Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

giovedì 28 marzo 2013

Due bocconi amari per la nostra Gubbio... E uno scempio (a S.Pietro) ancora da rimuovere...


La settimana che ci regala il nuovo Pontefice – con l’iniezione di ottimismo e fiducia che il suo avvento sembra suscitare in modo unanime - ci lascia invece un sapore amarognolo in bocca. 
Pensando alla nostra città, alle difficoltà di un'economia che si sta sentendo fragile anche nei sostegni più certi, alle diatribe interminabili di Palazzo, alla sua siderale distanza dalla realtà, allo sfilacciamento sociale purtroppo leggibile in tante piccole e distanti vicende, tutte riconducibili però ad uno stesso filo conduttore, quello di una comunità in declino.

Sullo sfondo poi compaiono alcune notizie che, in altri tempi, avrebbero suscitato probabilmente clamore, ma che oggi vanno lette forse come figlie del clima di "smobilitazione" che la città, nel suo insieme, sta vivendo.
La prima e' che i rumors dei mesi scorsi su un addio di "Don Matteo" non sembrano affatto smentiti. 
Da Spoleto ambienti vicini all'amministrazione comunale e alle associazioni di categoria fanno trapelare una certa sicurezza - che attende solo l'ufficialità - per l'arrivo stanziale della fiction di Terence Hill nella città dei Due Mondi (e conseguente commiato da Gubbio). Chi ha elementi certi per smentire di nuovo,  speriamo lo faccia in modo ancora più convincente. Meglio se insieme alla Lux Vide.

La seconda e' che pure una delle poche certezze di questa comunità, la Festa dei Ceri, e' nuda, sguarnita, direi quasi indifesa, di fronte ad una globalità che ormai viaggia su internet, poggia su logiche lontane anni luce dall’autenticità della festa e che non si sente in dovere di riconoscerle un sentimento elementare che si chiama  "rispetto". 
Chi avesse avuto modo di vedere una mostra di arte contemporanea a Gualdo Tadino, forse sobbalzerebbe, forse tornerebbe a inalberarsi. Più razionalmente dovrebbe chiedersi, dopo l'ennesimo episodio del genere, cosa aspettino le cosiddette istituzioni ceraiole (e il Comune in primis) a trovare un protocollo di tutela dell'immagine della festa, prima che qualche mecenate russo si inventi pure una catena di fast food con gli "hamburger alla ceraiola".
Qualcuno si chiederà quale sia il filo conduttore cui accennavamo nell'incipit del pezzo. E' presto detto: inutile arrabbiarsi con chi questa Festa e questa città non conosce e non può fino in fondo apprezzare, se non siamo per primi noi eugubini a tutelarla come meriterebbe.

Se non si riescono ad imbastire due sedute del consiglio comunale consecutive che non rischino l'aborto per mancanza di numero legale, figuriamoci quanto gli amministratori (di ogni colore e parte politica, e ad ogni livello istituzionale) possano concretamente fare per aiutare la comunità a superare il momento drammatico.

Allo stesso modo, se non si riesce a tutelare la tradizione plurisecolare che da' identità alla Regione dell'Umbria, figuriamoci se si e' in grado di difendere la permanenza di un "tesoro" di immagine e marketing come la fiction del prete-detective.

Scrivo tutto questo dopo essere uscito da uno dei tanti interessanti incontri alla Biblioteca Sperelliana, una delle bellezze architettoniche e delle realtà culturali meglio recuperate e valorizzate degli ultimi anni. 

Esco e mi ritrovo di fronte all'eco-mostro del parcheggio di S.Pietro, provando ad immaginare quando, in quale anno o in quale secolo quello scempio potrà essere seppellito e sostituito da qualcosa di meno deturpante (basterebbe anche il nulla). Non sapendomi dare una risposta che non sia pia illusione, mi rifugio in una delle frasi del nuovo Pontefice: "Mai abbandonare l'ottimismo".
Ecco: nella città che ormai spera più nell'acquisto di un "Gratta e vinci" che in un nuovo piano di sviluppo, e' difficile pure riuscire ad affidarsi a questa semplice saggezza.
GMA

Editoriale "Gubbio oggi" - scritto il 18 marzo 2013


mercoledì 27 marzo 2013

Un altro stile, un altro pianeta. Il biglietto di Terence Hill che fa "arrossire" altri silenzi...

Si affida all’amico Paolo Salciarini, per salutare gli eugubini e Gubbio. 
Lo fa – rompendo il silenzio di questi giorni – su un biglietto di carta celeste, scrivendo di suo pugno e chiedendo che le poche parole salvate dal silenzio siano fatte conoscere a tutti, amici, conoscenti, eugubini ed appassionati della serie tv indissolubilmente legata alle pietre e al fascino di Gubbio. 
Terence Hill lo aveva annunciato qualche giorno fa, quando il polverone del trasferimento della produzione di "Don Matteo" a Spoleto era scoppiato in tutta Italia, che avrebbe scritto un suo saluto. E lo ha fatto con la discrezione, la semplicità e al tempo stesso la sensibilità che gli sono proprie. 
E che distano in modo siderale dall'imbarazzato silenzio, misto ad ambigua riluttanza, registrata nelle ultime settimane da Roma, atteggiamento che avrebbe dovuto lasciar presagire qualche dolente novità. Ma che indubbiamente denuncia uno stile e un modus operandi diverso, distante e antitetico da quello dimostrato con estrema semplicità dal biglietto dell'attore protagonista.

Ecco, integrale, quanto Terence Hill ha voluto testimoniare a Paolo Salciarini, uno dei deus ex machina su Gubbio della popolarissima fiction di Rai 1, location manager per la casa di produzione romana, ma prima di tutto amico ormai fraterno di molti protagonisti del cast, primo fra tutti Terence. 

Sono tristissimo per questo cambiamento, credo, dovuto a fattori economici. Sono troppo affezionato a Gubbio e agli eugubini per non sentire uno strappo fisico che mi fa svegliare con ansia durante la notte – scrive Terence Hill - Solo ora mi rendo conto quanto sia forte e profondo questo legame. Dopo 15 anni, la maggior parte dei quali ho trascorso a Gubbio, lavorando e creando rapporti più che affettuosi con i suoi abitanti, non potrebbe essere diversamente. Questo legame non si può spezzare. Vorrei ringraziare tutti dal mio cuore. Vostro. Terence Hill”. 

Chissà se nel prossimo futuro Terence Hill avrà voglia e possibilità di tornare di persona a Gubbio, per salutare e abbracciare anche e soprattutto chi, pur profondamente deluso della scelta della Lux Vide, è rimasto e resterà comunque legato alla sua persona, a quel feeling che è scoccato istantaneamente tra Mario Girotti, in arte Terence Hill, per altro di origini umbre e con parenti perfino a Gubbio, e la città di Pietra. Chissà se non vedremo a sorpresa ricomparire la sua bici e quel berretto da parroco, lungo una discesa del centro storico che è diventato dal ’98 ad oggi la sua seconda casa.

Intanto però non si smorzano nè le polemiche ma neanche i tentativi di veder. quanto meno, riconosciuto un ruolo primario della città nel successo del fiction. 
Un ruolo così importante da dover indurre la Lux Vide a cambiar nome alla fiction stessa, essendo venuto a mancare... un protagonista indiscusso e ormai consolidato. Come Gubbio. 
E' l'ipotesi ventilata dal consigliere comunale Renzo Menichetti che si attende solo possa essere suffragata da un parere legale. Il prossimo consiglio comunale - numero legale permettendo - sarà foriero di possibili novità...
http://www.trgmedia.it/playYouTube.aspx?id=4186

martedì 26 marzo 2013

Nonostante il grigio di questa giornata, una poesia casuale... che ridà speranza


Un'altra giornata dalle tonalità grigie.
Quando ti arriva la notizia che una persona della tua età, che da tempo lottava con un male tremendo, non ce l'ha fatta.
Quando sai che lascia un marito e dei figli.
Quando tutto questo immagini travolga come un Vajont l'esistenza di persone che, magari conosci poco, ma di cui basta vagamente immaginare lo stato d'animo per sentire forte e intenso un sentimento di partecipazione.
Quando tutto questo ti ribolle dentro, hai difficoltà a trovare un appiglio, un motivo di speranza, un accenno di sorriso.
Quando non te l'aspetti...

Con una coincidenza surreale, proprio oggi, proprio mentre rimuginavo su tutto questo, mi è arrivata una e-mail. Una di quelle da catena di S.Antonio, che quando sfiori con lo sguardo, vagando frettolosamente sull'oggetto, vai quasi istantaneamente a cancellare dalla tua posta senza neanche approfondire.
Oggi invece mi ci sono fermato. Ed è stato singolare notare come una poesia possa dirti e darti quel tanto che serviva a riempire un vuoto nel pensiero.
A spedire la e-mail è Alessandro Cicognani, direttore del dipartimento di pediatria del Sant' Orsola.
"Questa poesia - dice - è stata scritta da una adolescente malata terminale di cancro.

DANZA LENTA


Hai mai guardato i bambini in un girotondo ?
O ascoltato il rumore della pioggia
quando cade a terra?
O seguito mai lo svolazzare
irregolare di una farfalla ?
O osservato il sole allo
svanire della notte?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Percorri ogni giorno in volo ?
Quando dici "Come stai?"
ascolti la risposta?
Quando la giornata è finita
ti stendi sul tuo letto
con centinaia di questioni successive
che ti passano per la testa ?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Hai mai detto a tuo figlio,
"lo faremo domani?"
senza notare nella fretta,
il suo dispiacere ?
Mai perso il contatto,
con una buona amicizia
che poi finita perché
tu non avevi mai avuto tempo
di chiamare e dire "Ciao" ?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Quando corri cosi veloce
per giungere da qualche parte
ti perdi la metà del piacere di andarci.
Quando ti preoccupi e corri tutto
il giorno, come un regalo mai aperto . . .
gettato via.
La vita non è una corsa.
Prendila piano.
Ascolta la musica.


A questa ragazzina rimangono pochi mesi di vita e come ultimo desiderio ha voluto mandare
una lettera per dire a tutti di vivere la propria vita pienamente, dal momento che lei non potrà
farlo.
E' questo messaggio di consapevolezza, che dovremmo fare nostro, ogni giorno, ogni ora, il motivo di speranza, di fiducia, di accenno ad un sorriso che ritrovo. Nonostante il grigio di questa giornata...

lunedì 25 marzo 2013

Continua la maledizione con le "ultime": ma il problema del Gubbio è... di testa


Irriconoscibile, inspiegabile, ingiustificabile. Potremmo sciorinare un carosello di aggettivi, facendo il verso alla più nota giuria televisiva del momento, quella di Masterchef. Ma per il Gubbio visto ieri contro la Carrarese sarebbe dura individuare l'attributo giusto.
La Carrarese vince al "Barbetti" e a guardare la partita, dopo essere atterrati da Marte, sembrerebbe di vedere una squadra di medio alta classifica superare in trasferta senza neanche troppi affanni l'ultima della classe. Peccato che la "Cenerentola" del torneo era invece la formazione che poi e' uscita con il bottino pieno, verdetto che non fa una grinza. 

L'esultanza quasi incredula dei toscani
(foto tratta da www.gubbiofans.it)
Se e' vero che i toscani di Iaconi hanno vinto grazie ad un gol rocambolesco in apertura - sul quale non mancano le solite complicità difensive a inizio gara secondo un copione ormai più prevedibile degli episodi del tenente Colombo - e' anche vero che il Gubbio non e' riuscito non dico a segnare, ma neanche a tirare nello specchio della porta di una difesa che ad oggi ha incassato 44 volte. 
Mancava Galabinov, Radi è uscito anzitempo, ma il duo Di Piazza-Bazzoffia e' parso inceppato e la squadra non ha aiutato la fase offensiva. Il solito errore arbitrale - mancato penalty su Bazzoffia ed espulsione gratuita dell'attaccante - ha certamente inciso a inizio ripresa, ma non può essere l’alibi sul giudizio finale nei confronti della prestazione della squadra di Sottil, che conferma il male di stagione, la discontinuità e dei vuoti preoccupanti in fatto di determinazione e concretezza.

Una squadra a terra. Basterà la Pasqua per rialzarsi?
(foto da www.gubbiofans.it)
La sconfitta con la Carrarese conferma che il problema di questa squadra e' soprattutto psicologico. Non si può pensare che lo stesso Gubbio che batte Nocerina, Benevento, Frosinone e Pisa, poi finisca per non vincere mai contro le ultime quattro in classifica (Andria, Barletta hanno pareggiato, Sorrento e Carrarese addirittura vinto al "Barbetti").
Questione di testa, di approccio della gara ma anche di predisposizione ad affrontare un avversario del quale inconsciamente si pensa poter fare un sol boccone quasi che la palla dovesse entrare in rete da sola.

Il "rosso" a Bazzoffia: un'ingiustizia che in altre gare
avrebbe inbufalito tutti. Ma non in questa...
(foto da www.gubbiofans.it)
Paradossalmente vien da pensare che per fortuna, dopo la sosta, ci saranno in serie Avellino, Nocerina e Latina. Se la nostra teoria fosse giusta il Gubbio potrebbe conquistare proprio contro queste temibili avversarie i punti buoni per salvarsi. Ma e' solo teoria. 
Speriamo di non sbagliare, perché l'alternativa pratica invece sarebbe dover rigiocare a fine maggio con una delle bestie nere del Barbetti…


Dalla copertina di "Fuorigioco" - lunedì 25.3.13
musica sottofondo: "Non ti sopporto più" - Zucchero (1987)

mercoledì 20 marzo 2013

L'ultima omelia di "Don Matteo" recita: "Pecunia non olet"... Ma qualcuno dovrà risponderne...

Ormai c'e' rimasto solo da sperare in Papa Francesco.
Perfino "Don Matteo" - o meglio la Lux Vide, casa di produzione della fortunata fiction interpretata da Terence Hill - ha visto bene di battere cassa. "Pecunia non olet", potrebbe aver detto nella sua ultima "omelia" a Gubbio. E mai massima appare piu' appropriata visto che il "luogo del delitto" ha le sembianze della citta' dell'olio umbro. 
Se fino all'altro ieri la dinasty dei Bernabei non perdeva occasione per sciorinare frasi del tipo "Non c'e Don Matteo senza Gubbio", la realtà di oggi e' che il prete detective e' stato trasferito. Come un giocatore di calcio di una qualsiasi squadra di provincia. Non sappiamo cosa s'inventeranno nella sceneggiatura visto che per quasi 15 anni a Gubbio sembrava ci fosse un omicidio ogni mezz'ora. Siamo certi pero' che verra' meno un attore principale, non una semplice comparsa della fiction. 

Non ci sarà Gubbio, non ci sarà quella presenza silenziosa ma possente, deliziosa e al tempo stesso ricorrente e quasi martellante nel suo fascino amplificato da scorci e inquadrature formidabili.

M'immagino un poster con Don Matteo in bici di fronte al Duomo spoletino. Praticamente come vedere John Wayne cavalcare in autostrada. 


Senza Gubbio non sarà lo stesso "Don Matteo", e non ce ne voglia il sindaco della Città dei Due Mondi, Benedetti - cognome quasi beffardo in queste ore agli occhi degli eugubini. E' destino che Spoleto rifili brutti scherzi alla nostra città e in particolare a questa amministrazione. Aveva iniziato uno spoletino, tale Calvani, novello Dulcamara, a piazzare il flop di Morricone appena 18 mesi fa. Ora non e' solo una " sola" ma un vera e propria voragine quella che va materializzarsi con la dipartita di "Don Matteo".

Servirà chiarezza su questa vicenda, come su altre che appannate contraddistinguono gli ultimi mesi di questa "martoriata" amministrazione (il cui silenzio nella giornata odierna e' di difficile traduzione). Una chiarezza dettagliata perche' se da un lato "Don Matteo" potrebbe l'ultimo decisivo scossone per la Giunta Guerrini - a rischio per molto meno - e' la citta' tutta che ha diritto ad una spiegazione che non sia di circostanza. 


Da parte di tutti i protagonisti della vicenda. A partire, ovviamente, da un governo cittadino che sembra riflettere l'immagine di quell'idraulico di uno spot anni Ottanta, che correva in lungo e in largo per tappare le falle di un tubo. E più ne chiudeva, più se ne aprivano. Finche' l'acqua non gli e' uscita dalle orecchie. E lui, girandosi il naso, ha chiuso il rubinetto. Ma non dovrà essere solo Palazzo Pretorio a spiegare. 
Perché in questi 15 anni di lavoro proficuo - e successi di audience e consensi - la Lux Vide ha piantato placidamente le proprie tende a Gubbio trovando una comunita' sempre pronta a tutto pur di assecondare al meglio i desiderata di ogni ciak. 
E come Gubbio non era un semplice sfondo di uno sceneggiato di successo, anche "Don Matteo" era qualcosa in più che una semplice produzione, ormai per gli Eugubini.
Sara' curata a fatica la pustola amara di questa vicenda. Il prezzo rischia di rivelarsi alquanto salato: per le strutture ricettive, per l'amministrazione eugubina, per la città. E la ferita non potrà rimarginarsi facilmente. 

I fratelli Bernabei, patron della Lux Vide
Ma fateci dire una cosa. In tanti escono male da questa storia. Chi esce peggio pero' sono da un lato la Lux Vide, che dopo 15 anni di soggiorno sempre abbondantemente supportato da una cittadinanza e da istituzioni iper-sensibili ad ogni capriccio della produzione (con tanto di premio "Bandiera di Gubbio" qualche anno fa, che per altro nessuno dei patron della società romana è venuto a ritirare), se l'e' cavata con una e-mail titubante, arrivata per altro solo dopo l'uscita delle prime notizie da Spoleto. Un silenzio imbarazzato e certamente ambiguo, seguito poi da una dichiarazione Ansa tardiva e quasi irridente, che tronca un rapporto non solo con una serie di interlocutori, ma con una intera comunita', liquidandola alla stregua di una badante in nero. Mi chiedo quale accoglienza dovesse ricevere una troupe di questa produzione anche dovesse girare un solo minuto per la nona serie all'ombra del Campanone...


Il prossimo prevedibile sfondo
di "Don Matteo 9"
Non ne esce granchè neanche la città di Spoleto, nelle figure dell'amministrazione (targata Pd, e dunque stesso colore di quella eugubina, tanto per confermare che dentro la balena bianca del XXI secolo i lunghi coltelli le "sciacallaggini" abbondano) e dei fautori dell'operazione, che certo hanno curato i propri interessi. Ma lo hanno fatto in totale spregio di quello che poteva essere il contraccolpo su un'altra realtà della stessa regione.
Se ormai la tutela delle economie locali deve tradursi in un "tutti contro tutti" all'insegna dell'antico "a la guerre com a la guerre", allora tanto vale chiudere i conti con "Don Matteo" e cominciare a mobilitarsi per stuzzicare l'entourage del Festival dei Due Mondi... 

lunedì 18 marzo 2013

E' il 2-2 la formula perfida di questa stagione rossoblù...

L'espulsione di Sottil (tratta da www.gubbiofans.it)
Chissa quante volte da giocatore, Andrea Sottil sarà tornato negli spogliatoi al termine di un 2-2. E quante volte magari sarà stato un risultato più che soddisfacente. Quest’anno proprio no. Se c’è una formula numerica che va indigesta al tecnico del Gubbio è certamente il 2-2. Prima a Carrara, a novembre, quando i rossoblù in vantaggio di due reti a mezz’ora dalla fine sono stati rimontati in pochi minuti e hanno addirittura rischiato il ko finale. Quindi, qualche chilometro più a sud, a Viareggio.

Dove si era messa subito male, per la verità, con il ritorno ad un refrain già visto e rivisto: ingenuità difensiva nei primi minuti, inutile e banale fallo in area di Regno, e penalty per i padroni di casa che già al 1’ si ritrovavano sopra. 
Il rigore del vantaggio bianconero firmato Giovinco
(foto tratta da www.gubbiofans.it)
La squadra eugubina però non si è disunita,  con un inedito 5-4-1, che poggiava sulla capacità di Galabinov di fare reparto, supportato da Baccolo, ha cominciato a macinare il suo calcio, e alla fine ha trovato anche la fortuna di un rigore diciamo la verità, generoso, concesso su un incursione di Malaccari, giocatore versatile che sulla fascia destra sta trovando una nuova identità tattica in questa fase della stagione. A caval donato, Galabinov non ha guardato in bocca infilando dal dischetto il suo decimo sigillo stagionale, sfatando il tabu del dischetto e raggiungendo quella doppia cifra che era uno dei suoi obiettivi stagionali. 

Galabinov e Cocuzza esultano dopo il 2-1 rossobluù
(foto tratta da www.gubbiofans.it)
Nella ripresa Sottil ha provato a vincerla, inserendo Cocuzza per Regno, spostando Cancellotti centrale e rafforzando il pacchetto avanzato: scelta premiata in pochi minuti grazia all’inzuccata perfida del neo entrato, che ha lasciato di sasso l’undici locale. Nel finale il prevedibile assedio, per altro un po’ confuso, e invece l’imprevedibile topica di Venturi, che per la prima volta nella stagione – e siamo comunque alla 24ma giornata – ha lasciato negativamente il suo segno: un’uscita di pugno che avrebbe potuto allontanare la minaccia si è trasformata in un beffardo assist per Benedetti che ha insaccato a porta vuota. Ed eccolo il famigerato 2-2 rimaterializzarsi. Quel pareggio che alla vigilia avrebbe pure fatto piacere e comodo al Gubbio, diventa motivo di rimorso.

L'improvvida uscita di Venturi, che spalanca la porta
eugubina per il 2-2 finale (foto da www.gubbiofans.it)
Ma non è certo tutta da buttare la domenica in Versilia. La squadra ha dimostrato di avere la personalità già mostrata nelle ultime uscite, ha giocato con un nuovo modulo ma con un senso di squadra che è la garanzia migliore per il finale di stagione. L’infortunio in zona Cesarini può starci, è l’episodio che non cambia la sostanza, anche se un po’ lo fa con la classifica. Ora i play out tornano a 2 punti che però in realtà sono 3 dal momento che il Viareggio, con buona pace del suo mansueto allenatore, ha gli scontri diretti sfavorevoli con il Gubbio e dunque a pari merito, prevarrebbero i rossoblù.
Quanto ai 2-2 in terra toscana, vorrà dire che ce li ricorderemo come una iattura di questa stagione. 
In Toscana, quanto meno, per questo torneo, non si dovrà tornare…

Da copertina di apertura "Fuorigioco" di lunedì 18.3.13
musica sottofondo "Different" di Robbie Williams (2012)

venerdì 15 marzo 2013

Viareggio: magre soddisfazioni ma un vagone di ricordi...


Viareggio è sinonimo di calcio giovanile. 
Da 65 anni il Torneo di Carnevale è e resta la massima espressione del calcio giovanile internazionale. E proprio lo stadio dei Pini, che domenica prossima vedrà in campo i rossoblù, è il teatro nel quale le promesse del football che sarà, si danno battaglia. 

Lo scorso 25 febbraio sono stati i belgi dell’Anderlecht a trionfare, ma in passato anche i colori rossoblù hanno avuto l’onore di figurare nel carnet del programma del Viareggio. 
E’ l’anno 2004 quando il Gubbio partecipa per la prima volta alla prestigiosa kermesse. E’ la stagione nella quale la prima squadra, guidata da Galderisi, raggiungerà i play off, ma intanto a febbraio i colori rossoblù approdano per la prima volta nel palcoscenico più prestigioso al mondo, grazie anche ai buoni uffici di Stefano Giammarioli, allora responsabile del settore giovanile eugubino. 

Furono tre sconfitte di misura, tutte per 1-0, con Ternana, Partizan Belgrado e Torino, ma la squadra giocò a testa alta, onorando a pieno l’occasione storica. Tre anni dopo, 2007, è invece proprio l’avventura al Viareggio la nota migliore di una stagione che per il resto non regala grandi soddisfazioni ai colori eugubini. 
Avversari stavolta il Perugia, il Partizan e il Torino contro il quale la squadra, allenata da Enrico Sannipoli, gioca alla pari, uscendo alla fine sconfitta, ma onorando la presenza. Verranno successivamente i tempi maturi per battere il Torino, addirittura con la prima squadra, addirittura nella serie cadetta.

Per il resto lo "stadio dei Pini” ha regalato alti e bassi al Gubbio senior. Magre le soddisfazioni, una delle poche proprio nell’ultima apparizione, esattamente 4 anni fa, 15 marzo 2009: finì 1-1 con il vantaggio su rigore firmato Corallo. Poi arrivò il pari di Franchini. In panchina c’era Riccardo Tumiatti, con la supervisione di Gigi Simoni, alla sua terza apparizione alla guida del Gubbio. In campo, degli attuali protagonisti, Briganti, Sandreani e Bazzoffia, che stavolta dovrà saltare per squalifica, insieme a Radi.

L’ultimo a rappresentare il Gubbio nello stadio del Torneo del Carnevale è stato Simone Farina: lo scorso anno, la lettura del giuramento che fa da cornice alla cerimonia di apertura del torneo, fu affidata al giocatore rossoblù, oggi a Birmingham. Tra tanti pareggi e sconfitte, maturati sul campo viareggino, quella frase fu l’unica vera grande vittoria. Ora non resta che bissarla, direttamente sul campo…

mercoledì 13 marzo 2013

Papa Francesco: così diverso, così nostro...


La fumata bianca e' stata accolta da un boato, da decine di migliaia di persone in piazza S.Pietro.
La proclamazione del suo nome e' stata seguita da un silenzio incredulo e forse sbigottito, rotto dalle urla sparute dei pochi argentini presenti.
La lettura del suo nome ha scatenato il giubilo ad Assisi e poi come un'onda ha contagiato con un enorme sorriso tutto il mondo.
Per la prima volta nella storia millenaria della Chiesa il Papa porta il nome di Francesco. E' l'argentino Jorge Mario Bergoglio, il nuovo Papa e si chiamera' Papa Francesco. Non Papa Francesco I. Ma semplicemente Francesco.

A differenza di 8 anni fa, quando seguii con trepidazione e senza soluzione di continuità, ogni secondo dell'elezione del successore di Giovanni Paolo II - quasi che il carisma del predecessore dovesse per forza contaminare il successore - stavolta ho potuto assistere solo a singhiozzo alle fasi palpitanti della proclamazione del Pontefice, facendo spola tra gli studi di registrazione (di una trasmissione che a questo punto non so neppure se andrà in onda domani) e gli schermi della sala regia.

Lì per lì, mentre quel balcone illuminato si stagliava dall'alto della sua naturalezza e della millenaria possenza su una piazza gremita e ansimante, vuoto come carica era invece l'atmosfera di attesa, mi sono detto quanta energia riesca ancora oggi a sprigionare la Chiesa nell'immaginario collettivo. 
Nessun capo di Stato, nessun leader, minimo o maximo che voglia dirsi, scatena un'aspettativa cosi messianica come l'elezione di un Papa. Ben sapendo che la gran parte di coloro che, di persona e in video sono li' in attesa, comosce bene colui che da quel balcone farà solennemente capolino.

Forse quell'istituzione che solo poche settimane fa, di fronte all'epocale passo indietro di Ratzinger, appariva sbiadita e quasi stancamente ripiegata su se stessa, oggi pare riaccesa e risollevata dalla semplicità quasi disarmante e sbalorditiva con la quale Papa Francesco si e' presentato su quel balcone. Incredibilmente attonito il suo sguardo sulla piazza, quel mezzo sorriso quasi inconsapevole, quei brevi e ingessati gesti con la mano, quasi sembravano segnalare l'imbarazzo di Jorge Bergoglio di trovarsi li, davanti al mondo. L'impressione e' stata questa, anche all'occhio di chi non conosce da vicino le dinamiche del Conclave (e che mai i Cardinali giustamente riveleranno).

E le sue prime parole, di fronte a quella marea che attendeva un gesto di speranza, si sono quasi rivelate come un incipit per quel nome che sorprendentemente - e non casualmente - era stato scelto, a differenza di tutti i suoi predecessori: Francesco. La nuda, asciutta e sostanziale semplicità. Fatta fede.
"Mi hanno preso quasi alla fine del mondo", la frase, certamente non preparata a tavolino, che lo consegna alla memoria di chi, ancora tra qualche anno, ricorderà questa serata un po' piovosa e molto rigenerante.
"Alla fine del mondo". Come a far riferimento a quell'Argentina lontana, e in fondo anche vicina, essendo composta per più di un terzo dei suoi abitanti, da gens italica (in pochi hanno sottolineato come si tratti del primo Pontefice figlio dell'emigrazione). Ma forse anche a far cenno alla drammaticità del momento attuale, italiano come globale. La fine del mondo. Non e' poi così lontana per migliaia d famiglie.
Non e' poi così remota per tantissima gente che nel giro di pochi anni si e' ritrovata a vivere in una precarietà insospettabile.
E poi quel "Padre nostro". La preghiera per eccellenza, recitata ad alta voce, contro ogni protocollo, contro ogni tradizione. Quasi potesse essere una liturgia immediata e universale, per connettere subito il nuovo Pontefice con l'animo dei suoi fedeli.

Papà Francesco e' il primo Pontefice sudamericano, e' il primo gesuita, e' il primo a scegliere il nome del Poverello. E' il Papa della speranza. Non può non esserlo chi sceglie il nome e l'impronta di Francesco.
E non può essere un Papa come gli altri per la terra dei Santi, per l'Umbria. Che in fondo anche con Benedetto aveva le sue radici, storico- culturali oltre che mistiche. Ma Francesco e' Francesco. Come disse un giorno padre Luigi Marioli in un'intervista a "Link", Francesco e' la più imponente provocazione morale nella storia dell'umanità.

Francesco ha vissuto la sua conversione in questa terra, nella nostra terra. Lasciando Assisi, che ne e' rimasta patria nei secoli, e raggiungendo Gubbio, attraverso quel sentiero impervio e ancora oggi difficile che e' il Sentiero Francescano.  A Gubbio ha indossato il saio, a Gubbio ha alleviato le pene ai lebbrosi (a poche decine di metri dall'attuale Chiesa della Vittorina), a Gubbio ha ammansito il lupo, o la lupa che sia. Ovvero l'icona universale nei secoli della pace e della riconciliazione.
Forse c'e anche tutto questo nel nome del nuovo Pontefice. Nella sua indole, nel suo senso di serenità e dolcezza che ispira il sul sguardo. Silenzioso. Senza bisogno di fronzoli.

In fondo, se c'e un Pontefice destinato a lasciare un'impronta straordinaria sulla nostra Umbria, così come nell'universo contraddittorio e precario di questi tempi, non potrà che essere Papa Francesco.


lunedì 11 marzo 2013

E' tornato il "corazziere", è tornato il vero Gubbio...

Galabinov incorna l'1-0 - foto M.Signoretti

Stavolta sono bastati 5’. I primi. Per far capire al Prato che, almeno per questa domenica, poteva mettersi l’anima in pace. 
E sono bastati anche al pubblico eugubino per capire che davvero il Gubbio ha dato la svolta al periodo nero. 
Prima non riusciva nulla e anzi, l’avvio di ogni gara era contraddistinto da una sciocchezza, il più delle volte difensiva, che finiva per compromettere l’intero incontro. 
Stavolta in 5’ sono arrivate 2 occasioni da rete, la prima clamorosa, e quindi dal primo corner del match, il gol partita, il nono stagionale di Andrej Galabinov, pienamente ritrovato nello spirito e nella capacità di trascinare la squadra, di fare reparto da solo, di tenere alto il baricentro delle giocate, insomma di essere punto di riferimento come era stato fino alla vittoria sulla Nocerina.

L'esultanza del "corazziere" - foto M.Signoretti
Tornato Galabinov è tornato il miglior Gubbio, o forse potrebbe essere viceversa. Ma il dilemma, un po’ come l’uovo e la gallina, non ci appassiona, piuttosto è il risultato finale quello che conta. Anzi, il corazziere bulgaro avrebbe meritato almeno un’altra marcatura, prima ad una manciata di secondi dall’intervallo, con una girata mirabile, salvata in extremis dall’ottimo Layeni, quindi nel finale di gara con un penalty in movimento, rifinito da un suntuoso Palermo, finito alle stelle. 
Palermo è tornato a guidare il centrocampo rossoblù -
foto M.Signoretti


Ma per sfatare anche il tabu’ della porta maledetta, quella del rigore sbagliato con il Sorrento per capirci, ci sarà tempo. Sarebbe stato un gol importante non solo perché avrebbe messo in freezer il risultato, ma anche perché avrebbe proiettato l’attaccante bulgaro in doppia cifra, una meta che si è prefissato da agosto e che nelle scorse stagioni non è mai riuscito ad agguantare per un nulla. Sarebbe bello ci riuscisse proprio in maglia rossoblù, proprio nelle prossime gare che diventano lo spartiacque tra la speranza di una salvezza tranquilla e la certezza di non correre rischi primaverili.

Tifosi bagnati... ma felici - foto M.Signoretti
La vittoria sul Prato ha anche restituito anche un volto più sicuro per la difesa eugubina. Abituati a tribolare nei minuti finali, per una volta i tifosi rossoblù non hanno sofferto più di tanto, nonostante il risicato 1-0. Perché l’assetto tattico della squadra, la caparbietà dell’atteggiamento dei giocatori, un centrocampo agile e al tempo stesso roccioso, capace di rubare una ventina di palloni agli avversarie e ricostruire le ripartenze, e una più solida linea difensiva, hanno impedito ai toscani praticamente di avvicinarsi all’area rossoblù nell’ultimo quarto d’ora di gioco. Non è un segnale da poco soprattutto in vista delle prossime due gare, altre due toscane, che ora sono alle spalle del Gubbio in classifica. E che il Gubbio vuole lasciarci.


Dalla copertina di apertura di "Fuorigioco" - lunedì 11.3.13
musica di sottofondo: "Nothing gonna stop us now" - Starship (1987)



sabato 9 marzo 2013

Ripensando a Gubbio-Prato... e ad una lunga storia di pali e traverse... segno del destino



La festa dopo Gubbio-Prato (maggio 2010)
Ci sono segnali che talvolta il destino, o quel che si suol chiamare dea bendata, inviano quasi a definire titolo e sottotitolo di una stagione. Quasi a chiosare fortune e disgrazie di un momento.
Vale nel calcio, come forse anche nella vita, quando si dice che le sventure non vengono mai da sole. Ma anche per i periodi positivi, in fondo, è un po’ così.
E una delle sfide più memorabili tra Gubbio e Prato rientrano nella casistica. Perché inquadrano, quasi come primo capitolo, quello che sarebbe diventato il biennio d’oro dei rossoblù.
E’ il 2 maggio del 2010. Il Gubbio ha appena rimesso piede in zona play off, grazie alla vittoria di Portomaggiore contro la Giacomense. Il big-match contro una diretta concorrente agli spareggi promozione si chiama Prato. Dopo il pari dell’andata, firmato da Perez, oggi al Pisa, con un’inzuccata sotto misura a pochi minuti dalla fine, su assist di Boisfer, i rossoblù di Torrente si giocano molte chance di accedere ai play off  contro i toscani allora allenati da Bellini. La gara sarà equilibrata e giocata sul filo del rasoio fino alla fine. Ma nel primo tempo il Prato coglie una doppia clamorosa traversa nell’arco della stessa azione di gioco: prima Ferrario, poi Basilico colpiscono il montante alle spalle di Lamanna, quasi stordito da tanta benevolenza. 
Marotta, gioia incontenibile
E nella ripresa, in quella stessa porta, e’ Alessandro Marotta a siglare il gol vittoria dagli 11 metri, con un tiro brutto, centrale, inguardabile, ma che finisce dentro. Ed è quello che conta.

E’ la vittoria che spalanca le porte dei play off. E quelle traverse avranno lo stesso sapore di quelle colpite un anno dopo da Emerson, oggi protagonista in maglia Livorno in serie B, quando con il Lumezzane, che in attacco aveva proprio Galabinov, bussò più volte dalle parti di Lamanna, trovando o la prontezza del portiere comasco o ancora una volta la traversa a negare la gioia del gol. 

La festa dopo Gubbio-Lumezzane (aprile 2011)
Una traversa amica, una dea Eupalla, come l’avrebbe definita Brera, complice di un altro miracolo.
Quella stessa traversa che ancora un anno dopo, sempre di questi tempi, mandò un messaggio esattamente opposto. Gubbio-Vicenza la prima di Apolloni in casa: sull’1-1 prima Almici e poi Graffiedi colgono clamorosamente il legno nella stessa esecuzione da fermo, e sul terzo tentativo Cottafava spedisce alle stelle.

Gubbio e Vicenza schierate a metà campo (marzo 2012)
Un altro segnale. Che il campionato da qualche parte aveva già una sentenza scritta.
E allora, in attesa di un’altra sfida delicata con il Prato, prendiamo per buono il fuorigioco segnalato al 92’ al Barletta: chissà in quanti stadi del sud e quanti altri assistenti di linea avrebbero alzato la bandierina su quella stessa azione e in mezzo alla bolgia del Puggilli… 
Chissà che non sia anche questo un altro felice segnale…

venerdì 8 marzo 2013

Una settimana da homo homini lupus... per fortuna non sempre è così

E' stata una settimana da lupi. Si dice del tempo, talvolta. Per indicare un meteo insopportabile.
Stavolta e' la cronaca a farla da padrona e ancora una volta e' Perugia la capitale della nera.
Quanto accaduto al Broletto - al di fuori della specificità del caso, delle turbe psichiche del triste protagonista, del dramma che condisce la sorte delle vittime (una delle quali precaria a 47 anni e in quell'ufficio praticamente da un mese) delle responsabilità che dovranno esse accertate ( di chi ad esempio ha consentito ad un soggetto sottoposto a Tso di girare con un'arma - chiama in causa un clima che da mesi circonda la nostra quotidianità. Il tutti contro tutti proclamato, il caos sociale paventato, l'odio indistinto verso intere categorie, l'astiosa conflittualità che diventa quasi strumento identitario.

E ancora oggi c'e chi dalle colonne di un quotidiano straniero ventilava che l'Italia potrebbe ritrovarsi in piazza a fare barricate. In questo contesto pare quasi inevitabile che chi viaggia sul sottile spago dell'instabilità psichica si ritrovi a commettere una sciocchezza o come nel caso di Perugia, a provocare una tragedia. Covando nel proprio io un senso di ingiustizia che non puo' tollerare e che ha il bisogno epidermico di sfogare su qualcuno. La tragedia del Broletto e' drammatica per le sue vittime e per i familiari colpiti. Ma lascia anche un'angosciante scia di incertezza sul futuro. Quanti Zampi ci sono in giro a rischio emulazione?

I lupi, evocati da Grillo sul suo solito blog (torneremo ad occuparci dell'atmosfera evocata dalla rete e gravitante sulla politica di questi giorni), si aggirano anche al di fuori dell'arena politica. Ad esempio in Vaticano dove la prossima sarà la settimana incandescente del nuovo Pontefice ma dove in queste ore sia ha la sensazione che si stia combattendo una guerra sotterranea tra correnti (istintivamente volevo scrivere "bande", poi mi sono trattenuto) il cui esito capiremo solo al momento dell'uscita sul solenne balcone dell'imponente Basilica del successore di Benedetto XVI.

Se c' e' un lupo, un solo lupo, che in questi giorni ha invece meritato la simpatia e, perché no, il "tifo" dell'opinione pubblica e' Ezechiele. Lo hanno ribattezzato così, senza molto fantasia ma certamente con grandissima generosità, i suoi soccorritori. Sì perchè è stato trovato in fin di vita nelle colline di Boschetto, e' stato curato da un veterinario di Gualdo Tadino, ha ritrovato salute e vitalità, e da ieri pomeriggio e' tornato a grandi falcate a solcare i boschi dell'Appennino (nel link sottostante, il servizio tratto da TRG con le straordinarie immagini della sua liberazione).
http://www.trgmedia.it/playYouTube.aspx?id=4136

La natura ha fatto il suo corso. E' stato l'uomo a rischiare di comprometterlo. Con una banale, perfida, meschina polpetta avvelenata. Ma e' stato anche l'uomo a soccorrerlo e salvarlo, a riprenderlo dall'obiettivo di una telecamera o uno smartphone, a cibarlo, accompagnarlo in una cassa di legno non imperforabile (tant'è che il lupo l'ha demolita nel camioncino della Forestale) e a rilasciarlo nel suo habitat naturale.
Homo homini lupus, dicevano i latini ("l'uomo è il lupo dell'uomo"). L'antico adagio potrebbe calzare per la politica, o addirittura per il conclave in via di apertura.

Per fortuna, in un remoto bosco della sperduta Umbria, non e' stato così...

martedì 5 marzo 2013

A Gubbio dopo le urne, la parola d'ordine è: chiarezza


La “buriana” delle elezioni politiche è alle spalle. Chi pensava che si aprisse un mondo nuovo, dopo il 24 e 25 febbraio, forse, resterà deluso. Non si esclude che le urne tornino a farci compagnia presto. Speriamo solo di non rivivere la stessa campagna elettorale degli ultimi 2 mesi.
Nel suo piccolo, la vita amministrativa eugubina non ha mancato di dare spunti, neanche nel periodo di campagna elettorale. Tanto che alcuni nodi sono stati, per così dire, messi in freezer in attesa che passasse la tornata nazionale.
A questo punto le bocce tornano a muoversi e non vi è dubbio che l’imperativo delle prossime settimane risponde ad un solo sostantivo: chiarezza.

Chiarezza di obiettivi da parte del governo cittadino. Dopo i vari movimenti tellurici degli ultimi mesi, la”rottura” con l’assessore Di Benedetto, il braccio di ferro con il presidente del Consiglio Pecci, il sindaco Guerrini dovrà dirimere i nodi relativi a deleghe e soprattutto fissare obiettivi. 
Alcuni progetti stanno per tagliare il traguardo – ma basta poco per congelare tutto, si sa – altri sono rimasti in attesa di essere sbloccati (basti pensare solo a tre centri commerciali in rampa di lancio nell’hinterland cittadino).

Chiarezza nei rapporti in seno alla maggioranza. Con il Sel che sta sull’aventino praticamente da 6 mesi, tra esponenti che vorrebbero far saltare il banco ed altri che si vestono da 118, anche l’elettore più ingenuo comincia a chiedersi chi fa cosa all’interno del consiglio comunale eugubino. I cambi di casacca non sono una novità di questa legislatura – l’aspetto peggiore è la nostra assuefazione - ma almeno che si eviti di trasformare ogni seduta del Consiglio comunale in una sorta di lotteria sul numero legale.

Piazza Oderisi e la sede PD
Chiarezza di dinamiche interne e di rapporti con gli alleati da parte del partito di maggioranza (PD), ago della bilancia nel bene e nel male. La novità del “triumvirato” alla guida del partito ha rinfrescato l’atmosfera ma al momento si attende di capire se e come cambierà la rotta del partito sul quale poggia maggioranza e governo cittadino. L’auspicio è che qualsiasi decisione e strategia venga assunta, dipenda principalmente da quel che si pensa a Gubbio. Va bene il dialogo con Perugia, ma l’autonomia è un bene prezioso.

Chiarezza infine anche da parte dell’opposizione. Il cui compito, oggettivamente, è meno complicato di chi deve “fare”, ma non meno importante. Convergere le proprie risorse sui problemi reali della città, non è così scontato. Specie se si riesce a farlo evitando “rese dei conti” ormai datate o battaglie ideologiche altrettanto inflazionate.
Insomma i compiti per il 2013 non sono pochi, e ognuno ha il suo.
La città – con la sua parte produttiva e le sue energie migliori - attende risposte. E soprattutto, chiarezza.
GMA

Da editoriale "Gubbio oggi" - febbraio 2013