Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

lunedì 9 luglio 2012

Dall'interrogativo sul cubo allo spray di piazza Grande... Altro che il bosone di Higgs...

Sono tornato da un paio di settimane riposanti e rigeneranti. Così riposanti e rigeneranti che perfino il blog ha respirato un po' (e chissà, se anche i suoi 25 lettori non abbiano potuto tirare un sospiro di sollievo).
Torno e cosa mi trovo?
Un cubo enigmatico in piena piazza Oderisi e una scritta - enigmatica nel contenuto, ma non nella forma (psico-patologica) dell'estensore - in Piazza Grande.
"Non ve se po' lascià soli un attimo..." avrebbe esclamato un mio vecchio professore di liceo, quando - rientrando magari dalla sala docenti - ritrovava la nostra classe praticamente rivoltata sotto sopra (cattedra compresa) e noi, tutti diligentemente seduti sulle sedie in silenzio, con quell'ultimo pizzico di polvere che si spostava a mezz'aria, quasi a segnalare l'avvenuta implosione dell'intera scolaresca.

Ho riflettuto un po' - guardando il cubo e lo spray - e ho concluso che le due vicende non sono tra loro slegate. Hanno un che di connesso, un filo logico comune (essendo a Gubbio, direi un "filo rosso comune").

Il cubo evidenzia un punto di domanda: un interrogativo. Probabilmente una di quelle domande sul senso della vita (Chi siamo? Dove andiamo? Quant'è oggi lo spread?) che condizionano la nostra esistenza. O forse, più banalmente, un quesito sul presente e sul futuro di questa città - chissà, la sua stessa collocazione nel cuore del Corso e di fronte alla sede del partito di maggioranza relativa cittadino, può non essere casuale. Sono stato ad Alba due settimane e torno ritrovando la mia città senza più la sezione distaccata del Tribunale (per decreto governativo) e senza neppure i frati francescani a S.Ubaldo (su questo sarà bene dedicare una riflessione ad hoc...). Magari ne sapremo di più tra qualche giorno... O, visti i ritmi con cui cambiano mode e costumi in questa nostra latitudine, tra qualche secolo...

Lo spray sulle pietre trecentesche del Palazzo dei Consoli, rappresentano purtroppo la risposta. O almeno una risposta. Certamente la più disarmante e desolante.
Qualche mese fa avevo ironicamente suggerito - ma il consiglio è sempre valido - all'anomina destinataria di un messaggio amoroso via spray esibito nelle mura neo-intonacate del Liceo, di lasciar perdere quello sconosciuto aspirante delle sue virtù più o meno nascoste. Per il semplice motivo che se un tizio non sa apprezzare il bello che lo circonda, difficilmente saprà cogliere fascino e pregi anche di che gli sta accanto.

Ora, mi chiedo: "Ti amo, vita!" è un'espressione così serafica e francescana da far pensare ad un'anima tenera e suadente, che abbia colto l'ispirazione di un attimo, fugace ed etereo, per poter cristallizzare quel sentimento nel modo più poetico e suggestivo possibile.
E allora, perchè scriverlo - in rosso e blù - sulla parete di un monumento trecentesco?
Potrebbe essere un ragazzino, o magari un neo-maggiorenne o chissà magari, grattando grattando, potremmo scoprire che addirittura trattasi di persona adulta. Che in vena di elucubrazioni metafisiche, ha preso spray e calamaio e ha dato sfoggio alla propria (misera) creatività...
Perchè? (che è anche il punto di domanda che avevamo lasciato nel cubo di piazza Oderisi...).


 Perchè forse oggi, senza accorgercene, stiamo smettendo di davvero di "amare la vita". Nel senso più semplice e naturale del termine. Amandola (e basta).
E invece a furia di farlo, ci viene voglia di gridarlo - anzi, di scriverlo a caratteri cubitali - ignorando luogo e dinamica del gesto (senza parlare di deturpazioni e costi di ripulitura conseguenti, che sono forse l'aspetto meno grave e più prosaico della questione - tanto che al momento in cui andiamo on line, la parete è già stata "rispolverata" a originario color pietra).
Un giovane, per quanto sbarazzino e imberbe possa essere, che utilizza i colori della propria città - presumendo dunque di sentirsene "legato" - per imbrattarne (non chiamiamolo graffito, vi prego) uno dei suoi monumenti simbolo, ci dice indirettamente che si è perso il confine più elementare di ciò che ha un senso e ciò che non lo ha.
Non è solo un problema di essere cresciuti - per dirla alla Balotelli - col "culo immerso nella nutella". Qui qualcuno c'ha infilato pure la testa.
Se fossimo sociologi (e non lo siamo, per nostra fortuna e soprattutto per la fortuna della categoria dei sociologi) ci dovremmo interrogare su come è stato cresciuto questo ragazzo.
E magari scopriremmo che ha avuto un'infanzia e un'adolescenza assolutamente normali e tranquille.
Eppure... eppure gli manca ancora questo file. O se l'aveva, l'ha cancellato erroneamente in una fase di defrag che probabilmente ha avuto conseguenze molto più devastanti del previsto.
Peccato che sia un file fondamentale nell'hard disk del vivere civile...

Se si ama davvero la vita, e lo stesso vale per una persona o per un'idea, lo si può esprimere in milioni di modi. Ma con la sensibilità e anche la forma (sì, la forma, è importante pure quella) che quell'idea, quella persona, o quella vita - per quanto relativa ed effimera possa sembrare - meritano.
E se tra 2.500 anni un archeologo dovesse scovare un muro trecentesco, avendo il problema di dover sciogliere l'enigma di quale sia l'epoca a cui risale, mi auguro non possa avere come data di riferimento... quella dell'invenzione dello spray.
Se proprio dovesse fare una scoperta così epocale, tipo il bosone di Higgs, speriamo sia per svelare ciò che si nasconde dentro al cubo...
Magari è solo la risposta a tutte queste nostre domande. Futili, estive e pretestuose...

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