E con il rischio di ritrovarsi anche senza memoria. Caso mai qualcuno avesse scordato gli ultimi 15 anni di vita eugubina, ci ha pensato indirettamente la Presidente della Regione, Catiuscia Marini, a rinfrescare la meningi al termine del suo incontro con il Commissario D’Alessandro a Palazzo Pretorio.
“A
Gubbio non si programma e non si decide da troppo tempo” ha
dichiarato testualmente la Governatrice umbra, respingendo al
mittente non solo presunte responsabilità regionali sulla situazione
attuale ma anche insinuazioni che volevano coinvolgere Palazzo Donini
nella strana e ancora oggi subdola vicenda della fuga di “Don
Matteo” a Spoleto.
Gubbio
Cenerentola? No, più che altro una Gubbio da Bertoldo. Una città
che ha finito per giocare sul proprio destino prima con un decennio
improntato prevalentemente ad una “politica del consenso”, poi
con un biennio gravido di conflitti e contraddizioni – prima fra
tutte l’abbandono del timoniere da parte delle truppe che lo
avevano sostenuto.
Quella
stampata dalla Presidente regionale non è solo una fotografia
dell'attualità, somiglia più ad uno schiaffo politico alla classe
dirigente di questa città (del suo partito e non solo). Il
quindicennio di lotte intestine, alleanze trasversali, conflitti
economici, battaglie disputate su più fronti, non solo politici, ha
lasciato molte macerie. Il risultato? Una città che si è
autoesclusa dalla geografia della programmazione regionale. Una
comunità senza più bussole.
Gubbio
è l’unico comune in Umbria – ha rivelato la Marini - a non aver
presentato il cosiddetto Qsv (documento sul quadro strategico di
valorizzazione del centro storico), perdendo così l’opportunità
di attingere a risorse economiche che di questi tempi sarebbero tanto
preziose per quanto sono rare.
L’ultimo
decennio, al di là di alcuni interventi, la città ha partorito due
mega progetti (Puc 1 a San Pietro e Puc 2 nell’ex ospedale) che
dovevano rappresentare una svolta epocale per il centro storico.
Entrambi hanno vegetato prima ed ora restano in incubatrice, con il
parcheggio a San Pietro che ha qualche chance in più di vedere la
luce (se non altro per far sparire l’eco-mostro attuale) e con l’ex
ospedale che invece si candida a diventare “cattedrale nel
deserto”, con l’aggravante di aver fatto trascorrere quasi 10
anni (dalla firma per il nuovo ospedale di Branca risalente all’anno
2000 all’inaugurazione del marzo 2008) senza un progetto di
credibile fattibilità.
Il Commissario D'Alessandro con l'ormai ex Comandante dei Carabinieri di Gubbio, Iannicca |
Piangersi
addosso, a questo punto, è esercizio perfino beffardo, oltre che
dannoso. Non potrà essere il Commissario del resto ad usare la
bacchetta magica e risolvere d’incanto i problemi: sarà un mezzo
miracolo già far tornare i conti, dopo il taglio “brutale” di
circa 4 milioni dei fondi provenienti dal Governo, che imporranno una
manovra rigorosa e inevitabilmente pesante.
C’è
un vuoto politico, che faticosamente da alcune sponde, politiche e
civiche, si cerca di affrontare con qualche primo timido dibattito.
L’attualità e l’emergenza richiamano anche la cittadinanza ad un
maggiore impegno e ad una partecipazione diretta senza precedenti. Lo
stesso appello del Commissario alle associazioni locali, a farsi
artefici della gestione di alcune aree per garantirne una più
decorosa manutenzione, va colto come stimolo ad una fase nuova di
responsabilità da parte dei cittadini.
Anche
se, la responsabilità più importante resterà comunque, tra meno di
12 mesi, quella delle urne. Sarà pure prematuro, ma è bene
auspicare fin d’ora che se il vuoto politico sarà colmato dalla
campagna elettorale, non siano poi i “vuoti di memoria” a fare la
differenza.
Dall'editoriale di "Gubbio oggi" - settembre 2013
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