capisci (la frase) vole dì che hai da continuà a vedè i filmini e commentà dal divano quello che sucede.
      Un anonimo.....manco tanto, sangiorgiaro!

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  2. Caro quasi anonimo sangiorgiaro quello che hai letto e' solo il mio pensiero e quindi non fare commenti sulle" comodita'" e' vero che la festa e' un insieme di azioni e reazioni, ma caro sangiorgiaro su tutto comanda la spontanieta' e non la premeditazione.

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  3. Anche io mi sento fortunata di aver avuto un padre ceraiolo e Capodieci di S.Ubaldo che, nonostante vivessimo a Roma, ci ha trasmesso la passione e la voglia di esserci ogni anno. Ancor di più perchè morì all'improvviso proprio il 15 Maggio di alcuni anni fa mentre i tamburini svegliavano la città.Oggi la vivo nel suo ricordo,con l'emozione ed il rammarico di sapere che se potesse tornare indietro un solo giorno, sceglierebbe proprio questo.Lucia

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