Il mio puzzle, i miei pezzi.Di ieri e l'altro ieri.

martedì 30 ottobre 2012

"Te la do io la Sicilia"... ma il successo di Grillo non è da vespri siciliani. Il rischio è di rivedere il "Gattopardo"...


Cacciari intervistato alla Sala Trecentesca (sett. 2010)
foto M. Signoretti
 “Il voto in Sicilia? Non so chi abbia vinto davvero. Di sicuro è stata certificata la fine della Seconda Repubblica”.

Così Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia, tra i più lucidi e disinteressati analisti dell’agone politico nazionale, in uno dei tanti talk show di commento alle Regionali siciliane più sconvolgenti della storia repubblicana. Parlare di Vespri – intesi come i moti rivoluzionari di fine '200 che segnarono la rivolta dell’isola contro i francesci invasori - pare ancora prematuro e un po’ esagerato.

Cosa accadrà però da qui ad aprile, quando si tornerà a votare – sempre che qualcuno non stacchi la spina al governo Monti per farlo prima – è altrettanto enigmatico.

Perché il blob, la massa indistinta di materia melmosa che costituisce in questo momento lo stato d’animo di milioni di elettori italiani, potrebbe esplodere ed espandersi verso qualsiasi direzione.
Al di là dei proclami e dei commenti, il dato indiscutibile è che il primo partito in Sicilia – e forse anche in Italia – al momento è il partito dell’Astensione. Più che di qualunquismo, inteso in senso guareschiano, si tratta di disgusto, insofferenza, voglia di cambiare non solo pagina, non solo libro, ma “modo di leggere”.

Sentimento che poi si manifesta in più modi: non andando a votare, scarabocchiando in modo più o meno colorito la scheda (che diventa nulla) o votando per il movimento di Beppe Grillo: 5 stelle che ancora non hanno svelato a pieno il proprio dna politico – sempre che ci sia – e che non possono anche per questo garantire il minimo equilibrio in chiave futura. Solo se citiamo il fattore euro (Grillo vorrebbe disfarsene come si fa con le cianfrusaglie della nonna) e il debito pubblico (“non lo paghiamo” dice con una battuta che lì per lì fa sorridere ma che farebbe saltare in aria il sistema economico del Paese) si capisce che le 5 stelle sembrano più appropriate ad uno spot pubblicitario su un noto salume che non ad un programma politico credibile.
Grillo – che continuo a veder meglio come comico che come politico (con una nostalgia atavica per i vari "Te lo do io il Brasile" o "Te la do io l'America" di metà anni '80 - sa bene che le sue parole arrivano dritte alla pancia degli elettori, proprio come la sua comicità.
http://www.youtube.com/watch?v=gSAhx-zmdpI

Il momento è critico perché l’humus nel quale si giocheranno le prossime elezioni politiche somiglia maledettamente a quelli che in Italia – ma anche in altri Paesi – hanno fatto da presupposto a siderali cambiamenti. Che poi il cambiamento fosse stato miglioramento è non solo questione di punti di vista, ma anche e soprattutto storico e valutabile a posteriori.
Non era meno insoddisfatta e satura della vecchia politica tardo ottocentesca l’Italia che nei primi anni Venti abbracciò la novità del movimento mussoliniano. E non era meno stanca e insofferente della classe politica novecentesca l’Italia che fece grandinare monetine su Craxi e mandò al macero giudiziario il resto del Caf (Forlani-Andreotti), figure di statisti di cui oggi si sente perfino la mancanza ma che allora sembravano poco più che Rsu della politica.
http://www.youtube.com/watch?v=R5NHI289Ukk

Chi li giudicò – per poi sostituirli (Di Pietro e il giustizialismo ancora serpeggiante, o Fiorito che era tra i lanciatori di monete di fronte all'hotel Raphael) – non ha avuto grande gloria né politica né istituzionale (chi ricorda di cosa è stato ministro l’ex pm della procura di Milano?) visto anche quanto accaduto proprio in Sicilia domenica scorsa (Italia dei Valori scomparsa insieme al SEL) dove invece sarebbe stato lecito attendersi un exploit. E come nel caso di Beppe Grillo, è decisamente preferibile nella sua veste originaria.

Non stanno meglio gli altri partiti che pur sono entrati nel prossimo Parlamento siciliano – speriamo l’ultimo, perché è inammissibile che ancora una regione del nostro Paese abbia un sistema pre-ordinato a generare costi come quello isolano.
L’ingresso è tutt’altro che trionfale, se si pensa che il PD (che grida vittoria per aver visto l’elezione di Crocetta) è al 13% e il PDL sullo stesso scarno livello (dopo aver avuto il 47% nelle ultime consultazioni).
Intanto una riflessione ironica: quando la Sicilia votava PDL per qualcuno era una regione dove politica e mafia erano chiaramente colluse, ora chissà se gli stessi si sogneranno di affermare che la mafia ha deciso di votare Grillo? Questo per dire che troppo spesso valutazioni e commenti della politica lasciano molto il tempo che trovano, a seconda degli interessi e delle convenienze. E il tipico atteggiamento di chi tende a considerare i voti propri onesti e guadagnati, quelli degli altri comprati o frutto dell’insipienza della gente.

Il PD ha in mano le redini del gioco da qui ad aprile, ma bisognerà capire a chi saranno intanto affidate: Bersani e Renzi sarà una sfida all’ultimo voto, a fine novembre, e forse è il vero derby dal quale potrebbe uscire il nome del prossimo premier. Per Bersani – che ha definito “storico” il risultato siciliano, forse un po’ frettolosamente visti i numeri del suo partito e l’impossibilità oggettiva di governare del neo presidente della regione – c’è da capire cosa fare delle alleanze in nuce con Vendola e Casini: i due sono incompatibili e cercare una "fusione a freddo" giusto per vincere le elezioni sarebbe come sperare di tenere in piedi un castello di carte con l’aiuto del vento.

Vendola e Casini stanno esattamente a Fini e Bossi del primo governo Berlusconi 1994: non a caso durò 3 mesi. E l’Italia non ha bisogno di rinnovare il teatrino. Renzi è un’incognita, anche se meno enigmatica di Grillo. Qualche idea chiara sul sistema Paese c’è, ma paradossalmente di lui si fidano più gli elettori avversari (centrodestra) che non il PD bersaniano (per il quale il sindaco di Firenze è come una streghetta di Halloween).

Il PDL somiglia invece ad un drappello di scialuppe dopo il naufragio del Titanic. E gli ultimi proclami di Berlusconi sanno di canto del cigno – mai come in questa fase il silenzio sarebbe d’oro ma l’ex premier non riesce a fare a meno della scena.
Chi sia il suo successore è alquanto misterioso anche perché si saprà dopo le prime (e chissà se ultime) primarie nel centrodestra. Lo stesso Alfano, virtualmente incoronato successore dal sovrano uscente, si è distinto e smarcato dal suo leader dopo le ultime uscite rispetto a nodi cruciali come il sostegno al governo Monti.

Vincerà chi saprà occupare lo spazio di "vuoto pneumatico" creatosi dopo l’uscita di scena di Berlusconi (che non a caso 18 anni fa aveva avuto l’intuizione di saperselo prendere, dopo la scomparsa della Dc).
In partenza chi ha più chance di spuntarla è il PD, ma quel vuoto da conquistare non è fatto di elettori che andrebbero a sinistra. Piuttosto vedrebbero meglio un centro-sinistra riformista europeo.

L’asse Bersani-Casini potrebbe interpretarlo, ma avrebbe bisogno di un processo di continuità con Monti (e potrebbe anche non bastare). La sorpresa “berlusconiana” (nel senso dell’imprevedibilità) potrebbe essere invece Renzi. Il tempo e la situazione di incertezza generale, la voglia di novità e di cambio generazionale sono dalla sua parte (e anche la distanza da certe scelte del governo Monti lo favoriscono).

Vedremo come finirà. La speranza è che la rivoluzione partita dalla Sicilia non si risolva come uno dei più celebri romanzi della storia siciliana: il Gattopardo. Dove Tomasi di Lampedusa cristallizzò il concetto del "cambiar tutto purchè nulla cambi".

Di quell’Italia, così ancora attuale e visibile, non si ha più alcuna nostalgia…
http://www.youtube.com/watch?v=zR9ARSHJAZw

lunedì 29 ottobre 2012

Gubbio, da Prato una prima volta in molti sensi... e quante analogie con Como 2010...

Corsi e ricorsi si sprecano dopo la prima vittoria in trasferta del Gubbio targato Andrea Sottil.
Era solo questione di tempo, dicevamo nell’ultima copertina de “Il Rosso e il Blu”. Perché la sensazione che la squadra avesse numeri e caparbietà per sbloccarsi lontano dal “Barbetti” era tangibile.

E al “Lungobisenzio”, dove i rossoblù non avevano mai vinto, neanche in stagioni poi rivelatesi trionfali – tre anni fa fu un gol di Perez al 90’ ad evitare l’ennesima sconfitta contro i lanieri – l’acuto è firmato ancora una volta da protagonisti inattesi. O almeno, da quelli che non ti aspetti nel tabellino marcatori o che alla vigilia della stagione in poche pensavano sarebbero stati protagonisti.

Come Giacomo Venturi, un 20enne arrivato da Bologna per fare gavetta, tutt’altro che battezzato titolare ad agosto dopo che Farabbi aveva dovuto soffrire fin troppo in panchina nella serie cadetta. Ritrovatosi in campo forse più per l’anagrafe che non per un netto divario con il compagno di reparto, si è affermato gara dopo gara come baluardo di notevole spessore tecnico e affidabilità tra i pali. Impressione che è parsa lampante quando poi il pacchetto difensivo, cammin facendo, si è rafforzato con l’arrivo di Radi, giocatore di esperienza e personalità.


Tutte qualità che il Gubbio sta dimostrando di saper tirare fuori quando c’è da soffrire, una abnegazione già vista anche nelle vittoriose partite interne, ma a maggior ragione carburante necessario ieri a Prato, sotto una pioggia fastidiosa e contro un avversario che non ci stava a perdere in casa.
L’acuto di Radi dalla distanza è il benvenuto: primo perché il centrale ex Perugia ci aveva provato già più volte in questo inizio stagione, senza fortuna. Poi perché è il primo gol del Gubbio su calcio piazzato, fattore fondamentale per rompere l’empasse di gare equilibrate come ce ne saranno a bizzeffe quest’anno. E’ anche il primo gol di un difensore, e il primo gol in trasferta. Insomma una serie di liete novelle, cui si appaia nella ripresa la prodezza di Venturi che ipnotizza Napoli finito sul dischetto con un pizzico di generosità del direttore di gara.

Due protagonisti anche se tutti gli altri meriterebbero parimenti la copertina.
Rigore parato e vittoria sudata sono un copione che ricorda troppo da vicino quel Como-Gubbio dell’ottobre di due anni fa, era anche allora l’ottava giornata, quando i rossoblù di Torrente si sbloccarono contro i biancazzurri, anche allora, in riva al lago. A Prato non c’è il lago, ci sono milioni di cinesi, ma anche parecchi motivi per sperare che non si tratti di una serie di coincidenze.
Compreso il carattere tenace e mai domo del timoniere della squadra, Sottil, uno abituato a non arrendersi mai, uno che con un gruppo di giocatori che magari i soloni di Lega Pro non hanno battezzato degni dell’alta classifica, sta facendo un cammino notevole. E l’impressione, come per le vittorie in trasferta, è che possa continuare a dimostrarlo. Gara dopo gara, sorpresa dopo sorpresa…


Copertina di "Fuorigioco" del 29.10.12
musica di sottofondo: "Nord, sud, ovest, est" - 883 (1993)

giovedì 25 ottobre 2012

Una chiacchierata con Gian Mario Bilei... e scopri che il CERN non è poi così lontano...

"L'esperienza più bella che possiamo avere e' il mistero.
Esso e' alla base della vera arte e della vera scienza.
Chi non sa cos'e' o non sa più sognare o meravigliarsi,
e' come morto e il suo sguardo e' spento".

La frase è di Albert Einstein. Ed è la riflessione conclusiva, con applauso scrosciante, che Gian Mario Bilei offre ai suoi auditori al termine di un'interessantissima relazione sulle straordinarie scoperte effettuate dall'equipe scientifica del CERN di Ginevra. Di cui Bilei fa parte. E di cui si sentirà ancora parlare a lungo, grazie soprattutto al "bosone di Higgs".
Ho avuto la fortuna di incontrarlo, conoscerlo (e intervistarlo) venerdì scorso, nel primo appuntamento promosso dal Rotary club Gubbio dedicato agli "acchiappatalenti", un'intuizione brillante del neo presidente Massimo Bastiani - che non a caso ha da tempo abbandonato la politica (mi verrebbe da dire, con fare qualunquista...). Quasi due ore di conferenza, che in realtà si è rivelata un piacevole cammino nei meandri della fisica e della scienza più sofistica e avveniristica.
Gian Mario Bilei
Perchè con il suo racconto, corredato di slide e di immagini, e con una narrazione straordinariamente accessibile - considerando quanto sia ostile la materia scientifica quando si parla di fisica nucleare - Bilei ha letteralmente affabulato i presenti rivelando i segreti della scoperta del secolo. In realtà, al di là della spiegazione tecnica - che resta comunque complicata - Bilei ha parlato di sè, del suo sogno da bambino, che oggi si è realizzato, della sua voglia di scoprire, della curiosità che muove i primi passi nello spirito di iniziativa e nella forza caratteriale di ogni individuo che vuole realizzare ciò cui aspira fin da bambino.
Veduta aerea dell'area coperta dal CERN a Ginevra
Teoricamente Gian Mario Bilei doveva illustrare l’esperimento di fisica delle particelle CMS che ha consentito di spiegare il comportamento di certe frazioni della materia e dell’energia. In sostanza - visto che di materia si parla, diremmo che il "bosone" del suo intervento è stato in realtà un raccontarsi a cuore aperto. Proprio come nell'intervista che abbiamo realizzato per la puntata di "Link", certamente tra le più accattivanti. Presso il CERN di Ginevra - un istituto pubblico fondato da una serie di Paesi (38) impegnati nella ricerca scientifica (tra cui l'Italia) e presso cui operano circa 3.000 studiosi, di cui 300 italiani (Bilei è uno di questi) -è stata realizzata una scoperta a lungo cercata, per la precisione da 48 anni, da quando il fisico britannico Peter Higgs teorizzò l’esistenza di una particella molto particolare. Forse unica. Un nuovo bosone, a cui ha dato il suo nome, con proprietà diverse da tutti quelli che esistevano. Si è detto di questa minuscola particella che è la parte più importante della materia e che ha delle proprietà davvero eccezionali. E' l'anello di congiunzione tra le parti finora conosciute.
L'acceleratore di particelle (LHC)
"Quello messo in atto al CERN di Ginevra - ha dichiarato Bilei parlando anche dell'LHC (Large Hadron Collider), un acceleratore di particelle alloggiato in un tunnel circolare della lunghezza di 27 Km, scavato a cento metri di profondità nei pressi di Ginevra (la più potente macchina acceleratrice mai costruita finora)  - rappresenta l’esperimento più grande e costoso che l’uomo abbia mai concepito. E la particella che è stata scoperta - ricorda Bilei - assomiglia molto a quella che si cercava, perché è emersa proprio facendo degli esperimenti appositamente mirati per l’identificazione del bosone. Si può dire quindi che i risultati ottenuti sono molto molto incoraggianti e questa particella conferma le conoscenza attuali sulla materia e ne migliora la comprensione".

Gian Mario Bilei, nato a Fabriano, di madre eugubina, è oggi uno degli scienziati fautori di questa straordinaria scoperta, destinata forse già nel 2013 ad essere insignita del Nobel per la Fisica. Eppure, parlando insieme a lui, si ha l'impressione di avere di fronte non solo un uomo di sapere, ma soprattutto un uomo che ha voglia di trasmettere il proprio amore per il sapere. Trasmettere per condividerlo, non per ostentarlo. Per renderne partecipi coloro che hanno la fortuna di ascoltarlo, non certo per esibirsi. L'energia e l'entusiasmo con cui descrive il cammino compiuto, la sua storia personale, i ricordi di ragazzino - "quando sognavo di fare l'ispettore poliziesco per il gusto di svelare i misteri, risolvere i gialli" - l'incertezza nelle scelte di studio ("ero indeciso tra lo psicologo e il fisico, poi ho obbedito alla mia primitiva passione"), la costanza nel lavoro quotidiano, silenzioso ed oscuro, capace di protrarsi per anni ("il nostro esperimento è iniziato 17 anni fa") senza avere la certezza di giungere ad un risultato ("sappiamo da dove partire, ma non dove arriveremo"); tutto questo ha la capacità di trasmettere un fascino e un magnetismo che ho potuto leggere anche nei tanti presenti in sala e non solo in me stesso. Andando a cogliere nel segno l'obiettivo degli incontri voluti dal presidente Bastiani: appassionare i più giovani (ma posso assicurare che l'effetto è lo stesso anche per i meno...).


Bruno Checcucci
 Una sensazione non nuova, sui temi della scienza, ma che avevo avvertito anche in un'altra intervista, due anni fa, al prof. Bruno Checcucci, altro studioso umbro operante presso il CERN di Ginevra. O lo stesso Piero Angela, eccelso comunicatore di scienza e storia, forse il più importante mediatore tra la conoscenza e l'opinione pubblica, che ho avuto l'onore di ospitare sempre in una puntata di "Link".
Un fil rouge unisce le tre testimonianze, con una spontaneità e una schiettezza che ti fanno sentire quasi come un vicino di casa, e non certo un semplice auditore. "Il nostro lavoro non ha senso se non riusciamo a comunicarlo, se non riusciamo a trasferire, trasmettere, diffondere l'emozione e la passione per la scienza. Per questo sono tornato in Umbria, per questo sono tornato nella mia terra d'origine. Per lasciare qualcosa, un seme, una traccia, per far sì che uno, dieci, tanti giovani possano appassionarsi a questa straordinaria disciplina".
Parole dette all'unisono. Che mi hanno contagiato. E che in fondo riportano alle radici dell'umanità. Ogni scoperta, ogni talento, ogni passo avanti non ha significato se non viene condiviso.
A cominciare da quella linfa sconosciuta che muove la nostra voglia di sapere: la curiosità. E in fondo, proprio quel mistero, celebrato, non a caso, dal maestro per eccellenza degli "dei della scienza", Albert Einstein...




mercoledì 24 ottobre 2012

Il "Bacio" compie 90 anni. Doveva chiamarsi "cazzotto". E' diventato il simbolo di una cultura "d'altri tempi"...

90 anni, portati davvero bene. Chi di noi non ne ha assaggiato almeno uno in vita sua? Chi di noi non ha scartato la minuscola velina interna per leggere una frase, un pensiero, un aforisma, dedicato al sentimento più naturale e irresistibile della nostra esistenza?
Chi, più prosaicamente, non ha apprezzato l'inconfondibile dolcezza del cioccolato fondente, mista a quel fragrante snocciolare curioso e incipiente, spesso nascosto dietro l'unico morso con il quale la pralina - dalla forma anch'essa peculiare - viene generalmente aggredita. Per poi esplodere, di gusto e di aroma, nei palati più golosi.
Il bacio Perugina compie 90 anni. E un compleanno così meriterebbe di essere festeggiato, al di là del valore che il marketing di un prodotto inconfondibile può ispirare. Perchè - con o senza Eurochocolate - il "Bacio" è uno dei simboli della tradizione dolciaria del capoluogo umbro. Ma anche dell'intraprendente caparbietà dell'imprenditoria della nostra regione. Immortalata e identificata nella figura di Luisa Spagnoli, una donna, un'imprenditrice, una signora davvero d'altri tempi.

I Baci Perugina spengono 90 candeline. Messi tutti in fila, uno dietro l'altro, quelli venduti finora farebbero dieci volte il giro della terra. Sì perchè se ne vendono 300 milioni ogni anno e 1.500 al minuto; e vengono esportati in 55 Paesi del mondo. Sono inoltre stati utilizzati fino ad oggi oltre 18.000 chilometri di cartiglio per le celebri fasi, pari alla distanza che copre la tratta Perugia-Melbourne.
Numeri impressionanti. Numeri ai quali, nel mio piccolo, ho sensibilmente (e piacevolmente) contribuito.

Perchè, a mio avviso, il 90esimo del Bacio Perugina andrebbe celebrato?
Perchè dietro un cioccolatino si cela una storia: una storia di creatività, di eccellenza, di produzione alimentare, di sapienza imprenditoriale, di sagacia e marketing. In pratica tutto quello che servirebbe, a maggior ragione, oggi per realizzare un'idea imprenditoriale vincente.
La ricetta è sempre la stessa, anche a distanza di quasi un secolo. Anche se la tecnologia ha fatto enormi passi da gigante.

Il "Bacio" entro' nelle case degli italiani nel 1922, grazie a Luisa Spagnoli, l'intraprendente moglie di uno dei quattro fondatori della Perugina, che cercava un sistema per utilizzare la preziosa granella di nocciole, derivata dalla lavorazione di altri prodotti. Nato con il nome di ''Cazzotto'', a causa della sua forma, fu poi ribattezzato da Giovanni Buitoni ''Bacio''. Un'intuizione che non poteva che essere più felice e duratura.

Negli anni '30 vennero introdotti i cartigli, invenzione di Federico Seneca, allora direttore artistico di Perugina, che ebbe l'intuizione di aggiungere al piacere del cioccolato quello di un messaggio che veicolasse affetto, calore, simpatia, insomma tutte le facce dell'amore.

Con un esplicito riferimento a un altro ''Bacio'', il dipinto di Hayez, Federico Seneca ideo' anche la scatola blu e argento con la coppia che si bacia sotto una pioggia di stelle.
Rodolfo Valentino, Clark Gable, Frank Sinatra e Vittorio Gassman - non certo nomi qualsiasi - furono i primi testimonial degli spot televisivi.
I Baci Perugina hanno poi subito diverse trasformazioni, cambiamenti anche significativi che racchiudono la strategia di comunicazione del brand: nel 2011 e' per esempio arrivato il "Bacio bianco" ed oggi il noto cioccolatino ha un suo sito internet (www.baciperugina.it), mentre la pagina facebook ''Baci Perugina fun club'' conta oltre un milione di fan.
Indovinate chi è uno di questi?

Una giornata del "Bacio", da rinnovare ogni anno, non mi dispiacerebbe. Non che la Nestlè ne abbia bisogno (tutt'altro) ma per onorare il simbolo di un'Umbria vitale, di un'eccellenza vera, che ha saputo ergersi nel mercato internazionale e ritagliarsi una continuità invidiabile.
Ma anche in mancanza di questo, comunque, un bacio ogni tanto non guasta. Dal vivo, nei sogni. O tutt'al più... al cioccolato...

martedì 23 ottobre 2012

La tassa governativa sulla telefonia mobile è illegittima: Codacons spiega come chiedere la restituzione

Parte in Umbria - prima regione in Italia - l’azione legale del Codacons contro la “Tassa di concessione governativa”.
Chi possiede un abbonamento per la telefonia mobile può chiedere infatti rimborso di una tassa che è stata dichiarata illegittima. La tassa non è di poco conto in quanto ammonta a 5,16 euro al mese per i privati cittadini, e addirittura a 12,91 euro mensili per le aziende.
A rivelarlo - e a condurre in prima linea la battaglia legale contro i colossi della telefonia mobile e lo Stato - è appunto l'associazione consumatori Codacons che scrive: "Questo assurdo balzello era originariamente diretto alle società telefoniche, che dovevano pagarlo per l’utilizzo delle frequenze. Il Governo successivamente stabilì che detta tassa dovesse essere pagata dai titolari di un contratto di abbonamento, in quanto il cellulare era un “bene di lusso”.
Ma dopo una serie di ricorsi - spiega Codacons - la Commissione Tributaria Regionale del Veneto e la Commissione Tributaria di Perugia con due recentissime sentenze non solo hanno riconosciuto che a seguito dell'entrata in vigore del Nuovo Codice delle Telecomunicazioni questa tassa non è più prevista, ma ne hanno addirittura affermato l'illegittimità e l'anacronismo, in un mercato in cui vigono le regole della liberalizzazione.
A seguito di tali sentenze, il Codacons ha deciso di lanciare in Umbria una azione legale per far ottenere agli utenti il rimborso del balzello ingiustamente pagato negli ultimi 3 anni, per un valore complessivo pari a 273 milioni di euro in Italia.
Dunque - un messaggio buono anche per i frequentatori del blog: tutti i cittadini della nostra regione che risultano titolari di abbonamenti per la telefonia mobile – spiega l’associazione – possono aderire all’iniziativa e chiedere la restituzione di quanto pagato, semplicemente seguendo le istruzioni riportate sul sito www.codacons.it.



lunedì 22 ottobre 2012

Il Gubbio e il mal di trasferta: un film già visto...

La grinta di Sottil - foto M.Signoretti
L’avvio targato Andrea Sottil è tra i migliori degli ultimi anni. Grazie soprattutto al ruolino di marcia casalingo (3 vittorie e 1 pari).

E il Gubbio in trasferta? Alla vigilia della settimana che porta alla sfida di Prato val la pena fare un rapido flashback.
Perchè a dirla tutta, negli ultimi tempi la squadra eugubina ci ha messo sempre un pochino a carburare anche nelle annate migliori.

Prendiamo il biennio Torrente, destinato ormai a diventare unità di misura delle potenzialità della squadra. Paradossalmente il tecnico del Bari partì meglio nella stagione d’esordio, in C2, debuttando proprio con un successo lontano da casa. Anzi lontanissimo, se è vero che giunse a oltre 550 km, Gradisca d’Isonzo, terreno dell’Itala S.Marco: i gol di Casoli, di testa, e di Perez firmarono il 2-0 di avvio del campionato che solo ai play off, poi, il Gubbio avrebbe consacrato.

Molto più duro il cammino la stagione successiva prima che i rossoblù si sbloccassero a Como, grazie alla prodezza di Farabbi e alla zampata vincente di Gomez al 90’ esatto. Era la fine ottobre. Da lì però fu un tripudio crescente dei successi a ripetizione con il Gubbio più trascendentale della sua storia, soprattutto lontano dalle mura amiche (alla fine sarebbero state 8 le vittorie esterne).

Ma il feeling con i campi avversi ha avuto alti e bassi anche in passato.
Il Gubbio di Landi allo stadio "Curi" di Perugia
Chi ricorda 25 anni fa un certo Minuti e un Lanciano che infilò niente meno che 3 pappine al Gubbio di Giampaolo Landi esordiente in C2 dopo 35 anni? Una domenica da incubo, presto superata dalla vittoria col Riccione. Ma anche quel Gubbio, pur brillante e protagonista, faticò a trovare il primo successo esterno, arrivato solo alla ottava giornata in quel di Jesi.

Alessandrini a Torino - foto Settonce
Sicuramente tra i più agili a vincere in trasferta è stato Marco Alessandrini: che nel suo primo anno andò addirittura a infilare il primo exploit nel derby di Gualdo, 9 settembre 2001, due giorni prima del crollo delle torri gemelle. Per quella domenica, la torre rossoblù si chiamava Claudio Clementi e per la difesa del Gualdo resterà un nome da incubo. L’anno dopo Alessandrini fa addirittura meglio: prima giornata, subito vittoria a Castel di Sangro, con il guizzo del francese Bochu. Quel Gubbio arriverà alla finale play off sfortunata con il Rimini di Leo Acori.

Acori, e la nuova avventura "straniera"
E a proposito di Acori, anche il trainer assisano, capace di riportare in C2 i rossoblù nel 1998, ci mise ad adattarsi alla nuova categoria, almeno in trasferta: il primo colpo arriva solo alla 12ma giornata a Macerata a firma Ettore De Vito.

Insomma anche i più importanti nocchieri della recente storia rossoblù hanno faticato a ingranare la marcia giusta lontano dal San Biagio, sebbene la squadra rossoblù abbia sempre goduto di un ottimo sostegno dei tifosi anche a molti chilometri di distanza. Poi però, con il passare delle giornate, si è trovata la chiave giusta.
E l’impressione è che anche quest’anno sia solo una questione di tempo…

    Dalla copertina "Il Rosso e il Blu" di lunedì 15.10.12

sabato 20 ottobre 2012

La foto della Gubbio di oggi? Una Basilica senza custodi...

Il presente e il futuro della Basilica di S.Ubaldo come metafora di una fase, di un periodo, di un colore dell’attualità cittadina.
Una stagione grigia per la nostra città, sotto molti punti di vista. Senza voler sembrare troppo pessimisti, è chiaro e oggettivo che il momento che si sta attraversando è forse il più critico dal dopoguerra.
Sul piano economico-occupazionale, ovviamente, Gubbio non può essere un’isola staccata e indipendente dallo tsunami che ormai da anni sta sconvolgendo l’economia internazionale e il nostro Paese. Per la prima volta da 40 anni a questa parte anche i tradizionali colossi industriali – baluardo protettivo di un’intera filiera con indotto da centinaia di aziende coinvolte e migliaia tra imprenditori e dipendenti – mostrano il fianco ai rigori della crisi e la parola “cassa integrazione” è ormai il sostantivo più diffuso e utilizzato negli ambienti imprenditoriali tutti. Emblematico l’allarme rilanciato nei giorni scorsi proprio dal Presidente di Assindustria Perugia, Cesaretti alla convention che ha visto nel capoluogo il leader nazionale di categoria, Squinzi.

La crisi non risparmia la politica. Crisi di valori e di identità, in questo caso, che se non tocca i vertici astrali dei casi Lazio o Lombardia, anche nel nostro piccolo non manca di far parlare le pagine di cronaca, giudiziaria e non.
Il decennio Goracci è alle spalle, anche se gli strascichi proseguiranno ancora, mentre la nuova parentesi politica sta mostrando più crepe che certezze. Se dovessimo scegliere due flash per immortalare i due periodi, basterebbe sostare a San Pietro: quel che resta del mega parcheggio (ribattezzato “ecomostro”) da un lato, le polemiche sulle mense scolastiche, dando una sbirciata dentro al chiostro, dall’altro.

Quel che resta del parcheggio di San Pietro:
ovvero "l'ecomostro"
Ma se in questo puzzle cittadino, a cavallo tra passato e futuro, dovessimo cercare un evento emblematico e sintomatico della fotografia attuale, questo è senza dubbio la vicenda della Basilica di S.Ubaldo. I frati se ne vanno, dopo oltre un secolo di permanenza importante, e siamo a poco più di due mesi dai saluti (Epifania 2013). E’ già tempo di titoli di coda, ma senza sapere se e come ci sarà una seconda parte. Il Vescovo ha incassato il diniego di alcuni ordini religiosi e l’ipotesi al momento più fattibile è quella di un diacono o una famiglia laica disponibile alla “gestione” ordinaria del convento.

Una soluzione che somiglia ad una “toppa” d’emergenza – anche se di questi tempi, è pur sempre meglio di un “buco” – e al tempo stesso lascia perplessi sul futuro della gestione del luogo più significativo, identitario e amato dalla comunità eugubina.

In fondo, anche questa storia è la sintesi dell’incertezza in cui la città si sta dimenando, tra incognite (tante) su molti fronti e riferimenti (pochi) sui quali poggiare. Non tanto per capire dove tira il vento, ma almeno dove siano i quattro punti cardinali.


Dall'editoriale di "Gubbio oggi" - ottobre 2012

giovedì 18 ottobre 2012

Farina è a Birmingham. Per il calcio italiano un'altra occasione persa...

Simone Farina è a Birmingham. Una città pressochè sconosciuta al grande pubblico calcistico, almeno fino al 1982 quando in un memorabile Aston Villa-Juventus di Coppa Campioni, Paolo Rossi e Zibì Boniek firmarono una vittoria straordinaria per i bianconeri in terra inglese, contro gli allora detentori della Coppa dalle grandi orecchie.
Oggi è un altro italiano a compiere l'impresa. Perchè Simone Farina, ex difensore del Gubbio dal 2007 all'agosto scorso (quando ha rescisso consensualmente con la società rossoblù), è il nuovo "educatore" dei giovani dell'Aston Villa.
Il suo esempio, la sua denuncia dopo la proposta combine dello scorso anno per Cesena-Gubbio di Coppa Italia Tim, ha fatto e farà scuola. Ma solo nel Regno Unito.
Queste le sue prime parole con i nuovi colori dei Villans...

http://tuttojuve.portals.twww.tv/video/9ce468c52b223384ab30535b1d753f8d.html

In bocca al lupo a Simone. Ma per il calcio di casa nostra la sensazione di un'altra occasione persa.
Perchè il personaggio Farina ha dimostrato subito, con il suo silenzio e con il "no" ripetuto alle tante tentazioni mediatiche, di non far parte della schiera di chi cerca di cavalcare l'onda della popolarità a suon di "gettoni" in discoteca o comparsate sul piccolo schermo.
Verratti contrasta capitan Sandreani,
in Gubbio-Pescara aprile 2012 - foto Settonce
Fuori dai nostri confini, tanto per restare al mondo pallonaro, stanno andando non solo i migliori calciatori del nostro campionato (l'ultimo, il 20enne Verratti, approdato al Psg degli scieicchi), non solo i tecnici più preparati, ma ora perfino i giocatori più esemplari.
Intanto in Italia continueremo a discutere di fuorigioco o rigori negati. Continueremo a sentire insinuazioni di ogni tipologia - ormai perfino gli infortuni in Nazionale vengono considerati "assenze strategiche" in chiave campionato. Continueremo a considerare la partita degli azzurri un impiccio infrasettimanale.
Ma più che sulla vicenda di Simone Farina - che mi piacerà approfondire a parte in un'altra occasione, mettendo qualcosa anche del mio "vissuto" con il diretto protagonista in questi anni - val la pena leggersi qualche riga di quel che alcuni opinion maker italiani scrivono in queste ore sul suo caso.
Due su tutti: l'inarrivabile Massimo Gramellini su "La Stampa"

http://www.lastampa.it/2012/10/18/cultura/opinioni/buongiorno/farina-di-un-altro-sacco-TVAzBzHzFm3gj4PbFqKp9O/pagina.html


.... e il sempre lucido Mario Sconcerti sul suo blog...

http://losconcertoquotidiano.corriere.it/

Come la penso io su questa vicenda? Aspetto di parlarne personalmente con Simone. Intanto però resto sempre più convinto di quello che scrissi a caldo (basta andare a vedere nel blog, capitolo Sport - Gubbio calcio, da dicembre 2011 in poi). Su tutti, questo post...

http://giacomo-marinelli.blogspot.it/2012/01/la-serata-speciale-di-simone-ma-se-e.html

martedì 16 ottobre 2012

Il mio referendum domestico: "Babbo, se vuoi fare la pace barra la casella SI o NO..."

"Babbo mi dispiace di averti detto quelle brutte parole... Se vuoi fare la pace barra la casella "SI" o "NO"".

Segno dei tempi. O semplicemente, di un figlio incredibilmente simpatico e metodico. Mi sono ritrovato questo biglietto l'altra sera, dopo che avevo discusso con il mio Giovanni. Mi aveva risposto male, per giunta davanti i suoi amici, nello spogliatoio di basket. A posteriori ho pensato che sarebbe stato "salutare" anche un sano e istintivo scappellotto - proprio perchè davanti agli amici avrebbe avuto effetto risonanza. Ho evitato, richiudendomi in una sorta di "broncio" (in cui spesso mi rifugio anche per cose molto più prosaiche) e cercando di fargli intendere che aveva sbagliato. Lui, osservandomi, l'ha capito. Poi alla sera, dopo che aveva "bollito" per un po' nel suo brodo, mi è scappato con questo foglietto piegato, che davanti riportava il corsivo "Per il babbo, sul retro". L'ho aperto e ho letto quella frase.
Un sorriso mi è scappato - anche se ho cercato di nasconderlo davanti a lui - e un'onda di gioia interiore, grandissima e anche un po' commossa, mi ha avvolto. Che si è liberata in un abbraccio.
Poi, subito dopo, Giovi mi ha chiesto: "Babbo non hai barrato la casella del SI".
Hai ragione, ma non c'è bisogno.

Eccolo, il mio piccolo grande referendum domestico. Che a freddo mi fa anche un po' riflettere.
Su quanto sia difficile, ma al tempo stesso insospettabilmente semplice, dialogare con i propri figli. Perchè spesso ci scervelliamo su cosa sia giusto o sbagliato dire o fare. Su quanto sia difficile dare l'esempio (i figli sono come "spugne", si imbevono dei nostri umori anche quando non ce ne accorgiamo). E finiamo per scordarci che un abbraccio aiuta a risolvere tutto.
Il biglietto di Giovi è di una simpatia inarrivabile, anche se per qualcuno potrà denotare un certo "tecnicismo". Ma in fondo, mi chiedo, quante volte nella nostra vita, inconsciamente, barriamo anche la nostra casella? Quante volte ci troviamo a scegliere tra un SI e un NO, senza avere nè un foglietto su cui scrivere nè un abbraccio con cui liberarsi?

Non mi ricordo di aver mai scritto un biglietto di scuse in vita mia (ho sempre preferito farlo a voce). E Giovanni, nella sua spontaneità, mi ha fatto capire che in una casella quadrata, di color fucsia (il pennarello che ha trovato al momento della sua "ispirazione notarile") può starci dentro tutto.
Anche il chiedere scusa, che è la cosa più difficile e spontanea che ci sia (quando si è certi di aver sbagliato, e si è sereni di non averlo fatto con cattiveria).
Ma questo biglietto lo voglio conservare. Non tanto per prendere spunto e magari, la prossima volta che si rifiuta di mangiare la verdura, dirgli di barrare il SI o il NO. Non tanto per le prossime occasioni di bisticcio - tanto ci saranno, prima o poi. Non per decidere quale delle due caselle barrare - perchè tanto so che in ogni caso, in qualsiasi contesto, e a qualsiasi condizione, la mia crocetta sarebbe sempre sul "SI".
Ma per le sensazioni che mi ha regalato tutto questo. E perchè anche dai nostri figli, dalla loro autenticità, abbiamo da imparare...

lunedì 15 ottobre 2012

L'antica legge del calcio: se non tiri, non segni. Ma almeno dietro il Gubbio c'è... (e non è poco)

Galabinov "incartato" nella difesa pugliese:
per lui una giornataccia...
C’è un'antica legge del calcio, non scritta, che vale in ogni categoria e in ogni latitudine. E’ difficile, improbabile, se non impossibile, che si riesca a far gol senza tirare nello specchio della porta.
Anche il Gubbio di Sottil è costretto a soggiacere all’antica regola, di fronte ad un Barletta che tutto è sembrato meno che la penultima in classifica.
Il bello di questo girone B di I Divisione, che mette in vetrina una selva di pareggi con gli unici acuti firmati Carrarese e Andria. In alta classifica è come se non si fosse giocato e forse il rammarico maggiore, in casa rossoblù, nasce proprio dai risultati delle altre. In una domenica all’insegna del segno X un successo avrebbe avuto un peso specifico notevole, avrebbe significato vetta della classifica, seppur in coabitazione. Ma di questi tempi gli inquilini non sono un problema.


Boisfer, tornato a dominare il centrocampo
Semmai il pareggio a reti bianche (o se preferite un Gubbio rimasto al verde, vista anche la divisa degli avversari) è utile stimolo a riflettere su alcune lacune che oggettivamente i rossoblù manifestano e che certo l’exploit con il Benevento non poteva cancellare. La difficoltà ad andare in rete è la più eclatante: due soli gol su azione in 7 partite sono un ruolino magro e la classifica sarebbe ben diversa se dietro la muraglia difensiva non fosse la migliore del torneo. Ieri poi un sms lo ha lasciato anche la dea bendata, con la seconda traversa in due gare a salvare il risultato, sintomo positivo perché le stagioni balorde sono quelle dei pali interni e gol (nella propria porta).


Bazzoffia mentre insacca al 6': un gol ingiustamente annullato
 Molto si potrebbe dibattere sulla formazione eugubina, sullo schieramento con un paio di varianti a sorpresa, ma sappiamo che troppo spesso è il risultato a condizionare i giudizi. Malaccari in mezzo al campo non ha fatto male, anche se non ha ovviamente l’esperienza di Sandreani, mentre Bazzoffia è certamente più agile di Scardina anche se ancora gli manca il guizzo giusto e spesso la lungimiranza per cedere palla nei tempi opportuni.

Non si può dire però che il Gubbio non ci abbia provato, giocando l’ultima mezz’ora con un 4-2-4 anche rischioso, lasciando la metà campo alla superiorità numerica avversaria ma non trovando nel traffico offensivo la stoccata giusta. Molto dipende dalle lune di Caccavallo, giocatore estroso ma ancora incostante, molto dalle corsie laterali dove Bartolucci si arrangia a sinistra e il duo Regno-Grea deve ancora prendere piena confidenza con la destra. Insomma non manca il lavoro per Sottil ma questo si sapeva.

Intanto arriva la Coppa che servirà a rodare e anche a testare qualche soluzione alternativa, tipo Manzoni davanti o Guerri a centrocampo.
E al ritorno del campionato, tra due settimane, c’è da recuperare fiducia anche nelle gare in trasferta. Sapendo che questo è un torneo dove con l’intensità vista lunedì sera si può vincere con chiunque. Ma con i black out e i ritmi abbassati notati ieri, si può prenderle da qualsiasi avversario…



Dalla copertina di "Fuorigioco" di lunedì 15.10.12
musica di sottofondo: "Little talks" - Of Monster and men (2011)

domenica 14 ottobre 2012

Metti un pomeriggio con quattro olimpionici...

Metti un pomeriggio con quattro olimpionici. Sala Trecentesca di Palazzo Pretorio, a Gubbio, uno scenario degno di una kermesse che vuole valorizzare, prima ancora che celebrare, alcuni tra i protagonisti della recente rassegna olimpica di Londra 2012.
All’insegna dello spirito olimpico, dei valori sportivi più autentici, del coinvolgimento dei più giovani – peccato, non molti presenti in sala – su iniziativa (lodevole) dell’ufficio stampa della Gubbio calcio.

Personaggi, gli olimpionici, tra loro diversi e distanti, il cui unico comun denominatore è stato di ritrovarsi insieme a rappresentare i colori azzurri. Nelle due settimane più importanti per lo sport planetario. Importanti anche per chi si è ritrovato, da un giorno all’altro, catapultato nel “tritacarne” mediatico, sotto i riflettori del grande pubblico, impreparato forse ad affrontare il red carpet dello sport internazionale, appartenendo a discipline sportive spesso bistrattate e confinate nei box di taglio basso delle ultime pagine di un quotidiano. Ospiti ideali di uno spazio apposito dedicato allo sport nella seconda puntata del talk show “Link”.

Massimo Fabbrizi, medaglia argento tiro a volo
Forse è il caso di Massimo Fabbrizi, medaglia d’argento del tiro a volo, categoria trap. Lui che l’oro l’ha visto volare via con un piattello mancato, nel round di spareggio con il croato Cernogoraz, ha lo sguardo sereno di chi sa di aver vissuto comunque qualcosa di irripetibile: “Mi avevano detto che l’atmosfera dell’Olimpiade ha qualcosa di speciale, ma tutto è andato al di là delle mie immaginazioni. Solo per vivere nel campus olimpico per alcuni giorni vale la pena affrontare gli allenamenti e i sacrifici che ogni giorno facciamo, ognuno nel proprio campo di gara. La vittoria è importante perché è un coronamento, ma essere lì, vi assicuro, è la cosa più bella”. Non sono parole di circostanza. Perché le poche ore che Fabbrizi – marchigiano di San Benedetto del Tronto – resta a Gubbio, con a fianco la moglie con cui sarebbe poi anche andato allo stadio a seguire la partita Gubbio-Benevento, mi bastano per conoscere una persona semplice, anche un po’ timida, ma dall’animus generoso e soprattutto felice. Felice di condividere quel suo stato di gioia con gli altri, soprattutto con chi non sa neanche da che parte cominci il tiro a volo, specialità che dal 1952 ad oggi si è ritagliata uno spazio importante alle Olimpiadi e ha regalato ciclicamente molte soddisfazioni al tricolore.

Giovi sorride mentre Simone Santi racconta
la sua Olimpiade da arbitro di volley
Chi è più abituato ai clamori dei media sportivi – benché vesta la maglia azzurra solo da 3 anni – è Andrea Giovi, libero della Sir Perugia e della Nazionale di Berruto, autentico protagonista della cavalcata olimpica del sestetto italiano, che dopo un primo turno “tra tanti alti e bassi, anzi più bassi che alti” come lo ha definito lui stesso, ha letteralmente asfaltato i campioni olimpici statunitensi trovando la sconfitta solo con il Brasile “alieno” ma rifacendosi con gli interessi nella finalina per il bronzo vinta contro la Bulgaria di uno dei tanti coach italici sparsi per il mondo (con la singolare attitudine a parlare proprio in italiano durante i time out). “Ho fatto un Mondiale e un Europeo ma le Olimpiadi sono davvero di un altro pianeta – confida il perugino – A Londra eravamo tutti una grande squadra. Ricordo che nei momenti di relax giravamo per il villaggio e ci fermavamo a vedere le altre nazionali allenarsi. Ad esempio abbiamo trascorso un pomeriggio ad ammirare i pugili in allenamento, ma ci scappava anche di andare a vedere qualche gara. Anche perché il torneo di volley è lunghissimo e se arrivi fino in fondo, ti fai tutta l’Olimpiade”. Cos’è per Giovi lo spirito olimpico? “Vivere la pallavolo, il mio sport preferito, con la semplicità di quando da casa mia facevo 100 metri e andavo nella palestra a giocare con gli amici. Il professionismo ti dà responsabilità, pressioni, impegno costante ma non deve toglierti il gusto di praticare quello sport. Altrimenti è meglio lasciar perdere”.

Russo sembra chiedermi: "E tu?"
I più guasconi sono di sicuro i pugili. E non solo perché si permettono un ritardo di quasi 50’, e te li ritrovi in sala con lo sguardo di chi sembra chiederti: “Ma ancora non avete iniziato?”. Ma ti ritrovi uno, il più celebre, con berretto da marines che neppure si toglie per l’intera durata dell’incontro, e l’altro, con il ciglio di uno scugnizzo e l’impertinenza esuberante di un debuttante sul ring, che segue come un’ombra il veterano. Clemente Russo e Vincenzo Mangiacapre, entrambi a medaglia con la boxe (il primo d’argento, bissando il colore di Pechino 2008, l’altro di bronzo alla prima partecipazione olimpica).

... si riguarda al maxi schermo...
Russo ha padronanza e confidenza con il microfono. Sarebbe l’ospite ideale di un “Link “ da studio (il problema è portarcelo). Mi accontento di Palazzo Pretorio e lui si scioglie tranquillo già al primo gong: “Come ho iniziato? Per dimagrire, e non ridete – avverte – perché la maggior parte dei pugili va in palestra per questo. Mio padre voleva farmi fare ciclismo, ma avevo mal di schiena. Sono andato in palestra e poi non ne sono più uscito”. Parla dei suoi match olimpici come si trattasse di una passeggiata al parco, ricorda gli allenamenti nella villa dove erano alloggiati e il tanto pubblico che riuscivano a radunare, vanitosamente, attorno a loro. E poi l’aria di Londra: “Non ho visto una gara – confessa – come è invece successo ad Atene quando fui eliminato al primo turno. Sia a Pechino che a Londra sono arrivato fino in fondo e ho voluto lasciare la mia testa solo per i miei confronti”.

... e poi ci ride (in bianco e nero)
Lui, così come Mangiacapre, viene da Marcianise, una cittadina che trasuda di boxe con tre campioni del mondo e quattro palestre vere fucine della boxe italiana. Anche se ora Russo gareggia per la “Dolce e Gabbana tenders” e vive a Milano, nel cuore del jet set modaiolo di cui non si dispiace di essere affiliato.
Per capirne carattere e costumi basta dare un’occhiata alla mise che si è scelto per il matrimonio. Ma a parlarci si rivela una persona molto più schietta e vera di quanto non sembrino raccontare i suoi gusti estetici: “Ai giovani dico che qualsiasi sport fa bene purchè lo facciano. Intanto meglio sudare in un campo o in una palestra che starsene davanti la tv a mangiare merendine. E poi lo sport ti forma il carattere. E comunque la si veda, chi sei su un ring, su un campo di gioco, in un confronto con un’altra persona, sei anche nella vita. Lo sport ti tira fuori il carattere, ti fa conoscere meglio te stesso e anche i tuoi limiti”.

Una bella vetrina e una piacevole chiacchierata con persone molto più dirette e autentiche di quanto non si pensi. Perché l’Olimpiade ti affascina e ti abbaglia ma, per fortuna, se c’è la scorza giusta, non ti cambia.
Una proficua occasione di confronto e dibattito, in parte vanificata dal poco pubblico presente - non ha aiutato l’orario, le 17.30, di un lunedì e lo scarso coinvolgimento delle scuole cui farebbe bene ogni tanto cimentarsi in queste audizioni di vita, molto più formative che tante inutili righe imparate a memoria su un libro pieno di soli tecnicismi o banali nozioni.
Qualcuno si sarebbe aspettato anche di vedere qualche dirigente del Gubbio (organizzatore dell'evento). Pazienza, questa è un'altra storia.
Per le occasioni perse non esistono medaglie nè podi. Ma forse, a posteriori, pesano più che perdere una partita o una competizione...


fotoservizio - Marco Signoretti