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lunedì 20 febbraio 2012

"Non sarà l'inferno", canta Emma. Il purgatorio però è a piano terra. Ma il Gubbio del secondo tempo di Verona può farcela...

"Non è l’inferno". Per ora lo canta Emma, dal palco di Sanremo. Ma la canzone sembra quasi dedicata a chi non se la passa alla grande ma non è neanche sull’orlo del baratro: una mestizia travestita da cauto ottimismo. Non proprio una maschera carnevalesca, ma un modo diverso di guardarsi allo specchio e cercare fiducia in vista delle prossime tappe.


E’ quello che toccherà al Gubbio da qui a sabato. Analizzare l’ennesimo passo falso esterno, l’1-0 di Verona, è quasi farsi del male. Ma non è esercizio inutile, se si pensa che il punteggio identico, rispecchia invece una prestazione molto diversa rispetto a quella di 7 giorni prima a Varese.

Ciofani, fermato con le "cattive"
dalla difesa veronese (foto Settonce
Per capirci: il Gubbio di Varese non avrebbe speranze, quello di Verona può farcela. La differenza non è irrilevante.
La differenza sta anche nella caparbietà di affrontare una gara – con un avversario sulla carta superiore – senza timori di partenza, senza eccessive prudenze, che alla fine possono rivelarsi una sorta di pass par tout involontario per gli avversari stessi.

Il Verona non ha incantato, doveva schiacciare e chiudere in un angolo il Gubbio: nel primo tempo ha spinto, è vero, ma la difesa a 4 dei rossoblù, sostenuta da un centrocampo più solido, anche se incapace di ripartire efficacemente, ha retto.
Benedetti soffre Ferrari. Per il centrale
rossoblù una giornataccia
(foto Settonce)
Donnarumma ci ha messo la manona un paio di volte e al 45’ sarebbe stato sicuramente risultato ad occhiali, se Benedetti – nella giornata personale più infausta da quando veste il rossoblù – non avesse regalato palla e spalancato la prateria all’incredulo Gomez, che non ha potuto esimersi dall’infierire. Che poi il guardialinee non abbia sbandierato nel dubbio, è altra storia. Come sarebbe stata probabilmente altra storia a parti inverse.

Non è il solito piagnisteo, ma la realtà: basti guardare cosa è accaduto al 93’, una mezza verità – il braccio non teso ma comunque decisivo di Ceccarelli su tiro di Lofquist – non ha avuto la stessa valutazione della mezza verità sull’off side di un’ora prima.

Cose della vita, perché se ti chiami Gubbio e non Verona, un che ci deve essere.

Chiamarsi Gubbio ora però significa vendere cara la pelle. Perché il mese che attende i rossoblù a marzo è da dentro o fuori, altro che campionato lungo. In attesa di sapere cosa combinerà la truppa di Cuttone nel primo recupero spareggio con l’Albinoleffe.

Modena e Brescia in casa, Nocerina fuori, e Crotone di nuovo al Barbetti. Da queste 4 gare, 3 casalinghe, con il pubblico che potrà incidere come mai in questa stagione, si capirà il destino della squadra di Simoni.


Simoni deluso, lascia il "Bentegodi"
(foto Settonce)
 Che anche se non dovesse ritrovare la parola – con il silenzio stampa scelto dalla società forse per evitare qualche malinteso tra le parti – dovrà farsi sentire, eccome, in campo: la sconfitta di Verona ha avuto almeno un che di fatale. Ha dimostrato che il Gubbio può giocare anche in modo spregiudicato. Può e a questo punto vien da pensare anche che deve farlo: perché nella ripresa Ragatzu, Guzman, Ciofani, Lofquist hanno messo in apprensione la potenziale capolista del campionato, una squadra che sul quel campo vince ininterrottamente da ottobre.

Torneranno Graffiedi e Bazzoffia, ma soprattutto dovrà tornare il Gubbio vero: quello che sa aggredire, coprire gli spazi, colpire l’avversario. Lo ha fatto e non per caso. Ora dovrà tornare a farlo. Perché non sarà l’inferno, ma il purgatorio è ormai al piano terra. Per evitare di scendere, c’è un solo modo… Risalire…
Ritornare se stessi.

 
Copertina di "Fuorigioco" - lunedì 20.2.12
musica di sottofondo: "Non è l'inferno" - Emma (2012)
 

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