Le impronte che lasciavano restavano di solito indelebili. E chi si imbatteva in loro difficilmente riusciva a raccontarlo (neppure a gesti). Succedeva una settantina di milioni di anni fa. Oggi il loro marchio potrebbe diventare qualcosa più di un semplice estemporaneo evento azzeccato.
Sono i dinosauri i protagonisti di oggi. Lo saranno nell’ultima puntata di “Link” (in onda stasera alle 21.15 – replica domani alle 14.30 su TRG): non solo per la mostra-evento di Palazzo dei Consoli che da novembre ad oggi ha visto staccati circa 60.000 biglietti (un’enormità da queste parti) con la prospettiva di arrivare addirittura a 80.000 con il mese di aprile – periodo di gite scolastiche, e dunque di ulteriori file in piazza Grande come non se ne erano mai viste fuori dal periodo ceraiolo.
Soprattutto si parlerà dello “scrigno naturale” che Gubbio si trova a custodire quasi inconsapevolmente: la Gola del Bottaccione. Il libro geologico scoperto da Luis e Walter Alvarez (nella foto a fianco) dentro al quale è nascosta la chiave di lettura dell’estinzione dei dinosauri: l’altissima percentuale di iridio presente nei sedimenti della Gola eugubina ci parla di una “presenza esterna” inspiegabile. Se non con l’ipotesi di un meteorite di enormi dimensioni che 65 milioni di anni – questa la tesi degli Alvarez – provocò una calamità planetaria, causando la scomparsa dei “padroni della terra”. O meglio, di quella terra. I dinosauri, appunto.
La puntata è un ideale percorso tra la mostra di Palazzo dei Consoli – finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e voluta fortemente a Gubbio dal suo presidente, proprio per la presenza della Gola del Bottaccione – e il Laboratorio museale e multimediale di San Benedetto, a pochi passi dalla Gola stessa, realizzato su iniziativa della prof.ssa Fernanda Faramelli anche in memoria di suo marito (Dino Clementi) che per primo approfondì gli studi sulle preziose presenze geologiche a Gubbio grazie ad un libro di 30 anni fa scritto da Piero Angela.
E il destino ha voluto che fosse proprio l’ideatore di “Quark” a battezzare la mostra dei Dinosauri a Palazzo dei Consoli lo scorso 26 novembre, nelle vesti di curatore del ciclo di mostre tra Gubbio, Assisi e Perugia dal titolo “Il pianeta che cambia”. Un ricorso ciclico casuale ma forse neanche troppo, se è vero che fu proprio Piero Angela – poi ospite graditissimo in una delle puntate di “Link” più interessanti – a definire la Gola del Bottaccione niente meno che la “Pompei dei dinosauri”.
Il quesito che è serpeggiato lungo l’intera puntata – e che ho caldeggiato con tutti gli interlocutori – è semplice ma nodale per una città ad alta vocazione (o aspirazione) turistica come Gubbio. Come tradurre l’esaltante successo della mostra-evento dei Dinosauri – che chiuderà i battenti il 25 aprile – con un progetto di più ampio e duraturo respiro? Come fare in modo che l’eco di questa operazione mastodontica – non solo per le dimensioni dei suoi “attori” – non si spenga con i riflettori delle scenografie della Sala dell’Arengo?
Ho coinvolto nel dibattito i rappresentanti della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia – dal presidente Carlo Colaiacovo al segretario Giuliano Masciarri – eminenti studiosi geologi come il prof. Alessandro Montanari – braccio destro di Walter Alvarez che ho incontrato al GeoLab di San Benedetto – ed altri geologi locali – Marco Menichetti e Stefano Tosti.
La convinzione unanime è che l’impronta lasciata dalla mostra di Palazzo dei Consoli è di dimensioni notevoli. E forse anche inaspettate. Ma va messo un calco sull’impronta perché non se ne disperdano gli effetti benefici.
Ad esempio, lavorando proprio sulla valorizzazione del complesso di San Benedetto – destinato ad ampliamenti e integrazioni interessanti grazie a nuovi contributi della Fondazione.
Lo sforzo ulteriore però va fatto in chiave promozionale: “Il Bottaccione contiene la linea di confine tra Cretaceo e Terziario – ha spiegato limpidamente il prof. Montanari – il cosiddetto limite K/T, quel passaggio traumatico tra un’era e l’altra segnato da un evento dirompente e calamitoso come si crede sia stata una pioggia di meteoriti di dimensioni notevolissime”. Le rocce della Gola sono una sorta di archivio geologico della terra. E così Gubbio scopre di possedere una preziosa “biblioteca geologica” quasi unica al mondo. Ma per ora non ha saputo che farsene. “In Cina in una zona sperduta e sconosciuta fino a qualche decennio fa, un sito del genere ha visto la nascita di un centro di attrazione turistica straordinario” ha raccontato il prof. Montanari.
E a rafforzare l’auspicio che l’onda lunga dei dinosauri non si spenga anche la prof.ssa Faramelli: “Mi auguro che le istituzioni lavorino concretamente per far crescere il Laboratorio della Gola del Bottaccione: non per me, ma per la nostra città. E per il tesoro che custodisce quasi senza saperlo, la Gola del Bottaccione”.
Spesso le idee ci sono ma mancano le risorse: in questo caso sembra che il problema sia esattamente opposto. Non mancano i finanziamenti (la Fondazione ha garantito 600 mila euro per l’ingrandimento del Laboratorio ad un’altra ala del suggestivo ex convento di San Benedetto, un gioiello architettonico dei tanti che Gubbio conserva), ma manca un’idea precisa di come muoversi su questo ambito.
Pur sapendo che è un filone che “tira” – e caso mai ci fosse qualche dubbio, la mostra di questi mesi lo ha del tutto dissipato.
Spesso la parola dinosauri ha un’accezione negativa – di antitetico al moderno. Per una volta, almeno da queste parti, potrebbe invece segnare il senso di una svolta nella promozione turistica della città e del territorio: ma va trovata un’altra chiave (“come fare”). E stavolta non tocca ai geologi, come per il K/T.
Tocca alle istituzioni.
Ci perdonerete se l’ottimismo, proprio per questo, non ci assale… Ma almeno nel nostro piccolo (visto che di pietre si parla) il sasso nello stagno, ci va di lanciarlo.
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