Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

domenica 29 luglio 2012

L'importanza di avere... le armi giuste. E un debutto olimpico così è da incorniciare...

E poi saremmo un popolo di "pacifisti"? Non alle Olimpiadi. Non stando alla prima giornata più gloriosa della storia delle Olimpiadi azzurre. Tiro con l'arco, tiro a segno, tiro di scherma. E' tutto un tiro (senza molla), con un florilegio di armi varie, antiche e moderne insieme, quello che agghinda subito il medagliere azzurro proiettandoci al secondo posto assoluto dietro ai marziani della Cina.
Non sono passate 24 ore dallo spettacolare brindisi d'augurio della fiamma olimpica londinese - fantastica la scenografia della rivoluzione industriale, geniale la scenetta della Regina in versione paracadutista, irresistibile il mr.Bean al pianoforte (mi sarei aspettato un ricordo di Freddy Mercury...) - che la bandiera italiana sventola seconda assoluta nel medagliere, preceduta solo dal colosso d'Oriente, praticamente inarrivabile anche per gli statunitensi.
Consoliamoci: l'Italia ha un ventesimo della loro popolazione e dunque la leadership dei pronipoti di Mao ci può anche stare.
Piuttosto è la tradizione, fusa con le novità, delle discipline vincenti, che non appare estemporanea.
Come gli allori nella scherma, secolare serbatoio di successi, che fanno di Jesi, cittadina a un'ora da qui, la capitale mondiale del fioretto. Dopo Cerioni e la Trillini, è stata Valentina Vezzali la grande regina della specialita. E alla sua quinta Olimpiade ha infilato il quinto podio consecutivo: le è mancata la ciliegina sulla torta (quarto oro) che potrebbe però ancora arrivare nella gara a squadre. Lei, Valentina, ha idealmente ceduto lo scettro alla concittadina Elisa Di Francisca, ma l'impresa della pluridecorata fiorettista-ballerina (non sono ancora dimenticate neppure le sue performance allo show della Carlucci) vale quanto un oro.

Quella medaglia strappata con le unghia e con i denti, recuperando 4 stoccate negli ultimi 12 secondi di gara alla sprovveduta sud-coreana di turno - in qualunque disciplina gareggiamo, c'imbattiamo in un paio di occhi a mandorla, è matematico... - sono l'emblema di come la classe cristallina, la grinta proverbiale e la "fame" di podio fanno della Vezzali un vero monumento olimpico azzurro. Altro che portabandiera di riserva...
Ci sono medaglie che profumano d'immenso a prescindere dal loro colore. Il cui peso specifico ribalta la teoria dei metalli.
Come fu per il bronzo di Yuri Chechi, ad Atene (dopo il bruttissimo infortunio che gli aveva negato le Olimpiadi ad Atlanta 4 anni prima). Ci sono medaglie che vorresti toglierti di dosso e gettarle vie, per il rammarico che si trascinano dietro: come l'argento della Errigo, la più giovane delle tre fiorettiste azzurre - e dunque quella che potenzialmente ha più possibilità di rifarsi in futuro. "Sono una pippa" ha scandito a caldo dopo la finale. Per fortuna non parlava lei, ma la sua rabbia. Se è una fuoriclasse - come credo - saprà tramutarla in grinta e lucida aggressività già dalla sfida a squadre. Ma il futuro è con lei.

La medaglia delle sorprese è quella degli oversize: la squadra di tiro con l'arco, a vederla così sul podio, sembra un club di braccio di ferro o un trio di vecchi amici di Ginnasio, che si ritrovano per la cena dei 20 anni dagli esami. "Panza" pronunciata, pizzetto sorridente e gaudioso, ma una mira infallibile, capace di stendere Cina, Messico e alla fine Usa, con la "freccia della vita" che è toccata a Michele Frangilli, il più veterano, quello che di medaglie al collo nel aveva già tre, che ha tenuto a bada il sangue bollente o il braccino corto e ha centrato quel dieci maledetto per questione di millimetri. In fondo la gloria non chiede tanto margine, le basta un soffio per andarsene o restare...
Nella patria di Robin Hood sono tre che somigliano più a Little John, o tutt'al più a parenti di Fra Tac. Ma tant'è... E la storia di Pietro Suk, l'allenatore della nazionale azzurra, coreano d'origine, concentrato e sorridente al tempo stesso, capace di consolare con la parola giusta il proprio arciere dopo l'errore e ignorarlo dopo il 10: "Perchè il sorriso, dice, vale di più nei momenti di difficoltà...". Saggezza d'oro...

E infine l'argento del tiro a segno, specialità che fa somigliare gli atleti in pedana a pazienti in attesa della visita oculistica. L'argento è inaspettato, il protagonista è Luca Tesconi, uno che a Londra non doveva neppure starci - se si guardano i risultati dell'ultimo anno, quando non è mai andato oltre 10mo posto. Ma il tecnico azzurro (Valentina Turisini) lo ha fortemente voluto, un po' alla Bearzot, una di quelle scommesse - come fu Pablito nell'82 - giocate con il tutto per tutto (o meglio l'uno contro tutti) e alla fine ripagate dalla medaglia. Che anche qui non conta nella sfumatura cromatica, ma nel traguardo. 

L'Olimpiade riconcilia con lo sport, si usa dire. Con le vittorie ci riesce anche meglio. L'obiettivo per Londra resta quota 25/30 (dichiarata dal presidente del Coni, con spregio della scaramanzia), per gli ori il sogno è toccare la doppia cifra. Resta un'impresa, anche dopo questa giornata inaugurale.
Di certo, comunque andrà, questo sabato di fine luglio ce lo ricorderemo a lungo...

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