Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 10 febbraio 2011

La Giornata del Ricordo: per non dimenticare quanto è stato volutamente dimenticato per decenni...

Dell'Istria ho ricordi di bambino. Non che ci sia stato, da bambino. Ma ho un pallido flash di come me ne parlava mia nonna Anna: doveva avere trascorso vacanze a Zara, lei che - classe 1900 - aveva visto due guerre mondiali e l'Europa cambiare confini una mezza dozzina di volte. Italia compresa.
Ci sono poi passato, per l'Istria, la prima volta "solo" nel 1980. Tornavamo dalle vacanze, un paio di settimane in Grecia con la family, trainati da una mitica Opel Rekord 2000D (a benzina) con la quale avevamo circumnavigato l'Adriatico (traghetto Ancona-Patrasso e poi dopo il soggiorno nella penisola ellenica, su tutto d'un fiato, per le attuali Macedonia, Croazia e Slovenia, per poi rientrare via Trieste).
Allora si chiamava Jugoslavia e il nome Tito - a me che avevo 10 anni - diceva poco. Se non che ne parlavano tutti perché era morto da qualche giorno. Nessuno immaginava che da lì a 10 anni - forse anche per questo - in Jugoslavia sarebbe scoppiato il finimondo.

Non avevo mai sentito parlar bene di Tito: nè a casa mia (dove certi "leader" comunisti non sono mai stati amati), ma neanche dai comunisti che invece pullulavano (e pullulano ancora) in città.
Strana parabola quella del dittatore slavo. Prima paladino del sogno comunista, "eroe" della liberazione jugoslava, vero mito anche per i comunisti italiani di confine (storica la traversata dei "monfalconesi", operai di Monfalcone, che scelsero di andare a vivere in terra jugoslava per toccare con mano l'autentica società socialista - non pochi se ne pentirono ben presto). Poi, dopo uno sgarbo a Stalin, improvvisamente Tito in Italia fu etichettato come "fascista" o nella migliore delle ipotesi "filo-americano": solo perché, probabilmente, la sua società comunista jugoslava non voleva essere assoggettata tout court a Mosca.

Altri tempi. Altro modo di raccontare la storia. E di fare propaganda - ognuno per la propria parte.
Di una cosa sono certo. Ho ricostruito la storia di questo personaggio, e dei fatti di quell'epoca, non tanto sui libri di scuola (con testi tipo "Camera-Fabietti" il dopoguerra è praticamente mutilato), quanto molto più recentemente in un paio di letture apptrofondite dedicate al secondo dopoguerra: l'illuminante "L'esodo" di Arrigo Petacco - che racconta in modo asettico ma particolareggiato la pulizia etnica compiuta dai titini nell'immediato dopoguerra - e l'angosciante "Prigionieri del silenzio", di Giampaolo Pansa, che narra la vicenda di Andrea Scano, comunista convinto fino al midollo, tanto da finire nelle grinfie dei titini proprio nell'anno della storica rottura Tito-Stalin che vide scaraventati migliaia di "cominternisti" (comunisti fedeli all'Urss e successivamente nemici di Tito) nei campi di concentramento jugoslavi.
Mai sentito parlare di Golj Otok ("isola calva")? Date un'occhiata su Google, scoprirete che i nazisti hanno avuto imitatori molto fedeli anche tra i loro nemici...

Una premessa per parlare di oggi, 10 febbraio, della Giornata del Ricordo, dedicata alla memoria per le vittime delle foibe e dell'esodo istriano-giuliano-dalmata. Una vera "pulizia etnica" iniziata e portata a termine dalle truppe di Tito e, quel che è peggio, tenuta nascosta per decenni. Nei libri di storia, o perfino nelle enciclopedie - dove il termine "foiba" era tradotto: "varietà di doline frequenti in Istria" (come se la parola Auschwitz venisse tradotta con "amena località polacca") - per non parlare della politica italiana e del mondo dell'informazione.
Oggi leggiamo nei quotidiani quello che si dicono al telefono un capo di governo e una prostituta, per decenni non abbiamo saputo - o meglio, non ci hanno fatto sapere - che almeno 12.000 persone (italiani, fascisti e non) erano state uccise e scaraventate nella "varietà di doline frequenti in Istria". Se la prima resta un'immane tragedia , la seconda è un'immane infamia.
Gutta cavat lapidem, dicevano i latini. E forse vale anche per le foibe, che hanno dovuto attendere quasi 60 anni per essere "tradotte" nel loro vero significato storico. E le vittime che finirono dentro - solo perché non potevano rientrare in un disegno geo-politico-etnico - hanno avuto almeno un riconoscimento postumo sul piano della memoria. Molte di più poi furono le "vittime" dell'esodo, i dalmati, istriani e fiumani, costretti a vagare per anni lungo l'Italia in cerca di una "nuova Patria" (lo scorso anno intervistai una signora di Assisi la cui testimonianza fu toccante): guardati spesso come "zingari" (nel senso di "senza dimora"), spesso condannati a dimenticare le proprie radici e la propria appartenenza.
Ecco, forse l'aspetto più amaro di questa pagina di storia - triste e drammatica come lo sono tante altre vicende - è che quel Paese che avrebbe dovuto dimostrare solidarietà e accoglienza, accettò la cosa peggiore che si potesse fare: ignorare l'esistenza di questi esuli. Un risvolto semplicemente vergognoso.

C'è voluto del tempo per capirlo. Oggi a Palazzo Pretorio (vedi foto a fianco) le bandiere erano a mezz'asta. E' già qualcosa. Visto che, non più tardi del 2005, il Consiglio Comunale di Gubbio votava a maggioranza il no alla proposta di commemorare (anche con un minuto di silenzio) le vittime delle foibe. Squallido.
Francamente non lo ricordavo. M'è tornato in mente ripescando un pezzo che scrissi su "Gubbio oggi" in quel febbraio di 6 anni fa (lo pubblico in fondo a questo post, per chi ha curiosità di rileggerlo).

Per fortuna c'è chi è capace di dare esempi diversi e di ben altra dimensione: andando anche contro quello che è la propria storia politica inevitabilmente riporta alla mente. Non tanto e non solo oggi la presidente della Regione, Marini e il Presidente della Provincia, Guasticchi (emblematiche le parole di quest'ultimo: "Non è una questione di numeri, i morti non possono essere dati statistici").
Parlo del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Che era un leader di quel Pci che con Togliatti, nel dopoguerra, volutamente tenne sotto silenzio quanto era accaduto - e perfino il dramma degli stessi comunisti italiani, come Scano, finiti nei lager titini.
Saranno parole, ma almeno dopo 60 anni, sono parole sagge: parole come pietre.

"Va messa al bando ogni residua congiura del silenzio, ogni forma di rimozione diplomatica o di ingiustificabile dimenticanza rispetto a così tragiche esperienze. In ciascun paese si ha il dovere di coltivare le proprie memorie di non cancellare le tracce delle sofferenze subite dal proprio popolo".

Giorgio Napolitano
Presidente della Repubblica Italiana
ex parlamentare PCI




Da "Gubbio oggi" - editoriale - febbraio 2005

Diciamoci la verità. Al di fuori di ogni idea o propensione politica. La bocciatura del Consiglio Comunale di Gubbio sulla proposta di onorare la memoria dei martiri delle foibe e delle vittime dell’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia – al di là del doveroso minuto di silenzio – ha il sapore dell’occasione perduta.

Promuovere la discussione e l’approfondimento di questa triste pagina di storia italiana tra i banchi di scuola (anche per colmare i discutibili “vuoti” nelle pagine di molti libri) o intitolare una via della città alle vittime stesse – come giustamente è stato fatto per altre vittime di altri tremendi eccidi del Novecento – sarebbe stato un gesto significativo e un segnale importante di distensione e di presa d’atto.
Distensione rispetto ai muri ideologici che per diversi decenni hanno impedito non solo di ricordare ma perfino di conoscere questa pagina di storia. Presa d’atto rispetto ad una parentesi che è giusto conoscere (e condannare) come lo sono state altre nello stesso periodo in altre zone d’Italia.
Una lunga discussione ha fatto da cornice alla decisione conclusiva che si è comunque risolta in un nulla di fatto, con molte astensioni, qualche uscita dall’aula e un imbarazzante silenzio finale. Altrove – neanche troppo lontano, si pensi a Gualdo dove pure governa una giunta di centro-sinistra - il Sindaco non ha nascosto la propria disponibilità ad intitolare una via ai martiri dell foibe, italiani che morirono a causa di un’efferata operazione di pulizia etnica per mano dei cosiddetti “comunisti titini” – definizione quasi innocua sul piano cacofonico, ma tremendamente minacciosa per chi ha vissuto sulla propria pelle questa esperienza.
Gubbio non onorerà né ricorderà in nessun modo le vittime delle foibe – a meno di ripensamenti che sarebbero auspicabili e darebbero la cifra di un buon senso ritrovato.
Ancora nel 2005 resistono incrostazioni e riserve mentali che tendono a distinguere non solo tra i vivi, ma perfino tra i morti, “i buoni” e i “cattivi”.
Con giustificazioni per altro “emblematiche” del clima che ancora oggi permea certi giudizi (poco) storici e (molto) politici: sono stati spiegati i no o le astensioni con riferimenti a Bush, Sharon, all’intifada e all’immancabile Berlusconi (e noi che pensavamo che l’Istria confinasse con il Friuli e che quella storia si fosse consumata nel ‘45…).
Ricordare migliaia di persone tragicamente uccise non crediamo significhi riscrivere la storia, né assolvere chi in questa storia ha sicuramente scelto di combattere per la causa sbagliata.
Ma ricordare quelle vittime dovrebbe essere umanamente e istituzionalmente un dovere: a prescindere dal colore o dall’ideologia che mosse chi di quelle vittime si è macchiato.
Il comunismo ha radici diverse da fascismo e nazismo, che non staremo qui a ricostruire: ma è costato, allo stesso modo, in tutto il mondo, milioni di vite umane. Negarlo o far finta di niente, perfino a distanza di 60 anni, anche in un borgo sperduto come Gubbio, equivale a cancellare di nuovo quelle morti. Forse ancora troppo scomode.
G.M.A.

4 commenti:

  1. bravo, come sempre.....magda

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  2. Grazie, Magda. Penso che tua madre abbia tanto da raccontare su questo - ricordo l'abbiamo intervistata negli anni scorsi.
    La memoria non deve avere nè colori, nè bandiere, nè appartenenze, ma servire ai più giovani per capire. E per non ripetere...

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  3. Il Giorno del Ricordo è affidato positivamente solo ed esclusivamente ai singoli non facenti parte di nessuna Organizzazione. Molto poco, ma meglio che niente.

    Tutto il resto è NULLA.

    Basta chiedere a tutti gli studenti che si incontrano, in tram, in treno, ovunque, cosa sono le Foibe ed il 99,9 non sa nulla e chi risponde positivamente di getto dice che nelle Foibe hanno gettato di Ebrei!

    Dove vanno a finire i 1.200.000 euro che servirebbero per erudire gli Studenti? A cosa serve questa cifra se gli Studenti non sanno nulla?

    Ci deve essere un controllo fra le cose che le Associazioni dicono di fare per incamerare i soldi e quello che in effetti fanno di concreto: cioè poco e male.

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  4. E' difficile, dopo 60 anni di totale dimenticanza, portare all'attenzione, soprattutto dei giovani, queste vicende. E' poi stupefacente che la maggioranza dei professori, nonostante le esortazioni del presidente Napolitano, ancor oggi si rifiutino di ricordare questi fatti, per motivi ideologici. Probabilmente la radicalizzazione dello scontro politico in atto, oltre a bloccare la maturazione della democrazia, lo sviluppo economico e culturale del Paese, incide anche su queste cose.
    Enrico De Cristofaro

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