Pecchia "scudo umano" - foto Settonce |
Perché lui, Fabio Pecchia, ha voluto spostare le polemiche, togliere la pressione dalla squadra e addossarsi tutte le responsabilità della sconfitta di Marassi.
L’operazione è nobile e apprezzabile. Non il paragone, un po’ arduo e neanche troppo gratificante, almeno sul piano comportamentale: Mourinho, a Marassi, domenica scorsa non sarebbe certo andato a stringere la mano, a fine gara, a Calvarese di Teramo. Magari un ditino nell’occhio passando da tergo e appuntamento alla prossima…
Boutade a parte, Fabio Pecchia – che è un signore e che certi campi e certe situazioni le ha vissute da giocatore - ha capito: ha capito che è il momento di preservare l’incolumità morale della sua giovane squadra dai rischi che sopraggiungono fisiologicamente dopo un 6-0 come quello di domenica. Demoralizzarsi e non credere abbastanza nei propri mezzi.
Crederci, ovvero il carburante indispensabile per un gruppo nuovo e in età post liceale.
Preferisce invece Pecchia farsi scudo umano di un gruppo che ha valori chiari, ma che ancora non ha trovato la forza e la fortuna di esprimere. A Grosseto era il debutto, e il primo tempo è stato fatale. Con l’Ascoli hanno pesato le assenze in difesa, e anche il prodigioso recupero se ne è andata per ingiustizia e ingenuità. A Genova, praticamente, non si è fatto in tempo a capire dove si giocava, che già la partita era diventata peggio di un K2.
Il vero Gubbio non si è ancora visto, ma si ha la sensazione che stia per affiorare: non solo per una legge di grandi numeri, ma anche perché ferite come quelle di Marassi lasciano dentro una voglia di rivalsa superiore a qualsiasi altro stimolo.
"C’era una volta il Gubbio" – verrebbe da dire, parafrasando uno dei successi cinematografici, resi ancor più celebri dall’arte del maestro Morricone, il cui concerto saltato ha contribuito quanto meno a cambiare l’hit parade dei dibattiti nei bar eugubini in questo weekend.
Sabato, scendendo in campo con la Reggina, non si escludono novità di spartito.
In settimana il trainer non ha mancato di sperimentare qualche soluzione meno audace del 4-3-3, per altro finora solo sfiorato, o del 4-1-4-1 che solo per chi ama queste soluzioni algebriche assomiglia ad uno schieramento più prudente. Servirà di certo lo spirito da Gubbio, anche se la tattica non è più quella di un tempo. In fondo sono cambiati gli interpreti, e ci può stare: l’importante è che la musica, se non proprio sinfonica, sia di quelle che piacciono ai tifosi rossoblù. E che servono in questo periodo. Almeno un punto.
Le buone notizie arrivano da dietro, nonostante le squalifiche: sono il rientro di Caracciolo e l’esordio di Mario Rui – che ancora non parla l’italiano ma la lingua universale del sacro balon non ha bisogno di traduzioni in sottotitolo. In mezzo il tecnico sfoglia la margherita perché Lunardini potrebbe partire dal 1’, forse a scapito di Boisfer, mentre davanti è una specie di lotteria: il nodo è la conferma o meno di Ciofani come punta centrale – ipotesi al momento quasi immodificabile – con a fianco uno o più degli attaccanti di movimento a disposizione: da notare che in nessuna circostanza Pecchia ha schierato lo stesso reparto offensivo per due gare di fila. E non per motivi legati agli infortuni.
Della Reggina c’è poco da dire: un’altra squadra che vuole risalire in serie A. Che ha nomi sufficienti per mettere i brividi a qualsiasi difesa (Bonazzoli, forse assente in avvio, Missiroli e non ultimo il perugino Campagnacci –già letale 4 anni fa con il Giulianova). L’unica speranza è la cabala: perché di queste lande almeno mister Breda non ha piacevoli ricordi. E in fondo i colori sono sempre amaranto…
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