Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

venerdì 14 gennaio 2011

Una lettera accorata... degna di un grande gesto. Di un vero ceraiolo.

Il carisma è come la classe. Non è acqua. Nel cero e nella vita di tutti i giorni.

E la frase è riferita all’amico “Picchio”, al secolo Francesco Pascolini, che per anni ho salutato con un abbraccio davanti alle colonne di Barbi, con un in bocca al lupo reciproco.
Lui sangiorgiaro, io santantoniaro. La corsa distava pochi minuti e fino a che non spuntava la mantellina gialla dalla Statua, il clima da “6 meno 5” metteva tutti sullo stesso piano. Qualunque colore avesse la nostra camicia, quello del volto era identico. E un sorriso, con un abbraccio, aiutava solo a stemperare. E a sentirsi ancora un pizzico in più, in quel momento, ceraioli.

Poi una volta sotto, era giusto non guardare più in faccia a nessuno. E per qualche anno abbiamo pure “rovinato diverse foto” ai sangiorgiari di Barbi (impedendo a Gavirati di esporre ingrandimenti della muta che sarebbero stati imbarazzanti…).
Ma ci sono stati anche gli anni che l’ingrandimento c’era. Ed era inequivocabile. Chapeau.


Non mi sorprende che proprio lui, Francesco, il “Picchio”, abbia compiuto questo passo. Coraggioso, nobile, degno, autentico. Scrivendo una lettera che è un invito accorato. Ad essere, prima di tutto, ceraioli.

In tanti aspetti la nostra splendida Festa – parlo di Festa, non a caso – si distingue e si distacca da Giostre, Palii, rievocazioni varie: il più cristallino di questi aspetti è quello che si rifà alle parole e all’esempio del nostro Patrono.
Ci si divide, per due ore, in un tutti contro tutti che in realtà, ognuno nel proprio cero, è un “tutti per uno”. Un po’ come nella vita, si corre, si lotta, si combatte, per prevalere. Dove questo non vuol dire superarsi fisicamente, ma superarsi nella limpidezza di una corsa che è la forma più avvincente, originale e appassionante di questa devozione.
Poi ci si ritrova, dopo quelle due ore frenetiche e irripetibili, di fronte ad un portone chiuso.

La corsa è finita ma la Festa vera dovrebbe essere sul punto di cominciare.
E invece non è così.
Il ritrovarsi insieme non è soltanto “più bello” – in senso coreografico. Anzi parlare di semplice impatto estetico è quasi riduttivo. Sarà anche bello, ma è soprattutto e semplicemente “ceraiolo”: la corsa è finita, quello che dovevamo dimostrare lo abbiamo fatto. Chi ha motivo di gioire è giusto che lo faccia, chi ha motivo di rammaricarsi se lo terrà dentro e aspetterà un altro anno per cercare di fare meglio. Proprio come nella vita.

Per tutti, indistintamente, però, vale la pena essere lì per un abbraccio corale al nostro Patrono.
L’unico senso che questa Festa ci dà perché possa svolgersi da sempre, in qualunque condizione atmosferica, in qualunque condizione di salute, in qualunque condizione gli altri 364 giorni dell’anno ci abbiano ridotto.

Siamo lì per Lui. Per quel S.Ubaldo (scritto con il punto) che dentro l’urna continua a ripeterci silenziosamente che abbiamo una fortuna immensa – a poterlo onorare in modo così unico e straordinario – che spesso sembra quasi che non ce ne accorgiamo.
Ci divertiamo a rovinare tutto, a travisare il senso di questa giornata. Come se la Festa dei Ceri dipendesse da pochi personaggi. Da individualità. Una festa collettiva non può esaltare l’individuo. Come se qualcuno da solo “potesse portare il cero in cima al monte” (ci sono alcuni ceraioli magari pure convinti di riuscirci). Come se questa Festa non ci insegnasse, anche fuori dal 15 maggio, che da soli non si va da nessuna parte. Che l’umiltà non è una parola con l’accento, buona per i discorsi al microfono. Che quello che ci insegna il Cero, lo stare insieme grazie al Cero, ce lo portiamo dentro tutta la vita.

Ecco perché sono con il “Picchio”, lo ringrazio e lo appoggio in pieno. Perché sentire la Festa in modo autentico non dipende dal colore di una camicia. Così come sentirsi devoti al Patrono. Quello che portiamo al Suo cospetto, appunto il cero, è solo un omaggio. Sant’Ubaldo (scritto con l’apostrofo), San Giorgio e Sant’Antonio, non sono che dei “doni” offerti al Patrono. In legno forgiato (e da quest’anno, pure restaurato), che presi da soli, nel loro correre senza una meta, non avrebbero senso. Ma lassù, di fronte a Colui per il quale si fa tutto questo, acquistano, insieme e in un tutt’uno, un valore incommensurabile.

Che distingue, questo sì, la Festa dei Ceri, da qualsiasi altra manifestazione ed espressione religiosa o di popolo che si conosca. Tutto ruota intorno a questo.
La Festa dei Ceri, il suo presente ma anche e soprattutto il suo futuro, è questo.

 
Di seguito il testo della lettera elaborata da Francesco Pascolini "Picchio" e pronta per essere sottoscritta:

SANTUBALDARI
(DOPO LA CHIUSURA DEL PORTONE) 
NON DIVIDETE IL POPOLO EUGUBINO!

I tre ceri sono, insieme, espressione del nostro popolo.
Sono inscindibili.
Dividerli significa non capire il potente messaggio che in essi è custodito.
Significa sminuirli irresponsabilmente.
Tre in uno, tre per Uno.
Dopo la lotta, dopo la chiusura del portone, di fronte l'Urna del Patrono, l'unico atto comprensibile è il ritrovarsi tutti insieme in un grido carico d'orgoglio:
"il rito è compiuto, il popolo è nuovamente unito!".
Eugubini con eugubini.
Spesso così non è per la scelta di alcuni.
Ceraioli di Sant'Ubaldo questo è un appello accorato alla saggezza e per la saggezza del popolo eugubino: insegniamo ai nostri figli che la sfida è giusta, leale e virile, solo quando combattuta in campo aperto.
Non quando tutto è concluso! Non dietro un portone chiuso...
Non perdiamo un'altra occasione. Miglioriamo ciò che può essere migliorato.
E' il nostro tempo. E' il nostro dovere.

Francesco Pascolini (detto "Picchio")
Eugubino
Ceraiolo di San Giorgio.


La lettera è preceduta da due frasi, tratte dal libro "Passeggiando tra i ricordi - le tracce dei valori" (2008), di Bruno Capannelli ("Baratieri"), storico ceraiolo santubaldaro.

"Siate forti per la corsa, fortissimi fino alla chiusura della porta, straordinariamente agguerriti e combattivi contro gli altri Ceri, per poi riunirvi in un ideale abbraccio nell'amore per S.Ubaldo, abbiate anche la mente aperta al confronto, lo sguardo attento, rivolto al mondo nel quale, ora, state vivendo".

"Il motto dei santubaldari deve restare sempre lo stesso: lottare sempre, ma alla luce del sole, non dietro un portone chiuso!".

8 commenti:

  1. Come potrai immaginare, mi trovo perfettamente d'accordo con entrambi. Mi piace sia quello che è stato espresso, sia le parole che sono state usate per esprimerlo.
    Non aggiungo niente a quanto è già stato scritto: qualsiasi commento ulteriore finirebbe per diventare, forse, quasi pleonastico.
    Il motivo per cui ti scrivo, in realtà, è un altro. Mentre scorrevo lo sguardo tra le righe del tuo post, leggendo voracemente, la mia attenzione si è spostata anche sulle due foto. La prima l'ho riconosciuta subito (è pubblicata sul tuo profilo di Fb), splendida con i suoi colori e quella prospettiva inusuale che la rende tanto particolare.
    La seconda mi ha rapito immediatamente. All'inizio sono stata colpita da quelle camicie nere tra la folla. Ed ho subito pensato che si trattasse della "mitica muta de Barbi", alle sei meno cinque. Dimenticando per un attimo quello che stavo leggendo, mi sono messa a cercare i volti noti. Mi piace tantissimo guardare a lungo le foto dei Ceri, cercando di coglierne tutti i particolari, anche se si tratta di un'immagine come questa, in cui il Cero non compare. Stavolta ho capito senza difficoltà l'anno in cui è stata scattata. Il 2010. Il 15 maggio 2010 è una data che non dimenticherò (neanche tu, credo) perchè mio fratello per la prima volta ha preso il nostro Sant'Antonio proprio "qui da Barbi", a punta dietro, dove l'anno prima c'eri tu. E guardando quella foto sono rimasta colpita dal vostro abbraccio. Mi piacerebbe averla. Ti chiedo se, per favore, potresti inviarmela.
    Grazie.
    A presto!

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  2. Questo il commento di Mattia Martinelli, che mi ha inoltrato - e come a me, a tanti altri ceraioli - la lettera del "Picchio" (grazie Matti!)

    Cari amici,
    su invito dell'amico Francesco "Picchio" Pascolini, porto alla vostra attenzione un'iniziativa, promossa dallo stesso, volta a riaffermare l'Unità di tutti gli Eugubini, ed a lasciare a chi verrà dopo di noi messaggi di fratellanza, ben lontani da quelli che ogni giorno, la nostra società ci propina.

    Considerando che la "trasmissione" è il pane della tradizione, non mi sembra poco.

    Chi volesse aderire, può sottoscrivere questo appello (allegato), aperto ,ovviamente, a tutti i Ceraioli, presso i sostenitori, tra cui il sottoscritto.

    P.S. sempre più orgoglioso di essere Santantoniaro.
    P.S.S. W IL NOSTRO PATRONO Sant'Ubaldo, Santo della Riconciliazione.

    Saluti,

    Mattia Martinelli

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  3. Scusa, ma (stupidamente) non avevo pensato a salvarla da sola, senza chiederti di inviarmela...
    Ciao!

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  4. Mi permetto di aggiungere solo una considerazione senza voler fare della demagogia. Lealtà, rispetto, onore, coraggio, devozione, sacrificio. Sono parole che hanno reso unico il nostro popolo. Oggi sono diventate in qualche modo "arcaiche" non tanto perchè non usate, ma soprattutto perchè viverle nel loro significato e valore più profondo non fa più parte della nostra società e del nostro essere "uomini". E purtroppo ancora una volta, la nostra Festa, è "tristemente" lo specchio della nostra vita attuale, fatta di protagonismi e individualismi, esattamente il contrario di quello che è stata e che al più presto dovrebbe ritornare ad essere.

    Michele Minelli

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  5. Ancora da facebook -

    Mauro Agostinelli -
    Se non ho capito male la lettera del Picchio, prendendo spunto da un motto di Baratieri, non mette in discussione la chiusura del portone quale culmine della corsa. Se così è, cioè se questa sfida finale deve rimanere, allora basterebbe ten...ere in giusta considerazione l'utilità pratica (tramandataci dal passato) di fare in modo che alla riapertura del portone l'adrenalina sia ridiscesa e quei sant'ubaldari che magari avessero ecceduto siano spariti dalla vista dei sangiorgiari. Quest'ansia di celebrare chissà cosa non la capisco, perchè per celebrare la riconciliazione i momenti non mancano e, soprattutto, questa celebrazione innanzitutto deve svolgersi dentro se stessi

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  6. La premessa che fai secondo me è giusta. La conclusione però - seppur condivisibile - si scontra con un elemento: quello del valore simbolico dei gesti, che nella Festa dei Ceri non è secondario.
    Non credo ci sia ansia di celebrare qualcosa ...(l'ansia si è spenta proprio con la conclusione della corsa), piuttosto la celebrazione finale (non nel senso di rito ma di naturale conclusione dello sforzo legato alla corsa) svolgendosi davanti al Patrono, dovrebbe essere coerente con quello che quel "Signore dentro l'urna" ha insegnato.
    Trovo allora più insignificanti (e a questo punto, anche incoerenti) gli inchini tra i ceri, quando si incontrano durante la mostra: che senso ha farsi un omaggio alle 14, prima della corsa, e poi "ignorarsi" alle 20, quando la corsa - con la chiusura del portone - è finita?
    Che senso ha girare insieme nel chiostro la prima domenica di maggio, scendere insieme a Gubbio, uscire insieme dal Palazzo dei Consoli, girare insieme dopo l'alzata, correre insieme nel pomeriggio, se poi al culmine della corsa (e dell'omaggio al Patrono) vale l'"ognun per sè ed io per tutti"? (ho volutamente staccato la d dalla i...)
    GMA

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  7. Da facebook -

    Caro Giacomo sai benissimo come la penso ma voglio lasciare una traccia su questo argomento come contributo a questa discussione. Da santubaldaro ma soprattutto da ceraiolo che per diversi anni ha avuto il piacere e l'onore di suonare per tutti, indistintamente dal colore della camicia, ti dico che uno dei momenti piu' belli che ho vissuto e' stato l'anno in cui ha alzato il cero di sant'Ubaldo Massimo Saldi e Gige Moretti. Vedere i tre ceri insieme nella basilica e vedere tutti i ceraioli che si abbracciavano faceva venire la pelle d'oca. Io sono d'accordo per la chiusura del portone (non vorrei che il monte diventi una passeggiata) ma poi va immediatamente riaperto. Alla mattina ci facciamo gli inchini reciproci, io personalmente prendo sant'Antonio anche se poi pochi metri perchè in ognuno di noi magari ha un significato personale e speciale. Se teniamo un comportamento diverso dalla sera alla mattina in uno dei momenti probabilmente c'e' un pizzico di ipocrisia... io non voglio essere un ipocrita e voglio ritrovarmi intorno all'urna del vecchietto con tutti gli eugubini, con tutti i ceraioli al di la' del colore della camicia. Personalmente la festa, e non la corsa me ,l'hanno insegnata così e nel mio piccolo la sto insegnando così a mia figlia Benedetta.
    Ettore Berettoni (trombettiere Festa dei Ceri dal 1993 al 2002 n.d.b.)

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  8. L'emozione che personalmente provo, nel vedere i tre Ceri che si onorano a vicenda nella Basilica ha un valore estremamente profondo, soprattutto per quelli che ritengo i miei "doveri" fondamentali di eugubino e ceraiolo, ovvero il salvaguardare e tramandare nella maniera più incontaminata possibile, la nostra tradizione ormai quasi millenaria. Quindi, a mio parere, che si chiuda pure la porta, che la "sfida" sia sempre più agguerrita, insomma che si mantengano tutte le forme di competizione possibile e immaginabili, ma non permettiamo a nessuno e in nessun modo di contaminare tutto ciò che da secoli tiene unito un popolo, una città, una comunità.

    Michele Minelli

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