29 febbraio... Pensandoci, mi viene in mente "Il Giorno in più", il libro di Fabio Volo. Uno dei più... intensi.
Non che la riflessione di oggi abbia a che fare con quel libro. Ma con quel suo giorno in più.
Per noi conta poco. In fondo è solo un foglio in più - o una casella in più - sul calendario. Magari i tanti 29 febbraio vissuti - per me ormai una decina - hanno sempre detto poco.
Eppure, a pensarci bene, non sempre è stato così. Eppure il 29 febbraio mi ricorda - e non può essere altrimenti - l'anno bisestile. Di solito, si dice che l'anno bisestile sia una sorta di iattura. Ma chi lo dice?
Anzi, ad essere sinceri, alcuni momenti top della mia esistenza sono avvenuti proprio in anni bisestili.
Il primo che mi viene in mente è la laurea. Non per importanza, ma proprio perchè - ironia della sorte - mi laureai il 29 febbraio: purtroppo era il 1996 - quindi 16 anni fa (di già?).
Di quel giorno, per assurdo, non ho molti ricordi: l'aula, relativamente piccola, della facoltà di Giuriprudenza. La materia, inedita per uno studente di Legge, che era Economia Politica. Il prof., tale Andrea Boitani, che avrò visto sì e no 5 volte in vita mia, di cui rammento più l'espressione sorpresa di quando gli andai a chiedere la tesi che non la faccia che fece quando mi assegnarono il voto (non proprio alto, per l'epoca, ma ero un tipo che si portava a casa di tutto - perfino i 21 negli esami complementari... figuriamoci).
Navigando su wikipedia l'ho ripescato in un paio di puntate di Tg1 Economia, l'ho scoperto redattore di lavoce.info e ora docente alla Cattolica di Milano. Però...
Con quella tesi svelai la mia sostanziale idiosincrasia per le leggi e i diritti in genere: avrei tagliato definitivamente ogni ponte un anno dopo, chiudendo l'esperienza dopo 11 mesi di praticantato in uno studio legale, e capendo, ormai al capolinea, che non faceva per me.
La laurea me l'ero presa e forse ho sempre pensato di aver fatto abbastanza presto - 5 anni - più per la fretta di andarmene che non per la reale passione per usucapione o ricorsi in Cassazione.
Di quel quinquennio - in cui poco ho frequentato e ancor meno ho assimilato - mi resteranno belle soddisfazioni (ogni volta che un prof appoggiava la sua penna sul mio libretto, quindi una 25ina), un'infrastruttura giuridico-mentale di base (che mi torna utile oggi nel delicato mestiere del centellinare gli aggettivi e di correre border line sul filo della querela) ma anche diversi bocconi amari. Oltre a migliaia di chilometri percorsi, in una specie di circumnavigazione dei tappeti e delle mattonelle di casa mia, a ripetere (generalmente a voce alta), durante lo studio, capitoli e capitoli di diritto e interi manuali mandati praticamente a memoria. E ora richiusi in un armadio, sotto forma di libri-ricordo.
Con qualche aneddoto curioso: come una frattura alla caviglia tutto sommato "fortunata", perchè mi portò a superare al primo colpo Procedura Civile. Costretto immobile a letto per 20 giorni, preparai l'esame, non dico alla grande. Ma di sicuro, come non avrei mai fatto con due caviglie a posto...
Non fu altrettanto buena suerte con Diritto del Lavoro, che finì per ripetere 2 volte (e la seconda, praticamente sapendo tutto di tutto). Inciampi del mestiere.
Alla fine la seduta di laurea fu una ratifica, una sostanziale formalità: solenne sì, con una schiera di prof a squadrarti, non so ancora se pateticamente o con sincero orgoglio, il relatore a sostenerti per dovere contrattuale e il controrelatore a controbattere qualcosa, lasciandoti l'insostenibile dubbio se avesse davvero dato un'occhiata al tuo testo.
Lo ricordo rilegato di verde - m'era piaciuto così, e ancora fortuna che non era un colore leghista... Scritto in orari improbabili, nella redazione di "Gubbio oggi", dove trascorrevo metà delle mie giornate. Ricordo di essere andato a Roma, con la tesi sotto braccio, solo per farla firmare al mio prof (che s'era dimenticato di farlo quando gliel'avevo consegnata a Perugia).
Quel giorno, quel 29 febbraio, ero felice per la felicità che vedevo nei miei. In chi mi era vicino. La mia me l'ero goduta in occasione dell'ultimo esame. Perchè già da allora, 5 mesi prima, avevo avuto la certezza che non sarei più finito davanti al "plotone d'esecuzione" - tale mi sembrava ogni commissione d'esame - con quel senso di ansia, di precario e di indefinito, che ogni istante prima di un esame universitario, riversa su di te...
Forse è una fortuna, perchè in fondo da allora, di 29 febbraio ne sono passati relativamente pochi (4 appena). Il problema, semmai, è che quel 4 va moltiplicato x 4.
A dirla tutta, se faccio un rapido excursus il bisesto mi ha sempre segnato in qualcosa di straordinario.
Nel 2000 mi sono sposato. Nel 2004 è nato mio figlio, Giovanni (la Vitti è sfuggita dal bisesto, ma giustamente è una "fuori dagli schemi"). Nel 2008 sono tornato in Usa, un viaggio indimenticabile con un amico fraterno. Un ritorno, dopo che là ero già stato la prima volta nel 1992 (altro anno bisestile, vedi un po'....) anche se allora eravamo in quattro (sempre Dada, e con lui Ettore e Filippo).
Nel 2012? Che accadrà di così memorabile?
Questo ancora non lo so... Un paio di idee mi vengono in mente, ma mi piace riprendere questo discorso tra qualche mese. Quando magari si saranno concretizzate.
Per ora solo un pensiero, personale, su questo anno bisestile. Chi lo dice che sia per forza, ineluttabilmente, un anno "sfigato"? Un po' dipende anche da noi. E, nel mio caso, anche da quel paio di idee che ho in serbo. Non sono nè un 6 al Superenalotto nè un'evenienza da congiuntura astrale.
Ma qualcosa di più... di più importante. Di mio. Che questo 2012 potrebbe regalarmi...
Basta crederci, si dice... no?
E comunque vada, basta la salute, rispondo io... Anche per quel giorno in più...
mercoledì 29 febbraio 2012
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ancora una volta sei riuscito a commuovermi.....anche per me il bisesitile ha qualcosa di magico: per quello che ora ricordo.. 1992 è nato il mio Alberto, ora, 2012, alzerà il cero mezzano del mio Cero Santubaldo...gioia su gioia....Magda
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