Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 11 settembre 2011

Il mio 11 settembre: qualche flash, al volo, di 10 anni fa...

Il mio 11 settembre è un piccolo schermo di regia, in mezzo a tanti. Un pomeriggio caldo di un martedì qualsiasi, stordito improvvisamente dalle immagini che arrivano via satellite da New York.
Sembra un film ma è tutto vero.


Quei grattacieli fumanti, di un odio che brucia a centinaia di metri d’altezza, sulle dinamiche di qualcosa di impensabile – perfino per un cinico sceneggiatore di Hollywood – fino a quel giorno.

Ricordo che mi chiamarono dalla regia. Ero in ufficio, qualche minuto prima delle 15, probabilmente intento a leggermi uno dei tanti comunicati stampa al fulmicotone che in quel periodo Palazzo Pretorio dedicava alla nostra emittente, nemica “giurata” del governo cittadino. Avevo concluso da poco la rassegna stampa – che di quei tempi trasmettevamo alle 14.30, un po’ tardi, ma l’organizzazione e i mezzi di allora non consentivano di meglio (iniziammo a farla di mattina nel 2003, comunque 6 anni prima di Raitre regione…).

Guarda che casino a New York”, mi dissero. E io lì per lì pensavo a qualche mitomane che aveva piazzato una bomba negli ascensori di un grattacielo – un po’ come si vede ogni tanto in qualche pellicola thriller. Invece i replay di quegli aerei furono agghiaccianti. Perché si capì subito che non era un incidente.

L’immagine più atroce di quei minuti ce l’ho di fronte. Sono le persone che si buttano disperate dalle finestre dell’80° piano: un suicidio lucido e inevitabile per evitare almeno la sofferenza di centinaia di gradi a cui in pochi minuti erano arrivate quelle stanze, incandescenti e fuse tra le lamiere degli aerei e del carburante esploso.

Vedere gente che fino a qualche minuto prima faceva cose banali (e forse inutili) davanti ad un pc o ad una scrivania, decidere in quale istante dover morire per evitarsi almeno il dolore delle fiamme, è qualcosa di crudo e inumano che ogni tanto mi torna in mente.

Quella sera stessa ero ospite ad una trasmissione sportiva a Rte: per parlare di una partita di calcio, un derby (il primo vinto dal Gubbio a Gualdo, appena 48 ore prima) che fino a quel pomeriggio sembrava dovesse catalizzare l’attenzione e l’entusiasmo dei più. E che invece, quegli istanti, era diventato di una banalità esasperante. Ero indeciso se andare, ma alla fine non rifiutai (oggi, magari, mi sento ancora più idiota per quella patetica comparsata).

Il giorno dopo un fondo di Gigi Garanzini su “La Stampa” ridicolizzava il sindaco di Gualdo Tadino, che in Consiglio Comunale aveva inoltrato proprio l'11 settembre un’interpellanza contro l’arbitraggio del derby perso due giorni prima dalla squadra della sua città. “Mentre il mondo brucia, in una cittadina umbra si litiga per un calcio di rigore”, scrisse l’editorialista milanese.

Una frase che oggi suona quasi da monito, all’indomani di una nuova delusione rossoblù: ci si appassiona, ci si emoziona, si soffre pure e ci si incavola per una partita di calcio.
Ma qualunque cosa accada, l’11 settembre resterà sempre un messaggio lapidario, indelebile, sul nostro presente e sul nostro futuro.

Ci sono momenti, ci sono giorni, in cui la storia - come le borse - va in default.
Ci sono attimi che finiscono per stravolgere il quotidiano, che rendono la nostra routine ancora più piccola di quanto già non sia. Quei bisogni che ogni giorno sembrano condizionare il nostro futuro quasi svaniscono, prima di essere intravisti al microscopio.
Poi, nel giro di poco, tutto torna a dimensione naturale (come nella favola di Alice, anche se il Paese delle meraviglie è di là da venire). E trova spazio una nuova routine. Ma la memoria, quella onesta, quella vera, non può strofinare quei giorni, quelle sensazioni di angoscia mista ad impotenza, con una spugna.

Quant’è cambiato il mondo, anche il nostro piccolo mondo, da quell’11 settembre?
Forse ce ne siamo accorti l'estate dopo, con controlli più serrati agli aeroporti, alberghi blindati, la paura di volare. Ma le conseguenze più pesanti, forse, le portiamo ancora dentro.
Perchè a distanza di 10 anni, se oggi ci sentiamo più “poveri” e anche fragili, soprattutto di valori e identità, è anche per quanto accadde quel giorno. Dopo, nulla è stato più come prima.


Domani tornerò in redazione. Un’altra regia mi vedrà passare davanti, per montare o rivedere un servizio. Non c’è più Rte ma prima o poi rifinirò davanti ad una telecamera a parlare di qualche questioncina locale, che tanto sembra premerci e occuparci. L'11 settembre, di per sè, resterà solo sul calendario. O finirà in un cestino, come i foglietti dei calendari "a scomparire", che se ne vanno di giorno in giorno.
Tutti, tranne quell’11 settembre 2001. Lui è lì. Immobile, ma anche immutabile.
E continua a condizionare, silenziosamente, il nostro quotidiano...

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