La
settimana che ci regala il nuovo Pontefice – con l’iniezione di ottimismo e
fiducia che il suo avvento sembra suscitare in modo unanime - ci lascia invece un
sapore amarognolo in bocca.
Pensando alla nostra città, alle difficoltà di
un'economia che si sta sentendo fragile anche nei sostegni più certi, alle
diatribe interminabili di Palazzo, alla sua siderale distanza dalla realtà,
allo sfilacciamento sociale purtroppo leggibile in tante piccole e distanti
vicende, tutte riconducibili però ad uno stesso filo conduttore, quello di una
comunità in declino.
Sullo
sfondo poi compaiono alcune notizie che, in altri tempi, avrebbero suscitato
probabilmente clamore, ma che oggi vanno lette forse come figlie del clima di
"smobilitazione" che la città, nel suo insieme, sta vivendo.
La
prima e' che i rumors dei mesi scorsi su un addio di "Don Matteo" non
sembrano affatto smentiti.
Da Spoleto ambienti vicini all'amministrazione
comunale e alle associazioni di categoria fanno trapelare una certa sicurezza -
che attende solo l'ufficialità - per l'arrivo stanziale della fiction di
Terence Hill nella città dei Due Mondi (e conseguente commiato da Gubbio). Chi
ha elementi certi per smentire di nuovo,
speriamo lo faccia in modo ancora più convincente. Meglio se insieme
alla Lux Vide.
La
seconda e' che pure una delle poche certezze di questa comunità, la Festa dei
Ceri, e' nuda, sguarnita, direi quasi indifesa, di fronte ad una globalità che
ormai viaggia su internet, poggia su logiche lontane anni luce dall’autenticità
della festa e che non si sente in dovere di riconoscerle un sentimento
elementare che si chiama
"rispetto".
Chi avesse avuto modo di vedere una mostra di arte
contemporanea a Gualdo Tadino, forse sobbalzerebbe, forse tornerebbe a
inalberarsi. Più razionalmente dovrebbe chiedersi, dopo l'ennesimo episodio del
genere, cosa aspettino le cosiddette istituzioni ceraiole (e il Comune in
primis) a trovare un protocollo di tutela dell'immagine della festa, prima che
qualche mecenate russo si inventi pure una catena di fast food con gli
"hamburger alla ceraiola".
Qualcuno
si chiederà quale sia il filo conduttore cui accennavamo nell'incipit del
pezzo. E' presto detto: inutile arrabbiarsi con chi questa Festa e questa città
non conosce e non può fino in fondo apprezzare, se non siamo per primi noi
eugubini a tutelarla come meriterebbe.
Se
non si riescono ad imbastire due sedute del consiglio comunale consecutive che
non rischino l'aborto per mancanza di numero legale, figuriamoci quanto gli
amministratori (di ogni colore e parte politica, e ad ogni livello istituzionale) possano concretamente fare per
aiutare la comunità a superare il momento drammatico.
Allo
stesso modo, se non si riesce a tutelare la tradizione plurisecolare che da'
identità alla Regione dell'Umbria, figuriamoci se si e' in grado di difendere
la permanenza di un "tesoro" di immagine e marketing come la fiction
del prete-detective.
Scrivo
tutto questo dopo essere uscito da uno dei tanti interessanti incontri alla
Biblioteca Sperelliana, una delle bellezze architettoniche e delle realtà culturali
meglio recuperate e valorizzate degli ultimi anni.
Esco e mi ritrovo di fronte
all'eco-mostro del parcheggio di S.Pietro, provando ad immaginare quando, in
quale anno o in quale secolo quello scempio potrà essere seppellito e
sostituito da qualcosa di meno deturpante (basterebbe anche il nulla). Non
sapendomi dare una risposta che non sia pia illusione, mi rifugio in una delle
frasi del nuovo Pontefice: "Mai abbandonare l'ottimismo".
Ecco:
nella città che ormai spera più nell'acquisto di un "Gratta e vinci"
che in un nuovo piano di sviluppo, e' difficile pure riuscire ad affidarsi a
questa semplice saggezza.
GMA
Editoriale "Gubbio oggi" - scritto il 18 marzo 2013