Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

mercoledì 23 ottobre 2013

La partita infinita... di casa nostra


Per una volta nel mio blog voglio inserire il pezzo di un amico e collega. Non tanto e non solo perchè parla di mio padre (e in un passaggio fugace, anche di me), ma per la sensibilità con cui Simone ha colto lo spirito autentico... di questa partita infinita.
Che ho vissuto fin da bambino, nelle primissime esperienze da raccattapalle: tornando a casa con le scarpe puntualmente imbrattate di terra rossa; con le immagini di quei racchettoni di legno, in particolare una con il nome di Adriano Panatta (una specie di divinità dall'accento romanesco a fine anni 70), del golf bianco di mio padre con strisce a bordo rosso e blu dell'Ellesse (prime impronte archeologiche del merchandising), delle palline bianche (chi le ricorda più?) dal profumo inconfondibile, del suo rovescio senza apertura, magari non perfetto nello stile ma impeccabile nell'esecuzione. Di un virus di quelli positivi e salutari, il tennis, di cui sono stato contagiato solo in parte (e che ho riscoperto proprio con la maturità, a 40 anni).
Di un'epoca che non tornerà, sicuramente per me. Ma che continua imperterrita invece per i due eccellenti protagonisti (classe 1938) di questa storia... La storia di una partita infinita...

Da "Gubbio oggi" - ottobre 2013
La partita infinita

Wimbledon 2010. Dopo l’ultimo punto i due tennisti, stremati, si danno la mano. Lo statunitense Isner ed il francese Mahut hanno in viso la consapevolezza di aver disputato una partita storica, nontanto per l’importanza del risultato, quanto per essere entrati di diritto nella storia del torneo di Wimbledon e del tennis in genere: hanno appena terminato la partita più lunga di tutti i tempi, iniziata il 22 giugno e finita il 24 giugno, al quinto set con il risultato di 70-68 per l’Americano. Questo perché nel celebre slam britannico non c’è il tie-break al quinto set, pertanto si aggiudica l’incontro chi riesce a vincere due games consecutivi. Per i non appassionati di tale sport, è come quando a biliardino, o ping pong, si va “ai due”, quindi si può andare avanti all’infinito, non c’è un tempo che scade o un arbitro che fischia tre volte. I tennisti sorridono, accerchiati da fotografi, tanto che dalle espressioni è incomprensibile capire chi dei due sia il vinto e chi il vincitore.

Non sanno che oltre la Manica, a +1 dal meridiano di Greenwich, che passa a pochi metri dall’erba del Centrale, ci sono due giocatori che il loro record lo hanno sorpassato di molto e continuano a migliorarlo. Si tratta di Lamberto Mascelli e Giorgio Marinelli Andreoli, che da più di quaranta anni giocano una sfida infinita. “Le prime partite le abbiamo fatte negli anni ’60, esordisce Mascelli, ma è solo dal 1970 che giochiamo ininterrottamente uno contro l’altro. I primi scambi li abbiamo fatti a San Pietro, poi ci siamo trasferiti in questo circolo, del quale siamo due degli undici soci fondatori.” In pratica, Giorgio e Lamberto, permettetemi di chiamarli così, visto che in fondo chi come me frequenta il circolo tennis non può non considerarli familiari, per due volte la settimana, pioggia o neve (tanto ci sono i palloni) si affrontano in un match eterno.
E fino a che la tecnologia non era arrivata e le ore si prenotavano con la penna sulla bacheca (adesso si fa on line o via terminal), nessuno osava, quasi per un rispetto reverenziale, accaparrarsi le ore in cui erano soliti giocare Giorgio e Lamberto… due partite a settimana, il lunedì ed il giovedì, per 52 settimane, per 43 anni: fate voi il conto…

Di acqua ne è passata fra un servizio e l’altro, il tennis è cambiato e loro due sono cresciuti insieme, e adesso, che hanno un’età matura, sono ancora lì a scambiarsi dritti e rovesci. “Abbiamo iniziato con le racchette di legno, siamo passati per quelle in alluminio ed adesso utilizziamo quelle moderne, in carbonio” ci confessano. La domanda mi sorge spontanea: ma non avete mai pensato di cambiare avversario? “Non ne sentiamo l’esigenza, visto che abbiamo caratteristiche tali che ci permettono di divertirci reciprocamente, ci troviamo bene l’uno con l’altro, perciò, perché cambiare?”.
Più fedeli di una coppia di pinguini imperatore, quindi.
Questa sequenza, senza soluzione di continuità, è stata interrotta solo da qualche vacanza (“ci sono tornato prima apposta dal viaggio di nozze” ci confessa Giorgio) e da piccoli infortuni. “Soprattutto miei” ci dice Lamberto “Vero, ci conferma Giorgio, fisicamente sono piuttosto fortunato… a differenza di mio figlio che ogni tanto torna malconcio da qualche partita di calcio o tennis; ma, e qui rende onore all’avversario, Lamberto è più completo di me”. “Però, ribatte Lamberto, in una virtuale partita a tennis di complimenti reciproci, Giorgio ha ottimi colpi difensivi ed in più ha il vantaggio di essere mancino, quindi trova traiettorie che mi mettono in difficoltà.” A proposito, quanto state? “Impossibile dirlo, sorridono i due, diciamo che c’è equilibrio, andiamo a periodi, in cui uno prevale sull’altro. In questa annata, ammette Giorgio, Lamberto è più in forma”. E già, perché loro parlano di annate, non di mesi o settimane… Però scalpitano, hanno voglia di giocare, quindi, dopo la foto di rito, “come i professionisti”, li lascio al riscaldamento.
Mentre iniziano a palleggiare, mi dicono che il tennis è una disciplina che si può praticare anche quando i capelli sono grigi, basta avere il partner adatto.

Se lo sport in generale mantiene giovani, il tennis è l’ideale per non invecchiare, o per farlo nel migliore dei modi: il vedere questi due signori, intorno ai settanta ma ancora in gran forma, che come dei ragazzini inseguono da un angolo all’altro quella palla gialla, me ne dà la piena conferma.
I ritmi non saranno quelli inferociti di un Djokovic – Nadal, ma la passione e l’impegno sono gli stessi. Esco dal pallone e li lascio divertire, perché quello è lo scopo dello sport, che si sia bambini, professionisti o, come nel nostro caso, senior. Ma poi torno indietro e faccio loro un ultima domanda: “Alla fine vi stringete la mano?”.No, mi rispondono in coro, anche se la cavalleria lo vorrebbe, noi non lo facciamo”.
Mentre me ne vado, penso che a loro due non servano certi gesti di galateo tennistico: basta un cenno per rinnovare un impegno, per proseguire un tacito accordo, per rinsaldare una lunga amicizia. E in fondo, la mano si dà solo a fine partita…
Simone Zaccagni

Nessun commento:

Posta un commento