Premessa: se il gioco del calcio è considerato un lavoro - e lo è - è ovvio che a priori non si può negare al lavoratore in questione il diritto di scioperare. Ma sarebbe ipocrita e "lunare" (cioè da abitante della luna) affermare che i problemi che attraversano i calciatori professionisti impongano uno sciopero come quello proclamato per l'11 e 12 dicembre prossimi.
Uno schiaffo, bello e buono, ai veri problemi della gente. A quegli italiani che, senza scadere nella retorica, credono ancora nel fascino del calcio, ci mettono tifo, passione (e anche qualche soldo, tra abbonamenti, biglietti o pay tv). E non hanno certo a fine mese gli stessi zeri (in busta paga o sul conto corrente) di quelli che ritrovano i calciatori professionisti.
Lo sciopero è semplicemente incomprensibile: primo perchè ingiustificato nel merito delle sue cause, secondo perchè l'attuale fase di crisi (che si riflette per altro anche sullo sport e in particolare sul calcio) consiglierebbe maggiore buon senso prima di levate di scudi così eclatanti. I calciatori sembrano non capire - ma lo sanno - che non troverebbero un solo tifoso disponibile a condividere le loro ragioni, nel momento stesso in cui dovessero decidere in modo irrevocabile (e ormai ci siamo) di incrociare le braccia (o meglio, le gambe).
Sono considerati dei "privilegiati": primo perché il loro lavoro è in realtà il gioco più bello del mondo (chi non gioca a calcio da bambino, o sogna di diventare da grande un fuoriclasse...), secondo perché il loro lavoro è molto ben remunerato (parlo dei professionisti di A e B) rispetto a tutte le altre professioni, con tutta una serie di garanzie, tutele e anche di rischi (infortuni, carriere brevi, perverse logiche di mercato con le figure dei procuratori sempre più ingombranti).
Magari è un luogo comune, perchè in realtà i calciatori che guadagnano cifre folli sono poco più di una trentina (ma gli altri non stanno poi così male). Se dalla A e dalla B già si scende in Lega Pro (l'ex serie C) in realtà si scopre che molti calciatori hanno contratti decisamente più contenuti (sotto i 50.000 euro annui), che considerando una carriera media di 15 anni, non sono certamente una cifra da mettere da parte e da viverci di rendita. E' al tempo stesso vero che lo sciopero di metà dicembre poco c'entra con il pianeta Lega Pro: tant'è che ad incrociare le braccia saranno solo i "divini", i giocatori di A, che evidentemente sentono lese alcune indifferibili necessità: come ad esempio, quella di avere la libertà di rifiutare un trasferimento coatto da parte della società - con la garanzia che avvenga a parità di stipendio e con squadra di pari rango.
Come se un giornalista scioperasse perchè gli propongono, causa crisi, di non lavorare più per la redazione del Tg5 ma di trasferirsi (poverino) al Tg1 o al tg di La7, mantenendo lo stesso stipendio.
Altro problema irrisolvibile per i calciatori, il fatto di doversi allenare in disparte se messi fuori rosa. Un "dramma" verrebbe da pensare, se non fosse che già la collocazione fuori rosa indica un'esclusione a priori, rispetto alla quale il potersi allenare con gli altri non è che cambi poi molto. Prendiamo l'esempio più clamoroso di Cassano: il presidente Garrone ormai lo ha cancellato dal futuro della Samp. Cosa volete che gli cambi allenarsi con la prima squadra piuttosto che con un altro gruppo di giocatori?
Ecco, questi sono alcuni dei motivi del clamoroso sciopero.
Di questo ho parlato oggi in un'intervista con l'ex calciatore professionista (e menbro del sindacato Calciatori), Renzo Tasso, trascorsi in B per lui (con Savoia, Padova e Rimini, nella foto a fianco contrasta il genoano Milanetto) e molti anni in C1 (anche con il Perugia).
Lo stesso Tasso, pur ricordando che molti diritti dei calciatori spesso sono "silenziosamente" calpestati, soprattutto quando non si tratta degli Ibrahimovic o dei Ronaldinho di turno, ha ammesso che il buon senso dovrebbe suggerire di trovare una soluzione indolore, perchè la gente, i tifosi, non capirebbero.
E' pure vero, come sottolinea Tasso - l'intervista andrà in onda lunedì sera in TRG PLUS alle 21 - che intorno al calcio "gravitano ormai personaggi che nulla hanno a che vedere con questo mondo, che non hanno competenza, passione, retroterra per poter operare nel settore, ma solo businessman che vedono nel circuito calcistico una giostra con cui fare soldi". Il riferimento è a procuratori ma anche dirigenti, direttori sportivi, manager e perfino presidenti, del tutto improvvisati. Che alla fine fanno solo "danni", perchè - dice Renzo - "il 60% delle fortune di una squadra sta nella competenza e compattezza della società. La squadra incide per un 30% e l'allenatore tutt'al più per un 10%".
Parole forti, proprio perché arrivano da un protagonista di questo mondo, sempre apprezzato per la schiettezza con cui parla, non inferiore a quella con cui giocava (e si faceva rispettare) a metà campo. E pronunciate nel momento in cui lo stesso Tasso è allenatore (in Eccellenza umbra).
Lo sciopero, salvo clamorosi dietrofront, si farà: ma a questo punto verrebbe voglia di vederne un altro di sciopero. Quello dei tifosi. Non per la tanto vituperata "tessera" - che alla fine ha creato meno danni di quanti non ne fossero paventati sulle curve - ma proprio contro la "casta" di calciatori (quelli di A) che sembra davvero vivano su Marte e in un periodo difficile, precario e insostenibile come questo (nel quale il calcio, alla domenica, regala quell'ora e mezzo di sana evasione, sempre legata poi ai risultati finali, tanto da rendere calciopatici milioni di italiani) usino l'arma dello sciopero per le proprie rivendicazioni.
E se fossero i tifosi, una buona volta, a boicottare gli stadi, lasciandoli vuoti per una o più domeniche? Come si sentirebbero i protagonisti in campo? I loro stipendi, le loro tutele, sarebbero comunque integre: ma avrebbe senso giocare (e lavorare) in uno stadio completamente muto?
Proviamo a rispondere a questa domanda, per capire chi sono davvero i protagonisti della domenica, coloro verso i quali andrebbe riservato rispetto e tutela.
Prima di riempirsi la bocca con parole come sciopero...
"Ed è goal" - Edoardo Bennato - (sigla della "Domenica Sportiva" 1984)... che nostalgia di quel calcio...
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