Per una volta iniziamo dalla fine. Dall’immagine del 91’, con i giocatori del Gubbio, stremati e felici, ancora increduli ma trascinanti. Le loro braccia alzate, ad esultare sotto la curva nord dello stadio Marcantonio Bentegodi di Verona. E sopra, all’ultimo anello, quasi volutamente tenuti distanti dal terreno di gioco – ma in realtà vicini e calorosi con un tifo ininterrotto per l’intera partita – gli 800 tifosi rossoblù. La partita è appena finita, il Gubbio ha battuto il Verona 2-1, al Bentegodi.
La frase è semplice. Il concetto limpido. Ma a crederci, ad essere pienamente coscienti che è tutto vero, non è questione così immediata.
Anche per chi era lì, sui gradoni di uno degli stadi di Italia ’90 – quel ricordo di 20 anni fa che ancora affiora in qualche cartellone notalgico. Poco meno pallido dello scudetto di Osvaldo Bagnoli, anno domini 1985, quando l’Hellas Verona l’aveva menate a tutti, ma proprio tutti, nell’anno dell’arrivo in Italia di Maradona, mentgre Juve e Roma si contendevano scudetti e polemiche. E per una stagione i re si chiamavano Briegel, Galderisi e Di Gennaro.
Una parabola che è facile rivedere, con le dovute proporzioni, e con le diversità di gioco e di categoria, nel Gubbio di Torrente.
La capolista che non ti aspetti, che sale, gradino per gradino, l’olimpo del campionato. Fino a trovarsi davanti a tutti. E non basta, una volta lì, scala ancora e guadagna vantaggio. E non basta, una volta in vantaggio conquista vittoria anche nei teatri del calcio nazionale, dove solo ad entrare, dare un’occhiata, e iniziare il riscaldamento, vengono i brividi.
Erano in 11 mila a gridare forza Hellas, prima dell’inizio, mentre i fotografi scattavano istantanee alla panchina del bravo Romanone Mengoni, che tanti flash tutti insieme non deve averli visti nemmeno il giorno del matrimonio. Poi alla fine l’unico grido che si alzava era quello degli 800 tifosi rossoblù che hanno ormai adottato lo slogan “salutate la capolista”, con buona pace della scaramanzia, visto che da quando viene intonato la classifica è sempre e solo migliorata.
Le immagini di questo successo? Tante, ma ne peschiamo alcune che sarebbero splendidi spot di una squadra da impazzire: il riscaldamento sotto i cori degli 11 mila veronesi, nella bolgia di uno stadio certamente inusuale per i rossoblù, ma quell’applauso iniziale, già prima del via, della squadra ai tifosi, come a darsi coraggio a vicenda.
E poi lo sguardo fiero, silenzioso ma carico d’orgoglio del capitano, che al calcio d’inizio si guarda intorno, quasi a pregustare che qui, dentro questo stadio, l’impresa sarebbe ancora più bella.
L’esultanza contenuta, pigiata in gola, come va di moda, o come forse si sentiva davvero, Juanito Gomez, che alla squadra che non lo ha capito ha rifilato due ceffoni, uno per partita, due incornate dove le corna però, intese come tradimento, non sono certo le sue.
E poi la corsa, sfrenata, folle, spensierata, infantile ma al tempo stesso poderosa, del capitano, Alessandro Sandreani, dopo l’acuto su punizione (nella foto a fianco tratta da http://www.gubbiofans.it/), una perla, una pietra miliare, un affresco immortale sul cammino verso la serie B. E nella ripresa il Gomez zoppicante, o il Raggio Garibaldi claudicante, colpiti da crampi dopo una prova inesauribile. Strozzata in gola dal madornale errore in attacco di Bazzoffia – che poteva far respirare la squadra in zona Cesarini. E invece no, sofferenza fino alla fine, fino al fischio finale, fino alla festa ancora con i tifosi.
Un tutt’uno, squadra e tifosi. Un tutt’uno, squadra e tecnico. Cambiano gli scenari, cambiano gli avversari, ma la squadra interpreta sempre se stessa, distanze cortissime, reparti che si integrano, giocatori che si aiutano nella chiusura degli spazi e che ripartono a frotte quando si tratta di far male. La lezione, tattica, sembra semplice ma poi va tradotta sul campo. E sul terreno verde, o quasi, del Bentegodi – un tappeto un po’ sbiadito che dopo una mezz’ora già lamentava pesanti perdite in fatto di zolle e tenuta – è andata in scena forse una delle interpretazioni migliori, certamente tra le memorabili di questo biennio straordinario, nel quale è ancora difficile intravedere, per fortuna, quale sarà il punto più alto.
E’ bello godersela, questa scalata, in attesa di scoprire prima o poi che la cima sarà stata conquistata. E lì, compiacersi del panorama che ti circonda, della gioia per quanto è stato conquistato, dell’ebbrezza di una tifoseria che annovera ormai anche molti di quelli che allo stadio non mettevano piede da anni.
I due flash conclusivi ci resteranno davvero dentro: il tabellone del Bentegodi che recita secco e inequivocabile, Verona-Gubbio 1-2. E un Torrente ancora imbavagliato ai microfoni per la squalifica, che fuori dallo stadio è fermato dai tifosi scaligeri che si complimentano con lui.
"Bravo mister, una squadra così era da anni che non la vedevamo da queste parti…".
Più che una consacrazione, potrebbe rivelarsi un vaticinio…
Dal servizio copertina "A gioco fermo" di "Fuorigioco" del 7.2.2011
sottofondo musicale "Pride" - U2 - 1984
lunedì 7 febbraio 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento