Non sapevo se mi sarebbe piaciuto. Non sapevo se sarei stato in grado di realizzarlo. E soprattutto di "alimentarlo" con idee, riflessioni, pensieri. E pure qualche "cazzeggio" (perdonatemi il temine, ma da quando ho letto sul libro di Sandro Petrone (Il linguaggio delle news) che era proprio questa la definizione originaria in redazione di rubriche del Tg2 tipo "Costume e società" o "Tg2 motori", posso permettemi la licenza...).
Eppure fare un blog, un proprio blog, è stato e continua ad essere una scoperta sempre più coinvolgente. E appassionante. Quando un giorno, con un amico, si parlava di questo, mi ha chiesto: "Perché un blog?".
Perchè sono un po' più me stesso, mi è venuto da dirgli al volo. Mi sento meno "direttore" - anche se l'esperienza quotidiana in redazione inevitabilmente viene a galla - e un po' più Giacomo. Magari non in tutto quello che scrivo, ma soprattutto in "come lo scrivo": dove il come sta per "lo spirito con cui" fai una cosa.
Non la devi fare. La fai se ti va. Se ti passa per la testa. O magari per il cuore. Punto.
Domande che spesso non conviene neanche farsi in redazione.
Poi ti accorgi che ogni giorno hai qualcosa da dire. Da scrivere. Da lasciare alla riflessione (e magari anche alle repliche) degli altri. Dove gli altri, in realtà, sono quei "25 lettori" di manzoniana memoria, preziosi custodi di qualcosa di tuo. Di vero. Di importante.
E' passato quasi un anno dal primo post (19 febbraio 2010, ci sarà modo il prossimo 19 febbraio di fare un pit stop di bilancio): e devo dire che questo scrivere e scrivermi, ma anche condividere con altri quello che si scrive, è un'esperienza paradossalmente nuova. Paradossalmente perché in fondo, nel mio caso, dovrei sentirmi abituato a confrontarmi con il pubblico.
Per la verità quando scrivi su un giornale o fai tv, non guardi in faccia chi ti ascolta o chi ti legge. Presumi che qualcuno ci sia (poi lo scopri dai dati Auditel o Audipress), ma in realtà quel tuo interlocutore non ha un volto, non ha un nome. Finchè magari non ti scrive, il più delle volte per lamentarsi di un refuso, di una dimenticanza, di un errore. E vai con la rettifica...
Sul palcoscenico poi, non guardare sul viso chi ti ascolta non solo è opportuno ma addirittura necessario (un segreto dei presentatori di lungo corso) per evitare distrazioni inutili, interpretare qualche smorfia o movimento come reazione ad una propria frase (quando magari chi ti ascolta pensa a tutt'altro), e magari smarcarsi da qualche cenno che potrebbe solo creare confusione.
Dunque contatto diretto, zero.
Stavolta no. Con il blog è come essere in un cenacolo virtuale: quasi che ci trovassimo intorno ad un camino (o come ai tempi degli scout, intorno al fuoco, in uno scorcio di montagna, a riscaldarsi la mente e il corpo, prima di infilarsi nel sacco a pelo e sperare di non svegliarsi nel cuore della notte per non sentire freddo), quasi che la pensassimo tutti allo stesso modo (anche se così non è, e per fortuna...).
Con il blog riesci a riconquistare un'identità che va al di là del tuo ruolo, del Giacomo Marinelli Andreoli che devi scrivere in fondo ad un articolo o che metti in sottopancia su un editoriale. Anche se qualche volta i pezzi che inserisco sono quelli che poi escono così. Ma il solo fatto di anticiparli a qualcuno, regala loro un qualcosa di speciale... Per carità non sono anteprime esclusive, niente per cui valga la pena fare corse o svegliarsi di notte. Ma sai che chi ti legge o ti segue qui, non lo fa nel corso di una manovra di zapping o sfogliando distrattamente un quotidiano o un periodico. Deve arrivarci, deve cercarti. In una parola, deve volerti. Non importa quanti siano a farlo. Già di per sè è... Piacevole.
E poi ti confronti: ti rileggi e ti metti in discussione molto più di quanto non si faccia professionalmente tutti i giorni.
E magari hai anche le tue soddisfazioni gratificanti (come un paio di fantastiche cartoline inviatemi dal sig. Bruno Raggio Garibaldi, direttamente da Chiavari, dove confessa di essere un affezionato lettore del blog... Grazie, anche per la splendida Agenda Nautica 2011!).
Tutto questo per dire che l'esperienza ha un fascino particolare: insospettabile a priori, ma piacevolmente assaporato in corso d'opera. E chissà cosa ci riserverà, non dico tra un anno... ma domani.
Ora capisco anche perché l'amica che mi ha aiutato nella realizzazione tecnica del blog mi ha detto: "E' una splendida idea", quando le dissi che stavo cullando questo piccolo personale progetto.
Beh approfitto per dirle "grazie". Un doppio grazie. Per avermi aiutato mentre brancolavo nel buio tecnico più totale (essendo un perfetto "uomo di Neanderthal" davanti alla tastiera) e per avermi ricordato quando lei stessa - meritatamente - ha ricevuto il premio "Sunshine Awards" con il suo blog "iosonoquesto". Che ha voluto condividere anche con questo mio blog.
Grazie Antonella. Da un anno a questa parte mi hai aiutato a conoscere un po' meglio anche me stesso... E il cammino resta ancora lungo... Per fortuna...
http://iosonoquesto.blogspot.com/2011/01/premio-sunshine-awards.html
martedì 18 gennaio 2011
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Devo farti una confessione: sinceramente, con le tue giornate di 54 ore superpiene di lavoro, impegni, scadenze, corse contro il tempo, non avrei mai creduto che saresti riuscito ad aggiornare così frequentemente il tuo Blog e per giunta con Post sempre così interessanti ed appassionanti!
RispondiEliminaSono fiera si essere stata smentita! E sono fiera di averti “fornito” lo strumento per dar VITA a questo meraviglioso lavoro…
Uno strumento però resta solo uno strumento…
Tu hai dato un’anima a questo Blog ed è quell’anima a ricevere oltre cento visite al giorno… Te lo sei meritato il “Sunshine Awards”…
Un blog è un ottimo amico a cui affidare le proprie riflessioni e i propri pensieri, tutti.. anche quelli più nascosti.. sta lì vuoto ad ascoltare, senza giudicare… e tu gli racconti
Ho scoperto che anche solo con un’immagine… solo citando delle battute di un film.. o due righe di poesia.. o il testo di una canzone, puoi dire tanto di te stesso a chi è in grado di ascoltare.
“Nascosti” dietro ad un monitor, quando siamo soli con noi stessi, le dita volano sulla tastiera collegate al cuore, regalando, a chi sa comprenderla, la parte migliore di noi...
"Deve arrivarci, deve cercarti. In una parola, deve volerti......"perchè "puoi dire tanto di te stesso a chi è in grado di ascoltare." grazie a tutti e due!!!! Magda
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