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martedì 24 settembre 2013

Lamberto Magrini... e una vita da mediano. In rossoblù...





Una vita da mediano. Un quinquennio abbondante da colonna del centrocampo rossoblù. Colonna granitica, di quelle che non devi tremare, anche nei momenti più difficili.

Lamberto Magrini ha vestito la maglia del Gubbio per 5 stagioni, un lustro









che è stato tale in tutti i sensi: perché un giocatore con le sue caratteristiche, umane e agonistiche prima ancora che tecniche, non ha semplicemente messo addosso il rossoblù. Lo ha interpretato, vissuto, difeso entrando subito in simbiosi con i tifosi e con la città.


La "muraglia" rossoblù al Curi il 17 maggio 1987
Un centrocampista di sostanza, col vizio del gol e soprattutto col carisma di chi sapeva trascinare la squadra sulle ali di un entusiasmo, che forse, alla fine degli anni Ottanta, ha vissuto una pagina di coinvolgimento e passione mai più ripetuti. Culminato nello spareggio del “Curi” che, ironia della sorte, lui, Magrini da Magione, non ha giocato perchè squalificato, col prof. Landi a inventarsi nell'occasione Tito Bonifazi in marcatura sul temutissimo Di Prete e a conquistare quella maledetta fantastica promozione al 113' minuto, 8 del secondo tempo supplementare con Rosario Zoppis.

Il ds Mancini e il presidente Vispi, artefici
dei trionfi del Gubbio fine anni 80
L'avventura di Magrini con il rossoblù comincia nel 1984: è Piero Fiorindi che insieme all'inossidabile ds Mancini, lo porta a Gubbio con un gruppo di giocatori che segneranno quell'epoca. Italo Franceschini, Fabrizio Ciucarelli, Roberto Camborata. Insieme a Magrini formano quell'ossatura su cui poi Roscini prima e Landi poi cementeranno il Gubbio più coinvolgente di sempre.
Sono gli anni in cui il San Biagio, ancora si chiamava così, si riempie a vista d'occhio: dai soliti 1.000 ai 2.000 spettatori il passo è breve, con Roscini che porterà i rossoblù agli spareggi di Senigallia. Sono anni in cui Magrini segna gol pesanti e a loro modo memorabili. Il suo primo acuto è anomalo, di domenica mattina, a Roma contro l'Almas, un gol che regalerà i 2 punti. L'anno dopo sblocca la gara con la Falconarese a Cantiano, giocata in campo neutro dopo le baruffe casalinghe con il Cattolica. L'Assisi è una sua vittima prediletta, gli segnerà ben due reti, ma Magrini finisce anche nel tabellino di una delle trasferte più convulse e concitate di quegli anni, a Colle Val d'Elsa, con un bolide da 30 metri in una gara finita 2-2 che vedrà la squadra uscire dallo stadio scortata dai Carabinieri, con Camborata abbattuto in campo da un jeb diretto e i nostri cronisti chiusi a chiave in una specie di tribuna stampa sotto assedio.
Ma il gol più importante il buon Lamberto lo segna a Senigallia nella vittoria più pesante e improbabile di quel 1987: una settimana prima il Gubbio ha perso in casa il big match col Poggibonsi davanti oltre 5000 spettatori. Sembra fatta, i toscani hanno agguantato la squadra di Landi e tutto lascia pensare che voleranno in C2. Ma il Gubbio, falcidiato da infortuni e squalifiche, riesce a vincere subito proprio a Senigallia, campo ostico, nel quale Zoppis e Magrini fanno ripartire la marcia trionfale.

La formazione del Gubbio vittoriosa sulla Ternana
di D'Amico (1-0 gol di Cocciari)
In C2 Magrini andrà a formare un centrocampo indimenticabile, con Luiu, Cocciari e Di Felice, roba che oggi forse neanche in serie B. Due stagioni da protagonista, come il Gubbio, matricola terribile, capace di spaventare il Perugia, di battere sonoramente la Ternana, di mettere sotto l'Andria, il Martinafranca, il Chieti, le big di quel periodo.

Magrini da allenatore, poi, avrà con Grosseto il rapporto più frequente, con una promozione di fatto conquistata sul campo, in coppia con Mancini, e a Gubbio, da avversario, in un pirotecnico 2-2, finì perfino per rischiare il contatto con tifosi immemori delle gesta rossoblù da giocatore. Forse loro non c'erano, sugli spalti, ad esaltarsi in quel quinquennio.

Era C2 ma era come se fosse stata una serie cadetta. Per la città, per i tifosi, per quel Gubbio.

E Magrini, di quel Gubbio, era un simbolo. Di tenacia, attaccamento, caparbietà. Un po' come lo sarà Sandreani negli anni Duemila. Stesso numero, l'8, stessa voglia di sentirsi addosso il rossoblù. Tanto da esclamare, a distanza di quasi 30 anni da quell'esperienza, “Ad allenare a Gubbio? Verrei anche a piedi...”.



Dalla rubrica "Il Rosso e il Blu" nella trasmissione "Fuorigioco" di lunedì 22.9.13
musica di sottofondo: "Una vita da mediano" - Ligabue

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