Chissà cosa penseranno quei (pochi) che nelle ultime due settimane sono stati in Messico: ricordo che da quelle parti non funzionavano i cellulari europei.
San Cristobal de las Casas |
Ebbene chi deve essere stato di questi tempi in Messico e dovesse essere rientrato in questi giorni, si sarà risparmiato la lettura da stillicidio dei quotidiani o la visione di apocalittiche edizioni di tg, avrà evitato di fare qualche conto sugli effetti delle montagne russe di borsa, avrà ignorato le ripercussioni della maxi-manovra varata in questi ultimi giorni per salvare, appunto, il Titanic. O evitare che le scialuppe scarseggiassero.
Non so se siano più fortunati ad essersi risparmiati i miasmi di questa agonia, o se siano più sfortunati a doversi ora sorbire tutto d’un sorso l’olezzo di queste novità. Che in fondo qualcuno già conosceva – se è vero che da almeno 4 mesi certi fondi d’investimento avevano abbandonato l’Europa e in particolare l’Italia, avvertendo l’odore del napalm.
Comunque sia, la manovra c’è stata. E' inevitabile. Ed è una di quelle manovre che ti capitano quando sei di fretta, hai parcheggiato alla bell’e meglio, ti ritrovi l’auto ai limiti della strisciata sulla fiancata, ma i pochi minuti a disposizione ti impongono il sacrificio di una sverniciata a occhi chiusi, pur di uscire e andartene prima possibile.
Senza entrare nel tecnico – senza dire, ad esempio, che mai come ora era opportuno intervenire “a gamba tesa” sul sistema pensionistico, innalzando d’amblè l’età utile delle signore a 65 anni – una riflessione da “uomo della strada” non può evitare di pensare che ci sono settori che più di altri necessitano di una radicale rivoluzione.
Di mentalità prim'ancora che di organizzazione (e costi).
Stringere la cinghia è la parola d’ordine ormai in voga da anni: ma da dove si inizia? E soprattutto a chi tocca aprire le danze?
Ovviamente la risposta ci sarebbe ed è la più scontata: la politica. Che di tutte, è certamente la categoria più invisa e odiata ormai dalla gente. Che continua – è vero – a votare (anche perché al momento non esiste un’alternativa credibile alla democrazia, come disse Abramo Lincoln), ma che ha le tasche stracolme dei privilegi connessi (ed annessi) al ruolo di politico e amministratore pubblico. Da Roma, a Perugia, fino alle stesse periferiche lande eugubine. Cambia il numero degli zeri, ma non il principio e la sostanza.
Né qualunquismo né approssimazione, è lo slogan con cui da un paio di mesi “Il Giornale dell’Umbria” sta conducendo un’approfondita inchiesta sui costi della politica. Cosa volete che costi la politica in una regione che ha gli abitanti di un quartiere di Roma?
Tanto, anzi troppo.
Nel descrivere la nostra situazione ad un amico napoletano – che mi aveva ingolfato di esempi di mala-politica provenienti dalle sue terre (troppo facile…) – ho fatto un solo esempio: in Umbria ci sono 5 Asl e 2 Aziende ospedaliere. Si è messo a ridere.
Ma detta così, potrebbe apparire la solita frase da bar, ai confini del più sciatto populismo. “Il Giornale dell’Umbria” invece, ha fatto le pulci alla politica umbra, scoprendo ad esempio, che sono circa 5.000 i signori che vivono di politica (non solo consiglieri e amministratori, ma anche portaborse, portavoce, portavoti, e chiunque porti qualcosa che abbia a che fare col consenso).
In una regione piccola come la nostra, ci sono 92 comuni che ogni mese costano 200 mila euro solo di stipendio dei sindaci. E ci sono decine di enti inutili e società pubblico-private il cui scopo principale non è dare servizi, ma accogliere personale – utile a consolidare il dio consenso.
Ma l’aspetto più insopportabile di un sistema che è radicato ma in fondo comune a tante altre regioni, è il vitalizio: i conti esatti di quanto ci costano, con le loro pensioni dorate, gli ex consiglieri regionali, gli ex parlamentari di casa nostra, rappresentano cifre che fanno semplicemente ribollire il sangue.
Ad uno stipendio netto di 6.600 euro al mese, si aggiungono pensioni che sono tre volte (e addirittura quattro, per le donne) quello che gli stessi consiglieri regionali hanno versato come contributi.
E allora ecco la provocazione del direttore del quotidiano umbro, l’amico Giuseppe Castellini: cari signori, tagliatevi i vitalizi. Date l’esempio. Eliminate questi veri e propri privilegi, che in tempi magri come gli attuali, assomigliano maledettamente alle brioches che il Re Sole degustava alla faccia del popolo parigino stremato dalla fame.
Se si chiede agli italiani di accettare (in tutti i sensi) pezzi di tenore di vita, che ormai appartengono al passato perché non più sostenibili, chi invoca questo cambio di rotta sia il primo a dimostrare senso di responsabilità e sensibilità istituzionale.
Levando di mezzo non gli stipendi (comunque importanti), non le indennità (comunque corpose) ma quelle “pertinenze” dal sapore disgustoso che oggi rischiano perfino di scatenare reazioni sociali scomposte.
La manovra Tremonti in realtà sforbicia i vitalizi, ma a partire dalle prossime legislature (scommettiamo che non ci sarà più la corsa al candidato?).
Invece, il segnale forte sarebbe intervenire subito, autonomamente, dalla piccola Umbria.
“Io sto con Castellini” mi viene da dire, parafrasando citazioni più celebri. Non basta tagliare qualche auto blu, pre-pensionare un paio di dirigenti, razionalizzare qualche ente, organismo o accorpare una manciata di comuni.
Chissà se la provocazione verrà raccolta o semplicemente ascoltata…
Da parte nostra – di chi, per vocazione semantica deve “mediare” la vox populi con quella del Palazzo, e viceversa – l’impegno a porre con forza questa provocazione.
Stavolta non ci sono speranze o auspici – perché l’idea è che il vitalizio sia proprio la scialuppa più comoda e capiente, per abbandonare al momento giusto il Titanic.
C’è solo da “stanare” i destinatari del quesito provocatorio…
Da facebook -
RispondiEliminaMichele Sarli -
Hai ragione, basta con le parole è il momento delle azioni e non degli intendimenti
Luca Baldinelli -
Quello che veramente indispone è la nonchalance con cui sorvolano al malcoltento che gli piove addosso da tutti i settori della società civile senza nemmeno sfiorarli...cmq non mi stupisco che non raccolgono queste "sfumature" (sottolineo le virgolette) perchè per farlo bisogna avere della dignità e anche un minimo di quoziente di intelligenza...
Federico Bagagli -
Caro il mio Direttore, è vero talvolta il buon esempio serve, ma la prima cosa occorre che si formi una coscienza. Pensare solo al proprio ego è quello che sta rovinando questa società, sia per chi ha di più e sia per chi ha solo il sufficiente. Non è possibile che non si abbia minimamente a cuore da dove arriviamo e chi ci sta intorno. Credo che solo così possiamo sperare di farcela, altrimenti tutto è pesante e serve solo a chi è capace di farsi sentire.
Concordo con le parole di Federico. Purtroppo il nostro Paese continua ad essere pieno di gente che punta il dito e poi, alla prima occasione, cerca di farla franca.
RispondiEliminaCi lamentiamo della classe politica, salvo poi non perdere occasione per cercare il favore o la scorciatoia di turno.
Il nocciolo del problema sta forse anche in questo. E lo spirito che troppo spesso anima la nostra classe politica non sono non è il "servire", ma è piuttosto l'"essere utili" - strumentalmente parlando - a chi è tentato dal chiedere la spintarella, in cambio ovviamente di una buona dose di consenso (di familiari e amici).
Una spirale da recidere per il nostro futuro... ma se è lecito sperarlo (cominciando ognuno nel proprio piccolo), è difficile, se non impossibile, prevederlo...
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