E’ l’interrogativo che mi ruota in testa da ieri. Da quando, di rientro da una giornata spensierata – seppur appesantita da 9 ore di pullman – mi è piombata addosso la notizia della strage di Umbertide.
Un padre che uccide due figli: 12 e 8 anni. E i motivi poi... Ma che senso ha sapere perfino i motivi? Il velo islamico? Una lite con la moglie? La gelosia per l'amore dei figli verso la donna che lo aveva lasciato?
Non esiste un motivo che giustifichi questa atrocità. Un padre che uccide un figlio - anzi due - è qualcosa che supera i limiti del razionale. E spegne ogni tentativo di capire, tentare di capire cosa possa passare nella mente e nell'istinto di un uomo - se ancora si possa definire tale - che decida di fare quello che è successo ad Umbertide.
Non poteva che essere il nostro pullman, ieri sera, a ricevere, tra i primi, credo, la notizia: c’erano a bordo una ventina di giornalisti umbri (anche se prevalentemente sportivi), tra cui un fotografo – che in realtà è il primissimo ad essere stato contattato, proprio per recarsi sul luogo del delitto.
Una telefonata che portava con sè la notizia agghiacciante: "un uomo a Umbertide ha ucciso moglie e figlio (la primissima versione, credo pochi minuti dopo la macabra scoperta) e la figlia non si trova". Tempo qualche minuto e il quadro sarebbe stato ricostruito più fedelmente – e con contorni ancora più inconcepibili.
Che senso ha? Ho cominciato a chiedermi. E la domanda continua a tormentarmi. Non c'è bisogno di conoscere il nome, il volto, la storia delle vittime, per essere coinvolti, per sentirsi parte integrante di questo orrore.
Da padre, prima che da giornalista. Che sente, anche in giorni come questo, che senza un figlio una vita non ha senso. E non dovrebbe averla neanche per chi quel figlio o quei figli considera solo uno strumento di rivalsa, di vendetta, di raccapricciante tradimento.
Sono settimane che la figura del padre, di un padre anonimo fino a quando non finisce sul giornale – potrebbe essere ognuno di noi – diventa protagonista di un gesto increscioso, assurdo, maledetto. O spettatore inconsapevole di una fatalità tragica e irrimediabile.
Ovidio Stamulis |
Penso alla morte di Andrea, il bimbo di 3 anni di Giano dell'Umbria che si è sparato inavvertitamente con la pistola del padre, una guardia giurata la cui dimenticanza gli costerà un atroce rimorso – peggio credo dello stesso ergastolo.
Penso ai piccoli bambini della famiglia marocchina di Città di Castello, cui non sono bastati pochi giorni di permanenza in una nuova città per sfuggire alla disumana reazione del padre. Immagino gli occhi increduli di quei bambini, che nella figura del padre avrebbero dovuto riservare sempre il più naturale dei sentimenti tra figlio e padre: la ricerca di protezione, di sicurezza, di un abbraccio.
Se un padre uccide un figlio, se un uomo - dopo aver provato la gioia di sentirsi padre, di aver visto un figlio nascere, crescere, camminare per la prima volta, abbracciarlo, stringergli la mano, almeno una volta - matura anche per un solo istante l'ipotesi di un gesto simile, significa che il volto umano di quel soggetto è scomparso, spento, svanito. Se mai è esistito. Perchè non c’è nulla di umano in un atto così efferato e meschino. Nulla di comprensibile, di perdonabile in una follia del genere. Neppure di essere considerata follia.
E quando si parla di un istinto animale si finisce per offendere loro. Gli animali. Perchè la maggior parte delle loro specie nutre sentimenti e legami verso i propri cuccioli di cui spesso dovremmo prendere esempio.
Non so che destino avrà questo individuo. Non riesco a pensare a quale sia quello più giusto. Credo che perfino la "pena di morte" - che in questi casi l'istinto ti ispira ad auspicare - non sia abbastanza. Forse la consapevolezza, la coscienza di quello che ha fatto - se un giorno dovesse illuminargli la mente e riaprirgli il cuore - basterebbe. Per farlo sentire ciò che è stato.
Posso provare a immaginare quale possa essere il rimorso di un altro padre, quello di Giano dell'Umbria, la guardia giurata che ha dimenticato la pistola d'ordinanza incustodita. E che, ironia della Giustizia italiana (intempestiva come per la maggior parte del suo agire), si è visto pure iscritto nel registro degli indagati per mancata custodia dell'arma con cui il figlioletto si è inconsapevolmente tolto la vita.
Quale pena pensa la Magistratura possa esserci di peggiore che il rimorso - eterno - per quella lacuna diventata così fatale?
Credo che nemmeno l'ergastolo potrebbe apparire così pesante e insopportabile come l'idea di trascorrere il resto dei propri giorni con il rammarico di aver lasciato un'arma da fuoco alla portata di un bambino.
Pensieri scuri, pensieri tristi. Che però finiscono per aleggiare, in mezzo a tante inutili notizie che galleggiano nella quotidianità del nostro lavoro. Dimissioni di un assessore, dibattiti politici, interviste in anteprime, primarie, conferenze stampa e dibattiti.
Tutte quisquilie per cui ci arabattiamo giorni e giorni.
Per poi restare basiti di fronte ad un dramma che ci fa semplicemente consapevoli di quanto importante sia il mestiere più difficile del mondo: il genitore...
Commenti da facebook -
RispondiEliminaVanessa Fangacci -
Se si guarda il telegiornale...si capisce che la fine del mondo è questa! genitori che uccidono i propri figli, figli che uccidono i genitori...la notizia più bella è riguardo l'asteroide che cadrà sulla terra!:-(:-[
Roberta Ceccarelli -
Che roba.. Ho i brividi.. Poveri bimbi. Spero solo che lui si salvi per poi vivere di rimorsi.
Andrea Paciotti -
Hai proprio ragione... Non se ne può più, sempre i più deboli che ci rimettono.. anche io spero che si salvi, ma non per i suoi rimorsi, ma per metterlo in mano a qualcuno che gli faccia patire le pene dell'infernoooo... Bastardo... I bambini non hanno colpaaaaa...
Laura Monacelli -
Roberta....troppo buona....io spero che si salvi...poi ci penserei io....
Giuliano Chiocci -
La religione dell'amore.
Beatrice Maestri -
Chi è mamma (e babbo) può capire, per i propri figli si da tutto proprio tutto, penso che non esiste legame più forte, un grosso abbraccio a tutti i genitori che ogni giorno "lottano" x i propri figli.