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lunedì 12 novembre 2012

Confronto televisivo sulle primarie: il vero vincitore è Skytg24...

Da sin: Tabacci, Puppato, Bersani, Vendola e Renzi
Se i contenuti avessero avuto gli stessi colori, le luci, l’appeal della scenografia, sarebbe stato il massimo. Invece, il primo confronto all’americana andato in scena stasera su Sky tg 24, tra i 5 candidati alle primarie del centrosinistra, ha “bucato il video” solo, o quasi, per gli effetti collaterali.

Il vero vincitore del confronto è proprio la tv satellitare, che si è guadagnata sul campo un credito senza precedenti, in fatto di capacità innovativa, di intraprendenza e di organizzazione tecnica oltre che redazionale (non solo per il confronto in sé, ma anche per il dibattito e il fact-checking successivo). Verrebbe da dire “un altro passo” rispetto agli attori tradizionali del talk show nazionale.

Gianluca Semprini ha condotto per Sky tg il confronto
La delusione, semmai, arriva dagli attesi protagonisti. Pochi contenuti, pochi sussulti e gli unici acuti si sono limitati a qualche battuta sporadica, il più delle volte dettata da uno schema che fin dall’inizio è parso chiaro: Bersani a fare da “pontefice laico” dei propri ministri liturgici (cui si riferiva chiamandoli per nome, come fossero apostoli) e Renzi più vivace e brillante ma costretto all’”uno contro tutti” – visto che spesso il cosiddetto diritto di replica è stato utilizzato indistintamente dagli altri quattro per replicargli.

Ma l’impressione poco esaltante di come i candidati non abbiano illuminato la serata, non dico con proclami o promesse (è finito il tempo) ma almeno con un minimo “battito emozionale”, è parsa strisciare nel corso dell’ora di trasmissione – serrata e incessante con risposte cronometrate ad un massimo di 1 minuto e 30 secondi. Ed e’ diventata lampante proprio nella battuta finale: alla richiesta di indicare un politico di riferimento, o un personaggio nel Pantheon personale dei candidati, sono venuti fuori un papa (Giovanni XXIII invocato da Bersani), un cardinale (Martini, citato niente meno che da Vendola) e tre ex democristiani (De Gasperi e Marcora da Tabacci, e ci può stare, la Anselmi dalla Puppato, che le ha affiancato l’unico vero esponente della storia della sinistra italiana, la Jotti). Internazionale e forzatamente originale invece Renzi che ha citato Mandela e una ignota blogger tunisina.

Che in un confronto come questo, tra i 5 esponenti del centrosinistra che si propone di guidare il Paese, ad una domanda un po’ teatrale e un po’ leziosa – ma pur sempre conclusiva, dunque quella che rischia di restare nella mente dei telespettatori – nemmeno uno abbia citato un Berlinguer, un Nenni, o un padre costituente (men che meno Gramsci), beh... mi è sembrato la cartina da tornasole di come la serata sia stata all’insegna del “freno a mano tirato” piuttosto che della partita a carte scoperte.
"Dite qualcosa di sinistra" avrebbe invocato Nanni Moretti. Almeno sulle icone storiche.
Invece il "centrismo" un po' ruffiano e un po' attendista ha prevalso. Salvo mettere gli stessi artefici di questa scelta in contraddizione con un tema forte del dibattito (matrimonio tra gay): Bersani e Vendola non hanno dubbi nel volerlo, ma poi dichiarano di ispirarsi a figure ecclesiastiche... Sarà...
Sui temi trattati poi le uniche notizie sono: tutti e cinque criticano Marchionne (ti piace vincere facile…eh?), la Fornero (con la Puppato che ha confuso la riforma del lavoro con quella delle pensioni) e tutti sono a favore dell’unione tra gay (altro tema un po' forzato, tirato fuori solo alla vigilia delle competizioni elettorali, quando ad esempio migliaia di famiglie italiane faticano ad adottare un figlio, e finiscono per andare all'estero in cerca di "fortuna").

L’unica vera novità politica è il “no grazie” di Renzi a Casini – sa bene il sindaco di Firenze di potergli prendere molti elettori senza bisogno di allearcisi – mentre Bersani ha fatto capire di proseguire nel motto “più siamo meglio stiamo” (salvo poi dover capire come governare ed evitare altri governi Prodi, della durata massima di due anni).
Non tocchiamo poi il tasto economia: perché se la parola “crisi” ogni tanto è affiorata, la parola “Europa” non è mai venuta fuori con decisione – eppure il governo attuale e le decisioni più importanti dell’ultimo anno sono strettamente legate agli umori e ai rapporti con i partner europei.

Insomma la forma ha subissato la sostanza. E questo, se poteva essere prevedibile in un confronto nel centrodestra ancora non definitivamente uscito dall’era geologica berlusconiana, fard e sorrisi, è certamente in contraddizione con il messaggio che il centrosinistra vorrebbe (e dovrebbe) trasmettere al Paese.
Poche idee e abbastanza banali. Non un grande inizio.

luglio 2012: Tremonti ospite a "Link" negli studi di Foligno
In compenso il centrosinistra può consolarsi con il buio tenebra che si intravede sull’altra sponda. Alfano è in mezzo al guado, le primarie di dicembre sono più una fiction che un appuntamento, si affacciano volti nuovi e anche promettenti (il sindaco di Pavia, Cattaneo o l'avvocato Samorì) ma poco “sponsorizzati” – soprattutto poco visibili sui media e quindi sconosciuti. Oltre al segretario, le alternative si chiamano Mussolini e Santanchè, ed è tutto dire. L'unico con un minimo di credenziali resta Tremonti (che non a caso è anche l'unico fuori dal Pdl).
Il copione insomma sembra quello del “dopo di me il diluvio”. Il regista, manco a dirlo, è facilmente intuibile. In attesa di qualche colpo di scena. Che non è mai da escludere.





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