Non è stato facile. Alzarsi al suono del Campanone – che a maggio ha sempre un chè di speciale. Rinunciare ad annodarsi il fazzoletto, quello rosso un po’ sbiadito, con le rifiniture bianche e l’immagine stilizzata del cero di Sant’Antonio (stilemi degli anni ’70 quando la Famiglia lanciava le sue prime novità anche coreografiche). Quello che puoi mettere con qualsiasi camicia o polo, tanto si capisce di che cero sei.
Scendere le scale e non imboccare, come ogni prima domenica di maggio, la salita di via Fabiani, ciotolosa e maltenuta, ma deviare per San Pietro.
Facendo finta che fosse una domenica qualsiasi. Speravo di non incontrare nessuno. Ma non per non essere visto. Piuttosto, per non vedere.
Non è stato così (non poteva esserlo, alle 7 di mattina): e così, loro malgrado e a loro insaputa, Messiè prima, da un vicolo di San Pietro, e Luigino poi, risalendo dalla Piaggiola in scooter, è come se mi avessero ammonito, con la loro sola presenza. Con la fatalità di quel “ciao”.
La decisione però era presa da qualche giorno. E non c’erano alternative.
Dopo quasi 70 anni il Gubbio si giocava la promozione in serie B a 500 km da qui, sulle rive del golfo di Sorrento: affidare il racconto, la cronaca, le interviste di una giornata come questa ad un anonimo corrispondente napoletano – dopo che hai seguito la squadra per quasi 25 anni tra radiocronache, telecronache e servizi vari – non era pensabile.
Nel piazzale della Vittorina ho poi incontrato altri eugubini in partenza: alcuni di loro ceraioli ben noti. La visione mi ha rincuorato, almeno un poco.
Partivamo nell’incertezza di vivere una giornata straordinaria, lasciando alle spalle la certezza di una domenica di vera passione ceraiola. Una specie di roulette sentimentale dove giochi o il rosso o il nero. E sul piatto c’è tanto.
E’ andata come è andata. Ma prima di archiviare questa domenica comunque divertente e originale (anche con qualche foto ricordo dei tanti eugubini incontrati a Sorrento – e sorpassati per strada dall’incontenibile ritmo della Massimino Airlines) cui è mancato solo il finale vittorioso, non mi va di nascondere come tutto questo sarebbe stato semplice da evitare, evitando di dover scegliere.
Centinaia di eugubini sono stati costretti a scegliere: e comunque sia, hanno dovuto rinunciare a qualcosa. Quelli a Sorrento – tantissimi dei quali ceraioli, anzi ho parlato di Sant’Antonio anche a due passi dalla centralissima piazza Tasso – hanno rinunciato alla prima domenica di maggio; quelli rimasti a Gubbio hanno rinunciato ad una trasferta che avrebbe potuto trasformarsi in una domenica indimenticabile: solo al fischio finale chi è rimasto a Gubbio forse ha pensato di aver fatto la scelta più fortunata. Ma sul gol di Daud quanti in Piazza Grande avrebbero desiderato di essere lì a due passi dalla squadra?
Tutto questo si poteva evitare senza intaccare la Festa dei Ceri – che si celebra il 15 maggio e solo quel giorno – e magari preservando meglio anche il lavoro di restauro sui ceri stessi, riportati in fretta e furia in Basilica il 29 aprile alle 5 di mattina per restare lì la bellezza di 52 ore. Prima di tornare in città.
Se tutto questo fosse stato fatto una settimana dopo non si sarebbe fatto torto alla Festa dei Ceri – che non è una rievocazione storica e dunque non deve obbedire a schemi irremovibili nel suo contorno, di cui fa parte anche la discesa a Gubbio. E non si sarebbe fatto torto alla sensibilità di centinaia di eugubini (cosa non incoerente con la festa stessa che è da sempre “festa popolare”).
Forse i tempi non sono maturi per riflessioni del genere – che magari potrebbero apparire quasi “blasfeme” agli occhi di qualche irremovibile tradizionalista. Per fortuna la storia vera dei Ceri – ovvero il suo evolversi - ci insegna che nei secoli tanti eugubini hanno avuto maggiore elasticità di chi oggi si proclama depositario, apportando modifiche, adattamenti e novità che fanno del 15 maggio odierno una giornata straordinaria.
Appunto, il 15 maggio…
martedì 3 maggio 2011
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caro Direttore, come sempre le tue parole rievocano in me immagini, suoni,pesnieri, emozioni......Grazie innanzitutto. grazie per aver scelto: per te una scelta dolorosa ma per altri, per me, per noi tutti rimasti a gubbio, una scelta che è stata un dono. domenica avevamo raisat, ma se questa nn ci fosse stata, la radio sarebbe stata la nostra fedele compagna di un pomeriggio primaverile, e la tua radiocronaca sarebbero stata i nostri occhi ed il nostro cuore....non sono d'accordo invece sullo spostamento della data per il ritorno dei Nostri Amati in città, forse avrei visto meglio lo spostamento della partita, e non sono una tradizionalista, anzi "certi" cambiamenti, e tu sai quali, a me non dispiacciono proprio!!!!ma ogni cosa al suo tempo.....aspettiamo, e speriamo....e grazie ancora!!! Magda
RispondiEliminaops..sarebbe......non sarebbero!!!Magda
RispondiEliminaParole sante Giacomo,la penso esattamente come te......! Il problema è che se apri le teste di tutti quei capiscioni "tradizionalisti" (e ne conosco diversi....) che menzionavi pure te.....ci trovi solo i ceri e questo finisce inevitabilmente per rovinare tutto o quasi. E quello che è peggio è che rischiamo di non goderci gioie e sapori che si, sono magari "estranei" x il mese di maggio ma sono pur sempre NOSTRI e vale la pena goderseli......
RispondiEliminaCiao Giacomo, nel tuo commento hai perfettamente centrato il pensiero di molti eugubini. Io ero a Sorrento e nonostante la sconfitta non mi sono pentito di andarci. Dispiace che certe riflessioni sulla festa dei ceri non vengano affrontate con maggiore elasticità da persone che inneggiando alla "tradizione" dimenticano che meno di 80 anni fa i ceri venivano alzati in luoghi diversi...la mostra dei ceri era diversa...molte cose erano diverse. Esemplare il fatto che un'iniziativa spontanea e condivisa come quella dell'amico Picchio(Pascolini F.) venga persa nel silenzio e "marchiata" come voglia di protagonismo(?)o come "pericoloso precedente"(?)...A Gubbio di pericoloso ci sono solo le persone che non sapendo come passare le giornate si innalzano a paladini della tradizione popolare, ignari del fatto che si fanno portavoce solo del pensiero di pochi. Luigi.
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