Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

sabato 5 febbraio 2011

Una lezione di "legalità" con il giudice Spagnoletti (Trib. Minori Roma): in un incontro di grande significato educativo...

Ci pensavo oggi pomeriggio, mentre passeggiavo beatamente lungo la terrazza naturale di via del Monte. Il cane al guinzaglio da un lato, la Vitti dall’altro, sullo sfondo un orizzonte soleggiato, ondulato nelle colline che ci separano dal Perugino. Sul volto la carezza di un leggerissimo vento, mitigato dai quasi 18 gradi che di questi tempi danno quasi la sensazione di leggerezza di una spiaggia caraibica.


Che giornate, queste giornate... Quando la primavera  coglie d’anticipo, mi piace viverla camminando. Perché mens sana in corpore sano, perché la natura e lo scrigno architettonico che ti circonda è come un amico con cui confidarsi; perché fa bene sentirsi bene, una sorta di botta di autostima. La qualità della vita è anche questo: un po’ di jogging (nel mio caso, “walking in progress”) lontano dal caos quotidiano. Nella consapevolezza che in quel momento, forse, non vorrei essere da nessun altra parte al mondo.
Ossigena, purifica e rigenera. Potresti quasi montarci uno spot.

Ebbene durante la passeggiata – tra i saliscendi dell’acropoli eugubina, dove gli archi e le "porte del morto" ti sussurrano quanto tu sia fortunato (e spesso quasi inconsapevole) ad avere a due passi tutto questo – ritornavo, a momenti alterni, all’incontro di giovedì al Cinema Italia.

“I giovani e la legalità”, il tema dell’iniziativa promossa dall’associazione El.Ba. (sempre al top della sensibilità nella comunicazione sociale e nel dialogo con le giovani generazioni), presenti numerose scolaresche, insegnanti e genitori, ospite d’eccezione sul palco il giudice di cassazione del Tribunale dei Minori di Roma, Maria Teresa Spagnoletti. Con lei il capitano dei Carabinieri di Gubbio – l’appena 28enne Pierangelo Iannicca – un dirigente scolastico – il mai banale prof. Dario Missaglia - una psicoterapeuta – Cinzia Rogo e rappresentanti istituzionali e politici.

Non una conferenza, non un convegno. Ma un dialogo molto interattivo tra i relatori ed il pubblico: è quello che ho voluto fosse – dato che ero stato incaricato di “moderare” l’incontro.

A proposito, piccolo inciso: chissà perché si parla sempre di “moderatore”, anche in iniziative sulle quali non dovrebbe esserci disaccordo, diversità di vedute, e dunque non dovrebbe esserci necessità di moderare. Semmai di calibrare (tempi, argomenti, accentuazioni) la “chiacchierata”. Anche se in effetti non vedo granché la definizione di “calibratore”. Chiusa parentesi.

Ho conosciuto il giudice Spagnoletti in un precedente incontro dedicato alla “sicurezza nella guida”, organizzato sempre dall’effervescente El.Ba. Mi toccarono molto le sue parole, gli esempi di vita vissuta che aveva portato a testimonianza di come i giovani spesso siano – loro malgrado – del tutto inconsapevoli (ma la parola giusta sarebbe “incoscienti”) delle conseguenze delle proprie azioni.

Quasi che la società, ma il più delle volte la stessa famiglia, non li metta mai di fronte alle responsabilità, anche le minime. Quasi che la società, ma anche la scuola o sempre la solita famiglia, non dia loro il minimo concetto di base di “regole da rispettare”.

Mi restò impresso, tra la vasta aneddotica elencata dalla Spagnoletti, nel corso del primo incontro, il racconto di un giovane di buona famiglia, ovviamente minorenne, pizzicato con le mani nella “marmellata” (nella fattispecie, qualche stupefacente di troppo).
La reazione della famiglia? “Non è possibile, nostro figlio è un bravo ragazzo, vi sbagliate di sicuro”. “Per far capire ai genitori che quello che era accaduto non era una bravata da oratorio – raccontò il Giudice, accento romano, con quella cadenza un po’ ironica un po’ sarcastica che il fare capitolino spesso ispira – lo mettemmo agli arresti domiciliari. Sapete cosa mi chiese la madre? Se la sera dopo poteva uscire per andare ad una festa… Ovviamente risposi di no, ma mangiai la foglia. Feci sorvegliare l’abitazione, scoprimmo che furono i genitori ad accompagnare il ragazzo alla festa – violando la disposizione dei domiciliari. Feci intervenire i Carabinieri e il ragazzo finì in prigione. E sapete la madre cosa mi disse: “Ma allora fate sul serio?”.

I giovani hanno un concetto spesso troppo astratto della legalità. Semplicemente perché non sono abituati a rispettare le regole. Neanche a casa, dove il più delle volte se ti azzardi a dire di chiudere la tv e venire a tavola te la cavi con un solo “vaffa”. A quel punto però è già un po’ tardi per intervenire.

Credo che i giovani abbiano bisogno di essere ascoltati – le parole della Spagnoletti nell’intervista che ho realizzato e che andrà in onda a “Link” nella 18ma puntata del 17 febbraio prossimo - Troppo spesso un genitore è preso dal lavoro, dalla quotidianità, dalla fretta. O dalla stanchezza dopo un giornata stressante. I figli chiedono tempo, energia ma anche partecipazione. E invece spesso non si ha la forza né il coraggio di esserci, e soprattutto di dire di no, perché è più comodo cedere – quando un figlio è ancora bambino – e poi si cede necessariamente e a maggior ragione quando cresce. Un ragazzo che sbaglia, e io ne vedo tanti tutti i giorni – continua la Giudice romana – è un ragazzo che lancia un segnale, ci dà un messaggio. In genere non ha una famiglia a cui aggrapparsi, o se ce l’ha è meglio che le stia più lontano possibile, da quanto è disastrata”.

Eppure non esiste una ricetta unica con la quale poter risolvere i problemi di incomunicabilità che spesso esistono tra generazioni diverse: “Forse è troppo banale dire che ci vuole più dialogo. Ma sicuramente serve più ascolto – ha aggiunto saggiamente il preside Dario Missaglia - Noi parliamo ai giovani, come se la nostra esperienza dovesse essere l’unica bussola che deve orientarli. In realtà è il confronto con la nostra esperienza che può farli crescere. Renderli consapevoli della necessità di rispettare delle regole. Non perché sono imposte, non perché c’è un preside che le prescrive, ma perché quelle regole sono la garanzia di tutela dei più deboli, perché grazie a quelle regole una comunità, che può essere quella scolastica, come la famiglia, come la società quando saranno maggiorenni, si dà un ordinamento. Senso di responsabilità è una delle chiavi con cui aprire il dialogo con i giovani.
Vanno responsabilizzati, ma va anche detto loro che se sbagliano devono risponderne. Certo, talvolta il mondo degli adulti non lascia esempi illuminanti e allora tutto diventa più complicato”.

Il cinema fortunatamente era pieno. E ancora più fortunatamente sono stati molteplici gli interventi in sala - segno che il tema era sentito e la presenza non era "solo perché la scuola mi aveva chiesto di essere lì".
Emblematiche due frasi dalla platea. Un'insegnante - Lucia Zoppis - che richiama i ragazzi a due concetti: "Coraggio e senso di appartenenza, ad una comunità, ad un gruppo, ed anche ad una famiglia: sono le basi su cui costruire un rapporto e al tempo stesso, il rispetto di un sistema di legalità".
E una studentessa che, quasi ingenuamente (ma non troppo) chiede: "Ma qual è la famiglia di cui parlate in questi vostri discorsi? Esiste ancora questa famiglia?".
Non conosco la sua. Ma una domanda così mi fa pensare che abbia tante storie da raccontare che meriterebbe più di una riflessione. La sua più che una domanda, è un grido d'aiuto, a nome di una intera generazione.

L'ultimo paragrafo ancora alla giudice Spagnoletti: "Posso ritenermi fortunata e gratificata se in un anno, dopo 365 giorni di lavoro, sono riuscita a far uscire un solo ragazzo dal carcere con la convinzione che non è tornando a delinquere che potrà costruirsi un futuro. Mi basterebbe averne salvato solo uno, in un anno, per poter dire di aver fatto a pieno il mio dovere. Ma sappiate che quel successo dipende poi da ognuno di noi, ognuno nel proprio ambito: come educatore scolastico, come forze dell'ordine, come organi di informazione. E soprattutto come padre, madre o amico".

1 commento:

  1. caro Giacomo, non sai quanto sono vere queste parole......ma il compito di noi genitori non è facile....si sbaglia, per eccesso d'amore a volte, si sbaglia perchè come hai detto siamo stanchi e dire di si è più facile che dire di no...e poi se ne pagano le conseguenze...i ragazzi soprattutto....e a volte conseguenze anche gravi!!! ieri sera ho avuto modo di parlare con un uomo eccezionale, Don Lucio Gatti di Perugia, vorrei che in tanti sentissero le sue parole, vedessero i suoi fatti, fossero coinvolti nel suo grande abbraccio d'amore.
    Non te le manda a dire, ti spiattella la verità, quella che fa male,quella che ti mette in crisi, quella che ti offre la possibilità di ricominciare per guardarti allo specchio e dire con coraggio:"io la mia vita non la butto, ma la vivo al meglio per poter andare a letto con la soddisfazione di essere un vero uomo"!
    Ha ragione la Spagnoletti “Credo che i giovani abbiano bisogno di essere ascoltati" e soprattutto vadano amati!!!Magda

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