Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 6 febbraio 2014

Cosa avrei detto alla Bignardi...

Bignardi e Di Battista
"Non si vergogna di essere figlio di un fascista?".
La settimana mediatica è stata squarciata da questo interrogativo di Daria Bignardi al parlamentare di Cinque Stelle, Di Battista. Che forse non avrebbe neanche avuto la notorietà che poi gli è piovuta addosso nei giorni seguenti - sotto forma di solidarietà più che di scherno - per ciò che ha detto o per quel che pensa.
Ci risiamo. L'Italia delle etichette, dei marchi (infamanti), dei luoghi comuni, è la grande "novità" propinataci dalla conduttrice più radical chic del panorama catodico. La dama leggera e sorridente dei salotti milanesi, capace di oscillare da una rubrica di libri alla conduzione del "Grande Fratello" con la stessa nonchalance con cui Cracco passa dal brodetto di pesce al tiramisù. Senza infilarci in mezzo neanche un sorbetto al limone.


Giampaolo Pansa
Siamo nel 2014, abbiamo superato già il decennale dell'uscita del "Sangue dei Vinti" di Giampaolo Pansa - vera linea di confine culturale e bibliografica tra l'Era post-bellica e il Terzo millennio italico - e ancora la tv (per di più privata) vede rieccheggiare, sotto mentite spoglie, il solito slogan del "fascista carogna ritorna nella fogna" (ne ho qualche vaghissimo ricordo da bambino, nel clou del delirio "settantantottino", rimasto in voga per qualche anno ancora nelle mie sperdute lande).Il tutto per mettere con le spalle al muro televisivamente parlando, un deputato del movimento di Beppe Grillo, nei confronti del quale non sarebbero mancati altri e più aggiornati argomenti o quesiti su cui discutere e confrontarsi (dai modus operandi istituzionali del Movimento ai diktat del mentore ex comico).

Una domanda così anacronisticamente stupida e capziosamente inopportuna - sul piano storico prima ancora che giornalistico - da far fare una figura gigantesca all'ex "inquilino del Grande Fratello" Rocco Casalino. Che da neo portavoce pentastellato, ha bacchettato la Bignardi (ironia della sorte, conduttrice proprio di quella edizione col Casalino nella gabbia di Cinecittà) rivolgendole la provocatoria controdomanda: "E lei non si 
vergogna di aver sposato il figlio di un assassino?"  (per la cronaca Luca Sofri, figlio di Adriano,
attivista e ideologo di "Lotta Continua" condannato per l'omicidio del Commissario Calabresi nel
maggio 1972).

L'espressione simbolo di Giorgio Gaber
Ecco, l'Italia immersa nella melma (per non dir altro) della sua crisi avviluppante e contorcente del XXI secolo, ha trascorso la settimana a discutere su questa colossale fesseria.
Che oltre a regalare un po' di insana audience alle "Invasioni barbariche", ha messo di nuovo il Paese allo specchio, davanti al suo passato e non al suo presente (men che meno il futuro) senza che questo potesse rivelare per altro nulla di nuovo su quello stesso passato.

"Destra o sinistra?" si chiedeva più di 15 anni fa
Giorgio Gaber, cercando di far capire, con una
canzone neanche troppo melodica, che i due
ambiti, le due categorie, i due pensieri non
avevano più nè piedi, nè gambe, nè cittadinanza. Perchè, fin dagli albori dell'era politica del
Cavaliere, Gaber rifletteva dicendosi: "Non ho paura di Berlusconi in sè, ma di Berlusconi in me...".

Non ha quasi più senso parlare di comunisti - con il vero Pci scomparso poco dopo il crollo del muro berlinese -  figuriamoci se ha più senso parlare di fascisti. Per di più di "padri fascisti", cioè di generazioni che sono lontane anni luce dalla pochezza odierna. Che potranno pure aver sbagliato ideologia, riferimento politico, principi ma che almeno un'idea del mondo, della vita, del proprio credo e magari anche di un futuro, ce l'avevano. Sbagliata, ma c'era.

Personalmente non sono figlio di un "fascista". Mio nonno, semmai, poteva essere definito un aderente, nel pensiero più che nell'azione, come lo potevano essere migliaia di uomini della sua generazione, i ragazzi della classe del '97 che si erano fatti due guerre mondiali, la prima appena maggiorenni, e la seconda in età più tristemente matura; perchè credevano in un pezzo di stoffa tricolore, che non si usava solo per Olimpiadi o partite di calcio; in una parola chiamata "Patria", di cui non si vergognavano; in un insieme di ideali che facevano della famiglia (una sola, con moglie e marito), del lavoro (onesto, senza ricattucci, Irap o evasioni fiscali) e del semplice vivere quotidiano, il proprio motivo di esistenza.
Credo che la vita al fronte sia bastata a fargli capire che neanche i più nobili ideali potessero legittimare quella follia chiamata "guerra" - tanto che mio nonno non ebbe mai a raccontare nulla di Piave o Montenegro neppure a mio padre.

La Storia, prima ancora che la Bignardi, ha detto che il Fascismo si rivelò il male, e fortunatamente - seppur a caro prezzo - è rimasto confinato nei libri di storia.
Non ho idea cosa penserebbe mio nonno, o un qualsiasi altro uomo vissuto in quell'epoca, invecchatosi vedendo crescere e prosperare quella loro Italia, costruira faticosamente, per ritrovarla oggi appiattita nella sua ingloriosa implosione. Di risorse e soprattutto di ideali.

So che l'onestà e la laboriosità di quella generazione, al di là del proprio credo, dei propri sogni irrealizzabili di gioventù dannunziana, di quelle "esigenze storiche" - così le definiva una "maestra di vita" non certo di destra, come Maria Letizia Cassata - non può essere strumentalizzata in modo piccolo e meschino da uno sgabello di un salottino televisivo milanese, davanti ad uno spritz e magari con sottofondo jazz.

Credo piuttosto che sia chi utilizza la Storia a mo' di cotton fioc, a doversi sciacquare la bocca.
Prima di sentenziare su una generazione che, anche se dalla parte sbagliata, ha dato tanto, ha dato tutto, in molti casi anche la vita, a questo Paese.
Ecco cos'avrei risposto, alla Bignardi, l'altra sera...




5 commenti:

  1. Bravo ! . Non ti fermare e continua a raccontare la verita' , forse un giorno qualcuno riuscira' ad aprire gli occhi ...

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  2. Dal blog di LIve Gubbio - Giuseppe Farneti

    Pregiatissimo dottor Giacomo, registro con piacere che tra i tanti eventi culturali, sportivi, folkloristici e di impegno civile che animano quotidianamente (e da anni ormai) i programmi della televisione di cui è direttore, Lei abbia avvertito, sia pure a mezzo lettera e non tramite un apposito programma di TRG, anche l’esigenza di far sentire ai nostri concittadini la voce di un prestigioso giornalista amato dagli eugubini quale lei è, per commentare un episodio, da molti giudicato “indecente”, che per giorni ha interessato i media nazionali.

    Come sappiamo, il tutto prende origine dalla domanda che la conduttrice de “ Le Invasioni Barbariche”, Daria Bignardi, rivolge al deputato del M5S Di Battista :- ad avere suo padre che si dichiara fascista, prova qualche disagio?

    Lei giudica tutto ciò “una colossale fesseria”, ma tale giudizio tanto riduttivo è stato per decenni e lo è ancora oggi, alla base di tutte le tensioni e a volte anche delle barbarie che hanno portato a tanti lutti. Capisco che a volte minimizzare possa essere opportuno, ma credo non sia giusto farlo nel ripetersi di certi episodi. Soprattutto quando “l’indecenza“ non sta tanto nella sola domanda fatta, ma piuttosto sta in essa in quanto rivolta ad un “grillino”(se fatta a uno di destra sarebbe passata sicuramente sotto silenzio e anche questo aspetto dà la cifra del “problema”).

    Qualche considerazione circoscritta al contenuto del suo “che avrei detto alla Bignardi”, apparso sul suo blog però la voglio fare. Pur intravedendo in esso l’ apprezzabile “sforzo” (forse tardivo), di rompere per la prima volta quel silenzio tombale che tutti nella nostra città hanno sempre rigorosamente osservato, timorosi di intervenire su temi ritenuti troppo sensibili e quindi, per i più disparati motivi, troppo pericolosi, pur provandoci, non riesce a discostarsi in maniera convincente dalla linea di quel funesto “politicamente corretto” che è causa di tanti mali.

    Appare evidente che quel silenzio tombale imposto nel sistema culturale di questa Nazione da quell’imperante oligarchia di sinistra che ha sempre osteggiato ogni forma di dibattito storico, agevolando solo il monologo, ha fatto buona breccia nella nostra città tanto che persino lei, pregiatissimo dottore, mi sembra una vittima consapevole di quella oligarchia.

    Qui da noi in particolare, nessuno ha mai osato contrastare certe false memorie, opporsi a quelle tematiche strumentali che ancora vogliono divisi antifascisti da fascisti immaginari; nessuno ha cercato di smentire quei falsi “democratici” che dichiarano di vedere ovunque “rigurgiti” di fascismo o di ammonire quei progressisti sempre mobilitati per proteggersi e proteggere la società dal periodico infuriare di orde reazionarie di matrice fascistoide; in questa città è passato di tutto, nel silenzio più assoluto, senza che si sia mai udita una voce di dissenso: se non la mia.

    Quel suo dire ”ci risiamo con le etichette e con i marchi infamanti” non ci sta proprio; Le risulta forse che in Italia non ci sia più chi usa l’invettiva di “fascista”, lanciata come epiteto nei confronti di chi tende a non omologarsi e a disturbare il manovratore? Si è assentato per qualche lungo periodo dall’Italia? E perché quando sente “scagliare” questa invettiva, lei dice di considerarla “infamante”per poi magari contraddirsi un po’ nel prosieguo del ragionamento? Io personalmente nei fascisti che ho avuto modo di conoscere, ho trovato persone di gran lunga migliori di tanta umanità schifosa nella quale spesso capita di imbattersi. Sta valutando da bravo giornalista, come l’Italia sta celebrando, ad esempio, la “Giornata del Ricordo”e come vengono imbrattati in queste ore i monumenti posti a memoria di diecimila morti infoibati e di altri 300mila italiani “esodati”, cioè cacciati dalle loro terre, costretti a lasciare ogni loro avere? (continua)

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  3. Dal blog di Live Gubbio - Giuseppe Farneti (II parte)

    Nel tentativo di cancellarne la memoria, di farne i primi “desaparecidos” della storia, comunisti e i democratici di regime nostrani hanno cercato di far passare tutti per fascisti( quindi cattivi per definizione), attribuendo loro le infami e menzognere accuse frutto della loro capillare ed efficacissima propaganda. E allora,dopo aver approfondito ogni aspetto del come combinare le Logge dei Tiratori, non potrebbe essere opportuno da parte sua, dire e soprattutto scrivere(verba volant…) anche qualche cosa in merito a queste ormai quasi secolari vergogne? Come anche lei sa, non c’è da meravigliarsi di nulla, nulla di nuovo sotto il sole; in questa nostra città tutti sanno tutto( non parlo dei giovani) , anche se per oltre sessanta anni non c’è stata una persona( se noi io)che abbia sentito il dovere morale di pronunciarsi su argomenti che dovrebbero suscitare interesse in ogni cittadino con un minimo di cuore e di responsabilità.

    Quanto è avvenuto e sta avvenendo a Gianpaolo Pansa è emblematico: per non aver voluto accettare le troppe menzogne diffuse dall’egemonia culturale di sinistra, viene contestato con tale violenza verbale, da far temere il ritorno anche di quella violenza fisica che nel recente passato ha prodotto non pochi lutti.

    Se si tace, se si mostra indifferenza di fronte a ogni iniquità, se appari disponibile a subire ogni prevaricazione morale, di certo non sei un fascista. Se uno come Pansa invece scrive libri e gira in varie sedi d’Italia per rimettere ordine con qualche dirompente verità su episodi del passato o si permette di dire in maniera documentata che la guerra di liberazione del PCI altro non era se non lotta di classe finalizzata, una volta finita la guerra, alla conquista del potere, è un“revisionista” e un fascista da combattere in pseudo democrazia e da abbattere qualora dovessero mutare le condizioni. Non è possibile, caro dottor Marinelli, che ad un professionista attento come lei, sia sfuggito che in Italia il clima è ancora questo, che nonostante i problemi che affliggono, assillano, devastano le famiglie italiane, ben note e diffuse “vestali” tengono sempre vivo il fuoco dell’odio. Erroneamente, tante persone credono che le invettive studiate a tavolino per avvelenare gli animi, ricadano soltanto sulle vittime predestinate, senza capire che il gioco si svolge invece sulla pelle di tutti gli italiani.

    Ritornando a Pansa mi fa piacere ricordare, con la dovuta umiltà, che in molte pagine dei dieci libri da lui pubblicati (dieci non uno, a dimostrazione di quanto l’argomento trattato sia importante per la tranquillità e la rinascita del nostro Paese), ci sono parti di miei scritti del tutto sovrapponibili, ripeto, sovrapponibili; l’unica variabile, è che alcune cose dette da entrambi, io le ho pubblicate sui settimanali e mensili locali sette anni prima (tutto documentabile). Per aver detto cose vere ma non gradite, qualche minus abens mi ha consigliato lo psichiatra, giudicando il mio piccolo impegno civile come una sorta di “fissazione”. Non mi preoccupano i giudizi disonesti, nel mio piccolo io continuerò come ho più volte detto, a fare testimonianza e controinformazione, dovessi evitare il lavaggio del cervello fosse anche ad un solo ragazzo.

    (continua)

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  4. Dal blog di Live Gubbio - Giuseppe Farneti (III parte)

    Senza alcuna nostalgia per il passato, che sarebbe veramente folle più che assurda( per i minus abens di cui sopra sono necessarie anche tali precisazioni) ma considerando che non può esistere il Male assoluto se anche in Stalin c’è chi è riuscito a trovare qualche cosa di buono, riporto senza vergogna, convinto di dire una verità storica, quanto affermato da un uomo di solida cultura:- “il Fascismo rappresenta un giacimento della memoria al quale penso si possa ancora attingere”.

    Chiudo con quanto Pansa ieri ha fatto sapere alla Bignardi e cioè che la quasi totalità degli italiani aveva un padre fascista. Ho avuto piacere a sentire la sua voce su temi che ritengo molto utili al fine di riportare serenità tra gli italiani, quella serenità che manca da quasi 70 anni; il silenzio, l’indifferenza o peggio ancora la paura, possono continuare a portare solo rovina.

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  5. Ringrazio Giuseppe Farneti per le parole di stima rivoltemi, e anche per le critiche circostanziate. Gli riconosco certamente coraggio e coerenza, sempre manifestate, anche quando - in passato, e soprattutto a Gubbio - era ancora più difficile di oggi esternare certe considerazioni.
    Non entro nel merito della sua analisi storica, limitandomi a dire che ho letto quasi tutti i libri di Giampaolo Pansa, che ho avuto il piacere di conoscere di persona, salvo poi dover ricevere da lui il rifiuto di un invito, anche solo telefonico in trasmissione, per quello che - parole sue - "era stato costretto a subire in Umbria, alla presentazione di uno dei suoi libri, dove aveva rischiato addirittura l'incolumità".
    Rispetto sempre le opinioni altrui.
    Mi sorprende e stupisce però un passaggio nella lunga nota di Farneti.
    "l’apprezzabile “sforzo” (forse tardivo), di rompere per la prima volta quel silenzio tombale che tutti nella nostra città hanno sempre rigorosamente osservato, timorosi di intervenire su temi ritenuti troppo sensibili e quindi, per i più disparati motivi, troppo pericolosi, pur provandoci, non riesce a discostarsi in maniera convincente dalla linea di quel funesto “politicamente corretto” che è causa di tanti mali".
    Ecco, questo ragionamento, se vuole, può farlo, ma non nei confronti del sottoscritto.
    Primo perchè non c'è stato da parte mia nessuno sforzo ad entrare nell'argomento (se si diverte a sfogliare il mio blog, troverà altri articoli sul tema foibe o 40 Martiri). Secondo perchè non può essere definito "tardivo".
    Val la pena far qualche passo indietro. Risale al 1994 un mio servizio uscito su "Gubbio oggi" di giugno: criticavo, unico a farlo, l'assegnazione a Gubbio della Medaglia al valore Militare conferita dall'allora Presidente della Repubblica Scalfaro. Può ritrovare alcuni brani anche nel libro del Prof. Giancarlo Pellegrini, "Una strage archiviata", dove è più volte citato il mio articolo. Che a distanza di 20 anni sottoscrivo ancora. Decorare la nostra città al Valore Militare per la vicenda dei 40 Martiri - dove i martiri sono in realtà vittime inconsapevoli della rappresaglia nazista, scatenata dall'attentato di quattro irresponsabili - era e resta un'enorme incogruenza storica.
    Aver scritto allora, da sbarbato giornalista 23enne di provincia, questa cosa, diciamo che non passò inosservato (era il '94, il Pci non esisteva più da appena 5 anni... ma a Gubbio continuava ad avere il 70%. E Pansa avrebbe scritto "Il sangue dei vinti" solo 9 anni dopo...).
    Quanto al tema foibe, non sto a ricordarle le trasmissioni (Link e servizi tg) che in questi anni ho curato sul tema (possono esserle sfuggiti, capisco, ma non è colpa mia).
    Infine, sul presunto silenzio che avrei avuto e dal quale mi sarei destato con "sforzo" solo ora, le basterà tornare sul mio blog (ogni tanto lo aggiorno, anche con qualche pezzo datato ma sempre attuale) per scoprire che nel 2005 chi si occupò della mancata approvazione dell'intitolazione di una via ai Martiri delle Foibe a Gubbio, fu proprio il sottoscritto.
    http://giacomo-marinelli.blogspot.it/2014/02/le-morti-scomode-e-quel-no-del.html
    Prendo spunto infine dal suo pensiero conclusivo per condividere il fatto che "il silenzio, l'indifferenza o peggio ancora la paura, possono portare alla rovina": di sicuro portano all'ignoranza e alla distorsione della realtà.
    Cosa che non vogliamo nè io nè, credo anche, lei.
    Basta non sbagliare indirizzo...

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