La decrescita felice. Era la bandiera sventolata dagli ambientalisti anni Ottanta (quelli del referendum sul nucleare che ha congelato lo sviluppo energetico del nostro Paese mentre oltre le Alpi pullulavano centrali francesi). Più di recente è diventato un "mantra" per Grillo e i suoi adepti on line. Oggi è diventata una triste prospettiva per il nostro Paese.
La vicenda Ilva - che in queste ore sfocia nel paradosso della Riva - un colosso metallurgico che avrebbe mercato, qualità, know how e che invece chiude a tutto vantaggio dei competitors europei e mondiali che se la ridono sotto i baffi - è il nuovo volto dell'Italia che fa harakiri.
L'industria che provoca disastri ambientali viene fermata quando è troppo tardi, senza un piano di "ripartenza", senza un progetto imprenditoriale in grado di evitare che con l'acqua sporca (molto sporca) se ne vada anche la produzione e il lavoro. Il barometro dell'economia italiana rischia di passare anche attraverso le aule di tribunale - e questo non è un bel segnale.
Inconsapevolmente l'industria del nostro Paese sta affogando, con un suo protagonista fondamentale, la siderurgia (guardiamo cosa accade a Terni) proprio nelle ore in cui - grazie alla tecnologie e alle intelligenze che ancora oggi l'Italia riesce a vantare - riemerge miracolosamente il pachiderma della Costa Concordia dalle acque dell'isola del Giglio.
Illuminante in questo senso la riflessione che ci impone oggi Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. http://www.corriere.it/editoriali/13_settembre_15/tanti-saluti-industria_a1759114-1dcd-11e3-a7f1-b3455c27218c.shtml
L'editorialista del Corsera individua nella decrescita felice del nostro Paese il risultato di almeno due decenni nei quali il diritto penale si è troppo spesso sostituito al buon senso, l'ecologismo estremista ha imbavagliato la crescita, l'ottusità politica di chi ha curato solo i propri orticelli (e il consenso) ha fatto il resto.
Come dargli torto?
Senza la manifattura, senza l'industria, l'Italia non ha futuro. Con buona pace di chi vorrebbe si puntasse tutto su risorse alternative (turismo, energia verde) quando è palese che questi settori potrebbero aiutare solo se trainati dall'unica vera locomotiva economica italiana. Che invece, a differenza della Costa Concordia nelle prossime ore, sta lentamente affondando...
domenica 15 settembre 2013
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