Una simpatica immagine del prof. Fioroni |
"Ripensiamo al bello che ci circonda, valorizziamolo
davvero, facciamo della qualità della vita di questa nostra terra un vero e
proprio "brand". Non per riempirci la bocca di un facile slogan, ma
per fare dell'Umbria una meta di riferimento di un turismo ricco - senza che
questa parola incuta alcuna vergogna - e alla ricerca di qualità e benessere".
Le parole sono del
prof. Michele Fioroni,
docente di marketing dell'Università di Perugia che, ospite della trasmissione
"Link", su TRG, ha cercato di focalizzare dove può ricercarsi
il futuro sviluppo di un'area come l'Umbria che, più di altre, soffre della
depressione generale e meno di altre (pensiamo alle regioni circostanti) ha le
energie imprenditoriali per risollevarsi in tempi brevi.
Troppa invadenza
del soggetto pubblico, troppi lacci e vincoli per l'iniziativa privata, già
gravata di un deficit di cultura imprenditoriale rispetto ad altri territori.
Questa è l'Umbria, questa è a maggior ragione un'area marginale dell'Umbria,
come il nostro comprensorio.
Palazzo Cesaroni, sede della Regione Umbria |
Per troppo tempo,
troppi anni, il Pubblico ha svolto un ruolo di ammortizzatore sociale -
assorbendo forza lavoro ben oltre le proprie necessità, in una logica di
prelievo del consenso che prima o poi doveva presentare il conto.
Per troppo tempo,
l'imprenditoria locale ha faticato a costruirsi un tessuto ramificato capace di
sostenere l'impatto di una crisi che, per quanto imprevedibile fino ad una
decina di anni fa, ora fa sentire i suoi morsi. E quel che peggio, non lascia
profilare sbocchi o aree di certezza.
Carenza di
infrastrutture, ma anche carenza di capacità politica a garantire un'alternanza
nelle "stanze dei bottoni": se è vero che in 60 anni nulla o quasi è
cambiato, è vero che questo stato di cose evidentemente andava bene. Finchè non
c'era bisogno di stringere la cinghia. Finchè le congiunture potevano essere
solo favorevoli.
La protesta dei commercianti lunedì scorso a Perugia |
Ora che il redde
rationem è arrivato, si ha l'impressione che il "re sia nudo",
ovvero l'Umbria manifesti tutto il proprio deficit (fatte salve poche felici
eccezioni) in fatto di classe dirigente, politica come imprenditoriale, di
asso-categorie come di sindacati, di intelligenze capaci di cogliere le
potenzialità e le unicità di una terra - invidiata e ricercata da molti - che
ha saputo preservare il passato senza però riuscire a valorizzarlo in chiave
futura. O non abbastanza.
Scendendo nel
nostro piccolo, nell'enclave eugubina, quante volte si è sentito ripetere,
quasi come una filastrocca, delle risorse ambientali, storico-artistiche e
architettoniche della città? Quante volte si è sentito dire che il turismo
fosse una potenziale nuova miniera?
C'è stato un
periodo, un lungo periodo, dagli anni 80 fino al Giubileo, in cui tutto questo
poteva essere tradotto in progetti, in imprenditorialità, in posti di lavoro,
in ricchezza valoriale e materiale. Perchè risorse ce n'erano, eccome.
Quel tempo è
andato, quei soldi sfumati e quell'occasione è ormai alle spalle. Ora tocca
rincorrere. Le idee, i tempi, le poche pochissime risorse rimaste. Non sarà
facile ma qualcuno dovrà pur provarci.
Magari sull’esperienza di tante,
tantissime realtà sociali e associative, la cui vitalità, capacità di
aggregare, lungimiranza organizzativa, dovrebbe essere d’esempio per il
Palazzo.
Non sappiamo se ci
sarà una via d'uscita. Sappiamo però che senza un nuovo dinamismo, un nuovo
protagonismo culturale a partire dalla nostra città, il futuro non darà molte
altre vie d'uscita. E se ci saranno, arriveranno ancora una volta “calate
d’alto”.
GMA
Da editoriale "Gubbio oggi" - gennaio 2013
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