Tommaso Aniello d'Amalfi detto Masaniello |
Dovessi spiegare cosa sta accadendo nel nostro Paese (non so perché) userei questo motivo. Lo farei ascoltare, assaggiare, interpretare... per raccontare quel che ci circonda.
"Masaniello è cresciuto, Masaniello è tornato. Je so pazz. E nu me scassate o c...". Parole attribuite, con un sound straordinario, al capopopolo napoletano di metà del Seicento, che guidò la rivolta contro l'oppressione fiscale del regime spagnolo. E che mai come ora, torna d'attualità...
Ecco, più o meno, un italiano su due potrebbe aver pensato questo tra domenica e lunedì, recandosi alle urne. Un italiano su due, o meglio due su quattro, di questi uno è rimasto a casa (al mare non è andato sicuro, con la neve che c'era), l'altro ha votato Beppe Grillo.
Ma sarebbe un errore considerare il voto ai Cinque Stelle come semplice "espressione di protesta". Lo si poteva immaginare alla vigilia (anch'io la pensavo così), ma con il senno del poi e con i numeri alla mano resta difficile pensare che tutti, ma proprio tutti, i votanti grillini siano semplicemente incazzati. Lo sono, e chi non lo sarebbe (chi di noi non ha pensato almeno una volta "mandiamoli tutti a casa"), ma forse c'e qualcosa in più... Cosa?
Beh nei prossimi mesi lo scopriremo, lo dovremo scoprire, perché la nutrita pattuglia di 5stelle a Montecitorio - buona parte della quale under 40 e alla primissima esperienza politica - dovrà pure "scoprire le carte". Finora si è sentito un refrain dettato dal mentore di Genova: "Valuteremo progetto per progetto, caso per caso". Sufficiente a sbolognare un'intervista, ma presto la realtà sarà più impegnativa.
Per ora si conoscono i principi di massima che muovono il movimento, resta da capire in senso pratico - anzi pragmatico - come si tradurrà la voglia di "cambiare il Paese" evocata nei blog e nelle piazze. Curiosi, attendiamo di vedere.
"Je so pazz". Forse la starà canticchiando anche Gigi Bersani, il primo al traguardo della maratona elettorale che paradossalmente si sente più sconfitto di tutti. Altro che Pirro. Qualcuno ne suggerisce addirittura le dimissioni. Certo e' che in fatto di dilapidazione di voti il suo e' quasi un record. Crozza tempo fa diceva, guardando la Finocchiaro: "Manca un mese al voto, si puo' ancora riuscire a perdere...". Di fatto l'impresa e' riuscita. La domanda del giorno e' se con Renzi sarebbe stato lo stesso. Credo proprio di no. Ma la metamorfosi che queste urne chiedono al Pd e' profonda e non basta cambiare leader ( anche se sarebbe già un primo passo importante).
Se e' vero infatti che il sindaco di Firenze ha più appeal di Bersani, se e' vero che avrebbe catturato molti voti all'elettorato moderato e forse anche a diversi imbufaliti poi rifugiatisi nel 5Stelle, se e' vero che sarebbe stato immune da qualsiasi accusa di essere colluso con la Seconda Repubblica, e' altrettanto vero che il Pd deve ancora liberarsi delle scorie (molto radioattive) della vecchia nomenclatura, di cui e' ostaggio fin dal suo nascere. Quella classe dirigente che e' ancora legata a doppio filo alla CGIL, che ha bisogno di sbandierare slogan di sinistra, quasi come fosse uno stick di insulina, che demonizza non solo Berlusconi ma il suo elettorato - senza neanche provare a capire i motivi per cui un terzo degli italiani continua a credergli - limitandosi a bollarlo come "gens insana".
Praticamente al Pd serve una rivoluzione interna simile a quella che vedremo in Parlamento tra qualche giorno. Non sarà facile. Ma se non avvenisse, il futuro sarà costellato, nella migliore delle ipotesi, da altre vittorie inutili.
Che dire poi degli altri sconfitti? Monti potrebbe intonare il motivo di Pino Daniele se non altro per la trasfigurazione di se stesso, del suo stile sobrio, del suo stare fuori dalla mischia, mostrato in campagna elettorale. Ancora oggi ci si chiede chi gliel'abbia fatto fare di buttarsi nell'agone. Se c'è stato un suggeritore, come pare, ha proprio toppato, il Mario Monti con corazza e gladio non era credibile, forse neanche a Berlino. E gli italiani - già vessati dalle manovre lacrime e sangue di questi mesi - non c'hanno creduto. Identificandolo non con la soluzione, ma anzi, con il problema.
Una bella spinta in questo senso ce chi l'ha data. Ci ha pensato lui, il Caimano. "Je so pazz" gli si addice proprio, anzi lo vedrei bene, insieme ad Apicella a intonarla sul golfo Sorrentino. Alzi la mano chi pensi che Berlusconi abbia perso. Forse il PDL ha perso ma Silvio no.
Lui, come mai in passato, ci ha messo la faccia, che pur di galloni ne ha persi sia in fatto di credibilità che di fard. Ma da gladiatore professionista del video quale e', si e' speso di persona in ogni pertugio che il tubo catodico e la par condicio gli consentiva, ha combattuto con le sue armi preferite (lo share e lo charme), ha dettato l'agenda della campagna elettorale sua e degli altri (Imu restituita, autonomia dall'Europa) e ha riportato numeri imprevedibili solo 3 mesi fa. Non è pensabile che possa guidare ancora il Paese per una serie di motivi che è inutile ripetersi, ma se qualcuno avesse bisogno di vincere un'elezione, anche per il Consiglio condominiale o per diventare caposquadriglia scout, saprebbe a chi ispirarsi.
Non classificati, per motivi diversi, Ingroia e Giannino. Soprattutto quest'ultimo potrà canticchiare la canzone di Pino Daniele, dopo l'impresa di bruciarsi a 5 giorni dal voto buona parte dell'elettorato per una bugia di cui nessuno si era accorto ma di cui soprattutto lui stesso non aveva bisogno in chiave elettorale. "Un autogol alla Niccolai" lo ha definito Giannino. Un suicidio politico, telecomandato da Zingales, aggiungiamo noi. Con l'aggravante di aver compromesso l'unico programma di riforme serio e ponderato di tutto l'arco elettorale.
In tutto questo felice bailamme, forse l'unico che lucidamente ha capito che aria tirasse è proprio Beppe Grillo. A vederlo da fuori, sembrerebbe lui il Masaniello di turno.
Oggi, appare l'unico vero protagonista della campagna elettorale ad aver compreso l'umore degli italiani, ad aver percepito l'insofferenza per una classe politica miope, ad aver interpretato, con modi e dinamiche del tutto inedite, questo sentimento. E ad aver utilizzato l'informazione (via rete ma soprattutto via cavo) a proprio uso e consumo, senza entrarci dalla porta principale, evitandola, ma sapendo che sarebbe stata lei ad inseguirlo. In fatto di capacità comunicativa, l'unico in grado di tenere il passo di Berlusconi (ma non glielo dite...). Beppe Grillo non solo è l'unico vincitore di queste elezioni, ma in questo momento è anche l'unico connesso via etere con l'animus dell'elettorato italiano.
Non a caso, nessuno vuole nuove elezioni. Perchè sa che quel 25% - senza riforme, senza cambio di passo, senza tagli alla spesa pubblica, senza una nuova politica - diventerebbe il 40%.
Alla fine dei giochi, chi rischia di sentirsi risuonare, anzi rimbombare, l'antico successo di Pino Daniele, e' un altro napoletano cui ora tocca il difficile compito di dirimere l'intricata matassa. E' il Capo dello Stato, e' Giorgio Napolitano, chiamato a fine mandato ad un vero prodigio istituzionale.
Dopo le consultazioni di rito, sarà davvero un'impresa capire cosa fare, quale indirizzo indicare, quale personaggio incaricare per la formazione del nuovo Governo.
E allora, in attesa, tanto vale risentirsela la canzone di Masaniello...
Tra un po', non ci sara' più tempo di cantare...
Beh nei prossimi mesi lo scopriremo, lo dovremo scoprire, perché la nutrita pattuglia di 5stelle a Montecitorio - buona parte della quale under 40 e alla primissima esperienza politica - dovrà pure "scoprire le carte". Finora si è sentito un refrain dettato dal mentore di Genova: "Valuteremo progetto per progetto, caso per caso". Sufficiente a sbolognare un'intervista, ma presto la realtà sarà più impegnativa.
Per ora si conoscono i principi di massima che muovono il movimento, resta da capire in senso pratico - anzi pragmatico - come si tradurrà la voglia di "cambiare il Paese" evocata nei blog e nelle piazze. Curiosi, attendiamo di vedere.
"Je so pazz". Forse la starà canticchiando anche Gigi Bersani, il primo al traguardo della maratona elettorale che paradossalmente si sente più sconfitto di tutti. Altro che Pirro. Qualcuno ne suggerisce addirittura le dimissioni. Certo e' che in fatto di dilapidazione di voti il suo e' quasi un record. Crozza tempo fa diceva, guardando la Finocchiaro: "Manca un mese al voto, si puo' ancora riuscire a perdere...". Di fatto l'impresa e' riuscita. La domanda del giorno e' se con Renzi sarebbe stato lo stesso. Credo proprio di no. Ma la metamorfosi che queste urne chiedono al Pd e' profonda e non basta cambiare leader ( anche se sarebbe già un primo passo importante).
Se e' vero infatti che il sindaco di Firenze ha più appeal di Bersani, se e' vero che avrebbe catturato molti voti all'elettorato moderato e forse anche a diversi imbufaliti poi rifugiatisi nel 5Stelle, se e' vero che sarebbe stato immune da qualsiasi accusa di essere colluso con la Seconda Repubblica, e' altrettanto vero che il Pd deve ancora liberarsi delle scorie (molto radioattive) della vecchia nomenclatura, di cui e' ostaggio fin dal suo nascere. Quella classe dirigente che e' ancora legata a doppio filo alla CGIL, che ha bisogno di sbandierare slogan di sinistra, quasi come fosse uno stick di insulina, che demonizza non solo Berlusconi ma il suo elettorato - senza neanche provare a capire i motivi per cui un terzo degli italiani continua a credergli - limitandosi a bollarlo come "gens insana".
Praticamente al Pd serve una rivoluzione interna simile a quella che vedremo in Parlamento tra qualche giorno. Non sarà facile. Ma se non avvenisse, il futuro sarà costellato, nella migliore delle ipotesi, da altre vittorie inutili.
Che dire poi degli altri sconfitti? Monti potrebbe intonare il motivo di Pino Daniele se non altro per la trasfigurazione di se stesso, del suo stile sobrio, del suo stare fuori dalla mischia, mostrato in campagna elettorale. Ancora oggi ci si chiede chi gliel'abbia fatto fare di buttarsi nell'agone. Se c'è stato un suggeritore, come pare, ha proprio toppato, il Mario Monti con corazza e gladio non era credibile, forse neanche a Berlino. E gli italiani - già vessati dalle manovre lacrime e sangue di questi mesi - non c'hanno creduto. Identificandolo non con la soluzione, ma anzi, con il problema.
Una bella spinta in questo senso ce chi l'ha data. Ci ha pensato lui, il Caimano. "Je so pazz" gli si addice proprio, anzi lo vedrei bene, insieme ad Apicella a intonarla sul golfo Sorrentino. Alzi la mano chi pensi che Berlusconi abbia perso. Forse il PDL ha perso ma Silvio no.
Lui, come mai in passato, ci ha messo la faccia, che pur di galloni ne ha persi sia in fatto di credibilità che di fard. Ma da gladiatore professionista del video quale e', si e' speso di persona in ogni pertugio che il tubo catodico e la par condicio gli consentiva, ha combattuto con le sue armi preferite (lo share e lo charme), ha dettato l'agenda della campagna elettorale sua e degli altri (Imu restituita, autonomia dall'Europa) e ha riportato numeri imprevedibili solo 3 mesi fa. Non è pensabile che possa guidare ancora il Paese per una serie di motivi che è inutile ripetersi, ma se qualcuno avesse bisogno di vincere un'elezione, anche per il Consiglio condominiale o per diventare caposquadriglia scout, saprebbe a chi ispirarsi.
Non classificati, per motivi diversi, Ingroia e Giannino. Soprattutto quest'ultimo potrà canticchiare la canzone di Pino Daniele, dopo l'impresa di bruciarsi a 5 giorni dal voto buona parte dell'elettorato per una bugia di cui nessuno si era accorto ma di cui soprattutto lui stesso non aveva bisogno in chiave elettorale. "Un autogol alla Niccolai" lo ha definito Giannino. Un suicidio politico, telecomandato da Zingales, aggiungiamo noi. Con l'aggravante di aver compromesso l'unico programma di riforme serio e ponderato di tutto l'arco elettorale.
In tutto questo felice bailamme, forse l'unico che lucidamente ha capito che aria tirasse è proprio Beppe Grillo. A vederlo da fuori, sembrerebbe lui il Masaniello di turno.
Oggi, appare l'unico vero protagonista della campagna elettorale ad aver compreso l'umore degli italiani, ad aver percepito l'insofferenza per una classe politica miope, ad aver interpretato, con modi e dinamiche del tutto inedite, questo sentimento. E ad aver utilizzato l'informazione (via rete ma soprattutto via cavo) a proprio uso e consumo, senza entrarci dalla porta principale, evitandola, ma sapendo che sarebbe stata lei ad inseguirlo. In fatto di capacità comunicativa, l'unico in grado di tenere il passo di Berlusconi (ma non glielo dite...). Beppe Grillo non solo è l'unico vincitore di queste elezioni, ma in questo momento è anche l'unico connesso via etere con l'animus dell'elettorato italiano.
Non a caso, nessuno vuole nuove elezioni. Perchè sa che quel 25% - senza riforme, senza cambio di passo, senza tagli alla spesa pubblica, senza una nuova politica - diventerebbe il 40%.
Alla fine dei giochi, chi rischia di sentirsi risuonare, anzi rimbombare, l'antico successo di Pino Daniele, e' un altro napoletano cui ora tocca il difficile compito di dirimere l'intricata matassa. E' il Capo dello Stato, e' Giorgio Napolitano, chiamato a fine mandato ad un vero prodigio istituzionale.
Dopo le consultazioni di rito, sarà davvero un'impresa capire cosa fare, quale indirizzo indicare, quale personaggio incaricare per la formazione del nuovo Governo.
E allora, in attesa, tanto vale risentirsela la canzone di Masaniello...
Tra un po', non ci sara' più tempo di cantare...
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