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sabato 9 ottobre 2010

Gigi Simoni e una saggezza... da imbottigliare

Un uomo la cui saggezza, buon senso ed esperienza nel mondo dello sport – come anche dei rapporti umani – andrebbe… imbottigliata. Come per i vini delle annate migliori.


E’ Gigi Simoni da Crevalcore (nella foto di Marco Signoretti, al "Barbetti" insieme al figlio), 70 anni (e non dimostrarli) di cui oltre 50 passati intorno al regno del football a sfidare – avrebbe detto Giuanin Brera – la Dea Eupalla. Il destino non gli è stato alleato quando è giunto all’apice della sua carriera, alla guida dell’Inter (che ha comunque guidato alla vittoria di una Coppa Uefa). Fine anni ’90, con i nerazzurri a digiuno di scudetti da almeno un decennio, fu l’allenatore dell’Inter stellare, almeno sulla carta, forte del più talentuoso giocatore del momento, Ronaldo.
“Di sicuro il giocatore di maggiore classe e fisicità che abbia mai allenato – ha confidato la prima volta che lo intervistai, marzo 2009, a pochi giorni da suo arrivo a Gubbio, ricordando che al termine della semifinale di Uefa sul campo del CSKA, dopo una prestazione superlativa del brasiliano, si vide donare la maglia, che oggi conserva gelosamente in un quadro, ancora sporca del fango moscovita.

Uno che ha allenato Ronaldo, Roberto Baggio, il già da allora capitan Zanetti – e che si è visto sfuggire sul filo di lana uno scudetto (1997-98) che (detto da uno juventino di Salò come me) “ci poteva stare” – si è rimesso in discussione in una piazza di periferia, come Gubbio. E’ arrivato, ha capito dove si trovava, un paio di mesi di ambientamento e poi subito la stagione trionfale culminata nello spareggio di San Marino. Con Stefano Giammarioli ds e Vincenzo Torrente allenatore, forma il trio che rappresenta l’unica garanzia per il Gubbio (oltre alle risorse degli sponsor cementieri) sulla quale poggiare per far continuare il sogno. Un sogno che ora si tocca con mano (la I Divisione Lega Pro) e che giustamente si continua a coltivare non senza qualche ambizione.

La dimostrazione è ancora una volta la squadra allestita quest’anno, zeppa di giovani, carica di scommesse, qualcuna più sicura, altre quasi del tutto al buio.
“Devi fare così se vuoi campare in C1 con un badget ridotto – ha commentato fuori onda prima di iniziare l’intervista per la trasmissione “Link”, la prima della nuova stagione.
Simoni è una persona tranquilla, sorridente, mansueta, difficilmente lo senti polemizzare. Eppure dopo Alessandria-Gubbio (e l’aggressione al portiere Lamanna nel dopo-partita) ha detto: “Mi viene voglia di mollare tutto. Come si fa a restare in un calcio dove ti pestano fuori lo stadio mentre te ne vai con tuo padre e tua madre a riprendere l’auto?”.
Una domanda talmente semplice che non avrebbe bisogno di risposta. Ma è giusto chiederselo anche alla luce del fatto che ad oggi – a 2 settimane dal fattaccio – non è accaduto nulla: la giustizia ordinaria con i suoi tempi elefantiaci, se va bene, ci farà sapere qualcosa tra un lustro, la giustizia sportiva – che in poche settimane ha sbattuto in B la Juventus senza neanche una gara indiziata (e da Napoli si sta vedendo in questi giorni con quale approssimazione) – non ha assunto ancora alcun provvedimento nei confronti della società piemontese, che forse meriterebbe una pesante sanzione più per il comportamento assunto dopo l’aggressione (diciamo pilatesco, per essere buoni) che non per la responsabilità oggettiva che troppo spesso è la foglia di fico per salvare faccia e cavoli. Nel frattempo la stessa società organizza gare di beneficienza infrasettimanali con un tempismo tipico di chi nasconde la polvere sotto il tappeto quando all’improvviso ti capitano a casa parenti che non vedevi da una vita.

“Ero convinto di quello che dicevo – spiega Simoni alla mia prima domanda in trasmissione – Non mi era mai capitato in 55 anni di calcio di vivere una situazione del genere. Ho visto lanciare seggiolini dagli spalti, un motorino precipitare dal terzo anello di San Siro, ma aggredire una famiglia, picchiare una donna, dopo una partita che per altro non aveva dato adito a nessuna recriminazione, questo non si può accettare. Ora mi aspetto una punizione esemplare, ma non per uno solo, per diverse persone. Finora l’unica certezza è che Lamanna è fuori per un mese, si è dovuto operare e il Gubbio deve rinunciare ad un portiere, una pedina importante, senza alcuna colpa”.
Già, chi risarcisce il Gubbio? Domanda che abbiamo sommessamente rivolto già poche ore dopo il fattaccio. A “Fuorigioco” nella trasmissione del 27 settembre, fui io stesso a chiedere e a chiedermi come il Gubbio si sarebbe potuto tutelare, cosa avrebbe potuto chiedere.
A mio avviso – anche se l’aggressione è avvenuta dopo la gara – l’unico ambito nel quale un risarcimento è possibile è quella gara stessa: e l’unico soggetto che può essere chiamato a risarcire è chi aveva la responsabilità di garantire – come recita l’altoparlante allo stadio – che non avvenisse alcun fatto “prima, durante e dopo la gara, dentro e fuori lo stadio” tale da ingenerare una responsabilità.
Ergo, l’Alessandria è l’unico soggetto che può risarcire il Gubbio, come? Con la vittoria a tavolino (accadde anche nel 1983 in Juventus-Inter, guarda un po’, finita 3-3 sul campo, e poi diventata 2-0 per i nerazzurri per un mattone lanciato da un teppista bianconero – non ho problemi a definirlo così – verso il pullman nerazzurro).

A parte l’inciso del risarcimento, sul quale ho anche sollecitato Simoni (ma lui non si è sbilanciato molto diplomaticamente), il dt rossoblù ha anche tirato le somme di questi 18 mesi a Gubbio, già plurivittoriosi: “Un bilancio entusiastico – ha detto – sia per le vittorie ma anche per l’ambiente che ho trovato, dalla società al pubblico. Quest’anno qualcuno diceva che non avevo più entusiasmo, non è vero – ha precisato – Ho solo detto che con un paio di ritocchi d’esperienza questa squadra avrebbe potuto ancora lottare per qualcosa di importante. Dovevamo rispettare un budget e giustamente sono state fatte operazioni conseguenti. Ora vediamo che il campionato è livellato, ci siamo anche noi, e magari a gennaio… mai dire mai…”.
L’entusiasmo non fa dunque difetto al buon Gigi, che si lascia sfuggire anche una battuta “rischiosa” in una piazza calda come Gubbio: “Ci sono stati in passato casi di doppio salto di categoria…”: come dire, con un innesto oculato a gennaio questa squadra potrebbe ancora far sognare. Intanto ci godiamo la leadership regionale (per la prima volta il Gubbio è la prima squadra umbra, con i suoi 10 punti in classifica) e poi si vedrà.
La morale è che il Gubbio deve coccolarsi soprattutto questo suo direttore tecnico. Una figura di pater familias, saggio e al tempo stesso sagace, con la sua “creatura sportiva” Giammarioli capace di pescare in tutta Italia talenti importanti – richiesti da piazze più blasonate di Gubbio (vedi Galano) – e di valorizzarli in una piazza dove “se giochi bene e ti danni per tutta la partita, gli applausi arrivano anche dopo le sconfitte”. E un allenatore come Torrente che, a dispetto della sua provenienza tattica (terzino e marcatore arcigno) domenica dopo domenica dimostra sempre di più di saper far giocare bene la squadra, con un 4-3-3 spumeggiante, “palla a terra” costante, la ricerca forsennata del gioco corale, degli sbocchi sulle fasce, della soluzione di classe. Un tecnico che, quando ha visto la sua squadra in difficoltà, non l’ha mai chiusa, ma le ha chiesto di fare quello che le riusciva meglio: giocare e segnare.
E veder giocare questo Gubbio – per dirla all’eugubina – “dà gusto…”.
“E dà gusto anche giocarci in questo Gubbio” ha aggiunto ai nostri microfoni capitan Sandreani, con accento cantianese.

E dopo aver vinto 9 campionati – tra cui l’ultimo il 13 giugno scorso a San Marino da direttore tecnico del Gubbio - qual è il sogno nel cassetto di Gigi Simoni?
“Continuare a vincere – ci risponde sorridendo, placido e beato, come se fosse la cosa più semplice. Ma lui sa per primo che vincere non è né semplice, né casuale, nell’illeggibile mondo della Dea Eupalla.
Farlo a Gubbio, però, “dà ancora più gusto…”.

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