E' stata la settimana del miracolo Costa Concordia. La settimana del videomessaggio di Berlusconi. La settimana del rinnovo contrattuale di Totti.
Tre vicende tra loro scollegate e parallele, che in qualche modo rimandano al ventennio precedente.
Il premier Letta ha parlato orgogliosamente di un'Italia che "ha dato il meglio di sè" nell'operazione di riassestamento della Costa Concordia, durata lo spazio di 19 ore, 1 in meno dei mesi trascorsi dall'incidente costato la vita a oltre 30 persone. Tecnologia e ingegneria italiane hanno colpito nel segno.
Di tecnologia si potrebbe parlare anche nel caso del videomessaggio dell'ex premier, lanciato urbi ed orbi, a pochi giorni dal primo verdetto della Giunta delle elezioni del Senato sulla sua decadenza da parlamentare.
Sono passati quasi 20 anni dalla sua "discesa in campo" (gennaio 1994) annunciata anche allora da un videomessaggio. Cosa c'entra la tecnologia?
C'entra eccome. Allora il videomessaggio venne diffuso tramite una cassetta VHS, duplicata in molteplici copie con le apparecchiature che l'epoca consentiva: non esistevano dvd, ma solo cd; non esisteva internet ma solo spedizioni via posta; il mezzo più diffuso per trasmettere notizie era il fax. E ancora qualche redazione funzionava con i mitici "dimafoni" (dettatura pezzo al telefono).
Ecco, di tutta questa "preistoria" comunicativa, è rimasto ben poco. Con gli apparecchi citati, oggi, potremmo allestire un museo. Perchè sulla galassia della comunicazione, 20 anni, gli ultimi 20 anni, equivalgono ad un paio di eree geologiche.
Settembre 2013: il videomessaggio di Berlusconi, dopo qualche istante, è già in rete. E' visibile su internet, scaricabile da youtube, non c'è timore di perderlo con il tg acceso qualche minuto in ritardo. Del resto, il XXI secolo, non dà più spazio nè alla carta nè al tempo: oggi tutto si può ritrovare, basta sapere cercare nell'universo interplanetario di internet.
Oggi, a distanza di qualche giorno, il videomessaggio di Berlusconi è ancora tra le clip più cliccate, accanto alla parodia di Crozza, che gli fa il verso, contendendogli anche la leadership dei "mi piace".
Dopo 20 anni tutto è cambiato. Tranne il contenuto del videomessaggio: un Berlusconi più vecchio - ed è forse il peggior difetto che riesce a intravedersi - e politicamente più stanco ribadisce le proprie innocenze, invoca la reazione del suo elettorato a quella che definisce "ennesima ingiustizia", torna a identificare le sorti del Paese con quelle dei suoi conti personali. Un dejavù.
Per coerenza, quel videomessaggio - che non a caso proclama la ricostituzione di "Forza Italia" a distanza di 20 anni (praticamente come riprendere un giocatore di calcio che 10 anni fa era al top, ma oggi potrebbe essere solo una preziosa figurina Panini, tipo Kaka) - Berlusconi l'avrebbe dovuto diffondere nuovamente in VHS.
Avremmo tutti capito che in fondo, in 20 anni, il nostro Paese non ha fatto passi avanti. E' sempre più uno Stato in mano ad una generazione "anziana" che non dà spazio ai più giovani. E sicuramente non solo per colpa di Berlusconi.
Lui continua a stare lì, vecchio e stanco, ma sufficientemente tenace dal polarizzare ancora una volta l'attenzione della politica italiana intorno alla sua figura.
Intorno non c'è un successore, non c'è nemmeno un "delfino" degno della fiducia che potrebbe riporsi su un qualsiasi cambio generazionale. Intorno a lui, all'uomo bandiera del centrodestra italiana - cui si deve se non altro l'aver saputo "sdoganare" il concetto di destra politica dall'omologazione allo stereotipo fascista - solo falchi, pitonesse e "specie" varie, un quadro triste, quasi da Fogazzaro. Tutti uniti a pregare che il leader viva, e continui a pulsare di energia contagiante: unica garanzia, questa, di sopravvivenza politica dell'attuale centrodestra.
20 anni fa, tanto per spostarci in un ambiente poco meno serio e in fondo molto simile, il calcio, faceva il suo esordio con la Roma, Francesco Totti. E segnava il suo primo gol, in maglia Juventus, Alessandro Del Piero. Due ragazzi, cresciuti anagraficamente a braccetto ma caratterialmente in modo diametralmente opposto, che oggi sintetizzano cosa significhi "essere o non essere" bandiera.
Totti, alla veneranda età di 37 anni, ha rinnovato il suo contratto con la Roma: "Mi hanno trattato da bandiera, non come Alex alla Juve" ha dichiarato malinconicamente er Pupone, dicendo in fondo una nuda e cruda verità. Con Del Piero forse non si amava, ma la stima reciproca è ed è sempre stata indiscussa.
Totti, calcisticamente parlando, è un talento sopraffino. Di quelli che nascono rari ogni due generazioni. Sportivamente parlando è un "vecchio", un veterano (se non si vuole offendere). In questi due decenni, il leader della maglia giallorossa ha fatto di tutti (fesserie comprese): tatticamente è stato seconda punta, trequartista, unica punta inventato da Spalletti. Oggi tornato perno dell'attacco con Garcia. Si è rinnovato, ha cercato nuove soluzioni tattiche, ha inventato continuamente, magari senza bisogno di ricerca scientifica). E ha perfino fatto vendere libri (anche se in questo caso, va steso un velo pietoso sulle sue barzellette).
Ecco, i 20 anni di Totti, sono stati ricchi di novità.
I 20 anni della politica italiana, quell'era che un giorno sui libri di storia chiameremo "Berlusconismo", sono stati ricchi di polemiche, di contrasti, di nomi nuovi (sigle partito) ma di sostanza inizialmente accattivante, poi scontata e oggi, forse, ormai un po' ammuffita.
Un giorno qualcuno ci spiegherà anche che la responsabilità di tutto questo non può essere solo di Berlusconi. Che in fondo non ha minacciato nessuno alle urne - e non più tardi di 6 mesi fa è tornato a prendere 10 milioni di voti. Ma che ha potuto felicemente contare sull'assenza costante di un'alternativa politica credibile e su uno stuolo di "yes man" a fargli da contorno nel partito.
Cosa accomuna queste vicende di cui ho oziosamente trattato oggi?
Semplice, tutto questo è l'Italia. Un po' Costa Concordia, nelle disavventure e nella capacità di rialzarsi. Un po' Berlusconi, nella capacità di restare in auge a dispetto del tempo e a dei detrattori (incapace di proporsi come alternativa). Un po' Totti, nella svogliata ma inimitabile capacità di inventare, di dosare e talvolta sprecare talento. Ma di voler essere e sentirsi anche "bandiera". Fino in fondo.
Superando quella dicotomia classica che distingue i pregi dai difetti, tanto è labile il confine degli uni e degli altri.
Proprio come il nostro Paese.
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