Cottafava e Bartolucci a fine gara... è finito un incubo (foto Settonce) |
Ci mancherà, per l’atmosfera da grande evento, per l’impatto mediatico senza precedenti, per la sensazione da Gardaland vissuta soprattutto nei primissimi mesi.
Non ci mancherà per le emozioni che ha regalato sul campo, per come il Gubbio, squadra, non è riuscita a recitare il ruolo che tutti auspicavano – la matricola rompiscatole capace di rosicchiare sabato dopo sabato i punti sufficienti a restare sul palcoscenico più ambìto. Come sono riusciti, a pieno, la città e i tifosi – dimostratisi entrambi assolutamente all’altezza di una vetrina come quella della serie cadetta.
Ci mancherà questa B per il blasone delle avversarie, per l’attesa dei confronti più sentiti, per il gusto di organizzare una trasferta in uno stadio celebre e magari mai visto.
Non ci mancherà per quel magone che il sabato sera, quasi ogni sabato sera, questo campionato ci ha riservato, con il Gubbio costretto sempre ad inseguire, in campo e in classifica e che appena 7 volte è riuscito a vincere.
In questo, l’ultimo capitolo vissuto a Bari, al San Nicola – teatro 20 anni fa della finale per il 3° posto del mondiale – è stato emblematico: davanti a pochi intimi – 4000 tifosi che al Barbetti significano calore ed entusiasmo mentre nello stadio barese lo stesso numero di presenti vuol dire sconforto e desolazione – i rossoblù sono riusciti a regalare un sorriso all’ultima squadra, dopo aver resuscitato indirettamente molte dirette concorrenti.
Contava poco, e alla fine anche il pari dell’Albinoleffe con il Torino ha evitato il clamoroso sorpasso al fotofinish da parte dei bergamaschi, ma chiudere a testa vuol dire decisamente un’altra cosa.
Diciamo la verità, lo spettacolo visto sul campo negli ultimi 40 giorni è stato deprimente: ma non parliamo dei risultati (1 punto nelle ultime 6 partite, quelle che sulla carta sembravano alla portata) ma dell’atteggiamento, del carattere, della dignità di una squadra che evidentemente, in testa e nello spirito, si sentiva retrocessa già da un pezzo.
Ora si deve ripartire: inutile fare processi, chiamare in contumacia giocatori che torneranno alla casa madre, conservando di questa stagione pochi ricordi, dannoso sarebbe trasformare un’analisi attenta e lungimirante dei tanti errori fatti in uno semplice sfogatoio magari salutare per la bile profusa ma poco costruttivo.
Importante è capire da chi si riparte, come si riparte e per puntare a cosa. Con trasparenza, chiarezza e senza attendere tempi impropri.
Facendo insomma tesoro di quello che in fondo è mancato proprio quest’anno.
Prima però consentiteci un saluto e un abbraccio ideale a Gigi Simoni: che avrà anche lui commesso i suoi errori, da direttore tecnico e da allenatore, ma il cui ruolo in questo triennio di successi pressoché irripetibili, non può essere dimenticato.
E l’immagine pulita di quel che si definisce una persona per bene, è tanto più preziosa in una giornata come questa, dove il calcio scommesse – una piaga ormai paragonabile al doping ciclistico - per la prima volta è approdato anche a Coverciano. Sotto forma di avviso di garanzia.
Probabilmente il Gubbio non trarrà benefici da questa storia: ma di sicuro, grazie anche a persone come Simoni o come Simone Farina, oggi anche lui a Coverciano ma per espressa volontà della federazione, proprio la società rossoblù e la nostra città può fregiarsi di un titolo che non appare su nessun albo d’oro, ma che ha un valore inestimabile.
Ma forse, come per la favola che abbiamo vissuto negli ultimi 3 anni, ce ne accorgeremo solo tra un po’. Solo quando certe foto, certe facce e certi sorrisi saranno più ingialliti…
Per ora occhio, testa e anche gambe già alla prossima stagione. Che non sarà una Legapro di ripiego. Ma una grande sfida da cui ripartire. Con la stessa voglia di riscatto espressa in questi giorni dal capitano Sandreani.
Se è finita una corsa, non è finita comunque la strada. E per ora saluti e baci…
Copertina di "Fuorigioco" - 28.5.12
musica di sottofondo: "Goodbye kiss" - Kasabian (2012)
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