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mercoledì 11 settembre 2013

Quando la differenza la fanno... le motivazioni

Per certe partite non servono le motivazioni. Quelle vengono da sole. Ma per certe partite sono le motivazioni a fare la differenza. E spesso a ribaltare il gap tecnico o le differenze sulla carta.
Si dice così alla vigilia di un derby o di un match di cartello. Non semplici frasi di circostanza.
Ma vicende che si tramandano attraverso aneddoti di sport e personaggi, di cui è ricca, ricchissima anche la storia del calcio umbro.
I derby poi fanno storia a sé. Da qualunque angolazione li si guardi.

Prendete Fabrizio Nofri. Lui, perugino purosangue, nel 1987 è capitano del Perugia di Colautti alla ricerca disperata di tornare nel calcio che conta, è il leader di un gruppo che diventerà protagonista di lì a poco. Con gente come Angelo Di Livio e Fabrizio Ravanelli che in meno di 10 anni finirà per alzare la Coppa dei Campioni in maglia bianconera.
E' lui, Fabrizio Nofri, a portare in vantaggio il Perugia in mezzo ad un acquazzone di inizio ottobre, 25 anni fa, davanti a 7000 spettatori. Sulla carta sembra una vittoria scontata. Il Perugia è il Perugia, il neopromosso Gubbio ne ha già presi 3 al debutto col Lanciano, ha battuto il Riccione e sembra spacciato. E invece. Invece la partita si rivela una battaglia ad armi pari, complice forse il terreno allentato, il tempo inclemente, complice sicuramente il carattere della squadra di Landi, clima da derby, derby vero, sugli spalti e in campo. Derby che mancava agli eugubini da decenni.
Chissà quel giorno dov'era Santopadre. Di sicuro Fabrizio Nofri era in campo, e fu lui, difensore roccioso ma anche abile a sfruttare il momento giusto in area avversaria, a spedire in rete la corta respinta di Cacciatori sull'inzuccata da due passi di Pagliari. Partita finita? Tutt'altro. Il Gubbio reagisce, reclama un rigore, sfiora il pareggio, e a pochi minuti dalla fine trova un'altra incornata, stavolta vincente, di un altro difensore, Giovannico.

Contano le motivazioni. Quando un pareggio vale come una vittoria. Quando un gol vale una stagione. Quando l'esperienza è la bussola per guidare un gruppo di ragazzi sbarbati che diventano protagonisti. Come accadde sempre Fabrizio Nofri, qualche anno dopo, 1993, stavolta in maglia rossoblù: in panchina un altro ex grifone, Massimo Roscini, uno con il Gubbio nel cuore. E il Gubbio, una nidiata di ragazzi cresciuti nella formazione allievi di Gianni Francioni, finalista nazionale, parte incerto ma poi diventa la sorpresa della stagione. Fino a battere l'ambiziosa Fermana di Colantuono e Brini, venuta al S.Biagio per far un sol boccone dei rossoblù e ripartita con un gol nel groppone, quello del perugino naturalizzato eugubino Mirko Cernicchi, un Chiellini ante litteram. L'anno dopo saranno due i fratelli Nofri in maglia rossoblù, Fabrizio e Federico, anche se la stagione – quella della fantomatica sostituzione dei portieri dopo 1' di gioco per norme federali già incomprensibile allora – non avrebbe regalato le stesse sensazioni.

Non tutte le annate vengono con il botto. E proprio quelle in cui meno te l'aspetti, finiscono per sorprenderti.
Come non pensarlo a 7 giorni da Gubbio-Salernitana. Con la memoria che danza sulle note di una doppietta, firmata niente meno che Marco Briganti – altro naturalizzato eugubino di origini tifernati – che si ritaglia la domenica di gloria in zona gol, insieme ad un capolavoro griffato Gomez, su preziosa assistenza del Donnarumma migliore. Era un Gubbio caterpillar, felice di sorprendersi e di sorprendere, in quel dicembre 2010. Un Gubbio torrenziale, l'avrebbe definito il senatore Stirati. Quando pensare in grande, ancora, sembrava quasi un azzardo.
Quando sognare pareva impensabile. Ma anche allora le motivazioni avrebbero fatto la differenza. Una differenza che a maggio si sarebbe chiamata serie B...

Da rubrica "Il Rosso e il Blu" in Fuorigioco di lunedì 9.9.13

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