Reggio Emilia non inganna: Gubbio a +10 (foto Sergio Rossi) |
Il Gubbio vince la sua 18ma gara stagionale, su 26 incontri, l’ottava fuori dalle mura casalinghe. E riporta a 10 i punti di vantaggio sul Sorrento, quando mancano 5 gare allo scontro diretto e 8 al sipario.
Se il 2010 si era chiuso trionfalmente con 7 successi di fila, il 2011 sta correndo sugli stessi binari: Druso, Bentegodi, Brianteo e ora Giglio, non sono eroi risorgimentali ma i nomi degli stadi dove il Gubbio di Vincenzo Torrente – che di un condottiero dell’epopea garibaldina comincia ad assumere le sembianze – ha trovato gloria.
Ma la vittoria del “Giglio” assume un sapore e un’importanza speciali. In uno stadio straordinariamente affascinante e funzionale, con il profumo di categoria superiore che emana ogni pertugio e un angolo dei ricordi che è l’unico sorriso dei tifosi granata di questi tempi, il Gubbio gioca da capolista: non ci sono tre pedine pesanti tra difesa ed attacco, ma Torrente non si scompone, disegna il fidato 4-3-3, affida a Bazzoffia le chiavi dell’attacco e a Caracciolo il lucchetto da condividere con Briganti in difesa. Per il resto, una squadra che ormai gioca a memoria, cambiano i nomi ma non la musica e lo spartito che assomiglia a quell’inno nazionale eseguito prima della gara – tanto più suggestivo in quanto intonato in quella che è la capitale del tricolore.
E il rigore di Alfredo Donnarumma (a lato la foto tratta da http://www.gubbiofans.it/) – procurato dall’ex catanese e battuto con la freddezza dei giocatori più esperti – è una nuova mazzata sulle speranze degli inseguitori, a cominciare da quel Sorrento che sulla carta avrebbe dovuto approfittare della giornata – giocando contro una Spal decimata – e che invece si ritrova di nuovo a vogare a distanza siderale.
Non sorprende più, ma non può essere per questo sottaciuta, la personalità con cui i rossoblù ormai affrontano e superano ogni avversario, in ogni campo e in ogni scenario, in ogni condizione psicologica. Chi arriva da vittorie in sequenza, o da sconfitte che aspettano di essere cancellate, poco importa: una sicurezza non ostentata quella dei rossoblù ma tangibile, esaltata dalla facilità con cui la difesa è imperniata sull’inossidabile Briganti e su un Lamanna provvidenziale nei momenti top, dalla costanza con cui il centrocampo del trio Boisfer-Raggio-Sandreani macina chilometri come una catena di montaggio, e dalla versatilità di un attacco che, anche orfano di centimetri ed elevazione, trova in un inarrestabile Bazzoffia la zanzara pungente e fastidiosa capace di tenere in scacco un intero reparto difensivo.
Anche la Reggiana, tra le primedonne attese di questa stagione, getta la spugna: l’unico a divertirsi è un bambino che insegue un pallone tra gli spalti desolati di uno stadio, simbolo della gloria che fu.
Un tempio nel quale a reggere i decibel del tifo sano e inesauribile sono ancora una volta i tifosi rossoblù. L’amaro digerito dopo il pari col Como sembra un pallido ricordo, perché non sappiamo quante piazze da 30 mila abitanti portino in giro per l’Italia 800 tifosi. Che imbevuti d’acqua, e forse non solo quella, spingono la squadra eugubina oltre colonne d’Ercole inimmaginabili fino ad un paio di anni fa.
Il feeling con la squadra è di quelli da immortalare: le braccia alzate del capitano, la scivolata allegra e sbarazzina di Caracciolo, e Farina che chiede agli spalti il risultato del Sorrento. Attimi di ebbrezza rubati al saluto finale.
Che non sarà un commiato definitivo al campionato. E non vuol essere uno scherno agli avversari. Ma solo un arrivederci alla prossima impresa. In una stagione dove la palpitante straordinarietà si trasforma in spensierata e sorridente normalità…
Dalla copertina "A gioco fermo" della trasmissione "Fuorigioco" di lunedì 14-3-2011
Musica di sottofondo: "Hello" - Martin Solveig - 2011
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