Il Presidenzialista, lo Scacchista e l'Abatino. Non e' un film di Vanzina, e' il teatrino che in questi giorni va in scena sui media, principalmente quelli televisivi. E siamo solo all'inizio della campagna elettorale.
Il Presidenzialista non puo' essere che lui, Silvio. Presidente, di qualcosa e anche di qualcuno, lo restera' sempre. Presenzialista lo e' tornato ad essere non appena ha deciso, con quel meccanismo sottile e pregiudicato quali sono le "primarie del centrodestra" (decide chi paga per primo) di tornare in trincea. In campo, Berlusconi, c'e sempre rimasto, sapendo che è l'arena il terreno nel quale riesce ad esprimersi al meglio. Per un po' se ne è stato in un angolino - una sorta di Aventino mediatico - almeno un 13 mesi. Il tempo di far smaltire l'onda emotiva dei suoi scandali rosa, di assistere a quel che accadeva con il governo Monti, con i principali indicatori economici, con l'umore degli italiani, e di far cuocere nel loro brodo nemici e alleati. Una tattica anche questa. Ora e' tornato all'attacco e non solo non vuol saperne di abbandonare la scena (restando Presidente di tutto e di tutti) ma e' presente come non ma sul piccolo schermo e in rete: da qui il neologismo "Presidenzialista". Domani sera (giovedì) me lo ritroverò concorrente nella stessa fascia oraria addirittura da Santoro (non ho scampo ovviamente), e credo che per la storia televisiva dell'ultimo ventennio sarà una serata... insolita.
Lo Scacchista e' l'unico vincitore delle uniche Primarie vere che si siano disputate. Ed e' anche l'unico a sapere con quasi matematica certezza ( ma mai dire mai col Pd) che vincerà anche le prossime, quelle importanti, a fine febbraio. Non so se Gigi Bersani da Piacenza sia un amante degli scacchi. Di sicuro sta collaudando l'antica disciplina nell'agone politico. Lo ha fatto con Renzi, più aggressivo e anche applaudito dei suoi attuali competitors, ma superato grazie a diversi km di vantaggio da cui partiva (nomenclatura e sindacati a fianco sono ancora un bel tesoretto). Lo sta ripetendo con Berlusconi e Monti, con Ingroia e Grillo. Come il giocatore di scacchi navigato, muove accuratamente e senza fretta le sue pedine. Anzi, talvolta gli basta muovere un pedone (alleanza con Vendola senza dare nell'occhio, senza tante spiegazioni) e aspettare che gli altri si scannino tra loro. I sondaggi lo premiano, le schermaglie tra Centro e Destra - se ha ancora un senso questa distinzione - gli giovano. Attende semplicemente che gli eventi si compiano. Per taluni, più che a scacchi, sta giocando a" nascondino". Per i maligni, gli conviene perché avrebbe pochi argomenti vincenti (tra patrimoniale paventata e governo Monti sostenuto ed ora contrastato con imbarazzo) oltre ad un gap nell'appeal che gli pesava persino nelle Primarie del Pd. Comunque la si veda, di sicuro gli piace il motto "tattica che vince non si cambia". Più che il programma, per ora, vince la strategia.
L'Abatino infine e' proprio il premier uscente. La definizione e' di nobile firma, Gianni Brera, con cui aveva appellato niente meno che Gianni Rivera, il più talentoso calciatore italiano tra gli anni Sessanta e Settanta, cui pero' spesso facevano difetto grinta e determinazione. Uno che difficilmente lasciava la gamba in un contrasto, che non sapeva cosa significasse sporcarsi di malta in mezzo al campo, ma che col sinistro poteva decidere un'intera partita, o un campionato. Mario Monti ha dimostrato di aver quello stesso sinistro - sostantivo in questo caso, anche se per molti diventa pure aggettivo - ma la "salita all'agone" come lui stesso l' ha definita, sembra aver offuscato un po' le idee. Se la sobrietà e la compostezza del personaggio restano, impassibili anche di fronte agli attacchi più pesanti, e' la linearità delle idee avanzate che lascia un po' perplessi. Nel programma finora profilato mancano i numeri, una lacuna grave per chi sui numeri (specialmente quelli dello spread) poggia la propria credibilità a Bruxelles come agli occhi degli italiani. Promettere poi che Imu e IRPEF possono essere ridotte - senza spiegare come ricavare il mancato introito per le fagocitanti casse statali - non e' molto diverso da chi prometteva 1 milione di posti di lavoro 18 anni fa e oggi se la cava, come ho sentito stasera, dicendo che "gli italiani potrebbero farsi i lavori in casa da soli, poi un controllo ex post verificherebbe se sono stati corretti" (non voglio pensare cosa accadrebbe lungo la costiera amalfitana...). Forse l'Abatino manca di esperienza elettorale, l'indole non è quella del gladiatore, anche se l'handicap maggiore agli occhi di un certo elettorato moderato (ma inferocito) resta la strana triplice formata con Casini e Fini (e in disparte, Montezemolo).
Il Presidenzialista, lo Scacchista e l'Abatino. La fiction uscita in questi giorni in tv si potrebbe titolare così, i palinsesti non passano di meglio. In attesa dell'outsider Ingroia - il cui avvento, affiancato da Di Pietro, però rischia di avvalorare la tesi berlusconiana di un "partito dei giudici" - e in attesa di capire se l'effetto-Grillo (che si è autoimbavagliato in tv) sia destinato a smorzarsi.
Peccato che nell'ombra restino altre "pellicole", un po' più concrete e chiare, che potrebbero essere apprezzate ma che per ora godono di pochissimi spazi visivi e ancor minor interesse nei sondaggi.
Parlo ad esempio del programma di "Fare per fermare il declino", firmato da Oscar Giannino, giornalista ed editorialista, il cui sapere in campo economico- finanziario ha pochi pari.
Nel mio piccolo suggerisco uno sguardo, anche fugace, al sito di "Fare per fermare il declino" e al programma in 10 punti, la cui chiarezza di obiettivi e modalità fa impallidire il teatrino cui siamo costati ad assister sul piccolo schermo.
http://www.fermareildeclino.it/10proposte
Sabato ho in mente di intervistarlo a Perugia.
Per capire se anche nel suo caso va trovata una definizione caricaturale.
O e',come sembra, qualcosa di molto piu' serio di quanto la fiction elettorale ci stia proponendo in questi giorni in tv...
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