C'era una volta lo "spazio vitale" di mussoliniana memoria. Le grandi potenze europee che danno vita a processi di espansione, in particolare in Africa (ma anche in alcune aree dell'Asia), per garantirsi uno "spazio vitale" dal quale trarre materie prime (e pensare che il petrolio ancora non era stato scoperto...) e nelle quali diffondere e ampliare le proprie economie.
L'esempio è vetero-nostalgico, ma credo più che azzeccato, quando si parla delle dinamiche che stanno accompagnando la transizione al digitale del nostro Paese. Un processo iniziato già da due anni (la prima regione fu la Sardegna) con "lacrime e sangue" da parte delle emittenti locali che hanno lasciato per strada ascolti, fidelizzazione dell'utente e soprattutto introiti pubblicitari.
Di questo fenomeno pochi parlano - e sembra paradossale trattandosi del sistema di comunicazione che resta più diffuso e penetrante nella nostra società, cioè la tv. Ma non è un caso...
Martedì prossimo a Roma si svolgerà una clamorosa protesta indetta dalle organizzazioni delle emittenti radio-televisive locali (Aeranti Corallo cui aderisce anche TRG e Frt), per protestare contro le
recenti norme della legge di stabilità 2011 che di fatto impediscono alle emittenti locali di consorziarsi per poter da un lato ampliare il bacino d'utenza nelle altre regioni, dall'altro per sostenere la raccolta pubblicitaria deficitaria (sia per la congiuntura economica ma soprattutto per le difficoltà tecniche di accesso al sistema digitale).
Ma da dove nasce l'inghippo e da dove hanno origine le difficoltà - e rischi seri di sopravvivenza - di centinaia di emittenti locali? Lo spiega lucidamente un articolo tratto dal periodico Broadcast & Production - specializzato sulle tematiche relative al mondo della produzione televisiva. Nulla di politico dunque. Anche se politico-imprenditoriale appare in realtà la "regia" di tutto ciò che sta accadendo.
Leggete il link in basso e avrete così la spiegazione di un panorama che - poi si capirà - non conviene ai grandi network nazionali (Rai, Mediaset, Sky) far conoscere al pubblico. Ma che sul grande pubblico rischia di riflettersi.
La spiegazione, in due parole, è semplice: i grandi circuiti hanno bisogno di "spazio vitale" (frequenze digitali): non potendole avere in quanto occupate da 550 emittenti locali, e non volendole acquistare per ovvi motivi di contenimento dei costi, hanno visto bene di favorire un fenomeno di "scomparsa darwiniana" delle emittenti. Che nel giro di qualche anno diminuiranno sensibilmente di numero - un po' come i dinosauri dopo la caduta del meteorite 65 milioni di anni fa - lasciando libere numerose frequenze ad appannaggio dei più grandi.
Una legge di mercato? Nient'affatto. Una legge politica che intende incidere fortemente sul mercato.
E anche sull'informazione e la cultura dei nostri territori che, senza una voce informativa e televisiva locale, rischiano davvero di "scomparire" anche dal piccolo schermo (basti pensare quanto e come si parlerebbe di Gubbio, ma anche di C.Castello o di Foligno, in Umbria, se non ci fosse TRG).
A voi il link che illustra il tutto... E martedì saremo a Roma per documentare i motivi della protesta, prima di una trasmissione regionale a reti unificate, pianificata già per venerdì 11 febbraio.
http://www.broadcast.it/BeP/Rivista/2010/2010_6/news_3.html
venerdì 28 gennaio 2011
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Appena rientrato da Roma (convegno su futuro delle emittenti locali con le nuove norme restrittive sul digitale terrestre): il guanto di sfida alla legge Finanziaria è stato lanciato... Ora la parola passa ai politici (poi, semmai, al pubblico, che dovrà ricordarsi di chi ha voluto o meno "mettere il bavaglio" alle tv locali)...
RispondiEliminaSpeciale servizio con interviste giovedì sera a "Link" (ore 21.15 TRG - replica venerdì ore 14.30, sabato ore 16 e domenica ore 12)