Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 1 marzo 2012

Penso a Lucio Dalla, canticchio le sue canzoni... e ripasso mezza vita...

Lucio Dalla se n’è andato. E’ scontato celebrarne oggi successi e poesia. Lo faranno tutti, sui giornali, in tv, nei blog. Rischiare retorica e ripetizioni è fin troppo banale. Quando se ne va un personaggio, un autore, un cantante di anni vissuti, come lo è stato lui, si ha l’impressione che un pezzo di tutti noi pigi sul tasto off.

Fortunatamente non è così. Perché di Dalla – ancor più che di altri cantautori, pure amati trasversalmente tra le generazioni – restano le note, i testi, l’eredità musicale. E una sorta di “immortalità artistica” che ci permetterà di sentirlo accanto. E di viverlo parallelamente magari a tante vicende personali.

L’impressione, ripensando ai successi di Dalla, è proprio che la sua presenza sia stata una silenziosa, discreta ma costante abitudine, un lento ripetersi, che ha accompagnato i diversi momenti della nostra vita. Come il caffè dopo pranzo, o la partita della domenica.
Se ti chiedevano chi fosse il tuo cantante preferito, magari non rispondevi Lucio Dalla. Ma se ora pensi a qualche evento della tua vita scandito da una canzone, prima o poi ne sbuca una sua.


Il primo contatto con Lucio Dalla, nel mio caso, è un po’ precoce. E non è neppure con uno dei suoi maggiori successi. Primi anni ’80, io poco più che “decenne”, comincio ad apprezzare questo cantante, piccolo, curioso e barbuto, con un paio di occhialetti da pseudo-intellettuale e un berrettino di lana improvvisato, in Com’è profondo il maree “Ciao a te”, due brani che mi inseguono per un’intera vacanza estiva, insieme ai successi dell’emergente Battiato. Mi colpisce la musicalità, ma anche il testo dissacrante (“Ciao a te, e a tuo figlio finocchio... Ciao a te, e alla tua puzza di piedi… Ciao a te...”). Li ascolto giorno e sera da una radio mangianastri di mio padre, su una luccicante Opel Record rosso bordeaux. Non ricordo neanche se con audiocassette TDK o ancora sulle cassettone più vistose, i retaggi anni ’70 – quelle bianche, ingombranti, con etichette vintage, sulle quali avevo assimilato qualche anno prima alcuni successi della Vanoni o di Celentano.

Una settimana, neanche, e quelle note di Dalla mi erano entrate dentro. Ogni volta che le incrocio, mi ricordano quegli anni, in un istante. Ogni volta che mi ci imbatto non ripenso a quella vacanza – che ricordo appena, tra la costa ligure e quella azzurra – ma a tutta l’adolescenza.

Passa qualche anno, metà anni Ottanta, e Se io fossi un angelo finisce nelle mie improbabili compilation che assemblo da 16enne (e sedicente) dj artigiano del registratore casalingo, in mezzo a Tozzi e Raf. Non so dove siano finite quelle cassette, ma mi piacerebbe riascoltarne qualcuna. Non per i motivi registrati – che potrei ritrovare nel giro di qualche secondo su youtube – ma per riassaporare gli stacchi, tra una canzone e l’altro, spesso bruschi, improvvisi e incalcolabili, che cercavo di cadenzare trovando il punto giusto tra la fine di un motivo e l’attacco di un altro, curandomi di evitare il commento dello speaker radiofonico (che allora, funzionava, come “parlato sopra la musica”) anche se il più delle volte non mi riusciva. E mentalmente finivo per memorizzare quelle canzoni solo fino al punto di registrazione, poi canticchiando mi veniva spontaneo passare all’altra. Come se fossero un unico serpentone.



Se io fossi un angelo, non starei mai nelle processioni, nelle scatole dei presepi… Vi do due ore, due ore al massimo, poi sulla testa vi piscerei…”. L’avrò cantata tra me e me migliaia di volte… Troppo anticonformista, troppo moderna, per non innamorarmene.

Primi anni Novanta. Si approda all’Università. Ma c’è un motivo che ci accompagna. E non solo lì. Attenti al lupo”, una di quelle filastrocche musicali che puoi ballare indifferentemente in discoteca (con quel movimento delle braccia, scherzoso e ripetuto, fatto insieme a due tizie corpulente che chissà che fine avranno fatto...) e ascoltare in auto con la fidanzata, canticchiare allo stadio (ricordo che Dalla aveva autorizzato all’utilizzo di quel motivo niente meno che il Gubbio, seppur in altre più modeste categorie affaccendato) o sentire in tv su una pubblicità. Cominci a cogliere i messaggi. Anche in un motivo apparentemente giocoso e banale (ma Dalla non ha mai lasciato nulla al caso). Cominci a lasciare da parte il nonsense e a riflettere.


Poi arriva “Caruso” e mi trafigge ad Ischia – ci vado per due anni di fila, ad un corso di giornalismo, sempre inizio anni Novanta. Sarà l’atmosfera, sarà l’idioma musicale napoletano, ma resta una delle canzoni più belle che abbia mai assaporato.
E proprio lì, ad Ischia, 15 anni dopo, la ritrovo: stavolta prima di salire su un palco con Milly Carlucci, da premiato ancora inconsapevole, stavolta con Lucio Dalla in persona, con il castello Aragonese sullo sfondo, e una serata di luglio semplicemente incancellabile. “Te vojo bene assai”: è un inno alla vita, all’amore, al sentimento, all’emozione. Qualunque essa sia…


L’ultimo ricordo è di due estati fa, luglio 2010. E’ anche l’ultimo concerto cui sono andato: Villa Fidelia, Spello. Il tandem è di quelli da non perdere: Dalla-De Gregori. Che portano in tour il favoloso successo televisivo di “Due”, capace di trascinare davanti al tubo catodico milioni di persone ad ammirare l’arte, le sonorità e l’istrionico affiatamento tra due maestri della canzone italiana.
Ma c’è un ultimo motivo, che in fondo, ha ispirato anche questo blog. L’ho scoperto un po’ tardi, diciamo sull’età della maturità – anche se spesso mi dico che quella, al di là del diploma liceale e della laurea in legge, forse ancora non è giunta del tutto…



Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’…”. E’ la canzone che mi è venuta in mente il giorno che pensai di fare un blog. Che in fondo è proprio questo. Scrivere, scriversi, parlare di se’, delle proprie emozioni, di quello che ci circonda e colpisce.
Di quello che ci resta dentro. Anche se apparentemente se ne è andato. Ma in realtà non è così: in realtà, come diceva lui, è solo finito il primo tempo...  anche nell'intervallo, continueranno ad accompagnarci la sua musica e la sua poesia …

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