Le parole sono del
prof. Michele Fioroni,
docente di marketing dell'Università di Perugia che, ospite alcuni mesi fa della trasmissione
"Link", su TRG, ha cercato di focalizzare dove può ricercarsi
il futuro sviluppo di un'area come l'Umbria che, più di altre, soffre della
depressione generale e meno di altre (pensiamo alle regioni circostanti) ha le
energie imprenditoriali per risollevarsi in tempi brevi.
Una riflessione che è tornata in mente in queste giornate di "finto autunno", nelle quali il meteo attenua parzialmente la durezza dei tempi, le difficoltà economiche, e la precarietà - molto più preoccupante nelle prospettive che non nello stesso appannato presente.
"Troppa invadenza
del soggetto pubblico, troppi lacci e vincoli per l'iniziativa privata, già
gravata di un deficit di cultura imprenditoriale rispetto ad altri territori".
Questa è l'Umbria, descritta lucidamente dal prof. Fioroni, questa è a maggior ragione un'area marginale dell'Umbria,
come il nostro comprensorio e la nostra Gubbio.
Per troppo tempo,
troppi anni, il Pubblico ha svolto un ruolo di ammortizzatore sociale -
assorbendo forza lavoro ben oltre le proprie necessità, in una logica di
prelievo del consenso che prima o poi doveva presentare il conto.
Per troppo tempo,
l'imprenditoria locale ha faticato a costruirsi un tessuto ramificato capace di
sostenere l'impatto di una crisi che, per quanto imprevedibile fino ad una
decina di anni fa, ora fa sentire i suoi morsi. E quel che peggio, non lascia
profilare sbocchi o aree di certezza.
Carenza di
infrastrutture - appena oggi moderavo un dibattito di Assindustria Altotevere sull'eterna E78, una arteria progettata da Fanfani a metà degli anni '60 e ancora incompiuta.
Carenza di capacità politica a garantire un'alternanza nelle "stanze dei bottoni": se è vero che in 60 anni nulla o quasi è cambiato, è vero che questo stato di cose evidentemente andava bene. Finchè non c'era bisogno di stringere la cinghia. Finchè le congiunture potevano essere solo favorevoli.
Carenza di capacità politica a garantire un'alternanza nelle "stanze dei bottoni": se è vero che in 60 anni nulla o quasi è cambiato, è vero che questo stato di cose evidentemente andava bene. Finchè non c'era bisogno di stringere la cinghia. Finchè le congiunture potevano essere solo favorevoli.
Ora che il redde rationem è arrivato, si ha l'impressione che il "re sia nudo", ovvero l'Umbria manifesti tutto il proprio deficit (fatte salve poche felici eccezioni) in fatto di classe dirigente, politica come imprenditoriale, di assocategorie come di sindacati, di intelligenze capaci di cogliere le potenzialità e le unicità di una terra - invidiata e ricercata da molti - che ha saputo preservare il passato senza però riuscire a valorizzarlo in chiave futura. O non abbastanza.
Scendendo nel nostro piccolo, nell'enclave eugubina, quante volte si è sentito ripetere, quasi come una filastrocca, delle risorse ambientali, storico-artistiche e architettoniche della città? Quante volte si è sentito dire che il turismo fosse una potenziale nuova miniera?
C'è stato un
periodo, un lungo periodo, dagli anni 80 fino al Giubileo e a tutto il primo decennio del nuovo secolo, in cui tutto questo
poteva essere tradotto in progetti, in imprenditorialità, in posti di lavoro,
in ricchezza valoriale e materiale. Perchè risorse ce n'erano, eccome.
Quel tempo è
andato, quei soldi sfumati e quell'occasione è ormai alle spalle.
Ora tocca rincorrere. Le idee, i tempi, le poche pochissime risorse rimaste.
Non sarà facile ma qualcuno - anche a Gubbio - dovrà pur provarci. E da qui alla primavera, quella vera, quella del 2014, scopriremo anche chi sarà...
Sperando lo faccia con una mente aperta, uno sguardo capace di superare gli steccati, di non farsi imprigionare dalle ideologie, in grado di valorizzare il "molto, tanto, tutto" con cui il compianto avv. Gini descriveva Gubbio, senza cadere nella tentazione di una difesa gelosa e cieca dell'esistente, senza alcuno slancio, senza alcuna energia.
La speranza, semmai, è che possa ispirarsi all’esperienza di tante, tantissime realtà sociali e associative, la cui vitalità, capacità di aggregare, lungimiranza organizzativa, dovrebbe essere d’esempio per il Palazzo.
Ora tocca rincorrere. Le idee, i tempi, le poche pochissime risorse rimaste.
Non sarà facile ma qualcuno - anche a Gubbio - dovrà pur provarci. E da qui alla primavera, quella vera, quella del 2014, scopriremo anche chi sarà...
Sperando lo faccia con una mente aperta, uno sguardo capace di superare gli steccati, di non farsi imprigionare dalle ideologie, in grado di valorizzare il "molto, tanto, tutto" con cui il compianto avv. Gini descriveva Gubbio, senza cadere nella tentazione di una difesa gelosa e cieca dell'esistente, senza alcuno slancio, senza alcuna energia.
La speranza, semmai, è che possa ispirarsi all’esperienza di tante, tantissime realtà sociali e associative, la cui vitalità, capacità di aggregare, lungimiranza organizzativa, dovrebbe essere d’esempio per il Palazzo.
Non sappiamo se ci
sarà una via d'uscita. Sappiamo però che senza un nuovo dinamismo, un nuovo
protagonismo culturale e sociale a partire dalla nostra città, il futuro non darà molte
altre vie d'uscita. E se ci saranno, arriveranno ancora una volta “calate d’alto”.
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